Teoria
Neozapatismo e rivoluzione (II)
Storia dell'EZLN
6 Luglio 2024
Seconda parte
1993, LA PREPARAZIONE
Tutto il 1993 è dedicato alla preparazione dell'insurrezione. I contadini, preparati alla morte, arrivano a vendere quasi tutto per comprarsi le armi, inclusi i propri animali ed i propri beni. Era con il lavoro ed il contributo benefico di questi che poteva essere sostenuta tutta l'attività e la struttura dell'EZLN. L'organizzazione infatti non ricevette nessun aiuto esterno, nemmeno da Cuba (nonostante lo si sia cercato) e non ricorse, differentemente da altri movimenti guerriglieri latinoamericani, al narcotraffico.
In questo momento L'EZLN è in piena ridefinizione. Date le proprie concezioni originarie non avrebbe mai immaginato di andare all'offensiva, aveva comunque la speranza che qualcun altro nel paese seguisse il proprio esempio una volta iniziata l'insurrezione. Illusioni, frutto di una condizione di lungo isolamento ed una lettura distorta delle dinamiche sociali.
Il passaggio alla lotta armata offensiva, esplicita, fa però evolvere i contrasti con la diocesi in una rottura risoluta, che sfocia nella decisione da parte del vescovo Samuel Ruiz di iniziare nei territori della regione una campagna di lotta politica frontale contro l'EZLN e la sua decisione ritenuta inaccettabile. Nonostante la Chiesa continuasse a rappresentare una spina nel fianco, ora ancor più dolente, l'EZLN poteva ancora contare sul controllo di quasi metà della Selva [8].
Il 20 aprile 1993 si svolge un'altra manifestazione organizzata dall'ANCIEZ, in cui partecipano circa 1.500 indigeni. Successivamente tutto il piano rischia perfino di naufragare. Il mese dopo infatti, il 22 maggio, l'esercito messicano scova effettivamente, in alcune zone del Chiapas, delle basi di addestramento di ribelli e avvengono seri sconti con uomini armati oltre a bombardamenti da parte dell'esercito (“Battaglia di Corralchén”). I servizi segreti prendono possesso di ulteriori prove che contribuivano ad estendere le vaghe informazioni riguardanti la presenza di guerriglieri nell'area, informazioni che però i piani alti della politica ritennero di non dar troppo credito, o comunque sottostimarono l'entità di quello che si muoveva anche per convenienza politica: l'interesse era di dare, soprattutto nelle relazioni internazionali, un'immagine di paese stabile. L'unica mossa del governo, comunque preoccupato, fu quella di provare a recuperare sul piano sociale, offrendo la presenza del presidente Solinas in una visita nel Chiapas e promettendo lì nuovi investimenti per l'area (6 settembre 1993).
Il versante guerrigliero non fu certo intaccato, potendo continuare a mettere a punto le operazioni da svolgersi. In quel momento l'esercito zapatista era rappresentato per il 70% dalla popolazione della Selva, per il 25% da quella de Los Altos e per il 5% da quella del Nord del Chiapas. Nei villaggi a maggioranza zapatista chi non era d'accordo era spesso costretto ad andarsene via. C'erano 6 maggiori (Yolanda-Ana Maria, Mario, Josuè, Moisés, Alfredo, Rolando [9] [10] ) al comando di ogni reggimento. Un terzo dei combattenti erano donne. Si pianificavano le cose in grande, prevedendo azioni anche da parte degli altri due fronti militari delle PFLN.
Germán è tenuto informato costantemente da Marcos, su ogni mossa e decisione, fino all'ultimo. Nell'autunno 1993 avviene poi l'ultima riunione dei membri del CC del PFLN (Germán, Marcos e Lucha) per decidere la data e gli ultimi dettagli della sollevazione. Passa la proposta di Marcos per sollevarsi, da lì a poco, durante la notte di Capodanno (Germán pare fosse più attendista, per riuscire ad avere più armi). Anche se da parte di Marcos non viene mai meno il rispetto della gerarchia verso Germán è chiaro che le relazioni tra i due conoscono un deterioramento che annuncia un distacco. Marcos fa pesare il suo lavoro di costruzione, il suo ruolo, la sua forza, critica la condizione degli altri fronti del PFLN che non hanno conosciuto sviluppo: il Fronte Nord (il Frente Villista de Liberación Nacional) non aveva saputo minimamente svilupparsi, mentre il Fronte Para-Centrale (in cui avevano peso i dirigenti politici urbani, i pochi restati in città) con una presenza molto ridotta (tra l'altro formata in parte sulla base di gradi di parentela) versava da anni in condizione di crisi, aggravata nell'ultimo periodo da uscite importanti, dovute soprattutto alle contraddizioni interne del PFLN, allo squilibrio tra PFLN ed EZLN. Durante l'ultimo anno abbandonarono l'organizzazione gli storici dirigenti Rodrigo e Gabriela, assieme a diversi altri militanti della rete urbana. Se ne va, disilluso, anche Daniel (il subcomandante dell'EZLN), che successivamente collaborerà con i servizi messicani.
A fine 1993 era indubbio che Germán non contasse quasi più nulla, non aveva alcun potere reale, gli rimaneva solo il prestigio di esser un antico quadro delle FLN e suo massimo dirigente, oltre ad esser stato il fondatore dell'EZLN. Il potere reale era sempre più accentrato nelle mani di Marcos.
