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Il militarismo e il capitalismo

16 Maggio 2025

Per una piattaforma di rivendicazioni anticapitaliste e antimilitariste

podoliskijmilitarismo


Rivolgiamo un appello all'antimilitarismo militante. La Sardegna si trova nella morsa del capitalismo: da una parte lo Stato distrugge le risorse dell’isola, dall’altro il capitalismo per mano del settore turistico le saccheggia e le sperpera. A partire dall’analisi della dinamica presente in Sardegna, tentiamo di offrire una prospettiva ampia per la lotta generale contro il militarismo da una prospettiva anticapitalista. Per la costruzione urgente di una piattaforma di lotta politica attorno a rivendicazioni di classe.


UNA PROSPETTIVA ENERGETICA. RILEGGERE SERGEJ PODOLINSKIJ

I danni prodotti dall’attività militare sono irreversibili e il già incalcolabile danno economico è solo un piccolo indice delle ricadute reali. Il comparto bellico rasforma le forze produttive in forze distruttive, portando all’estremo lo spreco di energie produttive, sociali e ambientali. Ogni sua azione, anche qualora volta a produrre, ha già l’intenzione di distruggere.

Che differenze intercorrono tra il comparto bellico e il settore turistico? Che relazioni hanno? Cosa producono, combinati, in una terra come la Sardegna? Il misconosciuto Sergej Podolinskij, considerato il padre dell’economia ecologica, ci offre uno strumento enorme per compiere una riflessione di questo tipo. La sua teoria si basa sull’assunto che la Terra riceve energia dal Sole, con contributi minori del calore geotermico interno al pianeta e delle forze lunari delle maree. È l'intervento umano che impedisce, grazie al lavoro suo e delle macchine (quello che Marx definisce forza-lavoro), la dispersione di questa energia nell'ambiente. Podolinskij sostiene che lo sviluppo della vita sulla Terra è strettamente legato all'utilizzo che l’uomo fa dell'energia solare, la principale fonte di energia. La relazione tra energia solare e lavoro influisce sul bilancio energetico di un settore produttivo, di un territorio e infine della Terra tutta. Su queste basi tentava, già nel XIX secolo, di armonizzare la teoria della produzione di Marx con i princìpi fisici della termodinamica.

Podolinskij ci suggerisce che tutte le contraddizioni in seno al capitalismo possono essere ricondotte al grado di accumulazione di energia solare entro il sistema produttivo. Cioè riporta l’analisi socio-economica al rapporto tra produzione e accumulazione/dissipazione di energia solare (12). L'uomo è l'unico essere vivente che, anziché disperdere l'energia solare trattenuta dalla Terra, è capace con il lavoro di conservarla e portarla a un grado più alto. Così dall’energia solare trattenuta dal terreno e dall’energia contenuta in un seme, egli è capace di produrre un’altra forma di energia disponibile per nutrirsi, contenuta nel frutto. Così recupera le energie che ha perso per coltivare e, rispetto all’energia prodotta nella coltivazione, può addirittura procurare un eccesso di energia utile.

Podolinskij calcola che un primitivo che non disponesse di armi e strumenti, col suo lavoro procurava a sé stesso pari energia che quella solare disponibile nella terra in cui raccoglieva e cacciava. Con il lavoro delle sue mani nude trasformava in calorie l’energia fornita dalla caccia e dalla raccolta, e ciò contribuiva alla dispersione energetica fisicamente inevitabile in qualsiasi processo di trasferimento di energia. D’altro canto la sua attività non dissipava energia, perché quella che gli serviva per vivere la traeva gratuitamente dai frutti della terra. Se ciò sembra un gran guadagno, c’è da valutare che la sua richiesta energetica si limitava pressapoco al suo nutrimento. Con lo sviluppo delle prime armi rudimentali per la caccia e la pesca, l’uomo iniziava ad aumentare il suo coefficiente energetico riuscendo a rendere più virtuoso il suo lavoro. Dopo la rivoluzione neolitica, il lavoro svolto con le pratiche di agricoltura rudimentale procurava all’umano un’energia di almeno 10 volte superiore all’energia solare accumulata dalla terra. L’umano del XIX secolo gode di un coefficiente energetico di molto superiore (13). Questo bilancio energetico positivo è possibile grazie allo sviluppo di nuove tecnologie di produzione, cioè di nuovi macchinari, che aumentano la capacità di accumulo di energia.

