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Sahra Wagenknecht: il vicolo cieco del conservatorismo di sinistra

21 Febbraio 2025
bsw


Alla vigilia delle elezioni federali in Germania di domenica 23 febbraio, pubblichiamo un'analisi del partito BSW, fondato a fine 2023 dalla ex dirigente nazionale della Linke Sahra Wagenknecht, alla quale si rivolgono da anni apprezzamenti, appoggi e tentativi di emulazione di non poca parte della sinistra di classe in Italia. L'articolo, di Martin Suchanek (Gruppe ArbeiterInnenmacht), è stato scritto al momento della scissione della Linke e della fondazione di BSW.



Fondare o non fondare: questa è la domanda più importante nel mondo di Sahra Wagenknecht. La sua rottura con il partito Linke è stata decisa da tempo; l'unica questione è se in autunno verrà fondato o meno un nuovo partito.

Per Sahra Wagenknecht la risposta a questa domanda dipende essenzialmente dalla possibilità di contare su funzionari, su un apparato e su una base che soddisfino le sue esigenze di "capacità politica" e "affidabilità". Dopotutto, Wagenknecht non vuole disturbarsi con "personaggi dubbi" e "piantagrane" che potrebbero distruggere troppo facilmente un nuovo partito conservatore di sinistra (1). Il programma del partito, la presenza sui media e la "democrazia" interna – su questo non ha dubbi – devono essere cuciti su misura per lei, e per nessun altro.
Resta da vedere se riuscirà a trovare un numero sufficiente di sostenitori "di spicco", di piccole celebrità mediatiche che non hanno il desiderio di brillare accanto a Wagenknecht, e di leccapiedi che non solo acclameranno Sahra, ma faranno anche il lavoro sporco organizzativo per lei.

Le chance non sono poi così scarse. Dal gruppo parlamentare della Linke al Bundestag potrebbe contare su dieci deputati, su qualche migliaio di iscritti, ivi compresi i rappresentanti eletti nei comuni e nei parlamenti statali, che probabilmente al suo seguito sarebbero disposti ad abbandonare la nave che affonda e a cercare la loro fortuna sotto una nuova bandiera. I resti del movimento Aufstehen (2) seguiranno sicuramente Wagenknecht. Anche il DKP (3) e il DIDF (4) potrebbero salire a bordo, ma dovrebbero subordinarsi politicamente alla grande leader senza se e senza ma. In ogni caso, se decidessero di seguire Wagenknecht, ci si può aspettare che agiranno in questo modo.


CHE COSA VUOLE IL CONSERVATORISMO DI SINISTRA?

La cosa migliore del progetto politico di Sahra Wagenknecht è che non è necessario attendere la fondazione formale o il programma per sapere cosa rappresenta il nuovo partito. "Conservatore di sinistra" può essere un termine strano, ma in realtà di sinistra non contiene nulla!

Al limite, Wagenknecht e i suoi sostenitori mascherano il progetto come "di sinistra" perché non sono a destra quanto la maggioranza della Linke sulla questione della guerra e in relazione alla NATO. Ma questo è tutto, perché politicamente e programmaticamente esso è chiaramente a destra della Linke.


SCIOVINISMO E RAZZISMO

Fin dalla cosiddetta crisi dei rifugiati del 2015, Wagenknecht e i suoi sostenitori non si sono mai stancati di inveire contro le frontiere aperte. Immigrazione “regolamentata” è la loro parola d'ordine. Completamente in linea, quindi, con il governo federale e la CDU/CSU. Mentre la Linke ha definito razzisti e misantropi i recenti attacchi al diritto d'asilo, dando in questo modo un giusto segnale, almeno a parole, Sahra Wagenknecht, in un'intervista al quotidiano Die Welt, ha preso le parti degli Stati dell'UE. Secondo Wagenknecht, la critica ai campi di reclusione previsti per il trattamento dei rifugiati extra-UE non dovrebbe essere «così scontata»: al contrario, bisogna prima aspettare e vedere se funzionano!

