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Denunciamo la strage di Sydney

La resistenza palestinese antisionista non ha niente in comune con il terrorismo reazionario antisemita

18 Dicembre 2025
bondibeach


La strage di ebrei compiuta a Sydney è un atto barbaro di tipo stragista, con connotazione antisemita. Il fatto che sia stato eseguito da attivisti o simpatizzanti dell'ISIS non è casuale. Rientra nella logica iper-reazionaria di un'organizzazione terrorista panislamista, che nulla ha a che vedere con la causa palestinese, con la resistenza palestinese, con la causa araba in generale.

Il governo genocida di Netanyahu si è affrettato a presentare la strage in Australia come espressione ed effetto del movimento internazionale di solidarietà con la Palestina. Persino il governo australiano è stato accusato da Israele di complicità con la strage, per aver riconosciuto formalmente lo Stato di Palestina. Si tratta di accuse tanto infami quanto grottesche, che peraltro appaiono tali agli occhi dell'opinione pubblica mondiale.

Aggiungiamo che anche il parallelo tra la strage di Sydney e l'azione del 7 ottobre 2023 è priva di ogni fondamento. L'azione del 7 ottobre 2023 fu un'azione legittima della resistenza palestinese contro l'oppressione sionista. Le organizzazioni palestinesi che l'hanno promossa e diretta sono componenti riconosciute della resistenza. L'idea di assimilarle al “terrorismo” è una volgare falsificazione.

Non condividiamo il progetto politico di Hamas. Consideriamo reazionario il regime con cui ha governato Gaza. Ci battiamo per una Palestina unita, laica, socialista, libera da ogni forma di fondamentalismo. Ma Hamas non ha nulla a che vedere con ISIS, è parte della resistenza di una nazione oppressa. E la resistenza a uno Stato coloniale è il diritto universale di ogni popolo. A maggior ragione di un popolo oppresso come quello palestinese che subisce la più lunga occupazione coloniale della storia.

Questo diritto di resistenza si esercita con ogni mezzo necessario. Il 7 ottobre è stato essenzialmente un atto militare contro uno Stato occupante per rompere il suo assedio, dimostrare la sua vulnerabilità, scambiare gli ostaggi catturati con la liberazione di migliaia di prigionieri palestinesi sottoposti ad ogni forma di vessazione e tortura. Uno scambio peraltro utilizzato e ricorrente in tante lotte progressive di liberazione.

È vero, il 7 ottobre ha visto anche la morte di vittime civili, seppur in numero infinitamente minore di quello denunciato dal sionismo (e in parte oltretutto causate dai colpi indiscriminati degli elicotteri militari israeliani, incluso un certo numero dei morti nel festival di musica). Deprechiamo naturalmente l'uccisione di vittime civili. Ma questo non cambia la natura dell'azione del 7 ottobre come atto legittimo della resistenza. Atto compiuto contro la più grande potenza militare del Medio Oriente da parte di una resistenza priva di aerei, navi, carri armati, in un rapporto di forze drammaticamente impari. In tali condizioni, esigere dalla resistenza palestinese il rispetto del “codice morale” sarebbe solo ipocrisia. Tanto più se il richiamo alla moralità proviene da uno Stato genocida o dai suoi difensori.

Proprio perché difendiamo incondizionatamente la resistenza palestinese antisionista e la sua piena legittimità, 7 ottobre incluso, non solo condanniamo la strage barbara compiuta in Australia da terroristi reazionari antisemiti, ma denunciamo ogni tentativo di attribuirla alla resistenza palestinese una insultante e inaccettabile provocazione.

Partito Comunista dei Lavoratori

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