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Tesi sulla crisi dell'imperialismo tedesco
9 Dicembre 2025
Da Neue Internationale, mensile del Gruppe Arbeiter:innenmacht.
Stiamo vivendo un momento di sconvolgimento politico globale. La guerra di aggressione russa contro l'Ucraina del 2022 ha segnato una svolta, così come l'elezione di Trump e la conseguente nuova strategia globale dell'imperialismo statunitense. Attualmente, non solo si fronteggiano blocchi di potenze più o meno apertamente rivali, ma la Cina, alleata con la Russia e diverse potenze regionali, sta sfidando l'egemonia statunitense. Nel frattempo, l'Unione Europea in quanto tale non solo sta perdendo influenza, ma vede andare sull'orlo del baratro anche anche il "partenariato" transatlantico, che è sempre stato un'alleanza di comodo dominata dagli Stati Uniti. Allo stesso tempo, le crisi economiche globali si stanno intensificando. L'imperialismo tedesco, un tempo beneficiario della globalizzazione, sta affrontando in questo scenario una profonda crisi: in politica estera, internamente ed economicamente. Il nuovo governo di grande coalizione guidato dal Cancelliere Merz sta rispondendo con un'offensiva generale sia a livello nazionale che internazionale. Per comprendere la situazione e prepararsi a un riorientamento strategico è essenziale analizzare le cause e le conseguenze di questa crisi. In breve: il mondo si sta ridisegnando e l'imperialismo tedesco sta rispondendo con il più grande programma di riarmo dalla Seconda guerra mondiale, con un atteggiamento bellicoso all'estero e con tagli sociali, razzismo e attacchi ai diritti democratici in patria. Di seguito, presentiamo delle tesi sulla crisi della politica estera, sulla crisi economica e sulla crisi di democrazia dell'imperialismo tedesco.
CRISI DI POLITICA ESTERA
1. Nel periodo precedente la "Zeitenwende" ["svolta epocale", espressione con la quale il Cancelliere Olaf Scholz annunciò il riarmo e il ritorno a una politica di potenza da parte della Germania, ndt], l'imperialismo tedesco trasse profitto da un ordine mondiale instabile ma vantaggioso. In quanto potenza leader dell'UE (insieme alla Francia), Berlino dominava l'unione degli Stati; unione che tuttavia presentava divisioni sempre più profonde, non solo tra membri più ricchi e più poveri, ma anche tra le potenze imperialiste tradizionali. L'attuale situazione mondiale sta aggravando questa contraddizione interna all'UE. Da un lato, per contrastare Stati Uniti, Cina e Russia, l'UE dovrebbe promuovere la sua unificazione capitalista e imperialista. Dall'altro lato, tuttavia, questo processo incontra contemporaneamente ostacoli sempre maggiori alla luce dei diversi interessi particolari degli Stati più importanti e del loro capitale nazionale.
2. Militarmente, la Germania e l'UE hanno fatto affidamento sul sostegno NATO fornito dagli Stati Uniti, che ha consentito loro di mantenere la propria spesa militare relativamente bassa per lungo tempo (solo l'1,3% del PIL nel 2021, invece dell'obiettivo del 2% richiesto dalla NATO). Allo stesso tempo, hanno mantenuto un rapporto contraddittorio con la Russia: distanza a parole in politica estera abbinata a un'attiva cooperazione economica. Nel 2021, la Germania si è approvvigionata dalla Russia per oltre il 50% del suo gas naturale e per un terzo del suo petrolio. Ciò ha permesso alla Germania e all'UE di raggiungere un certo grado di indipendenza dall'imperialismo statunitense. Nonostante la crisi finanziaria, la crisi dell'euro e la pandemia, la Germania ha quindi mantenuto la sua posizione dominante in Europa fino al 2022. Conserva tuttora naturalmente questa posizione e, nonostante le loro contraddizioni, l'UE e l'euro rappresentano un'importante conquista economica e geostrategica per l'imperialismo tedesco, poiché l'area dell'UE, in particolare nell'Europa orientale, costituisce un territorio semicoloniale dipendente cruciale, in quanto mercato, luogo di investimento e produzione, e fonte di manodopera a basso costo.
