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Il despota ungherese riceve il terrorista israeliano
L'antisemitismo è perfettamente compatibile con il filosionismo
3 Aprile 2025
Di fronte alla notizia che da ieri, mercoledì 2 aprile, Viktor Orbán sta ricevendo il terrorista israeliano Netanyahu per alcuni giorni, è impossibile non fare un commento.
Ormai le proporzioni della catastrofe genocida a Gaza sono sotto gli occhi di tutti. Non basta il massacro di decine di migliaia di persone e il ferimento di un numero ancora più grande (fra cui moltissime donne, bambini e anziani): la pulizia etnica iniziata con la stessa creazione dello Stato sionista nel 1948 ha recentemente assunto una fase mai vista prima per intensità e violenza. Il boia israeliano e diversi suoi colleghi di governo fanno uso di esplicite citazioni bibliche per dire che i palestinesi devono essere completamente eliminati, proprio come il Dio biblico ordinava di fare ai suoi eletti con le tribù nemiche. Donald Trump ha rincarato la dose dicendo che, dopo aver eliminato o deportato tutti i palestinesi, si potrebbe fare di Gaza un bel resort mediterraneo. Sembrerebbe la trama di un film distopico, ma è la realtà di oggi.
Di fronte alla reazione israeliana all’attacco del 7 ottobre, che può essere considerata sproporzionata anche da qualcuno che non sostiene coerentemente i palestinesi, persino la Corte Penale Internazionale ha emesso un mandato d’arresto per Netanyahu, per crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
È noto come il potere di questa corte sia limitato e come non sia perfettamente obiettiva, come del resto nessun tribunale del mondo.
Eppure, l’invito di Orbán a Netanyahu va ancora oltre lo scandalo quotidiano, cioè il fatto che tutta la comunità occidentale lasci compiere a Israele il proprio genocidio, senza neppure muovere un dito. È noto infatti che i mandati di cattura della Corte Penale sono validi sono in quei Paesi che la riconoscono. Questo spiega perché Putin si è potuto fare beffe di un simile mandato ai suoi danni, dicendo che è carta igienica.
Ma l’Ungheria, invece, riconosceva, almeno formalmente, la Corte Penale Internazionale, e avrebbe pertanto dovuto rispettarne le disposizioni arrestando Netanyahu. Per la verità, Orbán aveva già annunciato prima della visita che non avrebbe eseguito l’arresto. Però, di fronte al mare di critiche che sono arrivate dall’estero e da numerose organizzazioni internazionali, ha tagliato la testa al toro, uscendo direttamente dalla Corte Penale Internazionale.
Quella che sembra una scelta contingente potrebbe avere in realtà conseguenze imprevedibili: così, infatti, il potere di Orbán è ancora più forte e incontrastato. Non è dato sapere che cosa Orbán potrebbe fare sapendo che è ormai libero anche da questo debole deterrente, ma il solo pensiero mette i brividi.
Come abbiamo già spiegato sulle nostre pagine, il rapporto di Orbán con Israele è improntato alla più grande amicizia e alla massima collaborazione, anche in settori delicati come lo spionaggio e gli armamenti. Il governo ungherese sostiene pienamente il genocidio israeliano, senza muovere nemmeno la più piccola critica o distinguo. E questo quando Orbán usa tranquillamente stereotipi antisemiti quando gli fa comodo, per esempio nella campagna anti-Soros, simile per certi versi alla propaganda nazista contro gli “ebrei capitalisti e comunisti allo stesso tempo”.
Proprio in queste settimane, numerose manifestazioni vengono organizzate dall’opposizione ungherese contro le ennesime modifiche costituzionali che vietano il gay pride (proprio come in Russia, “per tutelare i bambini”) e danno alla polizia ulteriori poteri di filmare dei manifestanti, anche se completamente pacifici. Il 15 marzo infatti, che in Ungheria è festa nazionale, Orbán aveva annunciato che avrebbe fatto una pulizia di primavera degli insetti sopravvissuti all’inverno, riferendosi così ai pochi che ancora si permettono di criticarlo.
Nonostante queste proteste siano giuste, è triste notare come al loro interno non vi sia nessuna menzione della questione palestinese. È brutto dirlo, ma in Ungheria i palestinesi non hanno praticamente nessun alleato: i principali esponenti dell’opposizione (compreso il sindaco di Budapest Karácsony) dicono cose molto simili a Orbán, presentando la resistenza palestinese come una forma di ferocia antisemita. Solo piccoli gruppi di giovani, per lo più palestinesi e di altri Paesi arabi, cercano di organizzare iniziative in questo senso, ma le manifestazioni pubbliche di questo tipo sono completamente vietate, dato che sono considerate un sostegno al terrorismo. Bisogna notare che questi giovani sono estremamente vulnerabili, dato che non essendo cittadini europei rischiano molto di più di qualunque europeo, per esempio l’espulsione. Fra l’ipocrisia della comunità internazionale e la vigliaccheria dell’opposizione, noi non possiamo che guardare con ammirazione agli sforzi di queste ragazze e ragazzi coraggiosi.