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Un appuntamento ambiguo al servizio obiettivo dell'imperialismo europeo

La manifestazione "europeista" del 15 marzo

14 Marzo 2025
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Domani, 15 marzo, in seguito all’appello del giornalista di La Repubblica Michele Serra, è stata convocata una manifestazione che si pone l’obbiettivo di costruire una Piazza per l’Europa. Ci vuole più Europa, afferma Serra, una Europa capace di una politica e una difesa comuni sullo sfondo della crisi dovuta alla guerra in Ucraina e alle politiche della nuova amministrazione Trump.
La narrativa dei promotori chiama a raccolta la popolazione a sostegno di un’Europa democratica, baluardo dei diritti e capace di contare sullo scacchiere internazionale come una potenza politica e all’occorrenza militare (difesa comune). Oggi, nel frangente della guerra in Ucraina, i promotori della manifestazione chiamano l’Europa a svolgere un duolo decisivo nell’ottenere una pace giusta, ossia una pace che garantisca la sicurezza e l’integrità del paese.

Tutta l’angolatura ideologica che caratterizza questa visuale rimuove fondamentalmente la natura dell’Unione Europea e dei soggetti contraenti.

Innanzitutto la UE, lungi dall’essere un soggetto effettivamente unitario, cosa che gli sarebbe garantita solo da una struttura di tipo federativo, ad oggi impossibile, è invece la risultante di un patto tra le maggiori potenze imperialiste europee. La natura del patto è incentrata sulla politica monetaria comune, il libero scambio commerciale, le politiche di contrazione del debito (Patto di stabilità) a danno della spesa sociale, e sulle misure di protezione delle frontiere esterne dai flussi migratori.

Oltre questo terreno comune, le vare potenze imperialiste, in primis Germania, Francia e Italia, giocano ognuna una propria partita sullo scacchiere internazionale.
Dall’approviggionamento energetico a quello minerario, fino alla ricerca di mercati di sbocco per le proprie merci, ognuna di queste potenze ha una propria proiezione che coinvolge l’Africa del Nord, il sud Sahel, il Medio Oriente, l’Est Europeo e l’Asia. Persino la postura nei confronti dell’alleato USA é diversa, con l’Italia che cerca di ritagliarsi il ruolo di alfiere degli interessi americani nell’ambito della UE.

Persino oggi, di fronte alla tensione e all’accelerazione del logoramento della tradizionale alleanza con gli Stati Uniti impresso dall’amministrazione Trump, i paesi della UE faticano a dare una risposta unitaria.
L’imperialismo italiano si dissocia dal proposito di mandare un contingente di truppe europee proposto da Inghilterra e Francia, così come all’interno del suo governo la Lega si dichiara contraria alla proposta di una spesa monstre di 800 miliardi di euro per il riarmo europeo proposto dalla presidente della Commissione Europea.

Proprio questa mancata unitarietà europea è posta alla base della convocazione della manifestazione da parte del giornalista di Repubblica, e delle numerose adesioni pervenute che si estendono fino alla CGIL di Landini.
Sul terreno della parola d’ordine “ci vuole più Europa” si addensano per tutti questi motivi fitte coltri di ambiguità. Infatti si è legittimati a chiedere ai promotori della manifestazione: di quale Europa parlate?

Le dichiarazioni di esponenti politici, intellettuali e sindacalisti, sono dissonanti l’una dall’altra. Ad esempio c’è chi vuole un’Europa più forte anche sul piano militare, chi più propensa ad un’azione diplomatica in virtù della propria tradizione democratica, o chi ancora la vuole "sociale" e vicina agli interessi dei lavoratori. Tutte queste voci però sono accomunate dal descrivere in larga misura un’Europa immaginaria che non trova conforto nella sua storia.

L’Unione Europea fin da suoi esordi non è stata una potenza diplomatica ma piuttosto un procuratore d’affari per le potenze imperialista che la compongono. La pace tanto proclamata è stata invece sempre subordinata agli interessi politico-affaristici.

Negli anni Novanta, prima la CEE poi la UE appena formatasi al suo posto, svolsero un ruolo ambiguo se non complice al servizio soprattutto dell’imperialismo tedesco nella dissoluzione della Jugoslavia e nella tremenda guerra civile che ne seguì. L’epilogo con i bombardamenti NATO dei territori dell’ex Jugoslavia e di Belgrado, con i cacciabombardieri partiti dai paesi europei, inclusa l’Italia, smentirono clamorosamente il ruolo dell’Unione Europea come ancella di pace.
Nel 2014 la UE avvallò il colpo di stato di destra in Ucraina, meglio noto come Euromaidan, con la conseguenza di scatenare una lunga e sanguinosa guerra civile nel Donbass
Nel 2015 la UE, insieme alla BCE e l’FMI, compose la "troika" che imporrà terribili tagli all’economia greca e grandi sofferenze alla classe lavoratrice in nome dell’austerità e del saldo del debito pubblico. Questo nonostante il rifiuto opposto dal popolo greco con il suo oxi (no) al referendum dello stesso anno, risultato che purtroppo sarà clamorosamente tradito dal Alexis Tsipras capo del governo e capo della coalizione di sinistra, Syriza, uscita vincente dalle elezioni politiche.

