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Referendum dell'8 e 9 giugno. I nostri cinque 'sì'

Ma è necessaria una svolta di lotta generale

16 Maggio 2025

Diciamo 'sì' ai referendum, 'sì' all'abrogazione di leggi ingiuste

referendum2025


Invitiamo tutti a votare "sì" l'8 e 9 giugno, contro la propaganda astensionista del governo a guida postfascista, e contro il "no" di Matteo Renzi.

Votiamo come abbiamo lottato.

• Per abrogare la cancellazione dell'articolo 18 voluta dal governo Renzi, votata dal PD e dalle destre. Perché nessuno possa essere licenziato senza giusta causa.
• Per abolire il tetto delle sei mensilità di risarcimento per i lavoratori delle piccole imprese ingiustamente licenziati. Perché a pari lavoro corrispondano uguali diritti
• Per cancellare la liberalizzazione dei contratti a termine senza causali, votata dal PD e peggiorata dalle destre. Perché non riconosciamo al padrone la libertà di precarizzare il lavoro, per di più senza neppure motivarlo.
• Per fermare la valanga di appalti e subappalti sulla pelle dei lavoratori e del loro diritto alla sicurezza. Perché 1000 omicidi bianchi ogni anno sono un lutto inaccettabile.
• Per cancellare le misure peggiorative sul diritto di cittadinanza introdotte nel 92, e mantenute da tutti i governi negli ultimi trent'anni. Perché i diritti non hanno colore di pelle.

Non sappiamo quale sarà l'esito formale del referendum. La stessa legislazione reazionaria che nega la cittadinanza agli immigrati la concede a più di sei milioni di emigrati italiani e di loro eredi per due o tre generazioni, tutti conteggiati come “aventi diritto al voto”. È una delle leggi truffa tenute in piedi da tutti i governi. Una legge che falsifica il calcolo del quorum referendario.

Ma siamo estranei a una logica puramente istituzionale. Sappiamo che milioni e milioni di lavoratori e lavoratrici andranno comunque a votare giustamente per il "sì", esprimendo per questa via l'opposizione a Meloni e una domanda di svolta. È una domanda preziosa, cui dare da subito una prospettiva di azione e mobilitazione, ben al di là delle urne: quella prospettiva che la burocrazia sindacale ha sinora negato, al di là della retorica dei talk show, a tutto vantaggio dei partiti padronali (e a danno degli stessi referendum).

Perché è bene aver chiara una cosa. Meloni oggi governa l'Italia non solo perché il PD ha varato una legge elettorale truffa che dà alle destre il 59% dei parlamentari col 44% dei voti, ma anche perché il 58% dei salariati si astiene dal voto, dopo essere stati traditi da tutti, mentre il 39% dei salariati che votano cercano assurdamente a destra quello che non hanno trovato a sinistra. È il bilancio di un grande disastro, in cui sono coinvolti i gruppi dirigenti di tutte le sinistre, sindacali e politiche, incluse quelle cosiddette radicali.

Per questo è necessaria e urgente una svolta vera. Solo una svolta sul terreno della lotta di classe può rimontare la china del disastro. Solo una rivolta sociale vera, ben al di là delle urne, può riaprire dal basso lo scenario politico. Questa rivolta richiede tre cose: una piattaforma di lotta generale in cui la classe lavoratrice possa riconoscersi, una azione di lotta radicale che la sostenga, una direzione che voglia non solo partecipare ma vincere. È l'unico evento che il padronato e Meloni temono davvero.

• Per un aumento generale di salari e stipendi di almeno 400 euro netti.
• Per una riduzione drastica dell'orario di lavoro a parità di paga (30/32 ore pagate 40).
• Per il blocco dei licenziamenti e la nazionalizzazione senza indennizzo e sotto controllo operaio delle aziende che licenziano.
• Per la cancellazione di tutte le leggi di precarizzazione del lavoro.
• Per un raddoppio dell'investimento in sanità, istruzione, lavoro, finanziato da una patrimoniale straordinaria del 10% sul 10% più ricco, e dall'abbattimento delle spese militari.
• Per la cancellazione del debito pubblico verso le banche e la loro nazionalizzazione


Attorno a questa piattaforma di svolta va preparato uno sciopero generale vero. Non il tradizionale sciopero simbolico e innocuo, ma uno sciopero generale prolungato che punti davvero a bloccare l'Italia. È l'unica via per ribaltare i rapporti di forza e strappare risultati reali.
Perché governi e padroni cedono solo alla forza. Altro che chiedere ogni volta udienza a Meloni per poi lamentarsi del suo rifiuto annunciato e ritrovarsi in mano un pugno di mosche. Occorre un'azione di lotta tanto radicale quanto radicale sa essere il capitale. Del resto, senza ribaltare i rapporti di forza persino un successo dei cinque "sì" al referendum rischierebbe di restare carta straccia, come accadde nel 2011 col referendum vittorioso sull'acqua pubblica.

Ma battersi per questa svolta significa battersi per un'altra direzione del movimento operaio sul terreno sia sindacale che politico. Milioni di lavoratori e lavoratrici sono senza una propria rappresentanza politica autonoma. Va costruita. Va costruito un partito indipendente della classe lavoratrice, tanto radicale quanto sanno esserlo i partiti padronali a difesa della loro classe. Un partito che riconduca ogni lotta immediata alla prospettiva di una alternativa di società, nella quale a comandare siano i lavoratori e non i capitalisti: un governo dei lavoratori e delle lavoratrici, l'unica vera alternativa.

Il PCL si batte ogni giorno per la costruzione di questo partito assieme ai marxisti rivoluzionari di tutto il mondo.

Partito Comunista dei Lavoratori

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