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Francia. Le peripezie del Nuovo Fronte Popolare e la deriva del NPA-A

26 Settembre 2025
nfp


Lo scorso 2 luglio a Bagneux, nella regione parigina, rispondendo a un invito di Lucie Castets (una personalità “di sinistra indipendente” che i deputati della coalizione del Nuovo Fronte Popolare (NFP) hanno proposto come primo ministro), si sono riuniti dirigenti del Partito Socialista (PS), degli Ecologisti e di varie organizzazioni minori emerse dalle diverse crisi del PS e di La France Insoumise (LFI) (1). Il tema della discussione non era prepararsi a spazzare via Macron, Bayrou e la loro politica reazionaria attraverso la lotta di classe, ma mettersi d'accordo sul tema scottante... delle elezioni presidenziali del 2027!


ILLUSIONI ELETTORALI E AMBIZIONI PERSONALI

Tutti i partecipanti ritengono che la “sinistra” dovrebbe unirsi in una candidatura unica al primo turno, un candidatura che, grazie alle divisioni della destra e del centro, passerebbe al secondo turno e, grazie alla “rimonta repubblicana”, sconfiggerebbe il rappresentante del Rassemblement National (RN).

Oltre al presupposto che non ci saranno crisi sociali o politiche importanti nei prossimi due anni, e che quindi le scadenze elettorali saranno rispettate, c'è una certa cecità nel non prevedere la probabile convergenza tra una destra sempre più reazionaria e un'estrema destra che cerca di apparire in una veste rispettabile (2). O, più precisamente, la sinistra legalista crede di poter attirare gli elettori della destra "moderata" verso una candidatura non troppo radicale.

La preselezione del candidato o della candidata non era all'ordine del giorno della riunione del 2 luglio – si è solo accennato alle primarie senza entrare nei dettagli – ma tutti pensavano chiaramente a questo: i presenti, almeno tre dei quali aspirano apertamente alla candidatura (Lucie Castets, Clémentine Autain e François Ruffin), il PS con la possibilità di lanciare uno dei suoi, e anche gli assenti, cioè il Partito Comunista Francese (PCF), che resta in silenzio; LFI, per cui Jean-Luc Mélenchon è indiscutibile; e Raphaël Glucksmann, che ritiene che saranno i sondaggi a mostrare chi è meglio posizionato.


IL NUOVO FRONTE POPOLARE, UN COLTELLO SENZA LAMA

Al di là della ridicola rivalità tra coloro che si vedono già all'Eliseo, le divisioni sono evidenti. Dopo il secondo turno delle legislative, la direzione del PS e quella dei Verdi hanno preso seriamente in considerazione la possibilità di prolungare l'esperienza del “fronte repubblicano” rispondendo alla proposta di Macron di formare un governo che escludesse il RN (Le Pen). Ciò si è rivelato rapidamente irrealizzabile, poiché significava la fine del NFP, dato che il progetto di Macron escludeva gli “estremisti”, sia LFI a sinistra che il RN e i suoi alleati a destra.

Continuare con il "fronte repubblicano" avrebbe implicato anche rinunciare alla lotta contro lo smantellamento del sistema pensionistico, la riforma emblematica di Macron sostenuta dai Repubblicani, il cui peso politico è molto maggiore del numero di deputati che esprime. Il PS si sarebbe accontentato di una «vera negoziazione», ma il prezzo da pagare sarebbe stato considerevole. Infatti, la costituzione del NFP e il suo relativo successo avevano suscitato speranze (e illusioni) tra il popolo della sinistra, al di là dell'essere un semplice freno a un eventuale governo del RN. Assumersi la responsabilità di rompere questa alleanza era impensabile.

Ma ciò che univa tutti i partiti che compongono il NFP era confinare la risposta agli attacchi del governo e del capitale sul solo terreno istituzionale, evitando di scendere sul terreno della lotta di classe, della ripresa degli scioperi e delle manifestazioni, nonostante molti dei loro elettori si fossero recati alle urne con spirito di rivalsa dopo la sconfitta sulla riforma delle pensioni (3).