Così facendo, ha lanciato un altro segnale di destra. Sahra Wagenknecht è persino felice di partecipare a questa attività di erosione del diritto d'asilo. Per giustificare questa schifezza, ancora una volta attinge al sacco delle favole della destra. Dopotutto, i rifugiati che provengono dall'esterno della UE, ha dichiarato Wagenknecht a Die Welt, non sono «i più poveri tra i poveri», ma provengono principalmente dalle classi medie. Come fa a saperlo? Semplice: i «più poveri tra i poveri» non sarebbero in grado di sfuggire a guerre, fame e disastri ambientali. Di conseguenza, queste persone devono essere relativamente «privilegiate»: e quindi potrebbero benissimo rimanere nei loro Paesi d'origine, come la Siria e l'Afghanistan.

Non tutti i sostenitori di un futuro partito di Sahra Wagenknecht, ovviamente, appoggiano queste posizioni perfettamente razziste e antidemocratiche. Ma di fatto, partecipando a questa impresa, le accettano favorevolmente.


SINISTRA NEOLIBERALE VERSUS PERSONE COMUNI

Con le richieste di apertura delle frontiere e una critica "esagerata" delle restrizioni all'ingresso, queste persone cieche dall'occhio destro sono un'ulteriore prova del fatto che la sinistra si è allontanata dalla gente "normale" e da chi lavora duramente. E non è tutto. Il genderismo "esagerato", il veganismo, l'ambientalismo e il cosmopolitismo sono tutte espressioni dello stesso problema di base. Secondo Sahra Wagenknecht e i suoi sostenitori, la Linke si è allontanata dalla sua vera base: i salariati, i disoccupati, ma anche gli artigiani e la «classe media», concentrandosi sugli «ambienti emergenti» urbani, sui liberali di sinistra.

In questo modo, Wagenknecht attacca i veri punti deboli e i problemi della politica identitaria, ma li mescola in un pastone populista che alla fine elimina anche la critica all'effettiva oppressione sociale che in essa viene espressa.

Wagenknecht mette a segno punti anche quando denuncia lo spostamento a destra dei Verdi e della SPD. Ma non ne riconosce in nessun modo la causa. Non riesce a comprendere questo adattamento come espressione delle mutate condizioni di accumulazione del capitale, e quindi delle mutate condizioni dello schema della politica riformista volta al compromesso di classe. L'intensificarsi della competizione sul mercato mondiale sta restringendo i margini delle politiche di redistribuzione e di partenariato sociale (5), il che porta la SPD, ma anche la Linke, a compromessi sempre maggiori con i “partner” capitalisti, i quali sono sempre più privi di restrizioni.

Accusando essenzialmente la SPD di non attenersi alle sue politiche tradizionali del passato, Sahra Wagenknecht (e Oskar Lafontaine prima di lei) credono che lo Stato possa regolare il capitalismo per il bene di tutti.

La loro critica, quindi, rimane in ultima analisi puramente moralistica: la Linke si è allontanata dallo stato sociale e dalle politiche di ridistribuzione; al contrario, se non l'avesse fatto, potremmo ancora vivere in uno Stato ben funzionante, dove i poveri sono assistiti, i lavoratori sono adeguatamente retribuiti e gli imprenditori fanno profitti onesti.

Tuttavia, la cosiddetta sinistra neoliberale, la «sinistra lifestyle», non solo è convolata a nozze con il neoliberalismo, ma fa anche richieste irragionevoli alle masse, mettendo costantemente in discussione i loro atteggiamenti e comportamenti. Per Wagenknecht, l'essere umano “normale” non è un essere sociale; i pensieri, gli atteggiamenti e le relazioni familiari prevalenti non sono un prodotto delle relazioni sociali, ma caratteristiche quasi naturali, in definitiva immutabili, "delle" persone. I “normali” salariati, proprio come i “normali” piccolo-borghesi o i "normali" piccoli imprenditori, sono persone attaccate alla loro patria, con i piedi per terra, orgogliosi di essere tedeschi. La maggior parte di loro ama vivere in famiglia, ama essere un uomo e una donna eterosessuali, e non vogliono essere costantemente rimproverati quando fanno una battuta sui gay.

Wagenknecht ama presentarsi come difensore della gente comune. In realtà, però, si comporta in modo paternalistico e condiscendente, in quanto è lei a decidere cosa rende queste persone comuni e cosa no. Secondo lei, i salariati non potrebbero trovarsi in sintonia con domande “esageratamente” progressiste, in linea di principio. Bisogna prendere le persone così come (presumibilmente) esse sono: questo è il credo della Wagenknecht, come di ogni populismo (di sinistra). Altrimenti, la gente ci lascerà per andare con l'AfD. E per evitare questo si deve anche evitare di riconoscere la coscienza arretrata delle masse.