PRIMO GENNAIO 1994 E PRIMA DICHIARAZIONE
Quello che succede il primo gennaio 1994, come vedremo meglio nel proseguire degli eventi, avrà un'eco ed una portata eccezionale ed inaspettata. Finalmente, dopo decenni di oppressione e violenza da parte dei capitalisti e da parte dello stato, migliaia di contadini del Chiapas guidati dall'EZLN decidono in quel giorno di sollevarsi in armi, occupando diversi centri della regione. A San Cristóbal de las Casas circa mille guerriglieri, guidati dalla maggiore Ana Maria, entrano all'1:30 di notte, assaltano un settore del palazzo di giustizia, assaltano il carcere dal quale vengono liberati 178 detenuti, occupano due radio locali ed il palazzo municipale, dal cui balcone, alle prime luci dell'alba, viene letto un comunicato che prende il nome di “Prima Dichiarazione della Selva Lacandona”. Attraverso questa dichiarazione vengono fatte conoscere le rivendicazioni degli zapatisti. Basandosi sulla Costituzione, sul suo articolo 39 (“La sovranità nazionale risiede essenzialmente e originariamente nel popolo. (...) Il popolo ha in ogni momento l’inalienabile diritto di alterare o modificare la forma del proprio governo.”) e sottolineando la fedeltà alla Patria e alla bandiera tricolore, si fa una vera dichiarazione di guerra, chiamando alla lotta armata per “avanzare verso la capitale del paese sconfiggendo l'esercito federale messicano” per “restaurare la legalità e la stabilità della Nazione deponendo il dittatore”, cioè il presidente Salinas. Aspirando ad una democraticizzazione dello stato, cioè ad un “governo libero e democratico”, ed al riconoscimento della propria identità culturale indigena, con diritti politici e sociali, vengono rivendicati poi nello stesso testo principi generici come “lavoro, terra, casa, cibo, salute, educazione, indipendenza, libertà, democrazia, giustizia e pace”, 11 punti che marcheranno l'identità zapatista.
In un'intervista rilasciata pochi giorni dopo dal leader dell'EZLN vengono precisati gli obiettivi del movimento: “Esigiamo la rinuncia del governo federale e la formazione di un nuovo governo di transizione che indìca elezioni libere e democratiche per l'agosto del 1994 [scadenza naturale della legislatura, ndr]. Esigiamo che si risolvano le principali richieste dei contadini del Chiapas: pane, salute, educazione, autonomia e pace” (L'Unità, 3 gennaio 1994).
E' possibile notare come manchi in queste dichiarazioni qualsiasi riferimento ad analisi di classe, come manchi una qualsiasi menzione alla chiara messa in discussione del capitalismo, alla formulazione di un progetto politico e sociale con basi veramente alternative, per non parlare del socialismo e della dittatura del proletariato cari alla fraseologia delle FLN. L'EZLN si manifesta già qui come cosa diversa dal suo passato e dalle sue radici, e proprio da queste premesse, oltre che dal sentimento nazionalista per le quali si presta fede alla Patria, alla bandiera e alla Costituzione, fino allo sbocco strategico democratico di un governo onesto, si può definire il suo carattere politico essenziale che, al di là di una vaga e confusa vocazione anticapitalista, ricade ora nella definizione di riformismo armato [11].
LA SOLLEVAZIONE
La data della sollevazione, il primo gennaio 1994, coincide proprio con il giorno dell'entrata in vigore del trattato NAFTA, rappresentando così un ulteriore segnale di contrarietà verso questo. In quello stesso giorno, oltre a San Cristóbal, i guerriglieri occuparono Ocosingo, Altamirano, Las Margaritas, Chanal, poi occupazioni e scontri anche a Oxchuc, Huixtán, Abasolo, Simojovel, San Andrés Larráinzar. Ad Ocosingo [12] si conobbe una battaglia sanguinosa che portò alla morte di una cinquantina di combattenti ribelli. Nella presa di Las Margaritas cadde il subcomandante Pedro (il quadro più importante dopo Marcos, visto che il subcomandante Daniel aveva lasciato l'organizzazione l'anno precedente). Ad Altamirano i guerriglieri sequestrarono Absalon Castellanos Dominguez, ex governatore del Chiapas (1982-1988), accusato di violazione di diritti umani durante il suo mandato. Si contarono poi in altre parti della regione azioni contro alcune caserme della polizia locale e dell'esercito, mentre nella campagna, nelle varie zone del Chiapas, si scatenò un'avanzata dei contadini che presero possesso di centinaia di proprietà terriere dei latifondisti, risolvendo così, a loro modo, il problema della distribuzione e della redistribuzione delle terre.
L'insieme delle operazioni mostra evidentemente, oltre una coscienza politica importante, un quadro di una forza reale, con un significativo radicamento sociale frutto di anni di preparazione ed addestramento militare, anche se le azioni dei ribelli furono in realtà contenute abbastanza rapidamente. Nel 1994 si contano circa 5.000-10.000 attivisti, di cui 2.000 combattenti, nella quasi totalità indigeni. I suoi membri sono molto giovani, spesso sotto i 18 anni (anche bambini), e piuttosto mal equipaggiati: dei bastoni di legno con una baionetta a volte sostituivano le armi vere e proprie. Il passamontagna nero è diventato il loro simbolo emblematico, anche se è il fazzoletto rosso il vero simbolo degli indigeni. Marcos, ripreso e fotografato sempre con la sua pipa, si trasformò da subito in uno stratega della comunicazione, come dissero alcuni in uno “showman”. I suoi atteggiamenti e le sue dichiarazioni pittoresche cominciarono a farsi conoscere anche al grande pubblico.
Contro gli zapatisti, Salians invia immediatamente nel Chiapas 12.000 militari. Ad Ocosingo ci sono combattimenti cruenti che durarono giorni, mentre a San Cristóbal e nel resto dei centri occupati, a fronte dell'arrivo dell'artiglieria dell'esercito, c'è una ritirata delle forze zapatiste piuttosto rapida, già dal mattino del giorno seguente. Il 2 gennaio si conta solo l'importante attacco da parte del reggimento zapatista di San Cristóbal alla caserma della 31° zona militare, vicino Rancho Nuevo, che portò ad altri scontri sanguinosi. Non avvenne infine quindi nessuna marcia sulla capitale, bensì un ripiegamento generalizzato nella periferia o nella selva, nei territori rurali ed impervi della regione comunque favorevoli per la guerriglia. Il quartier generale zapatista fu insediato a Guadalupe Tepeyac (al confine con il Guatemala).
