Dalle sezioni del PCL

Venezia: le mani sulla città

Scandalo corruzione nel comune di Venezia

19 Luglio 2024
bruganro boraso


A dieci anni esatti dall’estate che vide il deflagrare dello scandalo MOSE, a Venezia la giunta del sindaco Luigi Brugnaro (centrodestra) si trova nell’occhio di un ciclone giudiziario. L’assessore alla Mobilità Renato Boraso è agli arresti per corruzione, tangenti, fatturazioni false, insieme all’imprenditore edile Fabrizio Ormenese, mentre il sindaco è indagato per corruzione; con lui altri ventidue indagati tra funzionari dei diversi rami dell’amministrazione comunale e delle aziende partecipate.

L’indagine della Procura prende piede dall’affare dei terreni dei Pili, oggetto anche di una inchiesta giornalistica condotta da Report. Si tratta di 44 ettari di terreni inquinati da rifiuti tossici all’imbocco del ponte che unisce Venezia alla terraferma, di proprietà del sindaco attraverso la società Porta di Venezia, affidata ad un blind trust statunitense (di fatto una società prestanome). Terreni ceduti nel 2006 dall’allora giunta Cacciari di centrosinistra per 5 milioni di euro all’imprenditore veneziano, che avrebbe provato a rivenderli nel 2016 al magnate cinese di stanza a Singapore Ching Chiat Kwong per 150 milioni di euro, in cambio del vincolo a fare approvare in Consiglio Comunale il raddoppio delle cubature di edificabilità e il progetto immobiliare (340 mila metri quadrati di residenze, parcheggi, centri commerciali).

Altro filone dell’indagine è la svendita, sempre a Ching Chiat Kwong, di Palazzo Papadopoli: Brugnaro e i dirigenti del gabinetto sarebbero intervenuti per fare scendere il prezzo dagli stimati 14 milioni di euro a 10 milioni a 800 mila euro. Nell’affare è coinvolto anche l’assessore Boraso che avrebbe ricevuto una tangente di 73.200 euro in false fatturazioni per consulenze.

All’assessore si contestano altri 11 episodi di corruzione, tra cui il rilascio di permesso per la costruzione e ampliamento di un grande parcheggio accanto all’aeroporto Marco Polo, l’assegnazione dell’appalto per l’efficientamento energetico degli edifici comunali e dei sistemi di notifica digitale delle multe, gli affidamenti fra 2022 e 2023 degli appalti della vigilanza privata dell’azienda di trasporto pubblico AVM-ACTV, le iniziative di condizionamento nell’assegnazione degli appalti di opere di giardinaggio e servizi di pulizia presso il Casinò di Venezia e dei servizi di pulizia presso i Musei Civici di Venezia, tangenti in cambio di informazioni sulle gare di appalto di varie società partecipate del Comune (Veritas, Insula, Biennale). Più tangenti per l’approvazione di lottizzazioni nella terraferma veneziana. Pressoché l’intero spettro delle attività dell’amministrazione veneziana.

Da alcune intercettazioni emerge che Brugnaro era a conoscenza del giro di soldi attorno alla figura di Boraso, al quale intimava anche di non occuparsi di una serie di lottizzazioni che avrebbe gestito egli stesso. L’assessore, invece, nella vicenda dei parcheggi dell’aeroporto si era spinto fino a dirsi pronto, tramite l’impresa coinvolta, a fare causa al Comune di Venezia per 10 milioni di euro per l’autorizzazione che non arrivava!

Il sindaco ha dichiarato che la giunta andrà avanti, e, non ancora presentatosi in Consiglio comunale, non intende affrontare la discussione fino a settembre. Per ora l’unico a presentare le dimissioni è stato l’assessore Boraso.

In Consiglio Comunale la maggioranza prosegue i lavori come se niente fosse, con le opposizioni (PD, M5S e le liste civiche "Tutta la città insieme", "Venezia è tua", "Terra e Acqua 2020") che si limitano a chiedere le dimissioni della giunta e ad affidarsi alle indagini della Procura.