POPULISMO ED ELETTORALISMO

Tutto ciò sembra tanto più convincente e non problematico per Wagenknecht e compagnia in quanto la loro concezione politica nemmeno contempla la possibilità di modificare la coscienza della classe lavoratrice. Il superamento delle divisioni interne alla classe non è un problema per loro, perché i salariati in ogni caso non sono visti come persone in grado di cambiare la società. Essi costituiscono solo uno strato particolarmente ampio di elettori tra gli altri referenti “top performer” che Wagenknecht ha costantemente in mente: la classe media, la piccola borghesia urbana e rurale e, come fiore all'occhiello dell'economia tedesca, le imprese non monopolistiche.

L'agente di un possibile cambiamento non è la classe lavoratrice. Si tratta solo di ottenere il maggior numero possibile di voti dalla gente comune alle elezioni. L'agente del cambiamento è lei, Sarah Wagenknecht. Naturalmente, per ottenere i loro voti bisogna offrire qualcosa. E questo qualcosa è il compromesso tra le classi, la giustizia, la sicurezza, la pace e l'ordine sulla base dell'“economia sociale di mercato”.


RITORNO ALL'ECONOMIA SOCIALE DI MERCATO

Ludwig Erhard e Willi Brandt sono i fari della politica economica e sociale di Sahra Wagenknecht. In essa, lo Stato garantisce l'equilibrio tra le classi, tra i diversi gruppi sociali. Questo sarebbe possibile, come si legge ad esempio nel suo libro Reichtum ohne Gier (“Ricchezza senza avidità”), perché le buone aziende non sarebbero affatto alla ricerca del profitto. Il profitto non nasce, come Marx vorrebbe farci credere, dallo sfruttamento nel processo produttivo, ma dai profitti monopolistici delle grandi imprese. Le vere imprese, invece, non hanno affatto bisogno del capitalismo, ma di un'economia di mercato libera e funzionante.

In tutta serietà, Wagenknecht vende queste sciocchezze piccolo-borghesi – e tutto l'interesse mediatico che le circonda – come “teoria”, come un'analisi “profonda” della società. Ma non c'è nulla di sinistra, tanto meno di marxista, in esse.

A questo scopo, Wagenknecht, come un tempo Oskar Lafontaine, racconta la favola che lo Stato può regolare l'economia a beneficio di tutti. Dovrebbe solo intervenire con decisione. In caso contrario, la povera Germania sarebbe minacciata dal declino e dalla deindustrializzazione.

Affinché lo Stato possa organizzare una concorrenza “libera” e leale al suo interno, esso deve opporsi alla globalizzazione. Altrimenti sarà debole e poco incisivo. Solo sulla base di un programma nazionale si potrebbe raggiungere la prosperità per tutti, e anche un certo grado di sostenibilità ambientale. Naturalmente, con “tutti” si intendono solo i cittadini tedeschi e quegli stranieri che non hanno perso il diritto all'ospitalità. Gli altri Paesi del mondo dovrebbero attuare essi stessi per proprio conto una simile politica. A questo punto tutto diventerebbe buono, socialmente giusto ed equo, anche all'interno dell'economia di mercato.

Questo programma viene propagandato da Wagenknecht come un vantaggio per tutte le classi sociali. Mentre invece non corrisponde affatto agli interessi della classe lavoratrice. Al contrario, lega i lavoratori a un'utopia piccolo-borghese, a un programma che è principalmente a beneficio della piccola borghesia e delle imprese orientate al mercato nazionale. Se Wagenknecht dovesse davvero entrare al governo, si inchinerebbe totalmente ai tanto deprecati monopoli fin dal giorno successivo all'assunzione dell'incarico, e si dimostrerebbe la prima paladina dell'imperialismo tedesco, anche contro la gente comune. Non è l'unica cosa che accomuna Wagenknecht con il populismo di destra. Sembra il caso che, anche per BSW, gli oppressi per ragioni razziali e le persone LGBTIA+ dovranno fare i conti con gli attacchi della grande leader; attacchi con i quali distrarrà dalle sue politiche completamente capitaliste (anche se più moderate e meno aggressive dell'AfD).


