Dalle sezioni del PCL
La fine di ferrania evitiamo altri massacri
Lettera aperta alla commissione lavoro provinciale PRC Savona
26 Giugno 2008
La fine dell'azienda di produzione di film e di lastre medicali ormai acclarata concertazione soporifera. non deve ripetersi in altre realtà
Lettera aperta Alla Commissione lavoro della Federazione provinciale del PRC e per conoscenza al Sindaco di Cairo Montenotte all’assessore all’industria di Cairo Montenotte, a Francesco Rossello segretario della Camera del Lavoro a Giorgio Cipollini Cisl a Pino Congiu, della Uil
Abbiamo etto un vostro intervento pubblicato sul vostro sito internet e siamo dunque, anche a parere di codesta commissione,alla fine della favola Ferrania. In questa favola però non si può scrivere il classico finale “e vissero tutti felici e contenti”.
Cosi non è infatti, vi invitiamo a chiederlo ai lavoratori in cassa integrazione e oggi anche a quelli che, ancora in forza in fabbrica, vedono avvicinarsi la fine
Qualche anno fa quando a Cairo, noi militanti di “Progetto comunista”, (mozione presente nel PRC e oggi base e forza nel Partito comunista dei Lavoratori) scoprimmo le intenzioni della dirigenza della Ferrania Tecnologies, pronta a licenziare senza appello i cento precari in forza in quel momento nell’azienda, fummo gli unici a dire e a denunciare pubblicamente che occorreva, per difendere i lavoratori prendere drastiche decisioni per costringere la dirigenza padronale della Ferrania Tecnologies (Genta & soci) a uscir fuori dalle menzogne che pronosticavano una grande ripresa delle attività della Ferrania Tecnologies, e la salvaguardia del tasso occupazionale.
Già allora noi dicemmo che senza un intervento di nazionalizzazione, senza indennizzo, e sotto il controllo dei lavoratori, non si sarebbe risolto nulla. Fummo derisi, e anche all’interno del PRC trovammo una forte opposizione, anche se riuscimmo a far approvare “ob torto collo” una risoluzione che accennava alla necessità di un intervento drastico dello Stato.
Da quel momento: padronato, sindacati confederali, istituzioni locali e regionali e nazionali, giornali; fecero a gara; raccontando favole, ad illudere i lavoratori e parte della opinione pubblica credulona, che la ripresa della Ferrania era li a portata di mano.
Da allora, seguendo la logica concertativa, il “valium” per la classe operaia: iniziarono monumentali trattative, con fantasiosi piani industriali, zeppi, sulla carta, di milioni di euro che la nuova proprietà (Gambardella, Malacalza, Gavio, Messina)avrebbe dovuto spendere per rilanciare i settori in crisi della vecchia (e ormai defunta fino da allora) azienda valbormidese. Nessuno chiese conto della attuazione di quel primo accordo, al quale seguirono innumerevoli incontri, trattative su progetti irrealizzabili (irrealizzabili a causa degli gli investimenti economici necessari ad attuarli e che i nuovi padroni non avevano la minima intenzione di sborsare).
Gli accordi seguirono agli accordi i piani industriali seguirono gli accordi mentre la fabbrica metteva sempre più persone in cassa integrazione e perdeva (volutamente) quadri e dirigenti.
Quante proposte in questi anni sono state annunciate discusse ma purtroppo non ne abbiamo visto iniziare una. Tanti progetti ma risultati zero. Allo steso tempo è aumentato il ricorso alla Cassa integrazione ordinaria e straordinaria e nonostante si favoleggi di costruire centrali a biomasse, piattaforme tecnologiche, il vero affare è lo smantellamento fisico della fabbrica e la cessione di ogni patrimonio tecnologico. E’di questi giorni,l’annuncio della cessione della informatizzazione della diagnostica medicale, la vendita e la cessazione della produzione del fotocolor, la probabile affidanza del laboratorio chimico a terzi e il ricorso alla Cassa integrazione straordinaria per tutto il 2009 con l’aumento del numero dei lavoratori che con questo provvedimento sono nell’anticamera della mobilità e del licenziamento perché Ferrania non ha più nulla da dare, alla faccia di quelli che si sono sempre illusi che esisteva la volontà di investire in una azienda fuori dal mercato da anni. Anche l’ultima favola del laminatoio a freddo sta andando a finire con le altre chimere promesse.