L’inchiesta sta portando alla luce la punta dell’iceberg del sistema di rapina e collusione tra amministrazione comunale e il mondo padronale, i cui effetti si scaricano principalmente sui lavoratori e le masse popolari. Il sindaco Luigi Brugnaro, già al secondo mandato, con la sua giunta si è distinto per la gestione padronale dell’amministrazione e per l’attacco ai diritti e ai salari dei lavoratori e delle lavoratrici del Comune e delle società partecipate. Tutti i servizi pubblici (dai trasporti alla sanità) hanno subito tagli pesanti con l’aumento delle situazioni di criticità.

Nell’azienda di trasporto pubblico AVM-ACTV, coinvolta nell’inchiesta, i lavoratori da anni lottano non solo contro i tagli in busta paga e gli aggravi delle condizioni di lavoro, ma anche contro la riduzione e l’affidamento a terzi dei servizi.

Il processo di privatizzazione e di esternalizzazione ha riguardato tutti i servizi pubblici, con l’impoverimento e la precarizzazione dei lavoratori impiegati.

Nel centro storico e in terraferma il patrimonio pubblico è stato oggetto di svendita, con cambi d’uso e permessi di edificazione a favore del settore alberghiero e della grande distribuzione commerciale mentre Venezia continua a spopolarsi, soffocata dalla monocoltura turistica.

Ma la città ha modificato da decenni il suo tessuto urbano e sociale. Un lungo percorso di smantellamento del comparto manifatturiero e del polo chimico, con il rafforzamento del settore logistico e dello sfruttamento del territorio e dei beni culturali a uso turistico e ricettivo.

Quello che sta adesso emergendo non è una scandalosa eccezione, come non lo è stata la vicenda del MOSE dieci anni fa, in un’altra stagione politica di Venezia, allora retta dalla giunta Orsoni di centrosinistra (una coalizione guidata dal PD, con liste da UDC a PRC). A dimostrazione che non è il colore della giunta a fare la differenza nello strutturale sistema di potere che governa la città.

A Venezia da sempre le amministrazioni comunali sono subordinate a poteri e interessi estranei e opposti alle esigenze dei lavoratori, dei pensionati, degli studenti poveri. Un sistema di potere a totale beneficio della classe borghese dominante che si dispiega attraverso il mezzo della corruzione e della speculazione. Non un caso isolato, ovviamente, come dimostra in questi stessi mesi la vicenda Toti in Liguria.

La speculazione, le tangenti, la corruzione, non sono un’anomalia, una distorsione, ma piuttosto fenomeni connaturati al sistema basato sul profitto. La rapina a danno dei soggetti sociali oppressi non è l’espressione di un capitalismo cattivo e degenerato, ma l’essenza stessa del capitalismo. In ragione di questo non ci si deve illudere che si possano risolvere radicalmente e definitivamente queste situazioni di emergente corruzione con la via giudiziaria, affidandosi all’azione delle procure. Solo l’intervento organizzato di una opposizione di classe, con la messa in campo degli interessi dei lavoratori, degli sfruttati può essere l’innesco di una dinamica di cambiamento per la rottura del sistema.

A Venezia come altrove è necessario costruire questa opposizione di classe che si assuma la responsabilità di mandare a casa le amministrazioni colpevoli, coordinandosi e organizzandosi attorno a un programma che sia espressione delle esigenze di chi ne ha subito le politiche di rapina. Nella battaglia contro le speculazioni e gli episodi di corruzione è evidente che bisogna battersi perché tutti i servizi siano realizzati da aziende pubbliche sotto il controllo dei lavoratori, che il sistema degli appalti vada completamente abbattuto, che tutto il patrimonio artistico vada liberato da ogni forma di privatizzazione. Bisogna rivendicare l'esproprio dei beni dei corrotti e corruttori, beni da assegnare ai lavoratori autorganizzati e alla comunità. Un modo per mettere in discussione il principio sacro della proprietà privata.

Una vertenza che non può certamente rimanere confinata entro i confini municipali e che necessita della costruzione di un fronte unico di lotta anticapitalista, consapevoli che le contraddizioni tra le ragioni del lavoro, della salute, del benessere sociale, della tutela del territorio e lo stato di mercimonio a cui sono sottoposte non sono sanabili rimanendo nelle compatibilità di questo sistema sociale.

Partito Comunista dei Lavoratori - sezione di Venezia "Pietro Tresso"

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