Il governo avrebbe potuto comunque scegliere la strada dell'annichilazione dei rivoltosi, ma il presidente Salinas sceglie già dall'inizio di evitare lo scontro diretto ed alimentare la spirale di violenza, lavorando anche poi, il 4 gennaio, una volta convinto il suo partito, alla costituzione di un tavolo di trattative. Viene incaricato così Carlos Rojas Gutiérrez, Ministro dello sviluppo sociale, di proporre negoziati a nome del governo, coinvolgendo anche le autorità ecclesiastiche come mediatrici. Questa strategia trova origine nell'importante ed inaspettata risonanza del conflitto fuori dai confini nazionali e nella volontà da parte del governo di mostrarsi a livello internazionale, in questo nuovo contesto, come attore “responsabile”. L'intento è di andare incontro ad alcune richieste dei ribelli, disinnescandoli da questo versante. Salinas promette infatti subito di innalzare gli investimenti per la ricomposizione sociale in Chiapas da 25 a 250 milioni di dollari. L'EZLN dal canto suo tira dritto e fa sapere che è disposto ad intavolare negoziati solo previa formazione di un governo provvisorio che prepari elezioni libere.
Il 5 gennaio i caccia dell'aviazione sganciano sulla zona orientale di San Cristóbal alcune bombe, causando 400 vittime tra i contadini. Il giorno successivo l'esercito riprende il controllo definitivo di Ocosingo. Gli zapatisti, alternando qualche azione di fuoco difensiva, ripiegano sempre più nella Selva Lacandona e per sfuggire a rappresaglie gli abitanti sono costretti ad abbandonare anche interi villaggi.
Nei primi giorni di gennaio vengono portate a termine, tardivamente rispetto a quanto previsto, anche alcune azioni armate da parte del resto delle forze del PFLN. Il Frente Para-Central fece saltare in aria alcuni tralicci dell’elettricità, mentre il Frente Nord, data la propria debolezza, non fu infine capace di compiere nessuna azione. Il 7 e 8 gennaio inoltre, nella capitale e nel resto del paese, ci furono anche alcune azioni armate terroristiche, verso obiettivi militari (attraverso auto-bombe ed esplosioni), in solidarietà all'EZLN condotte dal PROCUP-PDLP, scollegate da una dinamica di massa.
In questo periodo Germán emette un paio di comunicati a nome dell’EZLN, in cui sono contenuti riferimenti anche alla lotta per il socialismo. Subito il Comando Generale dell’EZLN si preoccupa di dichiararli illegittimi, specificando che gli unici comunicati validi sono quelli in cui viene riportata la firma del subcomandante Marcos. E’ il momento in cui viene assestato il colpo definitivo a Germán, ormai emarginato. Ora Marcos riveste non solo il ruolo di capo militare, ma anche quello di leader e portavoce del CCRI-CG dell'EZLN. Il potere e l’influenza del subcomandante è significativa, come lui stesso successivamente ammette: “in generale, dal 1994 cerco di non intervenire troppo sulle decisioni della comunità [differentemente da quelle del CCRI], la mia parola ha troppo peso (…). Sarò sincero, non voglio raccontarti storie, il peso di Marcos nell'organizzazione è maggiore di quello che si percepisce dal di fuori” [13].
L'INIZIO DELLA CONCILIAZIONE
Il 12 gennaio accade un fatto significativo: a Città del Messico si svolge una manifestazione con la partecipazione di circa 70.000 persone, scese in piazza per chiedere la pace. Lo stesso giorno arriva l'annuncio del cessate il fuoco unilaterale da parte del governo. L'EZLN, a sua volta, ordina la cessazione dei combattimenti, rientrando nelle loro comunità. In qualche modo insomma capisce la malaparata, che il piano militare non è andato poi così bene come sperato, anche se a posteriori si giustificherà dicendo che con l'insurrezione “cercavano un effetto politico” [14], in contraddizione da quanto scritto (e pensato) nella I Dichiarazione, dove si invitava a marciare sulla capitale. E' in quei giorni che l'EZLN capisce che la società civile non voleva insorgere (bella scoperta). Marcos dirà: “Avevamo pensato a due scenari possibili: o che tutto il popolo messicano si alzasse in armi per appoggiare la nostra lotta e la nostra causa, oppure che tutti reagissero contro di noi e ci facessero a brandelli” [15]. Poi in un'altra intervista: “Bisogna ribadire che per dieci anni ci eravamo preparati a morire. A partire dal 2 gennaio ci siamo resi conto che non eravamo morti, che dovevamo vivere, e abbiamo incominciato a improvvisare” [16].
L'EZLN è ora in piena ridefinizione, sembra andare allo sbaraglio, ma trova una strada fortunata. Innanzitutto rompe definitivamente i legami con le proprie radici storiche, politiche ed organizzative. Comincia un percorso di trasformazione che lo porta a cambiare pelle, rileggendo e riscrivendo (ponendo accenti differenti) la propria storia in senso indigenista. Si apre cioè il corso “neozapatista”. Del resto l'EZLN scontava una contraddizione di fondo già in partenza. I suoi leader avevano scommesso su una sollevazione socialista costruita sulle basi di contadini indigeni, che se pur avevano assimilato elementi rivoluzionari, restavano comunque alieni alle dinamiche capitaliste urbane ed al suo proletariato. Una volta fatta l'insurrezione, senza un'alleanza con il proletariato e senza un vero partito marxista rivoluzionario, senza quindi poter prendere il potere, restavano vive le esigenze più immediate della condizione dei contadini indigeni, proprio quelle per cui veramente si erano sollevati.
