Interventi

Da Sinistra Critica al PCL: una nuova adesione

5 Agosto 2008

Cari compagni,

quando 10 anni fa ho scelto di aderire all’area di sinistra del Prc e a Bandiera Rossa lo feci nella convinzione che era necessario costruire dentro Rifondazione una forza comunista organizzata che si rifacesse al marxismo rivoluzionario. Il cui obiettivo di fase era quello di spingere Rifondazione verso la costruzione di un soggetto comunista rivoluzionario che fosse capace di rilanciare una forte opposizione di classe nel paese,che si legasse a livello internazionale con i cicli di lotte che già si annunciavano. In questi anni ho cercato di lavorare su questo progetto, le battaglie portate avanti ad Ostia nel circolo e sul territorio, all’interno del partito contro la presenza nelle giunte di centro-sinistra fino ad arrivare al congresso straordinario del 2000 ne erano parte. Con la nascita di Sinistra Critica pensavo che sarebbe stato un passo in avanti su questo percorso. Con la svolta determinatasi al congresso di Venezia e con l’entrata del Prc al governo era chiaro che si chiudeva un ciclo e che bisogna attrezzarsi per costruire un nuovo soggetto, S.C. doveva tendere verso una propria vita autonoma ed indipendente. Con il primo voto sul rifinanziamento delle missioni militari e la prima finanziaria era evidente la natura del governo(se mai qualcuno avesse avuto illusioni) e l’appiattimento del partito su posizioni governiste. La nostra permanenza nel partito era sempre più difficile costringendoci in una situazione di ambiguità tra fedeltà al partito e necessità di rendere visibile la nostra opposizione. Con l’espulsione di Franco Turigliatto si poteva e doveva consumare la rottura,era il momento giusto per far nascere un nuovo soggetto comunista. I tentennamenti e le varie giravolte del nostro gruppo dirigente ci hanno fatto perdere tempo prezioso portandoci fuori solo quando ormai la situazione era irreparabile(rinvio del congresso,accordo welfare, crisi irreversibile del governo).
Dalla fine della conferenza di organizzazione del Prc ho quindi maturato un dissenso rispetto all’evoluzione di S.C.,questo dissenso si può articolare nei seguenti punti:

a) Democrazia interna e funzionamento. Da tempo ritengo che in S.C. c’è una assenza di circolazione di notizie e di dibattito, in tutte le fasi cruciali della nostra vita politica la discussione interna è stata filtrata e gestita dall’esecutivo in gran parte funzionando da camera di compensazione. Anche nei momenti fondamentali non è stata portata davanti al corpo dell’organizzazione i vari punti di vista consentendo alle compagne e a i compagni di scegliere. La stessa questione sull’uscita dal Prc è stata gestita dall’esecutivo e anche nei momenti assembleari seminari e assemblee non sono mai state portate di fronte ai compagni le varie posizioni, si è sempre mediato prima. Anche ora che siamo un’organizzazione indipendente non vengono fatte circolare i contenuti del dibattito interno all’esecutivo ed al coordinamento nazionale. Questo ha comportato anche degli errori nella costruzione dei gruppi dirigenti privilegiando fenomeni di cooptazione, di restringere la cerchia a compagne e compagni già funzionarizzati nel Prc, utilizzando una logica ereditata dal prc che vede la scelta nelle cerchie vicine senza tener conto dei compagni inseriti nelle realtà di lotta,sindacali e di movimento. Ne è stato un esempio la nomina(?) dell’esecutivo provinciale, in cui non erano presenti compagni in produzione. Anche sulle questioni organizzative non si è avuto la capacità di rompere con vecchie logiche riproponendo la logica dei circoli di quartiere e di paese (S.lorenzo,Pigneto, Colleferro, Genazzano). La questione della costruzione dell’organizzazione non assume un valore centrale, non c’è un cura dell’attenzione su come si costruiscono i collettivi, lasciando tutto alla spontaneità quando va bene oppure non intervenendo a sostegno della costruzione. La formazione politica dei compagni viene lasciata all’autoformazione e non si articola un lavoro sulla formazione e la costruzione dei quadri.

