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Mohamed Shahin libero!
Nessuna equidistanza tra la violenza degli oppressi e quella degli oppressori
25 Novembre 2025
Tra la notte del 24 e il mattino del 25 novembre, Mohamed Shahin, imam della nota moschea Omar Ibn al-Khattab di Largo Saluzzo, Torino, è stato arrestato, trasferito a Milano e tradotto nel CPR di Caltanissetta. Il reato, durante un corteo per la Palestina di quest’ottobre, è aver qualificato il 7 ottobre 2023 come momento di una «resistenza legittima». L’accusato è dunque colpevole di verità.
Inaccettabile per Augusta Montaruli, secondo la quale l’imam è sostenitore del «terrorismo», malgrado questi abbia precisato che nessuno degli attivisti per la Palestina si propone di attuare le stesse violenze di Hamas. Il chiarimento "a prova di tonto", ovvia com’è la differenza di contesto tra un'occupazione coloniale e l'attuale fase di ordinaria dittatura del capitale in Italia, rimane purtroppo eccessivamente complesso per i ministri di questo esecutivo.
La verità è che, offendendo la sua stessa intelligenza, il governo sceglie di scontare il male minore. Il male più grande da eradicare è il movimento per la Palestina che, per l’ennesima volta, con la preparazione del 28 novembre, conferma la volontà di intrecciarsi al movimento operaio – il numero della bestia, per Meloni e i padroni – e manifesta tenacemente la capacità di operare nelle contraddizioni dei sindacati maggioritari, detentori del potere mobilitativo decisivo.
Il caso di Shahin si iscrive nel solco ritorsivo degli attacchi contro i sindacalisti del SI Cobas a Napoli, dei fogli di via ai leader delle associazioni palestinesi a Milano, delle cariche a freddo sui manifestanti che contestavano Tajani a Torino. Ciò che il governo non ha trovato l’ardire di fare nei giorni delle mobilitazioni oceaniche, rendere cioè operativi i Decreti sicurezza, lo recupera un pezzo alla volta nei giorni in cui l’impressione è che il movimento venga assottigliandosi. Si comincia, regolarmente, dai settori più isolati e fragili, che tali vengono resi e mantenuti proprio allo scopo di farne quella più sottile membrana sociale sfondando la quale la borghesia ha qualche speranza di avanzare senza scatenare reazioni di massa.
È esattamente l’aspettativa che dobbiamo distruggere. La sollevazione di massa deve riesplodere.
I padroni e i loro governi impareranno che le fasi di contrazione del movimento non sono definitive, ma anzi fisiologiche di tutte le dinamiche di ascesa sociale.
Solo di fronte alla paura di perdere tutto, il nemico di classe concede qualcosa.
A impedire l’espulsione di Mohamed Shahin non saranno gli appelli al governo perché intervenga contro se stesso (come vagheggia Paolo Ferrero di Rifondazione Comunista); non saranno i più dediti avvocati degli ultimi e non saranno i giudici; sarà la pressione sociale, gli scioperi non solo generali ma generalizzati e il conseguente blocco dei maggiori profitti; sarà la minaccia di un'opposizione politica di massa a liberare Shahin, a liberare la Palestina, a liberarci tutti dal capitalismo e dalla sua putrefazione imperialistica.
Mohamed libero! Palestina libera!
Nessuna equidistanza tra la violenza degli oppressi e la violenza degli oppressori!
Nella tradizione della Quarta Internazionale, con la lotta di liberazione palestinese – incondizionatamente e a prescindere da chi la conduca – dalla secolare predazione coloniale!








