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Uccidere di fame: la soluzione finale del genocidio sionista
16 Settembre 2025
Dal 2 marzo Israele sta impedendo l’ingresso di aiuti umanitari a Gaza, privando l'intera popolazione – 2,1 milioni di persone – di cibo. In questo periodo sono già quasi 200 le persone morte di fame e, a causa di questa misura disumana, è in pericolo la vita di oltre 100.000 bambini e di 40.000 neonati. Inoltre, sono 1900 le persone morte cercando cibo, la maggior parte di esse uccise nei punti di distribuzione della Gaza Humanitarian Foundation, un'organizzazione controllata da Israele che funge da esca. Secondo i dati dell'ONU, un quarto della popolazione sta soffrendo la fame, mentre il resto sta sopravvivendo, ma comunque al di sotto della soglia della normale nutrizione.
Un tratto tipico delle guerre combattute dai regimi fascisti è l’uso della carestia come arma. Questa viene minuziosamente ponderata, così come si pondera un’offensiva bellica. E questo tratto distintivo è evidente nella condotta dello stato sionista di Israele.
DALL'HUNGERPLAN ALL'EMBARGO ALIMENTARE ISRAELIANO
Una manciata di lenticchie al giorno è tutto ciò che mangiano da tanto tempo i palestinesi a Gaza. Non c'è latte artificiale per i neonati, né integratori alimentari per chi è già denutrito, né farina, né altro. Il blocco impedisce l'ingresso di aiuti umanitari: 60.000 camion carichi di merci sono bloccati ai confini di Gaza, controllati dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF).
I quattrocento punti di distribuzione umanitaria che prima operavano non ci sono più, sostituiti da quattro punti controllati dalla Gaza Humanitarian Foundation, un nuovo gruppo di organizzazioni private il cui capitale iniziale è sconosciuto, ma che il 26 giugno – un mese dopo l'inizio delle sue operazioni – ha ricevuto 30 milioni di dollari direttamente dall'amministrazione Trump, senza che questi fondi passassero per il Congresso degli Stati Uniti. È stato inoltre dimostrato che i quattro punti operano in aree militari costruite da Israele e che il lungo percorso che i civili palestinesi devono affrontare, attraversando zone pericolose e devastate, è rigorosamente controllato da carri armati e forze di sicurezza israeliane, che non esitano ad aggredirli nonostante siano civili. E quando questi riescono ad arrivare, la distribuzione viene descritta come un “si salvi chi può”. In molti casi, la distribuzione dura meno di venti minuti. In altri casi viene dichiarata conclusa prima dell'orario di apertura. Una vera e propria crudeltà.
In alcune dichiarazioni alla BBC, il Segretario Generale del Consiglio Norvegese per i Rifugiati, Jan Egeland, ha affermato che la Gaza Humanitarian Foundation è «militarizzata, privatizzata, politicizzata e non neutrale» e che «i responsabili dell'organizzazione sono quasi tutti soldati: ex membri della CIA ed ex militari». Il suo ruolo, lungi dall’aiuto umanitario, è quello di collaborare con il piano israeliano per l’esodo di massa dei palestinesi da Gaza.
La fame è un problema strutturale in Palestina fin dalla Nakba e dall'invasione dei suoi territori da parte di Israele, che da settantasette anni esercita un controllo brutale sulla vita della popolazione palestinese. Recentemente, nel documento "Linee rosse" dello Stato israeliano, emerge il piano di fame attuato nel 2007, dopo la vittoria di Hamas nelle elezioni, per portare l'economia di Gaza al collasso, bloccandola e garantendo una razione minima di 2279 calorie per persona (anche se nella pratica fu molto meno), come forma di punizione collettiva in quella enorme prigione a cielo aperto che è diventata Gaza.