Con la nascita dei complessi macchinari nel’epoca della rivoluzione industriale, diventa evidente che ogni processo economico produce dispersione di energia. L’intervento del lavoro umano sul flusso di energia solare sulla terra lega la teoria della produzione alla teoria energetica. Il grado di dissipazione di energia dipende dal sistema economico che determina i modi dell’attività produttiva. Il modo di produzione capitalistico, non controllando le sue capacità energetiche, disperde una quantità di energia enorme. Così rende vano ogni progresso tecnologico, che non può apportare miglioramenti duraturi e significativi alle condizioni materiali umane.

Allora è utile riprendere da Podolinskij anche il concetto di pluslavoro. Si parla di pluslavoro quando un operaio o una macchina usa più lavoro di quanto è necessario per soddisfare i suoi bisogni (14). Il pluslavoro è la somma dell’energia usata dall’operaio e dalla macchina a fini produttivi: perciò grazie alla macchina l’operaio è sempre in saldo positivo di energia. Di più: le tecnologie contemporanee garantiscono all’operaio energia utile a soddisfare ben più dei propri bisogni essenziali. Ciò implica che il pluslavoro e quindi l'eccesso di energia per i bisogni dell’operaio si ha o aumentando la produttività degli operai o ammodernando ancora i macchinari. Con lo sviluppo tecnologico l'ammodernamento dei macchinari permette di ottenere infine un surplus energetico enorme, rispetto all’energia solare di partenza. Il capitalismo, però, necessita di sempre più pluslavoro per produrre sempre più merci, e per questo è un sistema insostenibile dal punto di vista fisico ancor prima che da quello sociale. È un sistema che dissipa sempre più energia all’aumentare del pluslavoro.

Perciò il capitalismo rende essenzialmente le forze produttive delle forze distruttive, ciò che pone la base di tutti i problemi ecologici, sociali, economici contemporanei. Nei periodi di crisi si osserva che il capitalismo ha necessità di distruggere le proprie merci per regolare i prezzi del mercato, oppure necessita di distruggere le forze produttive degli altri Paesi per accapparrarsi i loro mercati e far defluire le merci in eccesso verso di essi. È chiaro che il costo energetico richiesto da questo processo è enorme.

Per questo la borghesia rassomiglia a un mago che non sa governare i propri enormi poteri. Essa dispiega forze produttive in maniera irrazionale, e porta alle estreme conseguenze il processo di dissipazione dell’energia.


IL VALORE SENZA VALORE: IL SETTORE TURISTICO

I dati di variazione demografica della Sardegna rivelano che nel 2024 la popolazione è diminuita di 9.114 abitanti, e dal 2016 al 2024 ha perso quasi 100.000 abitanti. Mentre la popolazione invecchia, calano drasticamente le nascite e aumenta l’emigrazione (15). Tra i flussi migratori interni all’isola si registra lo spopolamento delle aree interne a favore delle aree costiere turistificate. Questo dato è in controtendenza nei comuni delle aree costiere che il movimento antimilitarista A foras definisce ‘monoculture militari’ come Villaputzu, Arbus e la stessa Teulada: tra il 1961 e il 2016 quest’ultima ha perso il 57,6% della popolazione residente, mentre i comuni costieri limitrofi hanno aumentato la popolazione residente del 29,7% (16). Inoltre, il reddito pro-capite di Teulada è il più basso dell’area.

I dati demografici sembrano giocare a favore del settore turistico. Ma proprio questo settore ha un carattere ambiguo. Sembra che produca valore dal nulla, ma in realtà estrae e rimuove in maniera aggressiva risorse non rinnovabili. È un settore di tipo estrattivo, poiché produce le stesse dinamiche delle industrie come quella mineraria: salari da fame, condizioni di vita terribili per i lavoratori, inquinamento e impoverimento del territorio (17). È un settore che, nel processo estrattivo, cancella la capacità produttiva e riproduttiva del territorio. I lavoratori locali e gli artigiani sono costretti a confrontarsi con esso, modificando i loro stili di vita per non essere soffocati. Devono allora decidere se capitolare o andar via; al loro posto subentrano gli abitanti occasionali e improduttivi, i turisti. È ciò che sta alla base del processo di gentrificazione. La base dell’economia del territorio diventa il consumo coatto e superfluo delle risorse, e non la produzione di risorse. A questo punto il bilancio energetico dipende solo dalle forze estrattive e parassitarie di cui dispone il settore turistico. La forza-lavoro viene impiegata nell’ambito dei servizi al turista, fondato non sulla produzione ma sulla prestazione. Il valore economico reale che il settore turistico produce è irrisorio, tra i più bassi rispetto a tutti i settori e ben sotto la media del valore prodotto nell’intero settore dei servizi nella penisola (producono meno valore economico solo l’istruzione, che è però un servizio necessario alla vita individuale e collettiva, e vari servizi minori aggregati) (18).

