Rassegna stampa

COMUNISTI Domani a Roma il Meeting del Pcl di Ferrando. «Noi mai compromessi, ora la sinistra rompa con il Pd» (da Il Manifesto)

Macché costituente, facciamo un parlamento dei lavoratori Daniela Preziosi ROMA

11 Luglio 2008

A una costituente di sinistra, a un nuovo centrosinistra, a un unitario partiti comunisti Marco Ferrando non pensa affatto. Non solo perché non ha ricevuto l'invito a farlo da chi invece a queste cose pensa sul serio. Ma perché tira dritto nella costruzione del suo partito comunista dei lavoratori, «trozkista senza feticismi, l'unico della sinistra che non si è compromesso, né tutto né in parte, con il centrosinistra e il suo disastro», dice. Nel disastro generale, il risultato del suo Pcl non l'ha scoraggiato, anzi. Se 210mila voti sembrano pochi, Ferrando valuta che il partito è giovane e al suo debutto nazionale, affrontato a forza di braccia, senza parlamentari, con conseguenza di scarsa economia e visibilità. Non perde la misura, e quindi fatte le proporzioni è persino contento della performance elettorale: «Abbiamo superato l'1 per cento dove la cultura operaia si combina con la tradizione comunista, Genova, Livorno, Torino, Brescia. O zone di fabbriche come Pomezia e certi quartieri di Napoli».
Ma non è moneta che il Pcl spenderà per ottenere uno strapuntino nella costruzione di un luogo comune della sinistra. La proposta unitaria di Ferrando - non rivolta alle superstiti nomenklature antagoniste, che infatti allo stato sono indifferenti, ma alla cosiddetta base - è quella di «un parlamento dei lavoratori, a base operaia e popolare». L'idea, «ispirata al Gramsci dell'Antiparlamento», spiega, e alla tradizione del consigli di fabbrica, sarà lanciata domani al meeting nazionale del Pcl, a Roma (centro congressi Frentani ore 15). Si tratta «di un contropotere istituzionale, un luogo di confronto e organizzazione tra le diverse proposte presenti oggi nel movimento operaio», per sottrarsi al destino di eterna subalternità, ultimamente e ulteriormente verificato a piazza Navona martedì scorso, dove la sinistra presente - fra la quale anche il Pcl - era ridotta sotto l'egemonia dipietrista, «persino reazionaria in certi aspetti». Un destino a cui non non si sottrae, secondo Ferrando, né l'ipotesi di costituente di sinistra, «pateracchio» che piace agli ex dell'arcobaleno, né quella della costituente dei comunisti, «che nasce in un Pdci da sempre alfiere delle logiche del centrosinistra». Logiche da spezzare, cogliendo l'occasione dell'eccezionalità di una sinistra radicale - ma non abbastanza, nell'ottica del Pcl - espulsa dal parlamento e alle prese con la propria disfatta strategica. Come? «Abbandonando l'innamoramento per quello che Lenin chiamava cretinismo parlamentare. Separando per sempre il proprio destino da quello del Pd, il partito delle banche e delle grandi imprese». Sul coté sindacale, aprire la battaglia «per la vertenza generale», con una «grande assemblea di delegati» da «tutti i settori classisti e dell'opposizione antiburocratica nel sindacato», da tenersi nel prossimo autunno. C'è del settarismo nell'idea? Macché: «Contro gli omicidi bianchi, per tutte le legittime rivendicazioni dei lavoratori, è l'unica strada per uscire dalla logica ristretta di ogni organizzazione».

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FONTE

  • luca.prini@libero.it