Rassegna stampa

Un'intervista a Ferrero

Da "Il Riformista" del 31 luglio 2008-08-01

1 Agosto 2008

Pubblichiamo qui di seguito un'interessante intervista rilasciata da Ferrero a Il Rifomista. Nelle risposte del neo segretario del Prc riapppare chiara come il sole la vecchia politica bertinottiana tenuta tra la fine degli anni '90 e i primi del nuovo secolo: finte "rotture" per ricreare una massa critica per accordi con il centrosinistra, oggi Pd. Ciò si nota in particolare quando Ferrero afferma "(...) Con questo Pd niente alleanze, non con il Pd in generale. (...) Finchè il Pd tiene questa linea politica alleanze organiche per il governo del paese no. Ma non con il Pd in sé (..)" Facile caro Ferreo dichiarasi indisponibili a tornare al governo con il Pd quando la maggioranza del parlamento ed il governo sono saldamente in mano a Berlusconi.

Da notare, tra le altre cose, la dichiarazione di Ferrero per cui "E' un'invenzione che usciremo dalle giunte. Vedremo caso per caso". Tradotto: "dove il Pd ci piglia o non ci sbatte fuori, andiamo e rimaniamo in giunta", infatti non vi è alcun caso in cui il Prc si appresti a rompere con il Pd a livello locale. Nemmeno alla Provincia di Milano, dove il Prc governa con il demoleghista Penati che vorrebbe multare i migranti che pregano per strada. Magari il Prc romperà con il Pd alla Regione Lombardia, tanto lì governa il Pdl di Formigoni. (M.T.)

Intervista al segretario di Rifondazione - Ferrero a D'alema: "Parliamo"
Di Alessandro De Angelis

Parla Ferrero neo segretario del Prc: "D'ALEMA PIU' REALISTA DI VENDOLA"


«Voglio dire a Nichi che l'egemonia della de­stra la vedo eccome». E ancora: «Con questo Pd niente alleanze, non col Pd in generale». 11 neose­gretario di Rifondazione Paolo Ferrerò, in una conversazione col Riformista, manda un messag­gio a D'Alema: «A D'Alema dico: non interessa al Pd se riportiamo a votare i nostri?».

Ferrero, Vendola l' accusa di non aver capito la destra.

«E una tesi completamente priva di fondamento. L'ege­monia della destra la vedo ec­come. E ha due elementi di forza enormi».

Quali?

«Il primo è che Berlusco­ni ha vinto proponendo un suo immaginario. Per dirla in breve: chi è ricco ha ragione, chi è povero ha torto; o il fatto che i proble­mi sociali vengano vissuti come problemi indivi­duali e non collettivi. Il secondo è che ha vinto sul terreno concreto: Tremoliti è l'unico che fa un'ana­lisi corretta della globalizzazione».

Si spieghi meglio.

«Il movimento no global di qualche anno fa era entrato in sintonia con il senso comune. Poi è anda­ta in crisi la globalizzazione. E dentro questa crisi sono aumentate l'insicurezza e la paura del futuro. Tremonti si è messo in sintonia con questa paura della società e la destra ha vinto. La sua idea, però, è che la coperta è corta e non può coprire tutti. Quindi alcuni non possono essere garantiti: i cinesi. i rom, gli immigrati. E un modello reazionario».

E voi?

«Il centrosinistra su questo ha balbetta­to. Veltroni ha scimmiottato il kennedismo degli anni Sessanta proponendo, in una so­cietà dominata dalla paura, una sorta di mi­to della "nuova frontiera"».

Invece?

«Invece la vera battaglia per l'egemo­nia dobbiamo farla veramente con la de­stra Vendola e Giordano mi accusano di voler fare l'opposizione più al governo om­bra che al Pd. E una sciocchezza».

Quindi niente alleanze col Pd?

«Finché il Pd tiene questa linea politica alleanze organiche per il governo del paese no. Ma non col Pd in sé. Questo Pd non as­somiglia nemmeno lontanamente a una so­cialdemocrazia che vuole le riforme».

E cioè da dove ripartite?

