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Il fronte africano dello stato maggiore italiano
L'intervista a La Repubblica di un infuocato generale
13 Dicembre 2024
«Non solo Medio Oriente, il prossimo fronte sarà quello africano». È il titolo dell'ampia intervista rilasciata dal Capo di stato maggiore dell'Esercito Italiano, Carmine Masiello, al giornale del gruppo GEDI La Repubblica (12 dicembre). Ufficiale paracadutista, già coinvolto nelle missioni di Somalia, Libano, Afghanistan, già comandante della famigerata Brigata Folgore, già vicecapo di stato maggiore dell'intera Difesa: a Carmine Masiello non mancano stellette e medaglie. E neppure la chiarezza: «Dobbiamo occuparci di Africa, perchè sicuramente l'Africa si occuperà di noi. La sfera del nostro interesse nazionale, il cosiddetto Mediterraneo allargato si estende sino al Sahel. E dobbiamo concentrarci su questo continente, che è quello del futuro, ma su cui c'è l'attenzione di tanti: è il momento che Italia ed Europa comincino a farlo seriamente».
Si potrebbe osservare che un Mediterraneo talmente “allargato” da estendersi all'Africa subsahriana riflette una concezione un po' disinvolta della geografia. Ma la questione di sostanza, a dispetto del mappamondo, è che si è aperta la grande contesa della nuova spartizione dell'Africa tra vecchie e nuove potenze imperialiste, a caccia di materie prime, manodopera a basso costo, scali commerciali, infrastrutture civili e militari. L'Italia si iscrive a questa contesa candidandosi a testa di ponte degli imperialismi europei, in alleanza con l'imperialismo USA e in contrasto con l'imperialismo russo, e prima di tutto con l'imperialismo cinese.
Per candidarsi a tale ruolo c'è però bisogno di investimenti militari adeguati. Per questo Masiello ringrazia sentitamente il governo Meloni-Crosetto: «Il governo ha preso coscienza del necessario rinnovo dei mezzi pesanti, con fondi per i tank e i cingolati: non c'era mai stato un progetto così impegnativo. Stiamo facendo uno sforzo enorme: c'è bisogno della dronizzazione della forza armata. Abbiamo appena concluso un contratto per equipaggiare due brigate con qualche centinaia di droni. Ne serviranno tanti: vanno distribuiti sino alle unità più piccole...».
Evidentemente l'osservatorio di quasi tre anni di guerra in Ucraina, dopo l'invasione russa, ha fatto da scuola di formazione per i comandi militari tricolori, come peraltro delle gerarchie militari di tutto il mondo. Non solo guerra di trincea ma anche guerra nei cieli e guerra informatica.
«Bisogna prepararsi all'ipotesi peggiore» dichiara Masiello. «Il cambio degli scenari mondiali impone la capacità di fronteggiare situazioni nuove... rivedendo tutto il sistema di addestramento... La tecnologia mette in discussione tutte le armi e i metodi di combattimento... Lo sforzo più significativo che stiamo facendo è pensare a quali saranno le sfide dei prossimi quindici-vent'anni». Da qui anche una questione di numeri: «10000 uomini in più non bastano» per il nuovo organico militare. C'è bisogno di più. Ritorna l'idea di una fascia militare di riserva composta da volontari da addestrare periodicamente e a cui ricorrere in caso di bisogno. «Ciò permetterebbe di aumentare l'organico in modo meno oneroso» osserva Masiello. E anche di disporre all'evenienza di truppe aggiuntive per l'ordine pubblico sul fronte interno, aggiungiamo noi.