Al giorno d’oggi, ormai da oltre un anno e mezzo, la UE continua a mantenere rapporti economici e militari con lo stato sionista, che perpetua un autentico genocidio ai danni della popolazione palestinese di Gaza e persegue l’espansione dei propri confini nei territori palestinesi della Cisgiordania.

Non solo sul terreno geopolitico ed economico, con le politiche di austerità, il segno della condotta della UE è irrimediabilmente connotato dal carattere imperialista dei suoi intenti politici.
Anche in altri ambiti, come quello dell’immigrazione, la UE ha preferito costruire dei muri, come Frontex, piuttosto che politiche di accoglienza, anche se in taluni casi, come quello della Germania, per motivi economici e sociali propri e seppur in modo contraddittorio, si è dovuto dare concretezza a misure di accoglienza.

Questa storia, reale e non immaginaria, porta l’Unione Europea molto lontano dall’essere quello scrigno di libertà e democrazia che pretende di rappresentare. Ne risulta invece confermato il quadro che la dipinge come un patto di basso profilo tra le potenze imperialiste europee, funzionale al loro rilancio sul proscenio mondiale – che questo obbiettivo sia effettivamente raggiunto o meno.

Dunque chiedere “più Europa”, come fa Michele Serra, vuol dire chiedere più capitalismo e più imperialismo. Il richiamo all’unità, inoltre, cade per lo più nel vuoto, essendo gli interessi delle potenze imperialiste europee molto divergenti.

Il fatto che questo avvenga sullo sfondo di un gigantesco piano di riarmo promosso dalla UE, conseguente al disimpegno promesso dall’amministrazione Trump, illustra tanto chiaramente il piano inclinato su cui è incardinato il piano di costruzione futura della UE quanto invece getti più di un ombra sui propositi dei promotori della manifestazione.
Con la scusa addotta del pericolo di un’aggressione russa come conseguenza delle vicende belliche in Ucraina. è tracciata la direzione verso il rafforzamento del militarismo europeo, come sempre parente stretto dell’imperialismo.
Un piano che mira a sorreggere la spesa militare complessiva dei paesi europei, sganciandola dai limiti del Patto di stabilità e consentendo così ai singoli paesi di metterla a debito con il conseguente taglio della spesa sociale. In definitiva, una spesa a carico dei salari e delle condizioni di vita delle lavoratrici e dei lavoratori europei.
Il progetto di Von der Leyen mostra inequivocabilmente la sua natura spiccatamente reazionaria e conferma il motto leniniano per cui l’unità europea in regime capitalistico o è impossibile o è reazionaria. Si dà il caso che potremmo avere le due cose insieme.

Questa manifestazione, i suoi promotori, suoi intenti, devono essere contrastati, per costruire un’opposizione intransigente a una UE che si riarma, come se già da tempo le spese militari non stessero aumentando.
Però non lo si può fare opponendogli un’argomentazione pacifista, che nel caso dell’Ucraina rimuove semplicemente il diritto di autodeterminazione del suo popolo e il necessario sostegno alla sua resistenza all’occupante russo, così come è necessario altrettanto il sostegno alla resistenza palestinese contro l’occupazione da parte dello stato sionista.
Al progetto di un'Europa imperialista occorre opporre l’unica alternativa reale: un’Europa socialista, governata dalle lavoratrici e dai lavoratori per mezzo delle proprie organizzazioni.
Solo questa Europa potrebbe garantire la pace, a partire dal contrasto di ogni imperialismo, cominciando dal proprio, e al contempo schierarsi al fianco di tutti i popoli oppressi per il loro diritto alla resistenza e all’autodeterminazione, senza per questo nutrire scopi di rapina.
Il continente unificato dalla classe lavoratrice sarebbe un potentissimo promotore della sollevazione dei popoli d’America, di Russia e Cina contro i propri imperialismi, le loro politiche coloniali e le loro guerre.

Cosi Lev Trotsky nel 1929: «Assieme ad essa (l’Opposizione di sinistra allo stalinismo), l'avanguardia proletaria d'Europa dirà ai padroni di oggi: "Per unificare l'Europa bisogna anzitutto strapparvi il potere. Lo faremo. Unificheremo l'Europa. La unificheremo contro il nemico, e questo nemico è il mondo capitalista. Ne faremo la piazza d'armi grandiosa del socialismo combattente. Ne faremo la pietra angolare della Federazione socialista mondiale».

Federico Bacchiocchi

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