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L'accusa di antisemitismo: una clava contro il movimento
No al ddl Gasparri!
22 Ottobre 2025
La lotta del popolo palestinese, che oggi non deve arretrare ma resistere al piano coloniale di Trump, una battaglia fondamentale l’ha già vinta: la battaglia per la conquista del cuore delle masse.
Movimenti enormi di solidarietà con la lotta di liberazione palestinese hanno attraversato i cinque continenti, dagli USA all’Europa, dall’Asia al Sud America, dall’Africa all’Australia.
In Italia, dopo due anni di mobilitazioni forse di tenore inferiore a quelle di altri paesi europei, si è avuta un’autentica esplosione della partecipazione di massa nelle giornate dal 22 settembre al 4 ottobre, quando milioni di persone sono scese in piazza per mostrare la propria vicinanza al popolo palestinese e la propria solidarietà all’impresa della Global Sumud Flotilla.
Un’immensa partecipazione caratterizzata soprattutto dalla presenza di giovani e giovanissim3, studenti medi e universitari, e da ultimo anche da una crescente componente di classe lavoratrice.
Si è trattato di un autentico salto di qualità nella mobilitazione, un movimento che fa paura al governo e che incontra i favori dei sondaggi. Un movimento politico oltre che umanitario che denuncia la complicità del governo italiano nel genocidio di Gaza, che condanna la ferocia disumana e il razzismo dell’ideologia sionista, e che canta nelle strade la liberazione della Palestina dal fiume al mare.
Mai come oggi l’immagine di Israele è gettata nella polvere, la sua propaganda non creduta e derisa, i suoi atti criminosi denunciati con forza ad ogni livello della società, dai lavoratori, dagli studenti, dagli intellettuali e dagli artisti.
L’entità sionista è costretta a reagire come un animale ferito, e allora lancia ad ogni latitudine geografica, politica e culturale, come un disco rotto, la litania dell’accusa infamante: antisemita.
L’accusa è infame perché rivolta non contro i depositari storici dell’antisemitismo, quell’estrema destra i cui eredi oggi in grande maggioranza in Europa appoggiano il sionismo, ma contro il grande movimento di solidarietà con il popolo palestinese, proprio quando questo denuncia il più grave genocidio del XXI secolo.
Accusare di antisemitismo chi si oppone allo sterminio è ridicolo e volgare. Nondimeno però è un’arma in mano a governi complici che tentano di reprimere la mobilitazione di massa, come Germania, Francia, Inghilterra e ovviamente… l’Italia.
Alcuni esponenti del governo italiano sono intenti ad usare l’accusa di antisemitismo come una clava per colpire la mobilitazione crescente. Nelle università, nelle scuole, negli enti culturali è in corso una lotta accanita per denunciare ogni forma di collaborazione con lo stato genocidario di Israele. Gli esponenti filosionisti sono travolti, e non sanno più quali argomentazioni utilizzare per giustificare la propria collaborazione. Allora per questo viene utile la vecchia e sempre verde accusa di antisemitismo.
Vogliamo precisare che non è possibile sottovalutare il rigurgito di sentimenti antisemiti, ma essi sono in massima parte da imputare agli atti criminali commessi da Israele, la più grande fonte di antisemitismo.
Per propalare questa grande menzogna, dunque, non bastano più la grande stampa ossequiosa con il governo e con i sionisti, non è più sufficiente la propaganda e la repressione ordinaria da parte delle forze di polizia. Per questo è necessario approntare uno strumento nuovo, più adeguato alla bisogna. In altre parole, uno strumento legale con cui armare la repressione.
Il ddl (disegno di legge) Gasparri si incarica di dare soddisfazione a questa necessità. Non è l’unico ad essere in discussione al Senato, ma è quello più avanzato in tal senso.
Tale ddl così riporta nelle premesse; «…i focolai di antisemitismo già presenti in tutta Europa (documentati per l'Italia dal CDEC e dall'Eurispes) si sono estesi e propagati sotto la veste di antisionismo, dell'odio contro lo Stato ebraico e del suo diritto a esistere e difendersi».
L’antisemitismo è connesso all’antisionismo, tanto che:
«Il comma 2 prevede l'istituzione, presso le scuole di ogni ordine e grado, di corsi annuali di formazione per studenti sull'antisemitismo e sull'antisionismo».
Il che comporta l’indottrinamento studentesco nei confronti dell’adesione al regime israeliano e alla giustificazione dei suoi crimini.
Art.2 comma 2: «…Il Ministro dell'istruzione e del merito istituisce, presso le scuole di ogni ordine e grado, corsi annuali di formazione rivolti agli studenti, al fine di favorire il dialogo tra generazioni, culture e religioni diverse, e di contrastare le manifestazioni di antisemitismo, incluso l'antisionismo» (sottolineature nostre).
