Interventi

In ricordo di Paolo Virno

14 Novembre 2025
virno_franco


Pochi giorni fa, il 7 novembre, è venuto a mancare, per malattia, una persona molto considerata in vari ambienti della estrema sinistra italiana, Paolo Virno, autore di diversi libri di analisi filosofica e sociologica, e un collaboratore su questi terreni de Il Manifesto, che lo ha ricordato con tre ampi articoli domenica 9.

Era un compagno molto lontano dalle nostre posizioni. Era stato a Roma, dove viveva dalla fine del 1968, militante e dirigente dell’organizzazione Potere Operaio (una delle principali della estrema sinistra nei primi anni ’70, diretta in particolare da Toni Negri e Franco Piperno) fino al suo scioglimento nel 1973.
Con altri ex dirigenti di Potere Operaio era stato coinvolto nell'incredibile e paranoica azione repressiva del cosiddetto 7 aprile, in cui un magistrato “progressista” li accusava di essere i veri dirigenti delle Brigate Rosse.
Uscito dalla galera e assolto in appello, Virno continuò un lavoro, non organizzato, di teorico sul terreno delle teorie di marca negriana, certo con un approccio di serietà e moralità ignorato dal suo mentore.

Si potrà dire: cosa c’entra con noi marxisti rivoluzionari questa persona? Certo molto poco. Ma nella sua prima giovinezza era stato politicamente mio compagno di battaglia politica, oltre che il mio migliore amico. Avevo scritto un testo per Il Manifesto, sperando che gli desse un po’ di spazio. Non è stato così. Ha più che dimezzato il testo, tra l’altro con tagli non logici, trattandolo come una lettera qualsiasi.
Per questo mi permetto di chiedere uno spazio al nostro sito, ovviamente nella pagina Interventi e non altra. Penso che al di là del mio ricordo e della mia commozione personale, racconti alcune cose sulla Genova studentesca del 1967-'68 e su, tra gli altri, il D’Alema nazionale, che possono avere un qualche interesse per i compagni e le compagne, non solo genovesi, né solo per qualche anziano simpatizzante o sostenitore (come il compagno avvocato Andrea Giuliani, che ci è stato utilissimo nella raccolta firme per le elezioni, o la compagna Susanna Marzolla, autrice nel lontano 1977 di quell’articolo, dal titolo “Marxismo e femminismo", diverse volte citato da più parti nel nostro recente dibattito) che quella storia l’hanno vissuta insieme a me e a Paolo Virno
.


Paolo è stato il migliore amico, oltre che compagno di lotta politica, della mia adolescenza. Andrea Colombo ha ricordato la loro comune presenza al liceo a Roma e la comune adesione a Potere Operaio. Ma questi sono stati i suoi due ultimi anni di scuola superiore. Come credo alcuni dei suoi tanti estimatori sappiano, ha fatto i sui tre primi anni di liceo (quarta e quinta ginnasio e primo liceo classico, secondo l’assurdo linguaggio ufficiale di questo Stato incapace) a Genova. Frequentava, e io con lui, il Liceo Andrea D’Oria, l’istituto pubblico dei figli della medio-alta borghesia genovese, lui figlio di un importante dirigente di una società petrolifera, io di un alto magistrato.

Fummo non solo compagni di classe, ma dal secondo anno anche di banco, per una nostra scelta basata su una profonda amicizia e interessi comuni. Ci formammo come rivoluzionari insieme, anche se con un’evoluzione soggettiva diversa, sia pure nell’estrema sinistra. Credo che si notasse anche in quegli anni, lui il primo in classe sulla filosofia ed io invece in storia. Per cui lui si indirizzò verso l’operaismo, partecipando alla nascita di Potere Operaio, e le teorie negriane, e io verso il trotskismo, entrando nella Quarta Internazionale. Anche se per entrambi la scelta definitiva avvenne dopo che lui era già andato a vivere, con il trasferimento del padre, a Roma, a metà del 1968.

