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Via lor signori! Stellantis ai lavoratori!
17 Ottobre 2024
Testo del volantino
Testo del volantino del PCL (allegato in fondo a questa pagina) in distribuzione nello sciopero generale del settore automotive indetto da CGIL, CISL E UIL il 18 ottobre
Lo sciopero dell'automotive, specialmente in Italia, è soprattutto lo sciopero di Stellantis, la ex FIAT, ex FCA, attorno a cui ruota tutto il settore. Sono lontani i tempi di un Babbo Natale col maglioncino blue venuto a portare salari tedeschi per i cassaintegrati italiani.
Oggi la situazione vede il settore cambiare pelle, vestiti e nomi, ma la situazione per i lavoratori resta sempre la stessa: cassa integrazione a ruota libera e sfruttamento selvaggio le poche volte che sono chiamati a sgobbare. Stellantis non riesce a produrre nemmeno 400 mila veicoli, 31% in meno rispetto allo stesso trimestre del 2023. Non si salva alcun stabilimento. L'amministratore delegato Tavares piange miseria e batte cassa come Marchionne. Estetica diversa, identica faccia tosta!
Apparentemente la crisi dell'automotive sta nella difficile transizione: l'elettrico costa il 40% in più del motore normalmente tossico. E con paghe da utilitaria a tre ruote, difficilmente il lavoratore medio a cui è stata indirizzata la produzione di massa del passato è in grado di permettersi un'auto del genere, che infatti vede un crollo di vendite in tutta Europa. A questo va aggiunto che la motorizzazione di massa dava un volante a chi prima andava a piedi. Oggi l'elettrico serve oggettivamente all'ambiente, sempre che l'elettricità non sia prodotta da fonti fossili, ma di per sé non serve a un'Europa che è già tre volte motorizzata e che non sa più neanche dove parcheggiare.
Inoltre per i veti incrociati di quell'accrocchio di imperialismi chiamato Unione Europea, l'automotive d'Europa non può giovarsi degli aiuti più o meno a fondo perduto che tengono a galla la case automobilistiche americane o cinesi. Il che non significa, come scrive la triplice sindacale nel volantino, che «USA e Cina difendono l'industria», come se l'Europa non lo facesse. Il guaio è che USA, Cina ed Europa per industria intendono i capitalisti loro, non certo i dipendenti, che non sono difesi da nessuna parte. Se l'Europa perde, non è perché non difende l'industria ma perché nel gioco della concorrenza non tutti possono vincere.
Se questi aspetti aggravano indubbiamente il problema, in ultima analisi, però, il vero motivo della crisi dell'automotive – crisi che viene superata da timide ripartenze, giusto il tempo di cambiare parzialmente il parco auto e ripiombarci ogni due o tre anni – va ricercata nella sovrapproduzione, come han sempre spiegato gli unici che ci capiscono qualcosa del capitalismo: Marx ed Engels. Oggi il mercato è di nuovo intasato, e se la Volkswagen che annuncia chiusure di stabilimenti sparisse del tutto dalla circolazione se ne accorgerebbero solo i dipendenti, perché il mercato sarebbe riempito immediatamente dalla produzione delle altre case automobilitsiche che hanno sovrapproduzione di impianti e capacità produttive inespresse. Il crollo della produzione di Stellantis, infatti, non ha nulla a che vedere con la perdita di 14000 lavoratori in dieci anni, e se il mercato ripartisse, Tavares sa che potrebbe produrre tutte le auto che gli occorrono con i lavoratori attuali o anche di meno.
