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Argentina. La colonizzazione sionista del sistema giudiziario
20 Luglio 2025
Condividiamo questo articolo del compagno Ismael Jalil, avvocato e parte della difesa, insieme a María del Carmen Verdú, nel processo che la DAIA (Delegazione delle Associazioni Israeliane in Argentina) sta portando avanti contro Alejandro Bodart.
Non è strano che lo nascondano. Coloro che attribuiscono a sé stessi una presunta spiritualità originata in tempi immemorabili sono usurpatori. In primo luogo, dei semiti in generale, poiché non provengono da Sem (figlio di Noè) e nemmeno sono originari dei bacini dei fiumi Nilo, Eufrate e Tigri, ma dal sud-est della Russia europea, e si sono convertiti all'ebraismo (religione) un paio di secoli dopo la loro comparsa come tribù dell'Ucraina, del Kazakistan e della Crimea. In seguito usurparono la condizione degli ebrei e cercarono di invocare la religione di quei figli di Sem che li assimilava. E alla fine hanno usurpato la Palestina.
Questo riferimento storico ai Cazari che hanno inventato il sionismo non deve essere confuso. Non è corretto analizzare il genocidio che lo Stato israeliano sta compiendo sul popolo palestinese partendo dalla falsa ipotesi dell'antisemitismo. Se lo facessimo, cadremmo nella trappola che il sionismo stesso ha teso all'umanità quando usa i suoi trucchi per mostrarsi per quello che non è. Il fatto di aver usurpato la sacra condizione degli ebrei li ha protetti. Si rifugiano nell'Olocausto, lo usano, che è il modo più ripugnante di relativizzare una delle più grandi offese che la condizione umana abbia ricevuto.
L'antisemitismo è la maschera che usano per riproporlo senza che nessuno possa alzare la voce o sottolineare la loro ipocrisia, perché facendolo, immediatamente la pulsantiera dell'apparato giudiziario opportunamente colonizzato andrà a perseguitarlo con una parvenza di legalità.
In Argentina la sincronia è assoluta. Una coincidenza generale tra la DAIA (il braccio esecutivo delle politiche e della propaganda sionista) che denuncia, la magistratura che applica immediatamente l'articolo 3 della legge 23592 (contro la discriminazione e il razzismo), i media egemoni che banalizzano l'informazione, i partiti politici tradizionali che avallano con il loro spudorato silenzio, e naturalmente il potere esecutivo che copre il sionismo e se ne vanta.
Per questo sono particolarmente rilevanti le cause verso Alejandro Bodart e Vanina Biasi, entrambi leader della sinistra (l'unica espressione politica e elettorale argentina che ha appoggiato incondizionatamente la causa palestinese e che ha esplicitamente denunciato il sionismo dello Stato israeliano come responsabile del genocidio, dell'apartheid e del razzismo).
Come in nessun altro caso, questi episodi sono il riflesso della museruola che vogliono imporre per coprire i crimini nazisti dell'entità sionista. E tra l'altro, in modo che il mondo pensi che la storia sia iniziata il 7 ottobre 2023.
Gli sta andando male.
Era il mese di maggio 2022 quando Bodart denunciò il crimine di Shireen Abu Akleh, la giornalista di Al Jazeera in mano alle Forze di Difesa Israeliane (“di difesa” si legga sempre ironicamente); cioè più di un anno prima del 7 ottobre. E assimilando i sionisti ai nazisti, quello che stava facendo era ritrarre una forza di occupazione che fa della morte, dell'apartheid, del razzismo, della supremazia e dell'arbitrarietà la sua ragion d'essere.
Il governo dell'ente israeliano non ha riconosciuto il crimine delle sue forze fino a quando un'indagine delle Nazioni Unite non lo ha determinato. Quello che l'ente occupante pretendeva fare era veicolare l'idea che fosse un attacco di Hamas.
Quello che Bodart fece allora fu denunciare questa situazione e qualificare l'ente israeliano come qualcosa di cui oggi nessuno dubita: una forza di occupazione che, superando le "qualità" dell'esercito nazista, è l'autore del più grande genocidio registrato nella storia dell'umanità dall'inizio del ventunesimo secolo.