Il bilancio delle ostilità, secondo fonti ufficiali, parla di 19 soldati, 24 poliziotti, 150 guerriglieri ed numero imprecisato di civili morti (per la diocesi di San Cristóbal i morti sono addirittura 500). Dopo il cessate il fuoco l'ex governatore Absalon Castellanos Dominguez fu scambiato per altri prigionieri neozapatisti, liberato dopo un processo popolare tenuto da un proprio tribunale militare, ma “condannato”, si legge nel comunicato dell'EZLN, a vivere “fino all'ultimo dei suoi giorni con la pena e la vergogna di aver ricevuto perdono e bontà da coloro che ha umiliato, rapito, depredato, derubato e ucciso per così tanto tempo” [17].
Dopo sei settimane, il 21 febbraio, iniziano i colloqui di pace a San Cristóbal con la mediazione proprio del vescovo Samuel Ruiz García (in qualche modo ora riabilitato dopo esser stato posto nell'oscurità da governo e Vaticano), che mette a disposizione la cattedrale per gli incontri. La parte governativa viene rappresentata da Camacho Solis, nominato “commissario plenipotenziario per la pace e la riconciliazione del Chiapas”. La delegazione zapatista è composta da 19 membri (12 del CCRI e 7 del CG).
A tale appuntamento si è potuti arrivare dopo importanti passi indietro da entrambe le parti. Il governo aveva allentato la tensione nei pressi delle zone controllate dai neozapatisti, aveva liberato alcuni prigionieri, aveva nominato un indigeno (senatore del PRI) come nuovo governatore del Chiapas ed aveva accordato fondi per la regione. L'EZLN, da parte sua, si rimangia tutto: dopo aver “rinunciato” a marciare sulla capitale e dopo aver cessato le ostilità, accantona la pretesa della rimozione del governo illegittimo ed accorda che nella mediazione la discussione verterà solo su problemi regionali e non nazionali (escludendo questioni come il potere e la riforma agraria).
I neozapatisti cadono così facilmente e velocemente nella trappola della riconciliazione portata avanti dal PRI con la mediazione dalla Chiesa, che ritorna ora ad esser sua alleata. Cadono nei dialoghi di pace basati sulla miseria, sul riconoscimento del governo borghese e del processo elettorale fraudolento, oltre a restare intrappolato nella credenza e sudditanza religiosa. Come dichiara Marcos: “L'ateismo non esiste. (…) Per la popolazione india, sarebbe molto grave se un esercito come il nostro si pronunciasse su problemi di religione, a favore dei cattolici, degli evangelisti o per criticare gli uni o gli altri”. E aggiunge poi: “Talvolta la struttura direttiva, il CCRI, è influenzata da questioni religiose” [18]. Al momento della morte del vescovo Samuel Ruiz García, occorsa il 24 gennaio 2011, Marcos dichiarò che: “L'opzione per i poveri non muore con don Samuel. Vive e agisce in tutto quel settore della Chiesa Cattolica che ha deciso di essere coerente con quello che predica” [19]. La Chiesa del vescovo Samuel Ruiz García potrà esser stata progressista per certi aspetti, ma in fin dei conti era parte della stessa Chiesa reazionaria ed oscurantista di Giovanni Paolo II, la Chiesa della “teologia dello sfruttamento”. Non si può alimentare l'illusione che l'emancipazione degli sfruttati possa avvenire senza la messa in discussione della Chiesa e della religione.
Il governo cerca di imbrigliare la rivolta con metodi istituzionali, con promesse ed illusioni, cercando di coinvolgere negli accordi anche i latifondisti, che però, di certo, non potranno mai lasciare la terra volontariamente. Anzi, la borghesia terriera, in risposta alla sollevazione neozapatista, comincia una guerra sporca assodando paramilitari fascisti (tra cui anche stessi indigeni) che, affiancati dall'esercito e con il buon gioco del PRI, si lanciano in attacchi violenti contro le comunità indigene. Il governo inoltre non si fa scrupolo a fomentare l'antagonismo tra le differenti comunità indigene.
Il 2 marzo viene annunciato che il tavolo di pace è arrivato ad un'intesa, un pre-accordo. Il documento di San Cristóbal, come viene chiamato, è sottoscritto dalle due parti e prevede una serie di impegni da parte del governo in vaghi interventi sociali e civili redatti in 34 punti, tra cui: l'emanazione di una legge sull'autonomia indigena con riforme istituzionali nel Chiapas, il frazionamento del latifondo, la valorizzazione del bilinguismo, la dimissione dei sindaci corrotti, la licenza per una radio libera, interventi sulla denutrizione, su comunicazioni ed elettrificazioni. Pare che l'EZLN, dopo essersi adattato a discutere con il governo su questioni regionali e locali, si accontenti di questo. Manca però l'ultimo passaggio, l'accordo deve infatti tornare alle comunità indigene per essere approvato definitivamente. Il processo di pace viene però sospeso a seguito dell'assassinio compiuto il 23 marzo ai danni di Luis Donaldo Colosio, candidato ufficiale del PRI alle incombenti elezioni presidenziali, ucciso in un attentato che resta tutt'ora losco (riconducibile ad attriti interni dell'apparato) ed impunito. In questa crisi di regime l'EZLN ha ritenuto non ci fossero più le garanzie minime per avanzare nei dialoghi, venendo meno una legittimità della controparte e denunciando un'offensiva reazionaria nei confronti delle loro comunità. Il clima nella regione infatti resta rovente. Mentre i contadini continuavano ad occupare le terre, la borghesia monta la reazione, chiede l'intervento militare risolutivo ed il 7 marzo scende in piazza per la preoccupazione di dover concedere qualcosa. I latifondisti e le loro squadre occupano così diverse sedi amministrative del Chiapas, intimidiscono ONG ed associazioni religiose che supportano gli indigeni, fanno uso di violenza. Il Vaticano, sotto la pressione della borghesia, convoca a Roma il cardinale Ruiz. Dall'altra parte, il 10 aprile 1994, nel 75esimo anniversario della morte di Zapata, si svolge una mobilitazione nazionale a Città del Messico con migliaia di giovani al grido di “Zapata Vive, la lucha sigue”.