Una situazione del genere può essere risolta solo dai lavoratori. Ben venga quindi la mobilitazione di oggi, ma un problema così vasto andrebbe affrontato con molta più determinazione e con richieste un po' più logiche. Fa in effetti abbastanza ridere e anche un po' vergognare lo spettacolo di FIOM-FIM-UILM che fanno il controcanto a Tavares chiedendo anche loro fondi come se piovesse per difendere le sue Stellantis Cadentis. Ma perché Stellantis dovrebbe essere salvata dagli investimenti delle casse pubbliche, e cioè dai lavoratori, quando nel 2023 ha fatto 18 miliardi di utili e oggi in piena crisi ne macina comunque quasi la metà? Se Stellantis non è in grado, coi suoi soldi da sfruttamento, di mantenere decorosamente i dipendenti, che perisca con la confisca di tutti gli stabilimenti e gli utili che ha fatto sulla loro pelle. Stellantis di padroni ne ha già avuti anche troppi, è ora che la governino gli unici che se la meritano: i lavoratori.
Tutti gli impianti che oggi vivacchiano a mezzo servizio vanno nazionalizzati senza indennizzo. L'orario di lavoro va immediatamente ridotto a 30 ore o anche meno. Tutto il lavoro deve essere ripartito tra tutti i lavoratori a parità di salario. L'esatto opposto, riduzione d'orario a parte, di quello che chiedono i sindacati riformisti, sia nel volantino che nelle varie interviste, tutte invariabilmente centrate sulla moltiplicazione per dieci o per cento degli asset produttivi e sulla meschina pretesa che tutta la produzione venga fatta in Italia: «Il piano industriale di Stellantis deve prevedere missioni produttive sufficienti a saturare tutte le fabbriche». Per farlo, a Torino ad esempio, «è necessario aggiungere alla 500 bev un modello di largo consumo e anticipare i lanci di Maserati a partire da quello della Quattroporte, solo così si incrementano i volumi» (Iuliano della FIM, ma De Palma della FIOM è sulla stessa lunghezza d'onda). È la politica di un sindacato di schiavi salariati che non sognano altro che di fare gli schiavi. E con sogni così tristi e modesti invece di unire i lavoratori per dividersi il lavoro che c'è, li si mobilita per strapparselo dalle mani tra nazione e nazione. Il compito è l'esatto opposto: un programma di lotta che coordini e unifichi i lavoratori di tutti gli stabilimenti Stellantis del mondo.
La FIOM oggi ha la possibilità di alzare il tiro ben oltre la modestia di proposte destinate comunque a restare utopiche, stante una mobilitazione così fiacca e tutta rivolta alle orecchie sorde di governo e padroni, anziché alla rabbia dei lavoratori. Infatti il problema Stellantis, qui in Italia, si intreccia con l'impasse del rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici. Un primo importante passo nella direzione giusta sarebbe lanciare dal palco la necessità del rientro di Stellantis nel contratto nazionale, perché l'unità di oggi è l'unità con chi ha firmato il CCSL per poi piangere le sue lacrime di coccodrillo. L'unità di tutti i metalmeccanici d'Italia rafforzerà i lavoratori dappertutto, specie se la piattaforma modesta per il rinnovo contrattuale sarà messa al vaglio da un'assemblea di delegati che la radicalizzi raddoppiando le richieste salariali, purgandola delle incrostazioni perniciose dei fondi salute e pensione, e dandogli la prospettiva che anche sindacati moderati come il UAW americano son riusciti a darsi, piegando così Stellantis nell'unico modo in cui si può far “ragionare”: a suon di scioperi. Come sempre!
Come Partito Comunista dei Lavoratori salutiamo la mobilitazione di oggi, precisamente con questa prospettiva. Per andare molto oltre la vittoria dei sindacati americani. Perché i lavoratori scavalchino le burocrazie sindacali e dal ritorno all'interno del CCNL provino a riunire anche tutte le altre categorie in un'unica vertenza diretta da un'assemblea di delegati e delegate che lotti, attraverso la costituzione di casse di resistenza, per:
- la riduzione dell'orario a 30 ore a parità di salario
- aumenti molto più consistenti di quelli richiesti: 500 euro come minimo
- l'abrogazione di tutte leggi che hanno fatto del lavoro una precarietà permanente
- ripristinare le pensioni a 35 anni e una sanità pubblica e gratuita
Tutte cose, queste, che solo un governo dei lavoratori del loro partito possono ottenere. Iscriviti al PCL!