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La scuola tra rinnovo del CCNL e Manovra 2026. Dove andremo a finire?
7 Dicembre 2025
Due fatti intrecciati si sono abbattuti sul settore della conoscenza nel mese di novembre 2025: la discussione sulla legge finanziaria e la firma del CCNL 2024-2026.
La nuova legge di bilancio porterà ad un peggioramento progressivo nella vita dei lavoratori e delle lavoratrici. Mentre si investono miliardi nel riarmo per uscire dall’impasse della recessione, il settore pubblico, tra cui la scuola, subisce un'ulteriore batosta: non sono previsti investimenti per i rinnovi contrattuali a contrasto degli effetti inflazionistici; non è previsto un piano di assunzioni e di stabilizzazione dei docenti; il personale ATA subirà un taglio di circa 2000 posti entro il 2026-2027.
Inoltre, la trasformazione di oltre 42000 incarichi di collaboratore scolastico in incarichi di operatore scolastico andrà ulteriormente a dividere, stratificare e penalizzare la categoria.
Mentre ovviamente si continuano a stanziare finanziamenti e agevolazioni per le scuole paritarie, come il bonus di 1500 euro.
A completare l’opera saranno i futuri passi nell’ambito della riforma dei professionali e dell’esame di Stato.
IL PIANTO DEL COCCODRILLO
La levata di scudi contro il governo da parte dell’opposizione e dei sindacati concertativi è fasulla ed è una partita giocata nello scontro tra apparati ideologici nella contesa della gestione del capitale e dei suoi effetti. Anche nella scuola: Valditara sancisce come obbligatorio ciò che era già previsto dalla “Buona scuola” renziana (comma 85), cioè il fatto di utilizzare “l’organico dell’autonomia” per coprire le supplenze brevi fino a dieci giorni.
Questo risparmio sarà recuperato con il 10% dell’aumento del FMOF, calcolato sul fondo dell’anno precedente. Un cane che si morde la coda.
In tutti questi anni le supplenze brevi sono state coperte, e lo sono tutt’ora, utilizzando i docenti di potenziamento. Come se fosse una novità! In tante scuole, invece, le cattedre di potenziamento, a cui si aggiungono i soldi del FIS (Fondo dell'Istituzione Scolastica), sono spesso utilizzate per i distacchi dei membri dello staff, collaboratori fidati del Dirigente Scolastico, i quali incarnano il famoso middle management della scuola-azienda.
Dunque, in seconda istanza, si ricorre agli ITP (insegnante tecnico-pratico) e agli insegnanti di sostegno, danneggiando il loro lavoro e ancor più gli studenti, e trasformando l’emergenza una tantum in problema strutturale. Questi “tappabuchi” fanno tanto comodo anche ai presidi “di sinistra”.
Laddove i tappabuchi non sono a disposizione si passa, come terza soluzione, all’accorpamento delle classi fuori da ogni logica di sicurezza.
Questa è l’autonomia scolastica, che piace alla destra e al campo largo dell’opposizione.
Si apriranno delle contraddizioni ma non dobbiamo patteggiare né per chi vuole risparmiare sulla pelle dei lavoratori e degli studenti né per chi vuole spartirsi la torta e utilizzarla per ingrassare il proprio anello magico. Dobbiamo lottare per riaffermare la dignità dei lavoratori, fuori da logiche aziendalistiche e di stratificazione del corpo docenti.
Dobbiamo chiedere a gran voce l’abolizione dell’autonomia scolastica e di tutto ciò che ne consegue. Se tagliano più di 5000 cattedre dell’organico dell’autonomia, dobbiamo pretendere la conversione di queste cattedre in organico di diritto su posto comune e su sostegno, in maniera definitiva.
ASSUMERE E STABILIZZARE I PRECARI, ALZARE I SALARI
Le stime per coprire l’anno scolastico 2024/2025 erano di circa 250 mila insegnanti. Una cifra enorme. A questi ogni anno si aggiungono i pensionamenti: 20 mila nel 2024 e circa 28 mila nel 2025. I Percorsi del PNRR copriranno solo il 20% delle reali necessità.
Sul versante degli ATA, su un fabbisogno di circa 32 mila posti vacanti complessivi delle varie mansioni, le assunzioni coprono circa 9500 posti di lavoro. Circa il 30%. Anche qui ogni anno si aggiungono pensionamenti di circa 10mila unità.
La carenza strutturale di lavoratori fa aumentare sempre di più il precariato, a danno della continuità salariale e didattica.
