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In ricordo di Emilio Molinari
7 Luglio 2025
È mancato il 4 luglio scorso, all'età di 85 anni, Emilio Molinari, già fondatore e dirigente di Avanguardia Operaia, di Democrazia Proletaria e poi deputato dei Verdi.
Molinari, operaio alla Borletti, una fabbrica metalmeccanica di Milano, aveva iniziato la sua attività politica nel Partito Comunista Italiano. Ed era lì che era entrato nel movimento trotskista, aderendo alla sezione italiana del Segretariato Unificato della Quarta Internazionale (Gruppi Comunisti Rivoluzionari), allora impegnata nel cosiddetto entrismo sui generis.
Con la crisi distruttiva dei GCR nel 1968, Molinari gettò via il bambino con l'acqua sporca (l'opportunismo e le illusioni dell'organizzazione diretta da Maitan). Partecipò così, accanto a Massimo Gorla e Luigi Vinci, alla costituzione dell'organizzazione Avanguardia Operaia, che cercava di unire assurdamente maoismo e antistalinismo. Dopo la crisi delle organizzazioni della sinistra radicale nel 1976-'77, Molinari partecipa, sempre insieme al vecchio gruppo dirigente di AO, alla costituzione di Democrazia Proletaria. Qui si spostò verso posizioni moderate-ambientaliste, per cui nel 1989 uscì da DP con Mario Capanna dando vita ai Verdi Arcobaleno, che successivamente confluirono nel partito verde ufficiale (Federazione dei Verdi). Per tale partito fu deputato nei primi anni Novanta. Successivamente abbandonò la militanza di partito, ritornando su posizioni un poco più a sinistra. Fu molto attivo sempre sul terreno ambientalista, e fu tra i principali promotori del referendum sull'acqua del 2011. Benché vicino nei primi anni Duemila a Rifondazione Comunista, non si iscrisse mai al partito, e per questo nessuno di noi lo ha conosciuto seriamente, vedendolo solo in qualche riunione su temi specifici come una persona attenta e gentile.
Ci si potrebbe quindi chiedere perché ricordare un compagno che, partito da posizioni marxiste rivoluzionarie, era poi andato moderando la sua militanza politica. Pur rispettando il suo impegno a sinistra di tutta una vita, non sarebbe il caso di dedicargli una pagina del nostro sito.
C'è stato però un evento legato al nostro partito in cui Emilio Molinari dimostrò la sua grande dignità e coerenza politica, e di cui gli siamo stati riconoscenti in questi anni.
Come alcuni certamente sanno, nel 2006, ultimo anno di nostra presenza nel Partito della Rifondazione Comunista, finalmente Bertinotti concesse alla nostra minoranza di avere un candidato eleggibile (su sessanta!) alle elezioni politiche. Si trattava del nostro coordinatore Marco Ferrando, che fu candidato come capolista per il Senato in Abruzzo. Conoscendo le nostre posizioni sulla questione palestinese, il Corriere della Sera, diretto dal sionista Paolo Mieli, lanciò una campagna contro il nostro compagno. Attaccarono principalmente le dichiarazioni fatte sul sostegno alla resistenza irachena e al suo diritto di sparare anche ai soldati italiani, e la posizione favorevole alla distruzione dello stato coloniale sionista per la costruzione di una palestina unita, laica e socialista.
Politici sia di destra che di centrosinistra fecero appello a Bertinotti a togliere il nome di Ferrando dalle liste, cosa possibile perché le liste non erano state ancora depositate.
Bertinotti e il suo fedele vice e futuro ministro Ferrero, preoccupati del prossimo ingresso nel governo, risposero immediatamente in maniera positiva, nonostante il parere contrario di oltre il 40% dei componenti del Comitato Politico Nazionale di Rifondazione.
Si trattava per il duo riformista di trovare un sostituto, ovviamente di spessore. Pensarono quindi proprio ad Emilio Molinari (come detto, non iscritto ma vicino a Rifondazione).
Emilio, dimostrando tutto il suo valore umano e politico, rifiutò con sdegno. Riportò così la sua risposta ai giornali: "Ho detto loro che non avevo alcuna intenzione di diventare senatore per sostituire una persona cacciata per aver espresso le proprie idee".
Bertinotti e Ferrero si rivolsero allora, dopo il rifiuto dell'operaio ex trotskista. all'intellettuale piccolo-borghese ex democristiana (poi del Manifesto) Lidia Menapace. Con la solita ipocrisia cattolica, lei (che pure era già candidata in un'altra circoscrizione, ma non certa della elezione) accettò immediatamente. La natura di questa persona (che Rifondazione Comunista continua oggi ad esaltare, anni dopo la sua morte) si dimostrò subito dopo l'elezione, quando questa "pacifista assoluta" votò senza obiezioni il rifinanziamento delle missioni imperialiste in Iraq e Afghanistan. Non solo, ma rispose alle critiche avanzate a queste azioni da Piero Bernocchi dei COBAS non con argomenti ma con insulti volgari. Fu allora che per noi (ed altri coerenti oppositori alla guerra) la Menapace divenne “Lidia Menaguerra”, la pacifinta.
Di fronte a tanto vergognoso atteggiamento, risalta con ancora più nettezza la correttezza e dignità di Molinari. Come detto, egli aveva buttato via a seguito di Gorla e Vinci il bambino con l'acqua sporca, e poi aveva moderato il suo pensiero, ma era rimasto un vero compagno e un uomo giusto.
Così lo salutiamo oggi e così lo ricorderemo domani.
Addio Emilio.