Cercammo insieme di lavorare all’organizzazione del movimento degli studenti medi. Ma il quadro cittadino su questo terreno era totalmente spoglio fino alla primavera del 1967. Interessati a esprimere le nostre nascenti idee, partecipammo insieme all'iniziativa di un modesto quotidiano del pomeriggio, Il corriere mercantile, che creò una pagina dei giovani settimanale, in cui cercammo per circa un anno di esprime le nostre idee sulla deficienza della scuola e sulle problematiche della gioventù pre-'68.
Poi, appunto nella primavera del ’67, contribuimmo, non solo nel nostro liceo, a realizzare il primo sciopero che io mi ricordi, contro il colpo di stato dei colonnelli in Grecia.

Lasciammo la pagina dei giovani e ci lanciammo nella battaglia per organizzare gli studenti medi, credo quello che chiamammo il sindacato degli studenti.
Questo riuscì ad organizzarsi in molte scuole e a realizzare diversi scioperi, seppure con risultati contraddittori. Infatti Genova fu sempre indietro rispetto alle altre grandi città. Basti pensare che nella città della Lanterna, non solo nel ’68, ma in tutti gli anni caldi, non ci fu mai una sola occupazione di un liceo (e noi guardavamo con invidia quello che avveniva altrove). Non parliamo poi del nostro liceo. Dato anche il suo carattere che ho ricordato prima, gli scioperi non coinvolsero mai, su circa 1200 alunni, più di 250 persone (e a volte assai meno).

Piccola nota di colore. Al D’Oria dovevamo anche scontrarci inizialmente con le posizioni moderate e disfattiste di Massimo D’Alema (sì, proprio il Dalemone del futuro, che visse a Genova per una decina d’anni al seguito del padre senatore e segretario regionale del PCI) che era tre anni avanti a noi, ma già appariva un apparatchik della FGCI.

Fu una grave perdita politica e personale per me quando Paolo si trasferì a Roma. Pensavamo di vederci ogni tanto per mantenere il nostro rapporto. Non fu così. Le realtà politiche diverse non ci portarono più a contatto. L'ultimo incontro vero che io ricordo fu dopo il congresso di Rosolina nel 1973, in cui Potere Operaio si sciolse ipotizzando lidi che fortunatamente, nonostante le calunnie giudiziarie del "7 aprile", non raggiunse mai. E mi pentii, dopo, di aver utilizzato questo incontro essenzialmente per polemizzare con le scelte politiche della sua organizzazione e non per pormi più sul piano della nostra profonda amicizia personale.

Nonostante per molti anni nei successivi decenni, per i miei impegni in Rifondazione Comunista e nella CGIL nazionali sia venuto a Roma quasi ogni settimana e abbia partecipato fino ad oggi a molte decine di manifestazioni nazionali nella capitale, non lo incontrai più. Molte volte pensai di cercare di ritrovarlo, ma sempre ho rinviato per urgenti impegni politici.
Ci ho ripensato anche non molto tempo fa. E ancora una volta ho rinviato. Mi ero ripromesso però di non tardare ancora molto. Pensavo, in ogni modo, che ci fosse ancora tempo per "rivederci al tramonto" e raccontarci con un bilancio prima umano e poi politico la nostra vita e anche parlare di quella minor parte di essa che ancora avevamo davanti.

La malattia, di cui non sapevo ovviamente nulla, me lo ha impedito. Sono sinceramente triste di non aver potuto incontrare almeno un’ultima volta quello che è stato il miglior amico e compagno della mia prima giovinezza. 
Aggiungo solo, per concludere, che se (e non ne dubito) Paolo era quello che avete descritto, non era cambiato in nulla rispetto al ragazzo che conoscevo.
Solare, intelligente, coltissimo, allegro di un'allegria contagiosa, generoso, corretto e gentilissimo. Gli volevo bene.

Addio Paolo.

Franco Grisolia

CONDIVIDI

FONTE