L’economia turistica è inoltre un’economia che garantisce un sicuro capitale di rendita. Il capitale economico procurato nel settore turistico cerca e crea il valore economico dove valore economico non c’è. Infatti non è il lavoro dell’uomo o della macchina a produrre ricavi e profitti: le spiagge, i paesaggi, il Sole sulla pelle, i boschi sono già disponibili in principio. Ciò che fa la sedicente imprenditoria è appropriarsene, agire sull’area per costruire i ‘servizi’, renderne progressivamente esclusivo l’accesso e guadagnare dal consumo energetico laddove non è socialmente necessario, a parità di risorse naturali disponibili. I beni culturali e naturali permettono a chi ha la possibilità di investire nel settore (soprattutto sugli immobili) di creare una vera e propria rendita, espropriando le terre alle comunità per i benefici privati. Di fatto i lavoratori del settore percepiscono un salario che è fino al 20% sotto la media (19), cioè senza contare l’enorme quantità di lavoratori in nero sfruttati e sottopagati.

I terreni coltivabili si riducono, e con loro gli umani interessati a dedicarcisi. L’ambiente viene devastato dall’inquinamento e dalle cementificazioni del settore edilizio: la terra si impoverisce perché perde persino la possibilità di rinnovare l’energia solare estratta. Il valore prodotto è un mero valore di scambio in estrema contraddizione con il grado di accumulazione energetica del settore.

Il territorio perde sapore e saperi, ma guadagna in attrattività per gli estrattori turistici: un territorio devastato è un territorio ancora turistificabile, più intensamente, e ora a basso costo.

Questo è ciò che corrisponde all’organizzazione sociale capitalistica, dove contano solo i risultati economici immediati. Cosa importava agli spagnoli a Cuba di bruciare i boschi per concimare le profittevoli piante di caffè, trasformando la terra fertile in «nuda roccia»? (20)


SERVITÙ MILITARE E SETTORE TURISTICO IN SARDEGNA: DISTRUZIONE E APPROPRIAZIONE

Il settore turistico produce un bilancio estremamente negativo, da un punto di vista energetico. L’energia solare di partenza è dissipata in grandi quantità, e il valore economico prodotto non risponde al reale contributo energetico del settore all’ambiente e alla società.

Il militarismo è la fase suprema di questo processo di dissipazione energetica proprio del capitalismo. Se il turismo è un economia di tipo estrattivo, quella messa in moto dal settore bellico è di tipo direttamente distruttivo. La produzione di armamenti e il mantenimento degli apparati bellici, e cioè il mantenimento delle forze distruttive, assorbe oggi circa 2,7 trilioni di dollari in tutto il mondo e circa 33 miliardi di euro all’anno in Italia, l’1,4% della spesa totale globale e l’1,5% del PIL del Paese (21). Tiziano Bagarolo osservava nel 1989 che «le risorse reali immobilizzate o distrutte nella creazione degli apparati bellici sono ancora più rilevanti di quel che non dica la stima monetaria del loro ammontare», e se «la ricerca a fini bellici distoglie da altri scopi tra il 30% e il 50% del personale e delle risorse finanziarie investite nella ricerca» (22), va rilevato che proprio in una prospettiva energetica il bilancio finale del dirottamento delle risorse dalla ricerca civile alla ricerca bellica, vista la natura distruttiva di quest’ultima e la natura estremamente virtuosa della prima, rende la ricerca bellica un assurdo.

Ma in Sardegna la massiccia presenza militare non porta nuove forze intellettuali, perché gli investimenti per la produzione intellettuale in ambito scientifico sono destinati principalmente alle grosse università della penisola.

