Rassegna stampa

Sfila l'orgoglio comunista

Globuli Rossi

12 Ottobre 2008

"il manifesto" del 12 Ottobre 2008-

300 mila persone per gli organizzatori, 100 mila per la questura. Il primo appuntamento di piazza delle sinistre extraparlamentari è un successo. Il popolo risponde risfoderando le bandiere dei partiti, si marcia insieme ma l'unità ancora non c'è. Latitano i movimenti, la scuola unisce tutti come l'antiberlusconismo. La risposta alla crisi economica? «Paghino i padroni»

ROMA
Se in politica i simboli contano qualcosa, essere accolti da centinaia di persone che cantano Bandiera rossa e da un mare di bandiere dello stesso colore dell'inno dei comunisti allora forse vuol dire qualcosa. Specie se a cantare e sventolare è la testa del corteo e non la coda come di solito accadeva nell'era dei movimenti altermondialisti prima, pacifisti poi. I tempi sono cambiati, c'è la crisi economica e non il liberismo trionfante, e all'imbocco di via Cavour in una Roma assolata che sembra principio d'estate, da un camioncino si sente urlare che «la parola del futuro è comunismo», punto e basta. Magari fosse così semplice. Gianni Rinaldini a metà corteo guida lo spezzone operaio della sua Fiom, e avverte: «La crisi sarà pesantissima ed è già cominciata. Se la Cgil non raccoglie il disagio sociale, questo rischia di finire altrove ed esplodere anche in forme pericolose». Che vuol dire atti di razzismo, guerre tra poveri, conflitti fuori controllo ed egemonizzati dalle destre.
Per questa piazza però il punto è un altro: dimostrare di esistere nonostante la batosta elettorale e le risse intestine. Accantonato l'Arcobaleno, la coalizione uscita massacrata dalle urne ma anche le bandiere che avevano monopolizzato piazze e balconi qualche anno fa, a mettersi in mostra sono i partiti. E lo fanno in pompa magna: gli organizzatori alla fine parleranno di 300 mila persone in corteo, la questura dirà 100 mila (in serata però ridimensionerà curiosamente a 20 mila) e questo vuol dire che sono davvero tanti, molti di più di quanti se ne aspettavano in una vigilia piena di timori. Rifondazione è in grandissimo spolvero, nella prima metà del corteo i ferreriani con il segretario sorridente come mai l'avevamo visto («la ritirata è finita, vorrei lanciare da qui il coordinamento di tutte le opposizioni della sinistra, delle forze sociali e politiche»), nella seconda i vendoliani che distingui solo perché confondono le loro bandiere con quelle della Sinistra democratica (con striscione grillesco rivolto a Berlusconi «Riapriamo il dialogo: vaffanculo») e il leader Nichi che annuncia la nascita dell'associazione politico-culturale «Per la sinistra». E poi i Giovani comunisti con sound system, comunisti lucani di Pietrapertosa con la cornamusa, il Pdci di Diliberto (avanti) e di Rizzo (in coda con striscione su un'altra costituente, «comunista» e opposta a quella vendoliana) e giù giù fino al Pcl anticapitalista di Ferrando, ai Carc e a quelli di Falce e martello, minoranza del Prc oggi nella maggioranza del partito. Si fa vedere anche l'amato-odiato Fausto Bertinotti, e tra qualche fischio e alcuni applausi spuntano t-shirt bianche con su scritto «indicibile: sono comunista», e ogni riferimento all'ex presidente della Camera è puramente voluto.
Un giovane racconta che si sta divertendo ad andare in giro a leggere gli striscioni «che confliggono fra loro», ma in realtà se non sei un militante in quota all'una o all'altra parte in causa non te ne accorgi più di tanto. Vero è che mancano all'appello buona parte dei tanti comitati territoriali che pure hanno costituito l'ossatura dei partiti della sinistra, le lotte nei territori per un giorno abdicano alla riaffermazione di un'identità. Con alcune, lodevoli, eccezioni. Gli ambientalisti che lanciano l'avvio di una campagna sul nucleare (ne parla Gianni Mattioli, fondatore dei verdi e poi transfuga, dal palco), il comitato contro la discarica del Formicoso in Alta Irpinia decisi a far conoscere la bontà della loro lotta, il comitato che si oppone all'aeroporto senese di Ampugnano, gli scatenati operatori socio-sanitari napoletani, macchia di bianco in tanto rosso che zigzaga per il corteo cantando a squarciagola «'O sarracino». E poi Action e i Gap, occupanti di case e immigrati dietro gli striscioni «L'opposizione si fa non si declama» e «La crisi? Facciamola pagare a loro». Loro chi? «Banchieri, grandi imprenditori, palazzinari». Nel frattempo distribuiscono pane e olio a un euro e fanno affari e proseliti nei quartieri popolari dove il carovita fa sicuramente più danni del crollo delle borse.
Ma, tra tante piccole-grandi differenze, a unire tutti ci pensa una sola persona: la ministra Gelmini. Non c'è in piazza il movimento degli studenti né quello degli insegnanti, ci sono solo mamme docenti e bambini della Iqbal Masih che rappano le canzoni degli Assalti frontali ed è uno spasso ascoltarli, ma un po' ovunque spuntano cartelli «no Gelmini». In una ipotetica classifica per un programma unitario della manifestazione, la scuola primeggia insieme alla crisi e a un antiberlusconismo che abbraccia anche Confindustria. La pace rimane sullo sfondo, i diritti civili pure. Anche l'antirazzismo è in sordina. E, visto quanto sta accadendo in Italia, è forse l'unico vero neo di una bella giornata in cui rispunta l'orgoglio comunista.

Angelo Mastrandrea

CONDIVIDI

FONTE

  • mikmak@infinito.it