«Il nodo è sociale. Se è vera l'analisi che ho fatto sulla vittoria della destra, noi dob­biamo ripartire dal conflitto. Se lo schema Tremonti ci impone il conflitto tra ultimi e penultimi, noi dobbiamo riappropriarci del conflitto del basso contro l'alto per ricostrui­re una comunità E dal punto di vista simbo­lico dobbiamo ripartire dal comunismo co­me giustizia sociale e libertà Dire "siamo tutti uguali" non è anticaglia».

E ll Pd?

«Guardi Bersani e D'Alema sono più realisti di Nichi su questo punto».

D'Alema ieri su Liberazione ha parla­to di una Rifondazione più isolata e più ar­retrata.

«Capisco che l'esito di Chianciano scompiglia il suo schema Tuttavia c'è un punto in cui D'Alema dice: "Trovo utile la volontà di dar voce a una questione sociale che si pone in termini sempre più dramma­tici". E aggiunge che è l'unica luce che vede spuntare da Chianciano. Io dico: è una gran­de luce».

Vuole dialogare con D'Alema?

«Diciamo così: sembrava che alla crisi della società si potessero dare risposte solo partendo dal piano istituzionale. Badi che io sono d'accordo con D'Alema che il riordi­no istituzionale sia necessario e sono anche d'accordo sul modello tedesco da lui soste­nuto. Ciò detto il punto decisivo è un altro».

Quale?

«Il problema della sinistra è tornare nella società. Lo voglio dire anche a D'Ale­ma. Il risultato elettorale mostra come la de­stra non ha aumentato il suo bacino eletto­rale, invece soprattutto i nostri sono rimasti a casa. Credo che sia un problema anche della sinistra moderata far tor­nare a votare qualche milione di persone. O no?».

E le giunte?

«E un'invenzione che usci­remo dalle giunte. Vedremo ca­so per caso. In Abruzzo abbia­mo chiesto al Pd di rinnovare le sue liste ed escludere gli inqui­siti. In Calabria, dopo che sia­mo usciti dalla giunta anche sulla questione morale, credo che sia sbagliato rientrare. Guardi che la questione morale è impor­tante».

La combatterete con Di Pietro che, però, tanto di sinistra non è.

«E vero che il dipietrismo ha elementi di destra Ma non possiamo regalare a lui il tema della questione morale. Sarebbe una follia E un nostro tema Basta rileggere Berlinguer o le denunce che faceva il Pei su tanti scandali».

Quindi sosterrete i suoi referendum sul lodo Aliano?

«Se c'è un referendum è giusto sostenerlo. Poi credo che non sia giusto farli solo sul lodo Alfano. Andrebbero abrogate la legge 30, la Fini-Giovanardi. Ma non è che se Di Pietro dice una cosa giusta noi diciamo di no perché è Di Pietro. Il punto è un altro e lo voglio dire a Ni­chi noi dobbiamo mettere in campo una Rifondazione in grado di riem­pire le piazze sulla questione morale».

Lei è sostenuto da una maggioranza dove qualcuno si definisce trotzkista, altri le­ninisti. Siete un po' extraparlamentari?

«Che siamo fuori dal Parlamento è un dato di fatto, ma noi in Parlamento ci voglia­mo tornare. Non sono un estremista Per un comunista la politica è provare a modifica­re i rapporti di forza nella società. Anche D'Alema riconosce che in tutta Europa la sinistra radicale è all'opposizione».

Sì, ma la vede come la fine di una ano­malia positiva.

«Mettiamola così. La Linke non è fatta di estremisti ma di gente come Lafontaine che è stata al governo e che ora non vede condizioni per un accordo con l'Spd. Io pu­re sono stato al governo e non vedo le con­dizioni di un accordo col Pd, con questi rap­porti di forza e con questa linea del Pd. Ci ho provato, ma ho visto che Montezemolo e le gerarchie ecclesiastiche contavano più di me, e non solo più di me».

Alle europee andrete con Diliberto?

«Andremo col nostro simbolo. E faremo i diavoli a quattro se mettono lo sbarra­mento, anche al tre per cento, o se tolgono le preferenze».

Si è sentito con Bertinotti?

«Sì, l'ho chiamato io e ci siamo dati ap­puntamento a settembre. Sto anche chia­mando tutti i segretari delle forze politiche di sinistra e di centrosinistra per incontrarli. Guardi, le do una notizia: mi hanno chiama­to anche dal centrodestra».

Anche il Cavaliere?

«No. Lui no».

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