STATO FORTE E SOCIALIMPERIALISMO

I deboli, come aveva già proclamato Oskar Lafontaine, hanno bisogno di uno Stato forte. I deboli resteranno deboli, ma ci si prenderà meglio cura di loro, «decentemente» e «sufficientemente». I forti, ovviamente, rimarranno forti, ma devono pagare tasse più alte.

Dopo tutto, è ciò di cui lo Stato ha bisogno per continuare a funzionare. Nel caso di Wagenknecht e company, ciò non implica affatto solo (il che sarebbe almeno corretto) un'espansione dell'istruzione, dell'assistenza sanitaria o delle infrastrutture.

Anche se Wagenknecht ama presentarsi come pacifista, è una “pacifista” realista. Certamente la Germania ha bisogno di una Bundeswehr efficiente e pronta a difendersi, spiega in numerose interviste. Per lei, il problema dei guerrafondai dell'attuale governo federale non è quello di riarmare il proprio esercito, ma di farsi coinvolgere in guerre che danneggerebbero la Germania.

Ma il riconoscimento della Bundeswehr non è sufficiente. Wagenknecht chiede di investire in tutti gli altri organi e istituzioni repressive: per la «nostra» polizia, le «nostre» prigioni, le «nostre» forze Frontex e le autorità di espulsione. Profilazione razziale dei migranti? Persecuzione dei giovani da parte dei poliziotti? Nel mondo del conservatorismo di sinistra, tutto ciò esiste al massimo come nota a margine.

Così come Wagenknecht volta le spalle a coloro che sono colpiti da razzismo, sessismo o transfobia, e ad altri socialmente oppressi, così come non ne vuole sapere nulla dello sfruttamento della classe lavoratrice da parte di tutto il capitale – cioè anche dalla cosiddetta classe media – allo stesso modo per lei scompare il carattere di classe dello Stato borghese.

Per l'ex marxista Wagenknecht, esso non è più uno strumento di dominio del capitale, ma in realtà l'apice della civiltà umana. Laddove lo Stato non ha più un carattere di classe, l'imperialismo tedesco scompare di conseguenza.

Nella migliore delle ipotesi, sono gli altri ad essere imperialisti. Certamente gli Stati Uniti, probabilmente anche la Cina, forse anche la Russia. Nella visione del mondo di Wagenknecht, la Germania rischia di essere schiacciata, addirittura di diventare dipendente, perché non promuove e protegge adeguatamente le proprie imprese. Mentre le grandi imprese delocalizzano parte della loro produzione all'estero, indebolendo così i siti nazionali, le “piccole”, cioè le medie imprese, che sfruttano allo stesso modo diverse migliaia di lavoratori, rischiano di fallire.

Quando Wagenknecht dipinge un quadro più cupo del capitalismo tedesco, ovviamente non si preoccupa di criticarlo, ma di salvarlo. Il governo federale, secondo la sua accusa, sta portando la nostra economia «al muro». Esso ha fallito, c'è bisogno di un altro medico al capezzale dell'economia di mercato, che salvi lo Stato, le imprese e, incidentalmente, il lavoro salariato. Il governo, la CDU/CSU, ma anche l'AfD non sono in grado di farlo. Per una tale impresa è quindi necessario il salvifico partito conservatore di sinistra di Sahra Wagenknecht.


LA SALVATRICE DELLA GERMANIA È IN ATTESA

Ancor più della riformista Linke, Wagenknecht propone il nuovo partito conservatore di sinistra come salvatore di tutte le classi. Ciò certamente corrisponde a uno stato d'animo reale. Vuole contrastare l'AfD, partito populista di destra, con un'alternativa populista (di sinistra). Se il tentativo riuscirà o meno non è certo.

Tuttavia, è indicativo del carattere del partito di Wagenknecht da dove proverrebbero i suoi potenziali elettori. In diversi sondaggi, si ritiene che un tale partito abbia un potenziale fino al 25% di voti, cifra che corrisponde alle persone che potrebbero immaginare di votare per un tale partito. Se queste intenzioni si riveleranno vere è un'altra questione, ma l'origine di questo potenziale è comunque interessante.