Ma il meccanismo attuale implica un salto qualitativo. L'antropologo esperto di carestie Alex de Waal definisce questo evento come «il caso di carestia più meticolosamente progettato e controllato dalla Seconda Guerra Mondiale». Dietro a tutto questo c'è un obiettivo: ottenere la "soluzione finale" della questione palestinese, ovvero portare a compimento il progetto di pulizia etnica che dura da settantasette anni e che Netanyahu, con l’aiuto di Trump e di tutta la destra mondiale, vuole completare, eliminando fino all'ultimo palestinese, proprio come i nazisti del secolo scorso cercarono di fare con gli ebrei.
In effetti, non è un caso che l'uso della fame come arma sia stato anche una strategia adottata da Hitler e dal nazismo, sia nei campi di concentramento che in guerra, con conseguenze catastrofiche per l'umanità. Solo nel ghetto di Varsavia morirono di fame 80.000 persone, e più di 500.000 ad Auschwitz.
Lo Hungerplan (“Piano della fame” in tedesco, conosciuto anche come Piano Backe, ndt), progettato nel 1941 da Herbert Backe, Segretario del Ministero dell'Agricoltura, prevedeva la requisizione di cibo dall'URSS per rifornire l'esercito tedesco, lasciando morire di fame oltre 30 milioni di sovietici, assediando le città ed impedendo che la popolazione ricevesse provviste.
Sebbene non riuscirono a realizzarlo completamente, questo piano comportò la morte di 1,3 milioni di prigionieri di guerra sovietici, condannati alla fame nei campi di prigionia, e all'assedio della città di Leningrado, oggi San Pietroburgo, che durò quasi 900 giorni e provocò la morte di un milione di persone (un terzo degli abitanti della città), la maggior parte delle quali morì di fame e freddo, e molte altre morti per i bombardamenti.
A partire dall'esperienza nazista, Raphael Lemkin coniò il termine genocidio per descrivere un'atrocità che fino ad allora non aveva nome, e nei suoi scritti sottolineò in particolare la politica di restrizione alimentare come arma per la sottomissione del gruppo che si intendeva eliminare.
DA VARSAVIA A GAZA
Nella sua caratterizzazione del genocidio, Lemkin non incluse solo gli omicidi palesi, ma anche qualsiasi altro mezzo mascherato che colpisca la salute, l'alimentazione, la vita familiare e la cura dei bambini. Un esempio lampante fu quanto accadde nel ghetto di Varsavia, quando a partire dall'invasione nazista in Polonia circa 400.000 ebrei furono rinchiusi, circondati da un muro di cinta, con una razione di cibo limitata che non superava le 184 calorie al giorno e senza accesso a medicinali. Chi cercava di scappare veniva fucilato.
Gaza funziona allo stesso modo: è circondata da muri e filo spinato, e chi la abita appartiene a un determinato gruppo etnico. Non hanno accesso a cibo né a medicinali. E i loro carnefici li tengono sotto assedio permanente, bombardando ospedali, ambulanze e camion dei pompieri. Da ottobre 2023 a oggi Israele ha perpetrato 697 attacchi deliberati contro obiettivi sanitari. Il 94% degli ospedali è stato distrutto o danneggiato, sono rimasti meno di 2000 letti disponibili per tutta la popolazione. Più di mille lavoratori sanitari sono stati uccisi. Il collasso del sistema sanitario nel ghetto di Gaza è totale.
Un altro obiettivo privilegiato è la stampa, proprio per evitare che la realtà del genocidio venga diffusa a livello globale. Per questo Israele ha ucciso quasi trecento giornalisti con attacchi specificamente mirati a sterminarli. Mentre scriviamo questo articolo (2 settembre 2025), apprendiamo che Israele ha ucciso la troupe giornalistica della rete Al Jazeera a Gaza, bombardando la loro tenda che si trovava in una zona chiaramente riservata ai giornalisti. Il che rafforza la certezza che li abbiano uccisi per zittirli, proprio mentre Israele intende entrare a Gaza per terminare lo sterminio.
È stato ampiamente conosciuto anche l'omicidio di Odeh Hadalin, collaboratore del documentario No Other Land, per mano di un colone israeliano in Cisgiordania, il che dimostra che la persecuzione e l'annientamento dei palestinesi da parte del sionismo non si limita alla Striscia di Gaza.