Il militarismo produce spopolamento, perciò alla perdita di forza-lavoro. Tutte le forze produttive del comparto bellico distruggono forze produttive, forze riproduttive e risorse ambientali dei territori nelle quali agiscono. Le basi militari assoggettano le poche forze produttive rimaste nel territorio all’industria bellica, mentre di fatto rendono sempre più improduttivo il territorio I lavoratori dell’industria bellica sono impiegati per produrre tecnologie e strumenti di morte, cioè per lo stesso oggetto che annienta la loro esistenza. I territori immediatamente adiacenti alle basi militari convivono con l’economia della miseria. La salute della fauna, della flora è irrimediabilmente compromessa. Il bilancio energetico estremamente negativo condiziona in maniera crescente l’intero sistema, anche in divenire.

Mentre il turismo dissipa l’energia solare con tutte le sue conseguenze sociali e ambientali, il militarismo le annienta all’ennesima potenza. Lo spopolamento produce la disgregazione dei tessuti sociali, e le condizioni per la vita comunitaria cessano di esistere. La terra perde di valore anche agli occhi degli abitanti stessi e diventa più suscettibile alle speculazioni distruttive del mercato. La terra a basso valore economico è a maggior ragione appetibile per gli avvoltoi. Lo Stato ha allora la strada spianata per mobilitare sempre più forze distruttive in chiave imperialista (esercitazioni militari), e la miope economia borghese può gioire dei suoi guadagni facili (con il turismo, ma anche con la speculazione edilizia ed energetica).

La dissipazione di risorse della turistificazione è accompagnata dalla distruzione di risorse del militarismo.


PER LA LIBERAZIONE DALLA SERVITÙ MILITARE ATTORNO A UNA PIATTAFORMA DI RIVENDICAZIONI ANTICAPITALISTE

Podolinskij stesso rilevava che gli attributi del comparto bellico, considerando le forze permanenti, le flotte militari, gli arsenali e così via, costituissero insieme un’industria di dissipazione di energia (23).

Da una prospettiva energetica, appare ancora più chiaro che la lotta antimilitarista non può ridursi alla mera lotta contro le basi militari. Quella contro il militarismo è una lotta ampia che riguarda l’impoverimento che il sistema di produzione capitalistico porta con sé. Più in generale riguarda l’impoverimento del proletariato a beneficio della borghesia e del suo Stato. La macchina bellica non è immorale solo perché produce guerra: è immorale perché distrugge le risorse collettive. In questo è il prodotto naturale del capitalismo.

La Sardegna è schiacciata tra la dissipazione turistica e la distruzione militaristica: per l’isola è finita? No. Questo è ciò che ci si prospetterebbe se la nostra fosse una posizione fatalista: ma il ‘vada come deve andare’ non è nel nostro orizzonte. Al pessimismo che suggeriscono le condizioni a cui la Sardegna sembra condannata, noi opponiamo l’ottimismo di un programma anticapitalista, comunista e rivoluzionario. Nella mobilitazione sarda possiamo intravedere la possibilità del riscatto dell’intero movimento comunista mondiale, per la liberazione dei popoli dagli imperialismi e della classe proletaria dalla borghesia e dallo Stato che la rappresenta.

Perché proprio il comunismo? Perché è l’unico sistema capace di collettivizzare sistematicamente le risorse energetiche e di gestirle virtuosamente e in maniera democratica restituendo alle masse oppresse e quindi al proletariato il ruolo di attore storico principale, nei nostri tempi. Quella comunista è l’unica prospettiva utile a risolvere la questione ambientale nella questione sociale, e viceversa. E quindi combattendo il militarismo, si combatte al contempo per l’ambiente e per la giustizia sociale. E dalla lotta contro il militarismo deriva naturalmente la lotta contro il capitalismo in generale.

Oggi tutto questo è ancora più attuale, nel momento in cui lo stato di guerra è dichiarato ancora più platealmente contro il proletariato italiano e i movimenti progressisti, con il decreto legge ‘sicurezza’.

I problemi ambientali possono costituire il momento centrale della critica al modo di produzione capitalistico e allo Stato borghese, ed è irrinunciabile mobilitare oggi le forze per organizzare la sfera sociale e produttiva della società del futuro attorno alla questione ambientale (24).