Finita quindi una storia nella quale i “cattivi” sono tanti gli ingenui ancora di più e nella quale il sedativo delle promesse ha messo in ridicolo: segretari sindacali confederali di categoria , i membri della RSU, i Sindaci e gli assessori comunali, provinciali, regionali, il Presidente regionale, e, per non dimenticare nessuno i partiti del centro destra schierato dietro il Ministro Scaiola e del centro sinistra schierato sotto i padroni.
Di queste vicende noi del PCL non ne vorremmo vedere continuare altre che sono in itinere e per le quali assistiamo al riproporsi delle promesse, di fantomatici interventi a difesa della occupazione . E nella quali gli amministratori pubblici sia di centrodestra che di centrosinistra con i loro interventi mediatori, finiscono con l’inchinarsi e avallare,alla fine, i volerei e i dettati dei padroni.
Di quei padroni che : o sono alla fine di un processo produttivo troppo maturo, o non riescono più a essere competitivi sui mercati, o infine cosa ancor più grave approfittano di ventilate crisi per delocalizzare le aziende nei paradisi dei lavoratori schiavi, o super sfruttati e sottopagati; o anche capaci di speculare su gli incentivi istituzionali o capaci anche di approfittare di certi momenti per realizzare speculazioni immobiliari
Non vogliamo nasconderci dietro citazioni anonime e quindi citiamo vicende che stanno accadendo oggi in provincia di Savona :con nomi e cognomi:ad Albenga la vicenda dell’azienda chimica Testa, a Vado ligure l’intervento della multinazionale americana OMV, e ad Albisola Superiore allo stabilimento Fac.
E in questi tre casi i lavoratori sono la prima merce di scambio, da penalizzare o da cacciare in mezzo a una strada. Nel primo caso ci sorge la certezza che l’azienda ormai incapace di stare competitivamente sul mercato per la crisi della lavorazione del cacao, ponga in atto l’allontanamento dei 30 lavoratori come merce di scambio per ottenere nuove aree meno costose e speculare su quelle oggi a disposizione.Nel caso della Vetrotex Omv ci pare che mettere fuori azienda 51 lavoratori come contropartita per rifare un forno indispensabile al ciclo produttivo sia il metodo per ottenere di rifare l’impianto con il contributo della comunità. Sembrerebbe meno eclatante il caso dei quattro lavoratori della azienda di produzione delle ceramiche Fac di Albisola Superiore; se consideriamo però il fine al quale tende l’azienda : esternalizzare l’officina di manutenzione ci pare che anche questo caso sia di nuovo una violazione importante dei diritti dei lavoratori.
Siamo convinti valutando quello che sta accadendo in provincia di Savona, ma anche in tante parti del nostro paese e del mondo, che sia il momento di considerare finito il sistema della concertazione e della mediazione, tra lavoratori e padronato. Siamo anche e soprattutto convinti che le istituzioni locali, provinciali nazionali debbano smettere di mettersi in mezzo per conciliare interessi divergenti e contrastanti tra lavoratori e imprese e imprenditori. E a nostro avviso è il momento da parete delle istituzioni di tutelare i lavoratori, sempre meno garantiti nei loro diritti e penalizzare gravemente gli imprenditori che sfruttano speculano sulla pelle dei lavoratori e dei cittadini.
Su una battaglia che renda ai lavoratori la sicurezza del posto di lavoro garantito sono concentrate le forze dei nostri aderenti e militanti e di tutti i lavoratori che hanno a cuore la loro dignità e il loro futuro.
Giorgio Magni
Partito Comunista dei Lavoratori
Sezione di Savona Bruno Luppi