La denuncia di Bodart è precisa. Qui di seguito la trascrizione di ciò che il ricercatore e pensatore italiano Enzo Traverso sostiene nella sua imprescindibile opera Gaza davanti alla storia per dimostrare ciò che l'ente usurpatore ha fatto negli ultimi venti dei settantasette anni in cui è in atto la sua occupazione illegittima.
«Dopo il ritiro di Israele nel 2005, la striscia di Gaza ha subito continui attacchi da parte di Tsahal che hanno causato migliaia di morti: 1.400 nel 2008 (di fronte a 13 israeliani), 170 nel 2012, 2.200 nel 2014. Il 30 marzo del 2018, una grande manifestazione pacifica contro il blocco della striscia si è conclusa con un massacro: 189 morti e 6.000 feriti. Nel 2023, tra il primo gennaio e il 6 ottobre, Tsahal aveva già ucciso 248 palestinesi nei territori occupati e ne aveva arrestati 5.200. Tra il 2008 e il 6 ottobre 2023, Tsahal ha ucciso più di 6.300 palestinesi, di cui oltre 5.000 a Gaza, ferendone 158.440, mentre le vittime israeliane delle azioni di Hamas e altri gruppi islamisti sono state 310 e i feriti 6.460. (1)».
Fatti salvi questi dati, che sono stati pubblicati il 12 ottobre 2023 (cinque giorni dopo l'operazione di Hamas), chiunque esamini la storia completa dell'occupazione sionista saprà che ci sono stati 26 massacri che l'ente occupante ha compiuto su popolazioni civili indifese.
Senza contare l'enorme numero di dispersi i cui resti rimangono sotto le rovine. Dati molto accurati del Ministero della Salute palestinese, sostenuti dalle Nazioni Unite, collocano i morti causati dall'ente occupante a circa 60.000.
Alla fine di giugno, le autorità sanitarie del territorio palestinese hanno diffuso un documento di 1.227 pagine che identifica le vittime della tragedia. Al 24 giugno 2025, il 31% dei deceduti di questo elenco erano minorenni, otto sono morti lo stesso giorno in cui sono nati e quattro il giorno successivo. Un calcolo della prestigiosa rivista scientifica The Lancet (2) moltiplica queste cifre per tre.
È vero che il concetto di genocidio è tipico dell'ambito giuridico, ed è necessario essere estremamente rigorosi quando si tratta di attribuire un crimine così esecrabile. Nella Convenzione ONU del 1948 è contenuta una definizione che rende indiscutibile l'accusa contro Netanyahu e il suo ministro Galant (la Corte Penale Internazionale ha dapprima lanciato l'avvertimento del rischio di violare quella Convenzione, e lo scorso novembre ha emesso il mandato d'arresto per entrambi i criminali).
Ma cosa dice la Convenzione violata dall'entità israeliana? L'articolo II afferma che il genocidio è inteso come «ciascuno degli atti commessi con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religiose, come tale». E la stessa norma descrive il processo genocida: «a) uccisione di membri del gruppo; b) lesioni gravi all'integrità fisica o mentale di membri del gruppo; c) il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale; d) misure miranti a impedire nascite all'interno del gruppo».
Come sostiene Daniel Feierstein nella sua Introduzione agli studi sul genocidio, le uccisioni di massa della popolazione nella loro concezione classica venivano effettuate alla ricerca di risorse e territori.
«Tuttavia, il concetto di genocidio è nato per differenziare questa modalità classica dalla decisione di organizzare una campagna sistematica per eliminare interi gruppi di popolazione, con l'obiettivo di sradicarli dal pianeta e/o usare il terrore per disciplinare la società nel suo insieme. Questa è la modalità moderna».
Il paradosso nel nostro caso è che il concetto moderno proviene da un giurista polacco di religione ebraica di nome Raphael Lemkin, che nel libro La dominazione dell'Asse nell'Europa occupata aggiunge un elemento significativo quando descrive il genocidio.
Il genocidio si compone di due parti: la prima è la distruzione dell'identità nazionale del gruppo oppresso (a Gaza gli obiettivi delle università, delle moschee, i professori, gli uomini e le donne di scienza, arte, ecc. hanno costituito la prima fase del genocidio); l'altra parte è l'imposizione dell'identità nazionale dell'oppressore, che è lo scopo inteso dall'ente occupante.