Per intrattenere il pubblico, è stata lanciata una «grande campagna democratica», con petizioni incluse, per chiedere a Macron la nomina di un primo ministro del NFP, principale forza del Parlamento e, per ironia della sorte, in nome delle «tradizioni della Quinta Repubblica», minacciando persino di destituire il presidente (4). Sono poi arrivate le mozioni di censura a geometria variabile, la cui sorte dipendeva dai voti del RN e il cui successo sarebbe servito solo a sostituire un governo di destra con un altro, Bayrou al posto di Barnier. Tutto questo in attesa delle prossime elezioni, soprattutto quelle presidenziali, che monopolizzano tutta l'attenzione dei partiti del NFP.


CONDANNATI A DIVIDERSI

Una parte delle forze del NFP vuole giocare la carta del “realismo” e della rispettabilità, credendo di essere in sintonia con le aspirazioni dell'elettorato e preparando probabilmente future alleanze con il “centro”. Altri, come LFI (Mélenchon), si mostrano più radicali, rivendicando «tutto il programma del NFP». Ma al di là del fatto che tale programma non ha nulla di anticapitalista, tutti i componenti del NFP si collocano sul terreno istituzionale e del gioco parlamentare, con i discorsi patriottici di Jean-Luc Mélenchon che difende le «nostre industrie nazionali» e persino le «nostre forze armate». E, naturalmente, guardando alle elezioni presidenziali come unica via d'uscita.

Ma le divisioni sono evidenti su molti temi. Il PS ad esempio riprende senza vergogna le accuse di islamo-gauchisme e persino di antisemitismo contro LFI, e si guarda bene dal condannare chiaramente i crimini del governo israeliano. Niente di sorprendente, dato che la socialdemocrazia ha sempre sostenuto il sionismo, e che il Partito Laburista israeliano fa parte dell'Internazionale Socialista. Ma legittimare il genocidio contro i palestinesi unendosi alla campagna di odio contro chi lo denuncia... In realtà, il PS cerca un terreno comune con le posizioni “equilibrate” di Macron, che considera un po' eccessiva la politica di Netanyahu mentre denuncia il “terrorismo” di Hamas (5). Ma l'ignominia del PS va oltre la questione palestinese: sostiene l'islamofobia di Stato su tutti i fronti, alimentando così la confusione tra migranti e criminalità.

Un altro episodio significativo. Abbiamo appena visto Olivier Faure (segretario del Partito Socialista, ndt) difendere il diritto dei poliziotti municipali di portare armi (e di usarle?) di fronte a una modesta proposta di LFI per il loro disarmo. In effetti i governi “socialisti” hanno ampliato le prerogative della polizia consentendo di sparare in caso di rifiuto dell'ordine di fermarsi. Le conseguenze di questa carta bianca concessa alla polizia durante il mandato di François Hollande (legge del 28 febbraio 2017) le vediamo regolarmente.

Ciò solleva interrogativi sui limiti della posizione di La France Insoumise, che d'altra parte è favorevole al rafforzamento della polizia nazionale. Ma la cosa più evidente è che, di fronte a ogni attacco della destra, la presunta sinistra indietreggia, cerca di giustificarsi, di mostrarsi ragionevole e moderata, e così prende le distanze dalle proposte minimamente più radicali.


IL NPA-ANTICAPITALISTE ALLA CODA DEL NUOVO FRONTE POPOLARE

Non ci è voluto molto perché i dirigenti del NPA-A (una delle due parti in cui si è diviso il Nouveau Parti Anticapitaliste all'indomani del congresso del 2022. L'altra è il NPA-Révolutionnaires. Il NPA-A persegue da tempo una strategia di unità con i partiti del NFP, ndt) rompendo con la propria storia, cedessero al fascino dell'unione della sinistra. Sarebbe crudele ricordare loro, proprio quando hanno appena fatto aderire il loro partito alla loro autoproclamata Quarta Internazionale, questa citazione dal Programma di transizione, che ancora rivendicano:

«La Quarta Internazionale è oggetto già oggi del giustificato odio degli staliniani, dei socialdemocratici, dei liberali borghesi e dei fascisti. Non trova né può trovare posto in nessun fronte popolare. Si contrappone intransigentemente a tutti i gruppi politici legati alla borghesia.”