b) Le prospettive. Già da prima dell’uscita dal Prc che dopo, si è andato vagheggiando su un progetto di costruzione della sinistra anticapitalista, di cui non appaiono chiari i contorni della teoria e dei soggetti da coinvolgere. Di fronte ad una crisi epocale e al fallimento della sinistra di alternativa, non basta dirsi anticapitalisti, è necessario ma non sufficiente. E’ necessario lavorare alla ricostruzione di una forza comunista, marxista e rivoluzionaria,anticapitalista e internazionalista, non liquidando nomi e simboli ma rilanciandoli nel vivo della battaglia politica. L’aggregazione non si ricostruisce su un appeal giovanilista e alternativista, ma partendo dai bisogni materiali e dalle masse sfruttate. Il lavoro di aggregazione è faticoso e duro ma è l’unica strada percorribile. Anche nella scelta dei nostri interlocutori bisogna essere chiari: la scelta va fatta verso quei settori che si richiamano al marxismo rivoluzionario e non si può pensare ad aggregazioni con forze come la rete dei comunisti di derivazione stalinista.
La costruzione di una nuova forza comunista avviene anche attraverso campagne mirate che abbiano al centro l’obbiettivo della ricostruzione di un forte movimento di classe. La scelta di fare una campagna sull’iniziativa del salario sociale come S.C. non lavora ala costruzione di una opposizione sociale e di classe e rischia di generare false speranze in uno strumento( legge) che non ha mai determinato risultati. Al contrario una campagna referendaria su precarietà, democrazia, scala mobile, dentro la costruzione di una piattaforma dell’opposizione di classe potrebbe essere strumento di ricostruzione di un ampio schieramento di classe. Il richiamo che viene fatto all’esperienza francese a partire dalla figura di Besancenot e della costruzione del NPA, non tiene in nessun conto della diversità della situazione e del quadro certamente non esaltante della proposta della ligue, sulla quale esperienza e proposta non si è mai affrontata una discussione seria.

c) La Quarta internazionale. Dalla nascita di S.C. è scomparsa ogni forma di riferimento alla Q.I., non c’è più confronto tra i compagn* che a quell’esperienza fanno riferimento. Nessuna discussione su quello che succede in Brasile e in Francia, sulla scelta di costruire partiti anticapitalisti, della presenza di nostri compagni (portoghesi e inglesi) nella sinistra europea. Nessuna discussione sull’evoluzione del progetto Quarta e sul ruolo che svolgono i nostri compagni nel C.E.
A conclusione di questo discorso appare chiare come le mie posizioni non sono conciliabili con quello che è oggi Sinistra Critica e per questo ritengo concluso il mio percorso dentro questo movimento.
Ma questo non significa abbandono della lotta di classe e di un impegno per la costruzione di un soggetto comunista rivoluzionario, e per questo ho deciso di aderire al Partito Comunista dei Lavoratori. Ho fatto questa scelta perché ritengo che i compagni e le compagne che hanno dato vita al PCL, abbiano in questi anni con coerenza, dentro il prc e fuori, lavorato per la costruzione di un partito comunista che per la prima volta dopo le lotte degli anni 60 e 70 metta al centro del proprio programma non la questione del governo ma la rivoluzione. Un partito che rimette al centro della sua iniziativa il conflitto, che vuole rimettere al centro le questioni del lavoro,che lavora alla ricomposizione del blocco sociale anticapitalista. Un partito delle lavoratrici e dei lavoratori, che riaffermi con forza il suo carattere antimperialista e internazionalista, antifascista e antirazzista. Un partito che riesce a coniugare la serietà sul piano organizzativo con la fermezza sui principi e la duttilità nel lavoro politico, un partito che affonda le sue radici teoriche nel marxismo rivoluzionario e che vuole lavorare alla ricostruzione di un’internazionale comunista.

Paolo Tani

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