Non manca l’invito alla delazione, soprattutto di insegnanti e professori universitari. Ma ciò che è più importante è che la pena stabilita dal codice penale si deve applicare come recita l’art. 4 comma:
«La stessa pena si applica qualora la propaganda, l'istigazione o l'incitamento si fondano, in tutto o in parte, sull'ostilità, sull'avversione, sulla denigrazione, sulla discriminazione, sulla lotta o sulla violenza contro gli ebrei, i loro beni e pertinenze, anche di carattere religioso o culturale, nonché sulla negazione della Shoah o del diritto all'esistenza dello Stato di Israele o sulla sua distruzione» (sottolineature nostre).
È evidente che questo dispositivo normativo ha l’obiettivo di abbattersi come una scure contro le masse soprattutto giovanili che hanno alimentato le grandiose mobilitazioni delle settimane scorse. In quelle manifestazioni, fra gli slogan più recitati vi erano proprio quelli che dimostravano l’ostilità al sionismo, un’ideologia politica suprematista e razzista, che ha giustificato negli ultimi 77 anni l’occupazione coloniale delle terre e delle città dei palestinesi, con il corredo di massacri e pulizia etnica. Un’ideologia che ha interessato solo parte dei popoli ebraici, e sostanzialmente la parte più reazionaria e violenta. La parte più progressista e socialista, maggioritaria negli anni ’20 e ‘30 in Polonia, era rappresentata dal partito più grande di matrice ebraica, il Bund (Unione di Lotta dei Lavoratori Ebrei), e avversava il sionismo, definito come “un movimento reazionario capitalista e colonialista al servizio dell’imperialismo”.
La maggioranza dei combattenti dell’insurrezione del ghetto di Varsavia apparteneva in effetti al Bund, compreso il suo eroico comandante militare Marek Edelman, che si rifiutò sempre di andare in Israele e che nel 2002 espresse la sua solidarietà alle organizzazioni combattenti palestinesi.
È assolutamente risibile che, se fosse stata in vigore una legge analoga a quella voluta da Gasparri, il Bund, la maggioranza yiddish del popolo ebraico europeo e il comandante dell’insurrezione del ghetto di Varsavia sarebbero stati perseguibili a norma di legge!
Anche in ossequio a questa grande tradizione dei popoli ebraici, che ha fornito al movimento rivoluzionario comunista degli anni ’20 alcune tra le menti più luminose, non si può che riaffermare la lotta irriducibile al sionismo e la necessità, per i popoli del Medio Oriente e dell’umanità intera, della sua sconfitta definitiva.
Un altro grande slogan ha connotato le mobilitazioni in Italia e nel mondo tanto da essere gridato da moltitudini di persone di ogni età: “Palestina libera dal fiume al mare”.
Questo slogan ha un significato molto preciso, vuole intendere la liberazione della Palestina storica, ciò che implica la distruzione dello stato di Israele.
Questa rivendicazione elementare, ma potentemente espressa da centinaia di migliaia di cittadini, che vuole sostenere il diritto di autodeterminazione del popolo palestinese, è frutto del diritto a esprimere il proprio pensiero, ma secondo Gasparri dovrebbe essere semplicemente sottoposta a censura pena la possibilità di finire in carcere.
È il caso di dire che il lupo perde il pelo ma non il vizio parafascista di istituire reati d’opinione del tutto antidemocratici.
In conclusione, il Partito Comunista dei Lavoratori, erede dell’unica tradizione politica che si è sempre opposta all’esistenza di Israele, difende il diritto del movimento per la Palestina ad esprimere il proprio pensiero e a scendere in piazza per manifestarlo, rifiuta ogni forma di intimidazione nella sua lotta contro il sionismo e invita a proseguire con più forza la mobilitazione contro il piano coloniale di Trump; l’unica mobilitazione che è in grado di rendere inapplicabile e far crollare questo disposto normativo.
Quali che siano le leggi della borghesia filosionista, il Partito Comunista dei Lavoratori ribadisce:
Lo Stato sionista dell’apartheid coloniale non può essere riformato, ma va distrutto.
Per una Palestina unita, laica e socialista (con il ritorno incondizionato dei profughi palestinesi e con i diritti di minoranza nazionale per gli ebrei, ad eccezione dei coloni fascisti e nazisti da espellere).
Per una Repubblica araba socialista unita.
Per una Federazione socialista del Medio Oriente e del Nord Africa, con il diritto di autodeterminazione di tutti i popoli oppressi della regione (curdi, berberi, etc.)