3. L'invasione russa dell'Ucraina distrusse il fragile equilibrio globale e rivelò il conflitto aperto tra i blocchi imperialisti. La posizione contraddittoria della Germania nei confronti della Russia dovette cessare, e Berlino si subordinò completamente alla strategia di guerra degli Stati Uniti, che avevano sempre guardato con sospetto alle relazioni economiche tra Europa e Russia. Le esportazioni e le importazioni di energia furono interrotte. Allo stesso tempo, il confronto aperto tra i blocchi imperialisti dimostra che anche la Germania deve prepararsi a far valere i propri interessi militarmente, se necessario, non solo contro le semicolonie, ma anche in una potenziale grande guerra imperialista. È finita l'era in cui un piccolo esercito specializzato sarebbe stato sufficiente nel caso in cui la pressione diplomatica ed economica fosse fallita. L'Ucraina, che era già pesantemente armata da anni, fu immediatamente inondata di equipaggiamento militare in eccesso. Contemporaneamente, la precedente dipendenza energetica della Germania inizio a farsi sentire: i prezzi salirono alle stelle e scoppiò una disputa in Europa sulla distribuzione dell'onere. Sebbene gli Stati dell'UE abbiano presentato un fronte relativamente unito nella loro strategia di guerra, hanno dimostrato la loro incapacità di svolgere un ruolo indipendente nelle questioni di conflitto più importanti, seguendo costantemente la guida del Pentagono nelle loro decisioni. Lo status dell'UE come potenza globale sta diminuendo. Le vecchie certezze appartengono al passato.
4. La rielezione di Trump negli Stati Uniti aggrava ulteriormente il conflitto transatlantico. Washington sta agendo apertamente in modo unilaterale e sta esercitando pressioni su alleati come la Germania, sia attraverso minacce di sanzioni e guerre commerciali sia con la minaccia di abbandonare i partner dell'alleanza, se necessario. La tanto decantata "comunità di valori" occidentale si sta rivelando una strada a senso unico: ci si aspetta che l'Europa si sottometta alla linea degli Stati Uniti ma, al contrario, non può contare sulla sua protezione. Sotto l'effetto di questa pressione esterna, gli impegni europei nei confronti della NATO e di una strategia militare guidata dagli Stati Uniti sono diventati ancora più vincolanti, ad esempio attraverso il sostegno aperto al febbrile riarmo NATO, sotto forma dell'obiettivo di spesa del 5%.
5. La classe dirigente tedesca sta reagendo alla crisi di politica estera con un massiccio militarismo per mantenere una parvenza di credibilità riguardo alla sua pretesa di potenza globale attraverso l'UE. La cosiddetta "Zeitenwende" implica un programma di riarmo senza precedenti: dopo il "fondo speciale" da 100 miliardi di euro del precedente governo di coalizione, il nuovo governo di grande coalizione (CDU/CSU e SPD) lo ha drasticamente aumentato attraverso il suo entusiastico sostegno ai nuovi obiettivi della NATO. Il bilancio della difesa dovrebbe salire al 3,5% del PIL, ovvero circa 150 miliardi di euro all'anno: quasi quanto la Russia spende attualmente per la guerra e circa un terzo dell'intero bilancio federale! Un ulteriore 1,5% è destinato alle infrastrutture essenziali per la guerra, per un totale del 5%! Persino la reintroduzione della leva militare obbligatoria è ora in fase di valutazione, al fine di garantire "materiale umano" sufficiente per potenziali conflitti di grandi dimensioni. Allo stesso tempo, la grande coalizione sta spingendo per aumentare la cooperazione militare sia tra gli Stati membri dell'UE che a livello UE nel suo complesso, promuovendo il riarmo in modo congiunto e coordinato. Tutto ciò mira ad aumentare il peso dell'imperialismo tedesco a livello mondiale, se necessario anche contro gli (ex) alleati.
CRISI ECONOMICA
6. Per lungo tempo, il capitale tedesco ha basato il proprio successo economico sul modello del "campione mondiale dell'export". Per decenni la Germania è stata tra le economie con i maggiori surplus commerciali al mondo, seconda solo alla Cina. Nel 2019, questo surplus ammontava a quasi 250 miliardi di dollari. Le esportazioni consistono principalmente in prodotti industriali classici del XX secolo: automobili (circa il 17% delle esportazioni), macchinari (14%) e prodotti chimici (9%). Circa il 60% delle esportazioni tedesche è destinato all'UE, ma i principali singoli clienti sono stati ultimamente la Cina e gli Stati Uniti. Le principali aziende tedesche sono tra i vincitori della globalizzazione capitalista. Tuttavia questo modello sta vacillando sempre più, perché il capitale tedesco sta perdendo terreno rispetto a Cina e Stati Uniti in settori economici cruciali.