Il 12 giugno, dopo aver consultato la sua base, l'EZLN respinge infine le proposte uscite dai colloqui nella cattedrale. Qualche giorno dopo, il 16 giugno, sarà lo stesso Camacho Solis a dimettersi dalla carica di Commissario per la Pace del Chiapas lamentando sabotaggi da parte di Ernesto Zedillo, il nuovo candidato presidenziale del PRI. Al suo posto fu nominato Jorge Madrazo. L'EZLN formalizza la sospensione dei dialoghi l'8 ottobre denunciando le continue incursioni dell'esercito nel territorio zapatista.
Il mandato di Solinas sta per scadere, le elezioni presidenziali di agosto si stanno per avvicinare, ed anche se in un precedente comunicato l'EZLN fece sapere di chiamarsi fuori da ogni rappresentanza e appoggio partitico, nel maggio 1994 Marcos incontra Cuauhtémoc Cárdenas: ora candidato per la seconda volta alle elezioni per il Partido de la Revolución Democratica (PRD), partito fondato nel 1989 come evoluzione del vecchio Frente Democrático Nacional (composto dal Partido Mexicano Socialista, dalla Corrente Democratica del PRI e da altri soggetti della sinistra messicana). Proprio alle elezioni presidenziali del 1988 Cárdenas agglutinò l’opposizione al PRI e, arrivando secondo con il 32% dei voti, divenne la nuova speranza della sinistra. Dopo una legislatura di opposizione sottotono, nella quale si evidenziarono i suoi tratti riformisti e conciliatori verso Salinas (anche riguardo al NAFTA ha avuto una posizione pressoché allineata al presidente), perdendo consenso, prova a rimontare ora facendosi amici i neozapatisti (pur dicendo, da buon riformista, che bisogna negoziare anche con i latifondisti). I neozapatisti si prestano in qualche modo a questo scopo, allacciando una certa alleanza con il PRD, confermando la natura riformista e conciliatrice dell'EZLN.
E' chiaro che esiste uno scarto tra l'autorappresentazione rivoluzionaria e zapatista che il movimento vuol dare di sé e quello che furono veramente Emiliano Zapata ed i rivoluzionari messicani degli anni '10. Quest'ultimi seppero respingere ogni avance che provenisse dalle varie direzioni borghesi, incluso quelle democratiche e progressiste, opponendo intransigentemente la loro autonomia di classe, la loro lotta senza mezzi termini per un sistema alternativo basato sulle esigenze dei contadini, oltre ad un anticlericalismo da invidia. Insomma, per tutto questo l'EZLN è più riconducibile alla figura di Madero che quella di Zapata.
SECONDA DICHIARAZIONE
Il 10 giugno 1994 esce la “Seconda Dichiarazione della Selva Lacandona”. Rispetto alla prima si può notare una certa discontinuità, oltre all'apparizione di elementi nuovi che giustificano la “marcia indietro” compiuta. Innanzitutto entra in scena la “Società Civile”, presa come nuovo riferimento, “in cui risiede la nostra sovranità, sono le persone che possono, in ogni momento, alterare o modificare la nostra forma di governo e se ne sono già fatte carico”. Vengono ribaditi i soliti concetti generici di “democrazia, libertà e giustizia per tutti”, ma questa volta viene definito un disegno più chiaro: “Non stiamo proponendo un mondo nuovo, ma solo qualcosa di molto precedente: il preludio al nuovo Messico. In questo senso, questa rivoluzione non si concluderà con una nuova classe, frazione di classe o gruppo al potere, ma con uno “spazio” libero e democratico di lotta politica. (...) All’interno di questo nuovo rapporto politico, le diverse proposte di sistema e di percorso (socialismo, capitalismo, socialdemocrazia, liberalismo, democrazia cristiana, ecc.) dovranno convincere la maggioranza della Nazione che la loro proposta è la migliore per il Paese. (...) Il plebiscito è una forma regolamentata di confronto Potere-partito politico-Nazione e merita un posto di rilievo nella più alta legislazione del Paese”. Per tutto questo (ma anche per influire nelle imminenti elezioni presidenziali), l'EZLN chiama “gli elementi onesti della società civile a un Dialogo Nazionale per la democrazia, la libertà e la giustizia per tutti i messicani”, promuovendo la “Convocazione per la Convenzione Nazionale Democratica” con il compito di emanare “un Governo Provvisorio o di transizione, sia mediante la rinuncia dell'esecutivo federale o mediante la via elettorale. […] Convenzione Nazionale Democratica e Governo di Transizione devono sfociare in una nuova Carta Magna nel cui quadro si convochino nuove elezioni. (...) Una nuova Costituzione che garantisca il complimento legale della volontà popolare”.
Come si nota, nel discorso dell'EZLN non solo non c'è alcun riferimento alle classi sociali, alla volontà cioè di prendere le parti dei proletari e dei contadini in quanto classe sociale, prendendo a cuore la causa degli indigeni come parte di questa lotta, andando quindi alla radice della sua oppressione, ma si scade in una linea totalmente interclassista, prendendo come riferimento la società civile, la cittadinanza indistinta, facendo un distinguo tuttalpiù tra soggetti onesti e disonesti. Le rivendicazioni, conseguentemente, sono puramente democratiche (“il cambio democratico è l'unica alternativa alla guerra”), optando per un progetto pacifista e conciliatore. Nessuna traccia di marxismo, nessuna traccia di classismo, ormai spazzati e perduti. “Para todos todo, nada para nosotros” (trad. tutto per tutti, niente per noi) sarà il motto più famoso dei neozapatisti.
La Convenzione Nazionale Democratica lanciata dall'EZLN si tiene dal 5 al 9 agosto 1994 nella Selva Lacandona e vi partecipano 6.000 delegati provenienti, oltre che dal corpo del PRD, dalle organizzazioni civili di tutto il paese. A partire da qui il neozapatismo diventerà un fenomeno nazionale che verrà assunto anche al di fuori dei confini della stessa organizzazione.
