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L’ombra di Orbán dietro gli attacchi in Libano?
25 Settembre 2024
Come anche i media italiani hanno riportato, martedì 17 e mercoledì 18 settembre migliaia di esplosioni in Libano hanno fatto 30 morti e migliaia di feriti. Si è trattato di esplosioni causate da dei cercapersone portati da membri di Hezbollah, l’organizzazione militare libanese sostenuta dall’Iran e che si oppone a Israele.
Tempo fa, Hezbollah aveva vietato ai suoi militanti l’uso dei telefoni cellulari, in quanto il sistema GPS presente ormai in qualunque telefono rende facilissime la localizzazione a distanza e l’eliminazione della persona che lo porta, per esempio con un drone. Al posto dei telefoni, Hezbollah aveva impartito la direttiva di servirsi di apparentemente antiquati cercapersone.
Anche se nessuna rivendicazione ufficiale di questi attentati è giunta, è ovvio che essi sono opera di Israele, che solitamente non rivendica mai attacchi che possono essere considerati terrorismo da tutte le norme internazionali.
È importante notare che a causa di questa incredibile azione sono morti numerosi civili, e che nessun dirigente di primo piano di Hezbollah è stato colpito. Al di là di alcuni commenti compiaciuti provenienti da Israele e dagli USA, secondo i quali si è trattato di una operazione brillante e “geniale”, è interessante chiedersi da dove provenissero questi cercapersone manipolati con l’esplosivo. Subito dopo le esplosioni, c’è stato uno scaricabarile di dichiarazioni fra un’azienda taiwanese e un’altra azienda ungherese, la BAC Consulting, con sede a Budapest. In buona sostanza, entrambe le aziende negano di aver inserito l’esplosivo nei cercapersone: eppure, questa pericolosa operazione (pericolosa anche per chi la effettua, dato che si tratta di maneggiare diversi chili di esplosivo potentissimo) deve pur essere stata svolta da qualche parte. La titolare di questa strana azienda ungherese è una italo-ungherese di nome Cristiana Bársony-Arcidiacono. La donna è anche l’unica dipendente di questa misteriosa società, che per l’anno passato ha dichiarato oltre mezzo milione di euro di redditi.
Il governo ungherese si è limitato a dichiarare di non sapere nulla della storia, sostenendo che questi cercapersone non si sono mai trovati in territorio ungherese, e che non sussiste nessun rischio alla sicurezza degli ungheresi (naturalmente, della sicurezza dei libanesi non ce ne frega niente). Secondo informazioni successive, pare che la ditta che ha effettivamente esportato i cercapersone in Libano abbia sede in Bulgaria. In questo caso, secondo i giornalisti di Mérce (uno dei pochi media non allineati a Orbán in Ungheria) la ditta ungherese avrebbe potuto fare da copertura a quella bulgara.
Il governo ungherese ha anche annunciato che sta svolgendo delle indagini per chiarire l’andamento dei fatti. Eppure, Mérce fa notare che non c’è stata nessuna reazione ufficiale né nella società commisurata alla gravità dell’accaduto. Attentati del genere, infatti, potrebbero essere considerati terrorismo dallo stesso governo libanese, che potrebbe considerare responsabile non solo Israele, ma anche tutti gli altri paesi che hanno collaborato con l’operazione o che l’hanno quanto meno coperta.
Al momento non è possibile avanzare certezze, ma solo supposizioni. Abbiamo già parlato su queste pagine di come il governo di Orbán sia uno dei più sfacciatamente filoisraeliani, secondo in questo forse solo agli Stati uniti. Anche nelle ultime votazioni all’ONU, l’Ungheria è stata uno dei pochi paesi a non condannare l’occupazione israeliana (assieme agli USA e a qualche loro staterello satellite nell’oceano Pacifico). Non solo, ma in Ungheria le manifestazioni filopalestinesi sono quasi completamente vietate (in questo, bisogna dirlo, con il vergognoso accordo della cosiddetta “opposizione”).
Ma, per quanto riguarda nello specifico questi ultimi attentati, è importante notare che la collaborazione fra Israele e Ungheria non è solo politica ed economica, ma comprende anche l’ambito militare e spionistico. Basti pensare a Pegasus, un software di spionaggio creato in Israele e che Orbán ha usato in patria per controllare membri del suo stesso governo (anche in questo caso, questo scandalo è stato rivelato senza particolari reazioni).
Da aggiungere che Orbán ha un’ossessione praticamente paranoica per la “sicurezza nazionale”, secondo lui messa a repentaglio soprattutto da immigrati musulmani, filantropi ebrei, l’Unione europea e i movimenti LGBTQ+. Pertanto, sembra quantomeno singolare che un apporto a questi attentati, per quanto indiretto, possa essere avvenuto su suolo ungherese senza che le autorità ne sapessero nulla, e senza dare un consenso tacito se non esplicito. Anche considerando le potenziali ripercussioni a livello internazionale. Non resta che aspettare gli ulteriori sviluppi di questa inquietante vicenda.