7. Il fondamento del boom delle esportazioni tedesche risiede nel brutale sfruttamento dei paesi capitalisti semicoloniali e nell'altissima produttività del lavoro, che si traduce in un altissimo tasso di plusvalore a livello nazionale. L'industria ha delocalizzato intere catene di approvvigionamento in paesi a basso salario dell'Europa orientale (ad esempio Polonia, Ungheria, Romania), dove i salari sono solo un quinto o addirittura un decimo del livello tedesco. Allo stesso tempo, il capitale ha tratto profitto dal gas e dal petrolio russi a basso costo, che hanno mantenuto competitiva per anni l'industria, in particolare la chimica. A livello nazionale, i settori a basso salario in forte espansione (circa un quarto di tutti i lavoratori dipendenti lavora per meno di due terzi del salario mediano) e l'altissima produttività degli strati fondamentali del proletariato garantiscono al capitale un elevato tasso di sfruttamento e quindi di redditività. Le "riforme" del mercato del lavoro come l'Agenda 2010 hanno eroso i diritti sindacali e costretto milioni di disoccupati a lavori precari o al sistema draconiano dei centri per l'impiego, mentre la parte più pagata della forza lavoro è stata placata attraverso il meccanismo del partenariato sociale nelle aziende e attraverso concessioni minime, beneficiando così in qualche modo del successo delle grandi imprese. Donne, migranti e tedeschi dell'Est sono sovrarappresentati nel settore a basso salario. La leadership sindacale ha contribuito a gestire questo sistema: per molti anni il tasso di scioperi in Germania è stato tra i più bassi d'Europa.
8. Ma le condizioni economiche mondiali sono cambiate radicalmente. Il modello di esportazione è in crisi. Le principali industrie tedesche sono sottoposte a un'enorme pressione: il passaggio globale alla mobilità elettrica sta colpendo duramente le case automobilistiche nazionali, che sono difficilmente competitive a livello internazionale nel mercato dei veicoli elettrici. In un solo anno (2024) le esportazioni di auto tedesche verso la Cina sono crollate del 17,9%. Negli Stati Uniti la politica governativa sostiene la propria industria e mette sotto pressione gli esportatori tedeschi e di altri paesi. Allo stesso tempo, la Cina sta perseguendo sempre più una strategia di autosufficienza economica, che sta frenando le importazioni di macchinari e attrezzature. Le sanzioni occidentali contro la Russia hanno interrotto l'approvvigionamento di energia a basso costo, facendo aumentare i costi in Germania. Il punto è che i settori di esportazione più importanti stanno affrontando drastici cali di profitto. Ad esempio, Volkswagen, BMW e Mercedes hanno registrato ciascuna circa il 30% di utile netto in meno nel 2024. Il modello del capitalismo tedesco, un tempo di successo, sta raggiungendo i suoi limiti.
9. Una svolta fondamentale nel modello produttivo, come l'espansione dell'industria bellica, è nella migliore delle ipotesi ancora agli inizi, e non può compensare la crisi economica. Le grandi aziende stanno invece cercando di scaricare il peso della crisi sulla classe operaia. Pertanto, invece di attuare un vero e proprio cambio di rotta, i profitti del capitale monopolistico devono essere garantiti attraverso tagli salariali, licenziamenti e lo smantellamento del welfare. L'elevata inflazione a partire dal 2022 ha già portato a una perdita salariale reale di circa il 4%, che non è stata ancora affrontata. In particolare alloggi, energia e cibo sono diventati drasticamente più costosi. A differenza del periodo precedente, ora anche i segmenti più abbienti della classe lavoratrice ne sono colpiti: mentre l'inflazione erode i salari reali, grandi aziende come la Volkswagen stanno pianificando chiusure di fabbriche e licenziamenti di massa, anche in settori ben retribuiti, e il meccanismo del "partenariato sociale" viene apertamente abbandonato dal capitale.