Chi può dubitare che il caso palestinese sia un genocidio da manuale moderno?
Qualcosa di simile vale per la causa di Vanina Biasi. Lo stesso modus operandi. Vanina BIasi dichiara solidarietà con il popolo palestinese, denuncia l'atrocità dell'ente occupante, rivela la natura del dominio capitalista che rappresenta. Quindi la DAIA la denuncia, anche se questa volta davanti a un giudice di rango eccezionale come il giudice federale, ma con la stessa accusa: violazione dell'articolo 3 della legge 23592 per antisemitismo.
Più di un ingenuo pensava che, dal momento che il caso era stato assegnato alla Corte 6 del giudice Rafecas, il processo avrebbe seguito un sentiero di razionalità. Si sbagliavano, e di molto.
La colonizzazione della magistratura da parte della DAIA è un'operazione di reclutamento incondizionato di magistrati disposti a mettere la loro firma su qualsiasi risoluzione che implichi il divieto del diritto di espressione, di opinione e la difesa illimitata di un valore universale come quello dei diritti umani. La colonizzazione del sistema giudiziario ha lo scopo di proteggere l'entità usurpatrice e genocida chiamata Stato di Israele.
La colonizzazione a volte si scontra con uomini e donne che nobilitano il servizio della giustizia, generalmente collocati in luoghi con minore incidenza nei processi. Ad esempio, Cruz Casas e Natalia Molina. Non sono la stessa cosa un giudice di primo grado nei tribunali ordinari, con la sua indipendenza di opinione, rispetto a coloro che in molti casi occupano luoghi di controllo o di risoluzione di istanze superiori e/o giurisdizioni eccezionali. La colonizzazione prende di mira tutti, ma preferibilmente questi ultimi, che sono quelli che determinano l'importanza del processo.
Il danno istituzionale che ciò comporta non sembra importare al colonizzatore. La cosa grave è che ai colonizzati importa ancor meno.
Perché lo fanno? Qui si entra nel regno della speculazione, dal momento che nessuno ha intenzione di ammettere apertamente la propria motivazione. Alcuni conservano un po' di vergogna. Sicuramente ci sarà chi è convinto di ciò che fa. E questo convincimento può derivare dalla volontà di mimetizzarsi con l'entità genocida. In cambio di cosa, ci si potrebbe chiedere.
Il giudice Fiumara, ad esempio, agisce come testimone guida nella causa. La loro attività può anche essere il prodotto dell'ignoranza o della pigrizia intellettuale che registrano. L'opposizione del pm all'archiviazione di Bodart in primo grado si è basata «sulla necessità di fare un processo orale per saperne di più sull'argomento» (pm Scanga nell'udienza zoom che sarà sicuramente tra gli effetti giuridici del caso originario). Ciò che è evidente è il modo in cui la giustizia penale viene utilizzata al fine di disciplinare.
Utilizzare un criterio di diritto penale espansivo, in cui, lungi dal determinare chiaramente quale sia la condotta in violazione della legge, si consente la deduzione della deduzione è una violazione delle norme costituzionali, e principalmente dei patti internazionali, che sono la legge della nazione argentina.
Nel caso Bodart abbiamo ascoltato pubblici ministeri e giudici dire qualcosa simile a questo: «Sostenere, come sostiene Bodart, che la Palestina dovrebbe essere libera dal fiume al mare, significa sostenere l'eliminazione dello Stato di Israele, e quindi voler sterminare la sua popolazione». Se c'è una cosa che non stupisce più è l'inventiva degli operatori giudiziari quando si tratta di argomentare alla ricerca di una condanna.
Il diritto di opinione e di espressione su cause con un enorme impatto umano è vietato a due leader politici che hanno una storia personale irreprensibile, e il cui obbligo è quello di esprimersi nella denuncia incondizionata di un genocidio. Due dirigenti politici, per di più, di un paese che può attestare il significato di questo metodo moderno di uccisione di massa.
Si dice che l'intromissione della giustizia penale debba sempre essere il criterio di ultima ratio. Questa deve intervenire perché tutte le alternative precedenti hanno fallito. Ma non succede in questi casi. Il processo penale è l'unica istanza che viene utilizzata.
