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Il figlio di un genocida come ministro

La nomina di Carlos Presti a ministro della Difesa dell'Argentina

1 Dicembre 2025
prestimilei


È recente la notizia della designazione a nuovo ministro della Difesa argentino del Teniente General Carlos Alberto Presti. La scelta è inquietante e rivelatrice, e mostra ancora più chiaramente la natura reazionaria del governo Milei. Era infatti da oltre quarant'anni, cioè dalla fine del periodo di potere della dittatura, che in Argentina un militare non ricopriva incarichi di governo. Pubblichiamo un commento dei compagni del MST apparso su Periodismo de Izquierda.


Quasi come una rottura rispetto a quanto era accaduto dal ritorno della democrazia, ma anche come provocazione, il presidente Milei ha nominato il Tenente Generale Carlos Alberto Presti nuovo ministro della Difesa.

Questa nomina rappresenta il ritorno di un militare in servizio attivo ai vertici del governo civile, cosa che non accadeva dall'ultima dittatura militare. La decisione, totalmente reazionaria, rientra nella riorganizzazione del governo, che prevede anche l'arrivo di Alejandra Montoeoliva al ministero della Sicurezza, in sostituzione di Patricia Bullrich.

La presentazione di Presti, attraverso il comunicato ufficiale della presidenza, è stata giustificata spiegando che si cerca «la fine della demonizzazione» delle forze armate, una dichiarazione che si allinea perfettamente con la narrativa del governo sulla necessità di rivalutare le istituzioni militari.

Presti, 59 anni, è uscito dal Colegio Militar nel 1987 e attualmente ricopriva la carica di Capo di Stato Maggiore dell'Esercito. Durante la sua carriera ha ricoperto la carica di direttore del Colegio Militar de la Nación, capo del Reggimento d'Assalto Aereo 601 e comandante della IV Brigata Aerotrasportata. Tuttavia, dietro questa normale carriera si nasconde un'eredità sinistra che il nuovo ministro non ha mai ripudiato. Suo padre, Carlos Roque Presti, era un colonnello della dittatura genocida, morto impunito nonostante su di lui pendessero 44 capi d'accusa per crimini contro l'umanità.

La nomina di questo militare alla guida di un ministero coincide con le recenti azioni intraprese dai rappresentanti dell'Argentina presso l'ONU. Il reazionario Alberto Baños, sottosegretario ai Diritti umani, entrato nella magistratura durante la dittatura, ha finito per votare insieme agli Stati Uniti e a Israele contro la risoluzione per la prevenzione e l'eliminazione della tortura nelle Nazioni Unite. Ma questa provocazione, motivata dalle peggiori idee negazioniste, non si è fermata qui, poiché la delegazione guidata da Baños, davanti al Comitato contro la tortura (CAT) delle Nazioni Unite, ha attaccato le organizzazioni per i diritti umani, ha relativizzato il terrorismo di Stato durante la dittatura e ha invocato una «memoria completa».

La combinazione di questi episodi, quasi in sintonia tra loro, dimostra che il governo di Milei sta cercando di inasprire l'autoritarismo del proprio governo e di riportare in vita l'impunità della dittatura.


L'EREDITÀ IMPUNITA E IL SILENZIO COMPLICE

Carlos Roque Presti non era un militare qualsiasi durante il terrorismo di Stato. Comandava il Reggimento di Fanteria 7 di La Plata ed era a capo della Polizia di Buenos Aires. Coordinava una rete di centri di detenzione clandestini che includeva La Cacha, Pozo de Arana e la Comisaría Quinta. Fu direttamente responsabile dell'attacco a La Plata nel novembre 1976, con il quale furono assassinati alcuni militanti e fu rapita Clara Anahí Mariani Teruggi, di appena tre mesi. Questo genocida morì nel 1993 senza aver mai messo piede in prigione, protetto dalle leggi dell'impunità.

Ciò che colpisce è che Carlos Alberto Presti, nel corso di tutta la sua carriera e soprattutto da quando ha raggiunto i vertici dell'esercito, dove aveva libertà di esprimersi liberamente, non ha mai condannato i crimini di suo padre né quelli della dittatura. Al contrario, in un'intervista ha affermato che l'esercito è «orgoglioso della sua storia», una frase dal significato nefasto, soprattutto se pronunciata dal figlio di un protagonista della repressione con decine di sparizioni al suo attivo.


IL PROGETTO POLITICO DIETRO LA NOMINA

La nomina di Presti non è un fatto isolato, ma rientra in un chiaro progetto di rivalutazione delle forze armate promosso dal governo Milei. Il comunicato ufficiale parla di «inaugurare una tradizione» di ministri militari, il che evidenzia l'intenzione di normalizzare ciò che fino a ora costituiva una linea rossa invalicabile nel periodo della democrazia. Questo avvicinamento era in gestazione da mesi, con visite dei fratelli Milei ai reggimenti militari e un discorso costante sulla necessità di porre fine a quella che loro chiamano la “demonizzazione” delle forze armate.

Questa nomina riflette anche la sintonia del governo con gli interessi geopolitici degli Stati Uniti. Presti si è espresso a favore di esercitazioni congiunte con le forze statunitensi, mostrando un chiaro allineamento con la politica estera americana, che ha poco a che vedere con la difesa sovrana degli interessi nazionali che i militari giurano di difendere.

Un altro aspetto significativo di questa nomina è il sostegno ricevuto da diversi esponenti politici, tra cui César Milani, capo dell'esercito durante il governo peronista Kirchner. Milani ha ritenuto che nominare un militare alla Difesa «è una decisione che il peronismo avrebbe dovuto prendere decenni fa», dimostrando che quando si tratta di sostenere il potere militare esistono ponti trasversali tra settori apparentemente antagonisti.

L'arrivo di un militare al ministero della Difesa, in un contesto di inasprimento delle misure economiche di austerità, non è casuale. Risponde alla necessità del governo di disporre di un apparato repressivo coeso e legittimato per affrontare il malcontento sociale che può tradursi in proteste e mobilitazioni. È la concretizzazione di un progetto che mira ad approfondire il carattere autoritario e repressivo di questo regime, cercando al contempo di cancellare quattro decenni di lotte per la memoria, la verità e la giustizia, con l'intento di normalizzare la presenza militare in questa democrazia, oggi già piuttosto limitata.

Di fronte a questa offensiva reazionaria, solo la mobilitazione e l'organizzazione possono difendere le conquiste democratiche ed evitare che i fantasmi della dittatura tornino a limitarle.

Gonzalo Zuttión

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