10. Il nuovo governo sta consolidando questo assalto a tutto campo con un programma completo di tagli e deregolamentazione. La coalizione di centrodestra e centrosinistra non vuole avere nulla a che fare con la politica industriale keynesiana, poiché respinge ampiamente sia gli aumenti delle tasse per i ricchi sia gli investimenti finanziati dal debito in qualsiasi cosa che non siano gli armamenti. Il gigantesco riarmo a credito sarà inevitabilmente finanziato da tagli all'istruzione, alla sanità, alle pensioni e al welfare. Oltre a tagliare i servizi pubblici, i "risparmi" saranno ottenuti attraverso la vessazione dei disoccupati e dei percettori di reddito basso: il reddito di cittadinanza (che presto diventerà un sostegno al reddito di base) sarà di fatto ridotto e collegato a sanzioni più severe per mantenere bassi i salari. Una cosiddetta "pensione attiva" ha lo scopo di costringere gli anziani a continuare a lavorare oltre l'età pensionabile attraverso un salario basso che dovrebbe evitare la povertà in età avanzata. L'orario di lavoro sarà "flessibilizzato", il che significa che le tutele del lavoro come l'orario massimo giornaliero saranno aggirate. Allo stesso tempo, la coalizione di governo protegge il capitale: le aziende ricevono agevolazioni fiscali (ad esempio un ammortamento immediato del 30% sugli investimenti) e normative meno severe in materia di tutela ambientale e dei consumatori (eufemisticamente definite "riduzione della burocrazia"). La coalizione CDU/CSU-SPD persegue quindi nient'altro che l'impoverimento e la privazione di potere della classe lavoratrice allo scopo di garantire i profitti delle grandi imprese.
CRISI DELLA DEMOCRAZIA BORGHESE
11. I sedici anni dell'era Merkel hanno creato un'impressione di stabilità interna e pace sociale. Sebbene le sue coalizioni di governo abbiano effettivamente portato avanti gli interessi del capitale monopolistico (attacchi, austerità e la rivendicazione di "nessuna alternativa"), lo hanno fatto nel quadro di un certo grado di partenariato sociale. Merkel ha evitato lo scontro aperto e si è presentata come aperta al dialogo. Ha finto di comprendere la necessità della protezione climatica e le preoccupazioni sociali, solo per poi presentare compromessi inefficaci (come il pacchetto sul clima del 2019) o gesti simbolici. Ad esempio, dopo le sue dichiarazioni «Benvenuti rifugiati» (durante la cosiddetta crisi dei rifugiati siriani nel 2015, ndt), ha drasticamente inasprito le leggi sull'asilo, pur presentandosi comunque come una cancelliera "attenta". In questo modo, Merkel ha mantenuto le proteste sociali contenute o domate, e sebbene alla fine abbia sempre portato avanti le politiche del capitale, queste controriforme sono progredite troppo lentamente di fronte all'intensificarsi della concorrenza.
12. Ciononostante (o forse proprio per questo), la politica parlamentare si è spostata a destra. Dal 2015 in poi, l'AfD si è progressivamente affermato come partito di protesta razzista, principalmente impegnato in agitazioni razziste contro i rifugiati e traendo profitto dalla frustrazione per le politiche "senza alternative" dei partiti tradizionali. Sebbene l'AfD sia stata a lungo emarginata da tutti gli altri partiti, è riuscita a radicarsi a livello nazionale, in particolare nella Germania dell'Est, dove è diventata la forza più forte. Il successo dell'AfD, così come di altri partiti populisti di destra in tutto il mondo, evidenzia soprattutto la debolezza della sinistra, dei sindacati e del movimento operaio in generale, intrappolati in illusioni riformiste e quindi incapaci di risolvere progressivamente le crisi sociali. Tuttavia, anche gli ex "partiti popolari" stanno vivendo un crollo storico: nel 2013 la CDU/CSU e la SPD detenevano insieme ancora circa l'80% dei seggi nel Bundestag, mentre nel 2025 sono riusciti a malapena a formare il governo, poiché circa il 13% dei voti espressi non è stato preso in considerazione a causa della soglia di sbarramento del 5%.