Sul versante dei salari, in generale anche per i docenti stabili la situazione non è rosea. La perdita del 30% in trent’anni del potere d’acquisto non vede ripresa all’orizzonte; nemmeno per il recupero degli ultimi tre anni. La compressione salariale del settore produttivo ha quindi i suoi effetti anche sul salario indiretto. Invece di aumenti in busta paga, il governo ci rifila sgravi sul salario accessorio e riduzione dell’IRPEF per i redditi medio-alti che riguarderanno (ovviamente) Dirigenti Scolastici e DSGA. Mentre la fiscalità sarà scaricata sulle spalle della classe operaia.
Siamo però ben lontani dall’indignazione dei docenti, poiché c’è sempre un modo per arrotondare il salario: le figure dei docenti tutor e orientatori, per i quali sono stati stanziati nel 2024 ben 267 milioni di euro, a cui si aggiungono ulteriori 100 milioni approvati nel febbraio 2025, spalmati su due annate (50+50). I progetti finanziati col PNRR, a cui hanno aderito migliaia di docenti, hanno svolto una funzione di “ammortizzatore sociale” divisivo e parziale. Insomma, la scuola dei progetti va a gonfie vele ed è ben remunerata, la scuola ordinaria cade a pezzi e con essa i lavoratori.
I SINDACATI AL TRAINO DEL GOVERNO
Il 5 novembre la maggior parte dei sindacati concertativi ha apposto la propria firma sul rinnovo del contratto, ad eccezione della CGIL che afferma: “Non sussistono le condizioni per la sottoscrizione” poiché “gli incrementi stipendiali previsti e per oltre il 60% già erogati in busta paga sotto forma di indennità di vacanza contrattuale coprono neanche un terzo dell’inflazione del triennio di riferimento e sanciscono la riduzione programmata dei salari del comparto”. L’aumento medio lordo previsto da questo rinnovo del CCNL sarebbe di soli 62 euro lordi! Una vera e propria miseria, ma ancor di più un’umiliazione per i docenti italiani che percepiscono i salari di categoria tra i più bassi d’Europa!
Finalmente una presa di posizione netta, alla quale in teoria avrebbe dovuto far seguito un’azione radicale cha aprisse finalmente il conflitto con il governo.
L’occasione sarebbe stata lo sciopero del 28 novembre: scendere in piazza con i sindacati di base, contro la finanziaria del riarmo e inserire in una vertenza generale la lotta dei lavoratori e delle lavoratrici della scuola.
La CGIL ha preferito scioperare in solitaria, a babbo morto, il 12 dicembre. Una scelta incomprensibile che rompe con il movimento del 3 ottobre e indebolisce i lavoratori. Indebolisce soprattutto coloro che nella breve onda di indignazione per il genocidio in Palestina di fine settembre e inizio ottobre sono stati i protagonisti: studenti in primis e insegnanti.
Attendiamo ora le consultazioni della base CGIL: rientrare con una firma tecnica o tenere duro sul contratto? Noi speriamo la seconda, ma non escludiamo la prima. Di sicuro può essere un’occasione per smascherare gli opportunisti che siedono ai tavoli delle contrattazioni d’Istituto e chiedere che nello statuto della CGIL venga sancita l’incompatibilità tra l’essere parte della RSU e coprire incarichi di staff o figure strumentali.
CAMBIARE LA ROTTA? NON BASTA! È NECESSARIO INVERTIRLA!
Non basta una virata un po’ più a sinistra per cambiare la situazione attuale. La rotta non va cambiata, va invertita.
• Abolire tutte le controriforme della scuola e la legge Bassanini che sancisce l‘autonomia scolastica e tutto ciò che ne consegue, comprese le recenti “Nuove indicazioni nazionali per il curricolo”.
• Fermare l’accorpamento degli istituti e investire nell’edilizia scolastica per la ristrutturazione e il potenziamento delle scuole esistenti.
• Per un piano di assunzione e stabilizzazione di tutti i docenti e ATA precari; per garantire il salario e la continuità didattica.
• Contro l’allungamento dell’orario cattedra: dire no ai ricatti degli uffici scolastici e rispettare i mandati dei collegi docenti. L’orario cattedra non può superare le 18 ore (se non per residui orari);
• Riduzione degli alunni per classe, basta con le classi pollaio;
• Internalizzazione degli educatori e delle educatrici;
• Aumenti salariali da CCNL di circa 400 euro netti.
• Per un patrimoniale del 10% sul 10% più ricco della popolazione per dare respiro il settore pubblico nella prospettiva di una fiscalità fortemente progressiva.
Se vogliamo risollevare la scuola pubblica è necessario scendere in piazza insieme ai lavoratori dei settori privati e insieme agli studenti.
Solo rovesciando i governi del capitale si può difendere la scuola e pensare di avere una scuola pubblica degna di questo aggettivo.
Solo un governo dei lavoratori e delle lavoratrici potrà garantire tutto questo.