ELEZIONI E FINE 1994
Le elezioni si tengono il 21 agosto 1994. L'EZLN in un comunicato chiama a non votare per il “partito-stato” (appoggiando indirettamente il PRD). Ma a vincere, sempre con l'ombra di brogli, è proprio il candidato del PRI, Ernesto Zedillo, con il 49% dei voti. Cuauhtémoc Cárdenas ed il PRD arrivano addirittura terzi con il 17%, superati dal partito di destra, il Partido Acción Nacional (PAN), con il 26%. Anche nel Chiapas vince il PRI, ma nelle aree controllate dall'EZLN Cárdenas è il più eletto, con il 70%, il PRI invece al 23%.
Il nuovo governo Zedillo entra in carica il primo dicembre, porterà avanti il corso politico ed economico dei precedenti governi, mantenendo la rotta sul ricorso alle politiche di mercato neoliberali. Se da una parte cerca di riprendere la mediazione con gli zapatisti dall'altra pare intenzionato man mano a giocare la soluzione militare. Da parte sua l'EZLN dichiara di continuare la lotta e di prepararsi ad una possibile nuova “guerra”.
La protesta civica si riaccende proprio il primo dicembre 1994 in occasione della nomina di Eduardo Robledo come nuovo governatore del Chiapas, a seguito delle elezioni regionali. A Tuxla Gutiérrez, capitale del Chiapas, migliaia di manifestanti denunciano brogli elettorali e cercano di impedire l'insediamento del nuovo governatore. I neozapatisti fanno parte dell'opposizione guidata dal PRD che decide di “instaurare” un governo parallelo presieduto da Amado Avendaño, ossia il candidato del PRD risultato sconfitto, dichiarandolo, simbolicamente, “governatore ribelle”. L'EZLN attua una sollevazione simile a quella del gennaio, nella quale vengono occupati diversi municipi della regione ma questa volta il tutto in maniera pacifica. Una mobilitazione che si concluse il 19 dicembre.
Sul finire dell'anno il paese conoscerà una pesante crisi, il crollo della borsa, la svalutazione del Peso messicano e l'ulteriore impoverimento delle masse lavoratrici. In tutto questo il PRD monta un'opposizione di facciata. I neozapatisti fanno sapere che controllano ora 38 nuovi municipi, dichiaratisi “territori ribelli”. Mentre continua a non placarsi l'attività violenta delle bande paramilitari e dei latifondisti che cercano di cacciare centinaia di contadini che continuano ad occupare le terre.
1995, TERZA DICHIARAZIONE, RIAVVIO DEI NEGOZIATI
Il 1995 si apre con la Terza Dichiarazione della Selva Lacandona. Il documento riporta all'inizio una citazione di Benito Juárez, primo presidente indio del Messico, liberal borghese, in carica nella seconda metà dell'Ottocento. Nel corpo del comunicato vengono ripresi i fatti succeduti durante tutto il 1994 e si rivendica che l'EZLN, negli ultimi mesi, ha cercato in tutti i modi di evitare la ripresa delle ostilità, quasi volendo prender le distanze dall'iniziale scelta della lotta armata. L'autonomia (imprecisata) è la nuova ricetta per la soluzione delle rivendicazioni di sempre della questione indigena, ribadendo comunque che non si ricerca il separatismo. E' certo un riflesso all'adattamento della discussione nei negoziati confinata su temi regionali. L'EZLN rivendica però di rimanere un movimento a carattere nazionale e su questo terreno lancia una nuova formula, facendo appello ora alla formazione di un “Movimento per la Liberazione Nazionale” che lotti per la democrazia, la libertà e la giustizia, con il fine “dell'instaurazione di un governo di transizione, una nuova costituente, una nuova carta magna e la distruzione del partito-stato”. “Si chiama la Convenzione Nazionale Democratica [che pur continuando i suoi incontri è ormai in declino, ndr] e il cittadino Cuauhtémoc Cárdenas a capeggiare questo Movimento per la Liberazione Nazionale come fronte ampio di opposizione”, composto inoltre dai messicani onesti, dalle forze sociali e civili democratiche ed anti priiste, “indipendentemente da credo religioso, classe sociale [!], ideologia politica [!], razza o sesso”. Ancora una volta risalta l'interclassimo del movimento ed il codismo verso l'opposizione riformista.
Nella prima parte dell'anno continuarono i tentativi di mediazione per riavviare i colloqui di pace. Il governo gioca sporco: mentre cerca di trattare con l'EZLN non si fa scrupolo a continuare la repressione nelle zone del conflitto. Il 9 febbraio vengono emessi ordini di arresto per i leader neozapatisti identificati (il subcomandante Marcos viene ufficialmente identificato come Rafael Sebastián Guillén Vicente). Questi sono costretti così a tornare nella selva e nelle montagne, dopo una parentesi che ha permesso loro di vivere nei villaggi solo dal 1994 al febbraio 1995. Aumentano anche gli insediamenti dell'esercito nel territorio, 50.000 soldati furono impegnati nelle operazioni di sfondamento di alcune aree controllate dall'EZLN, spingendo migliaia di contadini all'abbandono delle loro terre e ridimensionando il territorio controllato dai neozapatisti. Si registrano numerosi casi di violenze contro i contadini ed abusi verso le donne. Una vera ondata di repressione (chiamata “la grande offensiva”), dentro il rispetto della tregua armata. Il governo inoltre cerca di minare il consenso dell'EZLN attraverso un piano di distribuzione di tonnellate di cibo e forniture mediche nell'area. Gli attivisti di sinistra, di contro, organizzano grandi manifestazioni per smascherare il governo, chiedendo la pace e spingendolo a sedersi al tavolo.