È sorprendente che i giudici argentini ignorino il precedente Kimel della CIDH (Commissione Interamericana per i Diritti Umani), la sentenza in cui si afferma chiaramente che se l'intervento non è minimo e non ha nemmeno il criterio di ultima ratio, esso viola gli articoli 9 e 13.1 della Convenzione sui diritti dell'uomo (3).
Per i giudici argentini che si occupano di questi casi "i pensieri commettono crimini". In caso contrario, i giudici dovrebbero subordinare il diritto penale al diritto costituzionale. La violazione del diritto di opinione di due riconosciuti dirigenti politici è assoluta.
Ma la colonizzazione giudiziaria non risponde a un arbitrio o a un'azione di carattere mafioso da parte della DAIA. Ha un chiaro scopo politico, ed è progettata dall'alto della "governance" sionista.
Un'entità genocida ha bisogno di legittimazione per evitare di cadere nelle reti di una giustizia internazionale malconcia. I loro operatori complici o i loro bracci operativi non possono permettersi di discutere della Palestina in termini diversi da "noi siamo il popolo eletto". Qualsiasi tratto di razionalità li lascerebbe fuori dal gioco. Perché discutere della Palestina significa consentire una discussione anticolonialista.
Quindi cadrebbero immediatamente le maschere del sionismo, che sono quelle dell'accusa ingannevole di antisemitismo, e si entrerebbe in una discussione che si concluderebbe sicuramente con la condanna del sionismo.
È una causa del Sud del mondo, nella misura in cui la Palestina è la causa dei popoli oppressi non da una religione, ma da un nemico comune, imperiale e capitalista.
Discutere della Palestina mette in mostra il genocidio, in quanto ciò che è in discussione è il suprematismo di coloro che affermano di essere "il popolo eletto", il loro razzismo (i palestinesi sono subumani, dicono i funzionari dello Stato occupante di Israele, e in Argentina il vicepresidente della DAIA è arrivato al punto di sostenere che gli unici innocenti in Palestina sarebbero i bambini sotto i 4 anni di età). In questo modo le vite dei palestinesi non contano, e con esse si può fare ciò che si vuole.
Discutere della Palestina getta una luce su di loro, di fronte agli ebrei onesti che sostengono nobilmente: mai più l'Olocausto. Gli ebrei che non ammettono di sminuire la condizione umana, e tanto meno che ciò avvenga in loro nome.
Ecco perché la colonizzazione giudiziaria è indispensabile. Si tratta di mettere a tacere le voci dissidenti. La disciplina come prima ratio. La colonizzazione giudiziaria è importante tanto quanto i media.
Ma c'è qualcosa che costoro ignorano, e se non la ignorano la relativizzano, e cioè che le cause contro Bodart o Biasi non sono cause contro singoli ma cause collettive. Fino a che punto riusciranno ad andare avanti? Le cause giudiziarie hanno limiti procedurali, la lotta no.
C'è una crescente mobilitazione popolare. Una marea di solidarietà con la Palestina si è diffusa in tutto il paese. Ciò cui costoro mirano nel chiuso dei loro uffici sarà smantellato dalla collera scatenata nelle strade.
Netanyahu e i suoi soci (incluso il falso profeta argentino), così inclini alle citazioni bibliche, dovrebbero sapere cosa attende le sciagurate vite degli autori di un genocidio e dei loro complici:
"Il lebbroso colpito dalla lebbra porterà vesti strappate e il capo scoperto, si coprirà la barba e andrà gridando: Immondo! Immondo!»
Penso sia un passaggio della Lettera ai Corinzi [in realtà dal Libro del Levitico, NdT]. Lo scopriranno. il nostro obiettivo è un cessate il fuoco immediato e il diritto a una Palestina libera dal fiume al mare.
(1) https://www.ochaopt.org/data/casualties
(2) https://www.rfi.fr/es/oriente-medio/20250708-franja-de-gaza-el-n%C3%BAmero-de-muertos-superar%C3%ADa-con-creces-las-cifras-oficiales
(3) https://www.corteidh.or.cr/docs/casos/articulos/seriec_177_esp.pdf