Proponiamo di rilanciare la lotta antimilitarista attorno a una piattaforma dai contenuti più esplicitamente politici. Crediamo che la lotta non debba svolgersi preminentemente sul piano legale e civile, ma debba invece portare rivendicazioni chiare entro un programma politico ampio ma deciso. Oggi la mobilitazione sarda contro il militarismo rappresenta la mobilitazione più avanzata in Italia, ma deve compiere un salto di qualità perché si approfondisca e si estenda.

Per questo proponiamo alcuni punti e rivendicazioni per la creazione una piattaforma attorno alla quale chiamare e riunire le forze comuniste e progressiste che lottano contro il militarismo ai tempi del riarmo, e per avviare un dialogo trasparente nel variegato mondo delle organizzazioni comuniste nei territori al fine di unificare la forza e costruire una base di massa con al centro i lavoratori, nella lotta antimilitarista:

- rivendicare il rimborso delle spese sostenute e l’indennizzo per gli oneri processuali sostenuti dagli attivisti antimilitaristi incriminati in Sardegna e in tutta Italia;

- rivendicare la superiorità delle ragioni ambientali e sociali rispetto alle ragioni della Difesa nei giudizi legali che riguardano l’inquinamento ambientale derivato dalle attività militari;

- rivendicare l’espropriazione e la riconversione della produzione delle fabbriche di bombe (come la RWM di Domusnovas) e, in generale, dell’intera filiera produttiva del settore bellico, sotto il controllo diretto dei lavoratori;

- rivendicare la dismissione delle basi militari, il ritiro delle truppe, l’analisi dello stato di inquinamento, l’accertamento delle responsabilità dei danni, e la bonifica delle aree interessate;

- riconoscere l’esigenza che all’utilizzo delle risorse espropriate e recuperato dal comparto bellico, debba fare seguito la pianificazione di un programma di risanamento economico e sociale virtuoso per il territorio (sanità, istruzione, ricerca, trasporti, pianificazione energetica, lavoro) che abbia come base la socializzazione delle risorse naturali, sociali ed economiche presenti e future e la loro tutela dalle esigenze private, contro il saccheggio delle risorse da parte della borghesia di tutte le nazionalità;

- riconoscere il colonialismo e le sue configurazioni particolari come un prodotto diretto del modo di produzione capitalistico;

- riconoscere che lo Stato nazionale – garante ultimo dei profitti della borghesia – è un ostacolo insormontabile all’adozione di iniziative sovranazionali imprescindibili per la soluzione di problemi di carattere sovranazionale o mondiale (desertificazione, piogge acide, inquinamento dell’aria e delle acque, …);

- riconoscere che il ‘complesso militare-industriale’ è parte integrante e strutturale del capitalismo per l’economia e per la dominazione imperialista;

- riconoscere che il ‘complesso militare-industriale’ è parte integrante e strutturale dello Stato borghese per la dominazione economica e militare delle sue periferie;

- avviare iniziative per l’attivazione, il coinvolgimento e l’organizzazione nella lotta antimilitarista dei lavoratori dei settori strategici per l’industria bellica (logistici e produttivi), e dei settori al servizio delle realtà militari presenti nei territori;

- avviare iniziative per la sensibilizzazione, l’attivazione, il coinvolgimento e l’organizzazione degli studenti medi e universitari per la lotta contro la ricerca a fini bellici, e per la creazione di contromisure sistemiche contro il pericolo del dual-use nelle ricerche scientifiche.


Per una lotta generale che unifichi le lotte antimilitariste e anticolonialiste alle rivendicazioni generali della classe lavoratrice, per una prospettiva ecologica di sostenibilità e democrazia.

Per un governo delle lavoratrici e dei lavoratori, l’unica alternativa veramente ecologica e democratica ai crimini borghesi.