Solo nell'aprile si arriva a formalizzare il protocollo del punto di ripartenza dei dialoghi, che iniziarono da lì a poco a San Andrés Larráinzar, con alcune fasi transitorie guidate da intermediari (come la COCOPA) e passando attraverso la “Gran Consulta Nacional” (“Consulta per la Pace e la Democrazia”) organizzata dall'EZLN il 27 agosto per avere il mandato dalla popolazione e per prospettare il futuro dell'organizzazione. In questa, dove si è conosciuta la partecipazione di oltre un milione di persone in ambito nazionale e circa 60mila in ambito internazionale, oltre ad alcune domande generiche e scontate, veniva chiesto anche: “L'EZLN deve convertirsi in una forza politica, indipendente e nuova, senza unirsi ad altre organizzazioni?”; L'EZLN deve unirsi ad altre organizzazioni e, insieme, formare una nuova organizzazione politica?” (i risultati della consultazione, con le relative implicazioni, arriveranno qualche mese più tardi, nel 1996). I negoziati tra governo e EZLN entrano quindi nel vivo nel settembre 1995 e si svolgono sulla base di 4 tavoli di lavoro che dovevano arrivare all'accordo per firmare la pace: diritti e cultura degli indigeni (I); democrazia e giustizia (II); benessere e sviluppo (III); diritti delle donne in Chiapas (IV). L'EZLN riesce inoltre nel frattempo a formare “comitati civili di dialogo” (si parla di 200 comitati in tutto il Messico) ed a costruire cinque nuove sedi, nuovi centri regionali di aggregazione, per le comunità neozapatiste ma anche per la società civile, chiamati “Aguascalientes”: quello de La Realidad (I), di Oventic (II), de La Garrucha (III), di Morelia (IV), di Roberto Barrios (V).
Da evidenziare come il Forum di San Paolo e tutte le organizzazioni della sinistra latinoamericana (socialdemocratiche e post staliniste) riunitesi nel luglio del 1995 (per la prima volta dopo l'insurrezione del 1994), non abbiano speso una sola parola di solidarietà, ma unicamente preoccupazione (!), verso la sollevazione indigena e il movimento neozapatista, che si trovava sotto il tiro della repressione da parte del governo. Come spiega bene Marcos: “il governo cubano [alla testa del Forum con il PCC, ndr] segue verso l'EZLN la stessa politica dei movimenti di liberazione nazionale latinoamericana, ma in peggio, perché è un governo e tiene particolarmente ai suoi rapporti con il Messico. Quindi non ci pensa nemmeno ad aiutare un movimento in Messico, e nel caso specifico non noi” [20]. Da evidenziare che sul bilancio dei paesi del “socialismo reale” (stalinisti e post-stalinisti) Marcos supera la visione marxista-leninista, ammettendo che nel caso dell'Unione Sovietica le cose si sono “imputridite dall'interno”, difende le critiche che venivano da sinistra e biasima i comunisti ufficiali che non le ammettevano. Su Cuba dice che “lo zapatismo osserva Cuba a rispettosa distanza, ma non supinamente: non siamo fanatici del regime cubano” [21].
QUARTA DICHIARAZIONE
1996, nuovo anno e nuova dichiarazione. La Quarta (Manu Chao ci fece una canzone). Un documento ancor più metaforico e poetico rispetto ai precedenti, impronta digitale del linguaggio ufficiale neozapatista e del subcomandante Marcos, che ancora non aiuta ad evitare certi messaggi poco chiari e certe contraddizioni. Anche qui il testo ripercorre l'anno appena trascorso, analizzando le varie tappe e gli eventi fino ai dialoghi di pace in corso. Il Movimento per la Liberazione Nazionale, lanciato l'anno precedente, viene definito ancora in fase di sviluppo. Al netto della ritirata e dello stallo delle forze armate neozapatiste si cerca di rimarcare la propria forza e si interpreta un ruolo svolto dalla società civile nello spingere il governo a riallacciare i negoziati. Il cuore della Quarta dichiarazione propone però una nuova, un'altra, creazione, frutto della consultazione dell'agosto scorso. Si fa appello a “tutti gli uomini e donne onesti a partecipare nella nuova forza politica che oggi nasce: Il Fronte Zapatista di Liberazione Nazionale”. Un struttura politica larga, nazionale, dove alla base c'è l'EZLN. Escludendo che si modelli in un partito, escludendo che questa forza aspiri alla presa del potere o a rivestire, attraverso i suoi membri/partecipanti, cariche amministrative. Viene confermata così la concezione dell'EZLN che esclude la propria aspirazione ad essere forza di avanguardia del movimento di opposizione nazionale e/o del cambio politico generale. Il FZLN, senza un vero programma, dovrà essere infatti “una forza politica che possa organizzare le richieste e le proposte dei cittadini affinché chi comanda, comandi obbedendo. (...) Organizzazione civile e pacifica, indipendente e democratica, messicana e nazionale, che lotti per la democrazia, la libertà e la giustizia in Messico”. Con il lancio del FZLN, con l'impegno in questo progetto, il documento fa trasparire il passaggio verso l'abbandono formale della lotta armata da parte dell'organizzazione: “Con l'unità organizzata dei zapatisti civili e i combattenti zapatisti nel Fronte Zapatista di Liberazione Nazionale, la lotta iniziata il primo gennaio 1994 entrerà in una nuova tappa. L'EZLN non scompare, però il suo sforzo più importante si concentrerà per la lotta politica”. Del resto Marcos poi conferma: “Da allora [dalla sollevazione, durata 12 giorni, ndr], non abbiamo mai più preso in considerazione la soluzione militare” [22].
Come si capisce, l'organizzazione era ancora in costante e profonda trasformazione, con un'importante dose di indeterminatezza e contraddizioni, confermate e rivendicate anche dallo stesso Marcos, che inoltre afferma che “per sopravvivere l'EZLN deve gettare ponti in tutte le direzioni” [23]. L'organizzazione rivendica di non essere un soggetto di avanguardia, ma un soggetto in più tra gli altri: “Sarà il popolo a dirci se siamo sulla buona strada” [24]. Discorso che va in parallelo al concetto del “mandar obediciendo”.