La persecuzione e la criminalizzazione di coloro che denunciano il genocidio ha una portata internazionale, come dimostra l'accanimento della DAIA (Delegación de Asociaciones Israelitas Argentinas) nei confronti del nostro compagno Alejandro Bodart, che ha affrontato un processo per essersi schierato contro la strage perpetrata dal sionismo sul popolo palestinese. E nonostante sia stato assolto, continuano a insistere facendo appello contro la sentenza.
DA GOEBBELS A NETANYAHU
L’altra faccia della demolizione della stampa critica è la promozione di una stampa compiacente, che non mette in discussione nulla e si dedica a diffondere le idee che sostengono il genocidio. Attraverso severe accuse di antisemitismo, si censura e si criminalizza chiunque denunci le atrocità commesse da Israele, mentre vengono diffuse tutte le falsità che cercano di giustificare la strage: dalle ambulanze, ospedali e altri obiettivi civili che sarebbero pericolosissimi covi di terroristi fino alla crisi alimentare causata dal furto del cibo da parte di Hamas. Un caso di risonanza mondiale è stata la falsa notizia dei bambini decapitati, diffusa da vari media della stampa globale, compresi, ovviamente, i media locali (argentini, ndt) propagandisti di Milei.
Questi metodi vengono utilizzati per diffondere una propaganda che mina la condizione umana di coloro che sono attaccati. Cercano di disumanizzare i palestinesi affinché la loro eliminazione non risulti insopportabile, ma addirittura desiderabile. Ciò non inizia nell'ottobre 2023. Le sue origini risalgono alla creazione stessa dello Stato di Israele, che per esistere necessita inevitabilmente dell'espulsione dei palestinesi dalle loro terre. Per negare loro sogni, aspettative e vite, li hanno trasformati in meno che niente. In effetti, li hanno negati. Uno degli slogan fondanti del sionismo è "un popolo senza terra per una terra senza popolo", cioè la negazione assoluta dell'esistenza stessa del popolo palestinese. Sono innumerevoli le citazioni dei massimi esponenti del sionismo che sostengono questa disumanizzazione. Ne citiamo solo alcune che lo evidenziano: Menachem Begin, ex primo ministro israeliano, affermava: «I palestinesi sono bestie che camminano su due gambe». Più recentemente Sergio Pikholtz, ex vicepresidente della DAIA, ha scritto: «Non ci sono civili innocenti a Gaza, forse solo i bambini sotto i 4 anni».
Il paragone con animali, mostri o selvaggi; la descrizione di un intero popolo come terrorista e pericoloso; l'invito a eliminarlo dalla faccia della Terra come unico mezzo per realizzare gli obiettivi: tutto questo fa parte della propaganda sionista sin dalla creazione dello Stato di Israele. Negli ultimi anni questa propaganda si è solamente intensificata.
Sono evidenti le somiglianze con la propaganda nazista portata avanti da Joseph Goebbels per disumanizzare e demonizzare ebrei, comunisti, rom e tutti coloro che potevano essere usati come capri espiatori delle miserie tedesche, modellandoli come nemici e quindi giustificando il loro sterminio. A questo proposito, Hitler scriveva nel suo Mein Kampf:
«Lo scopo della propaganda non è l'educazione scientifica di ognuno, ma attirare l'attenzione delle masse su determinati fatti, necessità, ecc., la cui importanza solo in questo modo entra nel campo visivo delle masse. L'arte sta esclusivamente nel fare questo in modo talmente perfetto da provocare la convinzione della realtà di un fatto, della necessità di un'azione e della giustezza di qualcosa di necessario... Ogni azione di propaganda dev'essere necessariamente popolare e adattare il suo livello intellettuale alla capacità ricettiva del più limitato di coloro ai quali è destinata... La capacità ricettiva della grande massa è estremamente limitata e non meno piccola la sua facoltà di comprensione. Viceversa, è enorme la sua mancanza di memoria. Tenendo conto di questi presupposti, ogni propaganda efficace deve concretizzarsi solo su pochi punti e saperli sfruttare come slogan fino a quando l'ultimo figlio del popolo possa farsi un'idea di ciò che si sta perseguendo».
