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La negazione dell'antifascismo è l’affermazione dello Stato borghese

28 Febbraio 2025
antifascismomafia


La provocazione reazionaria messa in atto dal Blocco Studentesco di Avellino, con lo slogan “antifascismo = mafia”, non rappresenta altro che l'ennesima espressione della crisi organica in cui il capitalismo italiano si dibatte. Tale equiparazione, nella sua natura mistificatoria e falsificante, si inserisce perfettamente nel processo ideologico con cui la borghesia tenta di svuotare di senso l'antifascismo, degradandolo a una mera posizione morale o istituzionale, sradicandolo dalla sua matrice storica di lotta di classe.


IL CARATTERE REAZIONARIO DELLA PROVOCAZIONE

L'assimilazione tra antifascismo e mafia è una menzogna funzionale alla strategia della destra neofascista, volta a delegittimare ogni forma di opposizione radicale al capitalismo.
Il fascismo, lungi dall'essere una degenerazione accidentale della democrazia liberale, ne costituisce la manifestazione estrema in momenti di crisi, quando la borghesia non è più in grado di mantenere il proprio dominio attraverso i meccanismi parlamentari.
La mafia, d'altro canto, è storicamente un fenomeno organico alla riproduzione del capitalismo, specialmente nelle sue forme arretrate e parassitarie, come dimostra il ruolo della criminalità organizzata nella gestione della manodopera agricola e nell'economia illegale nel Mezzogiorno.
L'antifascismo, nella sua espressione storica, è invece il prodotto della mobilitazione delle masse proletarie e popolari contro la dittatura capitalista sotto forma fascista. Equipararlo alla mafia significa mistificare la realtà, occultando il nesso indissolubile tra fascismo e potere economico.


LA DEBOLEZZA DELL'ANTIFASCISMO ISTITUZIONALE

Tuttavia, la risposta del Partito della Rifondazione Comunista, pur esprimendo una doverosa indignazione, si rivela insufficiente, proprio perché confinata nei limiti dell'antifascismo istituzionale e legalitario. Il richiamo astratto ai valori costituzionali e alla legalità democratica non coglie il nodo fondamentale: il fascismo non è semplicemente una violazione della legalità repubblicana, ma la forma politica con cui la borghesia difende i propri interessi quando il dominio democratico-borghese vacilla. Invocare lo scioglimento delle organizzazioni neofasciste sulla base della legge Mancino o della Costituzione non solo delega allo Stato borghese la lotta contro il fascismo, ma alimenta l'illusione che quest'ultimo possa essere sconfitto senza mettere in discussione le basi economico-sociali del sistema che lo produce. La storia ha dimostrato che nessuna repressione legale ha mai estirpato il fascismo, che può essere sconfitto solo attraverso l'organizzazione autonoma del movimento operaio e delle masse popolari.


PER UN ANTIFASCISMO DI CLASSE E RIVOLUZIONARIO

Il vero antifascismo non si esaurisce nella difesa della democrazia borghese, ma si fonda sulla lotta per l’abbattimento del capitalismo. La mafia e il fascismo sono entrambi strumenti della classe dominante per garantire la riproduzione del proprio potere in contesti diversi: la prima attraverso il controllo del territorio e l'intermediazione violenta nel mercato del lavoro; il secondo attraverso la distruzione delle organizzazioni operaie e la militarizzazione della società.
Un antifascismo di classe deve denunciare con chiarezza il ruolo della borghesia nella proliferazione sia del fascismo che della mafia, evitando ogni retorica patriottica o legalitaria.
La lotta contro il fascismo è inseparabile dalla lotta contro il capitalismo, e la sola garanzia della sconfitta definitiva del fascismo risiede nella costruzione di un movimento rivoluzionario capace di rovesciare i rapporti sociali esistenti.

Partito Comunista dei Lavoratori - Campania

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