Nell'articolo "Wo liegt das Potenzial einer Wagenknecht-Partei?" (“Dov'è il potenziale di un partito di Wagenknecht?”) Carsten Braband fa riferimento a uno studio dell'Istituto Kantar del febbraio 2023. Secondo questo studio, il 15% dei potenziali elettori proviene dalla Linke, il 3% dai Verdi, il 12% dalla SPD, cioè solo il 28% in totale. La stragrande maggioranza del potenziale elettorale viene reclutata dai partiti borghesi e di destra: i liberali dell'FDP: 8%, la CDU/CSU: 22%, e l'AfD: 41%!

Queste cifre sono un pericolo anche per la Linke, in quanto, viste le sue condizioni di salute, potrebbero determinare la fine definitiva del partito a livello parlamentare. Ma il fattore decisivo è che Wagenknecht trova il suo più grande bacino di elettori nell'AfD, seguito dai partiti cristiano-democratici e cristiano-sociali!

I sostenitori di Wagenknecht vedono in questo una conferma del loro ruolo civile. Ma perché questo partito piace soprattutto a questi elettori? Semplice. Da un lato, promette un certo grado di sicurezza sociale, che la CDU/CSU e l'AfD non riescono a trasmettere in modo altrettanto convincente. Soprattutto, però, questo tipo di sostenitori sono la spia di atteggiamenti reazionari, razzismo, nazionalismo, sessismo, transfobia. Niente di tutto questo è un problema per Wagenknecht e soci, anzi, ciò sembra essere una garanzia di successo. Accettando i «valori» conservatori e tradizionali su famiglia, matrimonio, immigrazione, e facendoli propri, si riconquisterebbero i sostenitori dell'AfD a favore di una politica in apparenza “di sinistra” attraverso le promesse del welfare state.

Questa visione non è solo divisiva e reazionaria nei confronti dei salariati, ma è anche stupida e miope. In molti Paesi europei, gli ultimi anni hanno dimostrato che proprio le concessioni razziste alla destra non solo non l'hanno indebolita, ma l'hanno anzi rafforzata. E così sarà anche in questo caso. L'ideologia conservatrice di sinistra è, in ultima analisi, acqua al mulino dell'AfD. Non il contrario.

Wagenknecht sta fondamentalmente commettendo un errore fatale simile a quello della sinistra di governo della Linke. Mentre questi ultimi si adattano sempre più ai partiti verdi e socialdemocratici, e difendono sempre più apertamente la politica imperialista mascherata da politica democratica della Germania, Wagenknecht si adatta agli oppositori piccolo-borghesi di destra, conservatori e reazionari di questa politica. Il suo programma e il suo partito non sono parte della soluzione alla crisi del movimento operaio, ma un possibile nuovo ostacolo populista.



(1) La formula «conservatorismo di sinistra», o «sinistra conservatrice» («links-konservative») è stata originariamente utilizzata dalla stessa Sahra Wagenknecht in un'intervista alla rivista tedesca Spiegel. Non si tratta quindi di un termine coniato dai suoi avversari, ma piuttosto di un'autodescrizione, che ovviamente è stata usata (giustamente) anche contro di lei.

(2) Aufstehen ("Alzarsi in piedi") è un movimento fondato da Sahra Wagenknecht nel 2018, che agiva internamente ed esternamente alla Linke. Le sue posizioni sono le stesse dell'attuale BSW.

(3) Il DKP (Deutsche Kommunistische Partei), da non confondere con il KPD di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, è un piccolo partito stalinista fondato nel 1968 nella Repubblica Federale Tedesca.

(4) DIDF, acronimo turco della Federazione delle Associazioni Democratiche dei Lavoratori. Organizzazione che riunisce associazioni e gruppi di sinistra degli immigrati turchi in Germania (e in diversi altri stati europei).

(5) In Germania (ma anche in Svizzera e Austria) la Sozialpartnerschaft (partenariato sociale) è la politica di cooperazione formale fra le associazioni dei padroni e i sindacati, che si esprime anche nei meccanismi di ciò che viene definita co-decisione dei sindacati nelle aziende. È, costitutivamente, una delle caratteristiche della cosiddetta economia sociale di mercato di stampo tedesco.

Martin Suchanek

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