In questo modo Goebbels plasmò una narrazione in cui si associavano ebrei, bolscevichi e altri componenti del "nemico" a malati, animali, parassiti, mostri. Idee ripetute fino allo sfinimento dai media, cinema, radio, televisione, editoria e tutti i mezzi a disposizione.
DAL LEBENSRAUM AL GRANDE ISRAELE
Lebensraum (“spazio vitale” in tedesco) era il termine utilizzato dall'Impero tedesco per incoraggiare la colonizzazione fin prima della Prima guerra mondiale, ma fu il regime nazista che mise in pratica questo concetto. Il fulcro di questa politica era che una razza superiore – secondo i nazisti, la "razza ariana" – aveva bisogno di uno spazio vitale ampio per la propria sopravvivenza e che gli abitanti di queste terre appartenenti a razze inferiori, o secondo la loro terminologia untermenschen (subumani), cioè russi, ucraini, polacchi, cechi e altre nazionalità slave, dovevano essere espulsi o sterminati. Così Hitler invase la Polonia e successivamente gli Stati baltici, la Bielorussia e l'Ucraina, annientando la loro popolazione e creandovi unità amministrative con l'obiettivo di una futura colonizzazione. La politica espansionista era una chiave del nazismo, che, come vediamo, affondava le radici nel suprematismo e nel razzismo che lo caratterizzavano.
L'espulsione costante del popolo palestinese dalle sue terre, dalla fondazione dello Stato di Israele fino ad oggi, dimostra che anche il sionismo ha un obiettivo espansionista, che cerca di occupare tutta la terra palestinese e persino di andare oltre. Il suo fulcro, come ben sappiamo, è il falso racconto biblico della terra promessa, che non è altro che una visione razzista, poiché a partire da questa concezione solo loro hanno diritto a occupare quelle terre, e devono perciò opprimere, espellere e sterminare le altre popolazioni che “non le meritano".
Anche dopo i nefasti accordi di Oslo del 1993, che accettavano l'esistenza di due Stati, uno palestinese e uno israeliano, Israele non ha fatto altro che espandersi sul già ridotto territorio della Palestina, lasciandolo ai suoi minimi termini. L'ultima novità è stato l'annuncio del governo israeliano dell'istituzione di 22 nuovi insediamenti israeliani in Cisgiordania, dove si aggiungeranno migliaia di coloni ai più di 750.000 che già occupano terre cisgiordane, incluso Gerusalemme Est. A ciò si è aggiunta l'approvazione del piano per prendere il controllo totale di Gaza.
In questa nuova avanzata contro il popolo palestinese, nella ricerca della "soluzione finale" molti sionisti si appoggiano all'idea del Grande Israele promossa dal suo principale ideologo Theodore Herzl, vale a dire uno Stato ebraico che si estende "dal Nilo all'Eufrate". In recenti dichiarazioni, Netanyahu ha affermato che la sua è una missione storica e spirituale strettamente legata alla Terra Promessa e al Grande Israele, suscitando il disprezzo di diversi paesi della regione che lo considerano un chiaro affronto alla loro sovranità.
Fa parte di questo espansionismo imperialista e razzista anche la promozione da parte di Trump di un video realizzato con l'Intelligenza Artificiale in cui immagina la Striscia di Gaza come un complesso turistico nel quale lui, Netanyahu ed Elon Musk si godono la vita, mentre i grandi investitori si arricchiscono. I coloni israeliani, che organizzano gite per vedere i bombardamenti a Gaza, festeggiano l'iniziativa di Trump di costruire una Gaza nella quale potranno "tornare nella loro terra promessa".