13. Dal 2022 le crisi politiche si sono intensificate drasticamente. La coalizione semaforo (socialdemocratici-liberali-verdi, ndt) è crollata prematuramente, precipitando in una crisi di governo. Nuovi conflitti sociali stanno polarizzando il Paese: il dibattito sul ruolo della Germania nella guerra in Ucraina, ma soprattutto l'afflusso di ex elettori al razzismo dell'AfD, hanno portato da un lato alla scissione della Linke, con la creazione della BSW (Alleanza Sahra Wagenknecht), e dall'altro a una nuova e forte area di azione per l'AfD, che è diventato il secondo partito nel 2025 con il 21% dei voti. Allo stesso tempo si è formato un movimento globale di solidarietà per la Palestina, che si scontra frontalmente con la ragion di Stato tedesca (di sostegno incondizionato e indiscutibile a Israele, ndt). Il declino del modello di esportazione tedesco solleva costantemente interrogativi sulla sostenibilità finanziaria delle politiche del governo.
14. La classe dirigente risponde con un ulteriore spostamento a destra e una ristrutturazione autoritaria dello Stato. Fedele al suo motto di riportare la Germania "in prima linea", la nuova coalizione nero-rossa guidata da Merz sta attuando una politica fermamente di destra, e senza alcuna partecipazione dell'AfD. La chiusura razzista sta diventando dottrina di Stato: i controlli illegali alle frontiere minano il diritto di asilo, i richiedenti asilo vengono respinti, il ricongiungimento familiare per i rifugiati viene sospeso e l'assistenza per l'asilo viene cancellata. Si è persino discusso se ai cittadini naturalizzati potesse essere revocata la cittadinanza se considerati "estremisti" o attivisti indesiderati. Allo stesso tempo, la CDU/CSU mostra ripetutamente la sua disponibilità a collaborare con l'AfD per esercitare pressioni sul "centro", e in particolare sulla SPD. L'orrore e l'indignazione per ogni nuova, minacciata violazione del Brandmauer (letteralmente muro tagliafuoco, accordo fra i partiti tedeschi al fine di isolare politicamente l'AfD e l'estrema destra, rifiutando qualsiasi tipo di coinvolgimento o di collaborazione con essa, sia a livello locale che a livello federale, ndt) contro l'AfD sono stati infine seguiti da "compromessi" attraverso i quali la coalizione compie un ulteriore passo a destra. Queste manovre della CDU non mirano solo a rendere accondiscendenti la SPD, i Verdi e i sindacati, ma segnalano anche che si sta preparando una possibile coalizione con l'AfD. L'ostacolo decisivo è, in ultima analisi, la posizione dell'AfD sull'UE. Se l'AfD persisterà nella sua linea anti-UE e i capitalisti tedeschi continueranno a riporre fiducia nell'unificazione imperialista europea, una coalizione con il populismo di destra sarà possibile solo se l'AfD subirà un'inversione di rotta simile a quella di Meloni in Italia.
15. Allo stesso tempo, la crescente popolarità dell'AfD viene usata come pretesto per seguire ulteriormente le sue politiche razziste. Le imminenti elezioni statali nella Germania orientale, con le attuali proiezioni dell'AfD intorno al 40%, sottolineano anche la necessità di una soluzione. A livello nazionale, Merz sta giocando a fare il garante dell'ordine: invoca una nazione che non è «né in guerra né in pace» per giustificare il riarmo come strumento di difesa, e incita all'odio contro i migranti e i disoccupati, chiedendo la pulizia dei centri urbani. I movimenti di protesta si scontrano sempre più con la violenza della polizia, i divieti e la criminalizzazione: di fronte a movimenti per il clima come Ultima Generazione o alle attuali proteste palestinesi, la durezza dello Stato spazza via qualsiasi illusione di compromesso. Tutto questo è un assaggio di un nuovo autoritarismo. La repressione contro il movimento palestinese funge da prova generale di come i conflitti sociali dovranno essere risolti in futuro.
16. La nuova coalizione al potere non è quindi un semplice cambio di governo, ma un attacco generale alle condizioni di vita e ai diritti democratici dei lavoratori. Il suo corso si inserisce nel riarmo imperialista dell'Europa, guidato dalla nuova spartizione del mondo e dalla crescente crisi del capitale tedesco, che fatica a mantenere la propria posizione nella competizione mondiale. Questo governo rappresenta l'intensificazione della lotta di classe dall'alto. Il suo attacco non può essere fermato da poche manifestazioni o da giornate di azione simboliche: richiede una risposta determinata e comunista da parte del movimento operaio.