Ecco invece un estratto delle risoluzioni del congresso del NPA-A, febbraio 2025:

L'UNITÀ POLITICA E I NOSTRI COMPITI NELLE ELEZIONI

L'unità politica è una lotta permanente e, in questo periodo caratterizzato dalla possibilità che l'estrema destra arrivi al potere, si estende al terreno elettorale per dimostrare la necessità dell'unità antifascista a tutti i livelli.

In questo senso, l'esperienza del Nuovo Fronte Popolare è una conquista. Il NFP ha riunito partiti di sinistra, sindacati, associazioni e ha attirato decine di migliaia di militanti, ma anche molte persone non organizzate o che si avvicinavano per la prima volta alla politica, con al centro forze radicali (in particolare LFI, ma anche la CGT e la Fédération Syndicale Unitaire). La vittoria del NFP contro l'estrema destra nelle elezioni legislative del 2024 dimostra che la capacità di resistenza e di mobilitazione del movimento operaio rimane importante.

Tuttavia, ci troviamo anche di fronte ai suoi limiti. In particolare, al desiderio dei principali partiti di sinistra (compresa LFI) di mantenere il NFP come un semplice cartello elettorale. Noi, al contrario, ci battiamo affinché il NFP diventi pienamente un fronte sociale e politico che si esprima sia nelle piazze e nelle lotte sia nell'arena elettorale. A tal fine, ci uniamo alle forze che condividono essenzialmente la nostra stessa politica all'interno del NFP (Ensemble, Gauche écosocialiste, Gauche Démocratique et Sociale...) e all'embrione di coordinamento nazionale costituito attorno all'iniziativa dei "convois de la victoire" (convogli della vittoria), alla Fondation Copernic e ai comitati NFP che vi partecipano.


Qui si possono vedere alcune differenze con un orientamento marxista rivoluzionario. Il NFP è valutato con una certa riserva per la sua limitazione al terreno elettorale (e i burocrati della FSU e della CGT sono qualificati come “radicali”), ma non c'è alcun bilancio critico sul “fronte repubblicano”, che ha contribuito a salvare i seggi dei deputati del partito di Macron e persino della destra. Il NPA-A rivendica la “vittoria” del NFP, confondendo i voti del primo turno con la maggioranza parlamentare. Per questo motivo si è unito alla «campagna democratica» che chiedeva a Macron di «rispettare la volontà degli elettori», mentre invece, come abbiamo sottolineato sopra, si è trattato di un tentativo di confinare il rifiuto sociale delle politiche padronali e governative al terreno elettorale.

Logicamente, i dirigenti dell'NPA-A si guardano bene dal convergere, né per le lotte né per le elezioni, con le organizzazioni rivoluzionarie (Lutte Ouvrière, Révolution Permanente, NPA-R), ma guardano piuttosto ai piccoli gruppi della sinistra riformista detta radicale.

Che altro dire, se non che speriamo che questi compagni – almeno una parte di loro – ci riflettano?



Note

(1) L'APRES, costituito da esclusi dalla LFI, ha celebrato il suo congresso costitutivo, al quale si è unito Ensemble, raggruppamento che include scissionisti della LCR e dell'NPA, alcuni dei quali ancora membri della Quarta Internazionale (SU); Debout, il piccolo partito di François Ruffin, altro ex LFI con un proprio programma; Générations, il partito di Benoît Hamon, ex candidato del PS alle presidenziali...

(2) Philippe Poutou ha pagato caro nella circoscrizione dell'Audoise ceduta dal NFP. Al secondo turno ha raccolto alcuni voti del candidato dissidente del PS locale e poco altro. I risultati mostrano che la destra “repubblicana” ha votato in massa per il deputato uscente del RN.

(3) Una cosa è la natura del NFP, che si propone di “civilizzare” un po' il capitalismo; un'altra sono le aspirazioni dei suoi elettori, per lo più giovani e appartenenti ai settori popolari, che cercano vendetta dopo diverse successive sconfitte, senza aspettare le prossime elezioni.

(4) Con un sistema elettorale proporzionale a turno unico, il RN e i suoi alleati avrebbero ottenuto il maggior numero di seggi. Sarebbe quindi stato necessario, in nome della democrazia, esigere un governo Bardella?

(5) Ciò non giustifica affatto il campismo di LFI, sempre indulgente con i governi russo e cinese.

Gérard Florenson

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