Oltre a depredare le risorse nelle terre palestinesi, Israele cerca di ritagliarsi un posto su scala mondiale, ad esempio con la sua azienda statale di acqua Mekorot, che gioca un ruolo fondamentale nel limitare l'accesso all'acqua per la popolazione palestinese, e allo stesso tempo promuove accordi in Argentina per gestire le risorse idriche. Il primo passo è stato concordato con Wado de Pedro, ministro dell'Interno di Alberto Fernández, con la firma del Plan Maestro para el Sector Hídrico, tramite il quale cinque province argentine hanno firmato accordi con Mekorot. Ora, a seguito della privatizzazione di AySA, l'azienda dell'apartheid dell'acqua è interessata ad acquistarla.
DAL NAZISMO AL SIONISMO
Il sionismo condivide con il nazismo una base filosofica comune: l'ideale suprematista, poiché sia gli uni sia gli altri si considerano una razza esclusiva e superiore. In effetti, lo stesso sionismo considera gli ebrei inassimilabili nelle società non ebraiche, il che giustifica l'istituzione di uno Stato ebraico. Ma non è l'unico aspetto che condividono. Hanno anche una storia in comune, con gli accordi tra il sionismo e il nazismo per concretizzare l'emigrazione degli ebrei dall'Europa verso la terra palestinese. L'Accordo dell'Haavara (1933), firmato tra la Federazione Sionista di Germania e la Germania Nazista, versò grandi somme di denaro al regime nazista proprio mentre era in corso il boicottaggio economico anti-nazista in tutto il mondo. Nello stesso anno vi fu la visita di Leopold von Mildenstein alle colonie sioniste in Palestina, che si sarebbe conclusa con lunghi articoli prosionisti pubblicati nel giornale di Goebbels Der Angriff e una vergognosa medaglia commemorativa con la svastica da un lato e la stella di David dall'altro. Ma, senza dubbio, ciò che più li accomuna è il genocidio efferato che entrambi hanno commesso e di cui abbiamo parlato.
Oggi Netanyahu è il principale nemico dell'umanità. Egli e tutti i suoi complici stanno provocando una catastrofe che ha già causato più di 60.000 morti, la maggior parte dei quali donne e bambini. È indecente la posizione del governo di Milei, che sostiene questa barbarie e invita il maggior criminale di guerra di questo secolo a venire nel nostro paese. È nostro dovere morale rigettare questo invito, e organizzare un'iniziativa che rivendichi la resistenza storica e il coraggio del popolo palestinese, che da settantasette anni combatte per la propria terra e che, finché ci sarà almeno un palestinese vivo, non si arrenderà mai.
CONCLUSIONI
Fin qui abbiamo cercato di riflettere con dati documentati l'evidenza più che eloquente sul carattere fascista dello Stato sionista di Israele e sul massacro genocida che sta infliggendo al popolo palestinese. Pur non essendo la stessa cosa, va detto che il sionismo presenta molte somiglianze anche con il nazismo. Lo abbiamo fatto cercando di mettere da parte la rabbia e l'angoscia profonda causate dalla consapevolezza di essere testimoni di un nuovo Olocausto. Non vogliamo mentire, la lettura di ogni materiale per questo articolo è stata interrotta più di una volta perché le lacrime non mi permettevano di proseguire.
Se anche a te, come a me, ciò ha suscitato la stessa rabbia, lo stesso dolore e la stessa angoscia, che sono proprie della condizione umana, ti invito a organizzarti insieme a noi. Lo dobbiamo al popolo palestinese, e in particolare ai bambini palestinesi, affinché il mondo in cui crescano non sia quell'inferno di assedi, violenza e morte al quale sono sottoposti oggi. Sempre più persone in tutto il mondo si stanno mobilitando, chiedono la fine del genocidio e alzano la voce contro lo Stato sionista di Israele e i suoi complici. Sono migliaia gli ebrei che gridano "non in nostro nome" e rifiutano la politica del sionismo. A loro e a tutti i popoli del mondo facciamo appello a sollevarsi contro questa barbarie. La causa della Palestina è la causa dell'umanità. Abbiamo un enorme debito con questo popolo, e non possiamo fare a meno di lottare instancabilmente fino a porre fine allo Stato sionista che li annienta, per costruire una Palestina libera dal fiume al mare, laica e democratica. Una Palestina socialista.