Note

(12) Sulla differenza tra dispersione e dissipazione. Ogni trasferimento di energia in un sistema comporta la perdita di energia totale del sistema, cioè la dissipazione di energia. Questo è ciò che Clausius definì ‘entropia’. L’entropia è la quantità di energia nell’Universo che ha raggiunto lo stadio in cui non è più capace di trasformarsi ancora. Perciò la dispersione di energia, secondo il secondo principo della termodinamica, è inevitabile laddove c’è lavoro, compresa ogni attività umana. La dissipazione di energia è invece data dall’inefficienza dei sistemi di trasferimento di energia. Più un sistema è inefficiente nel trasferimento di energia, più dispersione produce. Perciò la dissipazione è l’aumento della dispersione di energia a causa di azioni umane che hanno come effetto lo spreco di quantità eccedenti di energia. Questa distinzione ci permette di fare un’analisi critica dei sistemi produttivi da un punto di vista energetico, a partire dall’energia fornita dal Sole alla terra. Si veda Sergej Andreevic Podolinskij, Lavoro ed energia. L’atto di nascita dell’economia ecologica, PonSinMor, Gassino Torinese (TO), 2011, p. 206.
(13) Podolinskij, Lavoro ed energia, p. 268.
(14) In termini fisici il lavoro è l'energia prodotta da una forza per portare un oggetto da uno stato A a uno stato B.
(15) La Nuova Sardegna, Sardegna, crollo demografico nel 2024: scomparso un paese grande come Macomer, 31 marzo 2025. Consultabile al link: https://www.lanuovasardegna.it/regione/2025/03/31/news/istat-in-sardegna-continua-il-drastico-calo-demografico-ecco-i-dati-1.100685077
(16) A Foras, Isole in guerra, pp. 27-28.
(17) Ferdinando Pezzopane, Tiare Gatti Mora, L’industria turistica è nociva come quella fossile, in Jacobin Italia, 7 agosto 2024. Consultabile al link: https://jacobinitalia.it/lindustria-turistica-e-nociva-come-quella-fossile/
(18) Lorenzo Borga, Bene il turismo, ma non è il nostro petrolio, in Il Foglio, 29 luglio 2019. Consultabile al link: https://www.ilfoglio.it/sound-check/2019/07/29/news/bene-il-turismo-ma-non-e-il-nostro-petrolio-267414/
(19) Lorenzo Borga, Bene il turismo, ne Il Foglio, 29 luglio 2019.
(20) Friedrich Engels, Il lavoro nel processo di umanizzazione della scimmia, in Dialettica della natura, Roma, Editori Riuniti, 1967, pp. 183-195.
(21) Giorgio Pirani, La spesa militare italiana arriva a 33 miliardi di euro all’anno, in QuiFinanza, 28 aprile 2025. Consultabile al link: https://quifinanza.it/economia/spesa-militare-italia-33-miliardi/904566/
(22) Tiziano Bagarolo, Marxismo ed ecologia, Milano, 2006, p. 65.
(23) Podolinskij, Lavoro ed energia, p. 206.
(24) «Solo un’organizzazione cosciente della produzione sociale nella quale si produce e si ripartisce secondo un piano, può sollevare gli uomini al di sopra del restante mondo animale sotto l’aspetto sociale di tanto, quanto la produzione in generale lo ha fatto per l’uomo come specie. L’evoluzione storica rende ogni giorno più indispensabile una tale organizzazione. Essa segnerà la data iniziale di una nuova epoca storica nella quale l’umanità stessa, e con essa tutti i rami della sua attività, in particolare la scienza della natura, prenderanno uno slancio tale da lasciare in una fonda ombra tutto ciò che c’è stato prima». Friedrich Engels, Dialettica della natura, Roma, Editori Riuniti, 1967, p. 51.


Bibliografia generale

Tiziano Bagarolo, Marxismo ed ecologia, Milano, 2006
Sergej Andreevic Podolinskij, Lavoro ed energia. L’atto di nascita dell’economia ecologica, PonSinMor, Gassino Torinese (TO), 2011.
A Foras, Trinacria, Core in Fronte, Isole in guerra. Occupazione militare e colonialismo in Sardegna, Sicilia e Corsica, Catartica Edizioni, Rende (CS), 2023.
Friedrich Engels. Una vita per la rivoluzione, Marxismo Rivoluzionario, primo trimestre 2021, n.17.
Friedrich Engels, Il lavoro nel processo di umanizzazione della scimmia, in Dialettica della natura, Roma, Editori Riuniti, 1967.
Friedrich Engels, Dialettica della natura, Roma, Editori Riuniti, 1967.
Tiziano Bagarolo, Lenin sconosciuto. La rivoluzione sovietica e l’ecologia, in Marxismo Rivoluzionario, n. 17

Partito Comunista dei Lavoratori - Cagliari

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