Gli zapatisti hanno un appoggio senza riserve da parte della chiese cattoliche e protestanti locali, dall'altro lato c'è una distanza ed un'incomprensione verso il movimento operaio, non a caso. Sempre Marcos afferma che: “Lo zapatismo fatica ad attecchire sul movimento operaio in generale (…). Ha un forte impatto nelle comunità indie, fra gli impiegati, gli insegnanti, gli intellettuali, gli artisti, ma non nella classe operaia messicana. (…) Non abbiamo mai trovato il modo di entrare in contatto con la classe operaia. (…) E' un fallimento evidente. (…) Non sappiamo come rivolgerci agli operai perché non li conosciamo, non abbiamo operai. E' chiaro fin dall'inizio, dal gennaio 1994. Pochissimi operai sono venuti alla Convenzione. I sindacati hanno sempre tenuto le distanze con noi, anche i sindacati indipendenti” [25]. Infatti alcuni sindacati combattivi, soprattutto quelli degli autotrasporti li accusano di essere dei riformisti, anche alla luce dei rapporti tessuti con Cárdenas.
1996, ACCORDI, INTERGALACTICO E STALLO
Durante la prima parte dell'anno gli incontri tra governo e ribelli vanno avanti. Anzi, ai tavoli gli zapatisti fanno partecipare anche rappresentanti di altre comunità indigene. Il 16 febbraio 1996 si arriva ad un primo importante, apparente, risultato: i lavori del tavolo “diritto e cultura indigena”, il primo tavolo, portano alla firma di accordi, conosciuti come “accordi di San Andrés”, che prevedevano l'inserimento nella Costituzione messicana del riconoscimento delle popolazioni indigene, con diritti e forme di autonomia in modo che si potesse tener conto di usi, costumi e tradizioni delle comunità indigene in campo di giustizia, democrazia, governo. Si va avanti inoltre con i dialoghi del secondo tavolo (democrazia e giustizia). L'EZLN insomma sarebbe stato pronto, ad accordo compiuto, a chiudere la partita, ad abbandonare formalmente le armi ed il conflitto, avendo avuto anche l'avvallo uscito dalla “Consulta per la Pace e la Democrazia”.
Il 1996 vede però anche la comparsa a sorpresa di un nuovo movimento armato “ortodosso”, l'Ejército Popular Revolucionario (EPR), braccio armato del Partido Democrático Popular Revolucionario (PDPR), quest'ultimo formato dal PROCUP e da altre organizzazioni. L'EPR in realtà viene fondato il 3 giugno del 1994 ma comincia nella data del 28 giugno 1996 ad organizzare varie azioni terroristiche contro obiettivi militari in diversi punti del paese, in cui restano uccise 15 persone, mentre nel Chiapas si limita a fare alcuni blocchi stradali. Marcos, a nome dell'EZLN, prende le distanze e critica queste azioni (con una mentalità ben diversa da quella precedente alla sollevazione): “Intendo solo comunicarvi che non vogliamo il vostro appoggio. Non ne abbiamo bisogno, non l'abbiamo chiesto, non lo vogliamo. (…) L'appoggio che ci interessa, quello di cui abbiamo bisogno e che cerchiamo è l'appoggio della società civile nazionale ed internazionale (…). Seguite il vostro percorso e lasciateci seguire il nostro. (…) Voi non siete nostri nemici né noi lo saremo per voi. (…) Nonostante questo, quello che invece bisogna rimarcare, e ripetere, è che siamo differenti. (…) Ribadiamo la nostra richiesta di non effettuare alcuna azione militare a sostegno della nostra causa o della situazione in cui ci troviamo.” [26]. Sembra si stia aprendo un nuovo panorama di lotta armata diffusa in Messico e che l'EPR possa sovrapporsi all'EZLN, minando il percorso di “normalizzazione” di quest'ultimo. Questo non succederà. L'EPR continuerà fino al presente con azioni sporadiche di stampo terroristico, restando un'organizzazione ai margini, senza una vera base sociale ed isolata politicamente.
L'epoca di internet, con i primi passi verso il suo accesso di massa (10 milioni di utenti nel mondo nel 1996), permette all'EZLN di farsi conoscere e raccogliere ulteriore solidarietà soprattutto a livello internazionale proprio in questo periodo. L'organizzazione guerrigliera si dimostrerà all'avanguardia nello sfruttare a proprio vantaggio questa tecnologia, oltre a quella della comunicazione satellitare, che risulterà determinante nella storia e nello sviluppo del movimento. Non a caso questa pratica è stata battezzata (ed idealizzata) da alcuni pensatori come “social netwar”.
Anche grazie alla campagna telematica, nell'agosto 1996 si realizza il “Primo incontro intercontinentale per l'umanità e contro il neoliberismo”, chiamato anche “Primo Intergalattico” (dopo aver svolto tra il 4 e 8 aprile il “Primo incontro continentale americano per l'umanità e contro il neoliberismo”), qualcosa di simile al Forum di San Paolo, ma che sembra avere uno stampo prouhdoniano e premarxista. Questo può esser considerato uno dei primissimi appuntamenti internazionali da cui si svilupperà il movimento internazionale no global. Anche se negli ultimi due anni la mobilitazione sociale e politica si è per certi versi indebolita, a questo incontro partecipano tremila persone, provenienti da 43 paesi. Al tavolo della presidenza Marcos fa sedere al suo fianco Cárdenas, al quale confida la speranza di trasformarsi nel volano di un nuovo movimento sociale, riservando invece meno illusioni verso il suo partito, il PRD. Le decisioni finali dell'incontro prevedono: la creazione di una rete globale di resistenza e comunicazione contro il neoliberalismo, di stampo essenzialmente altermondista, “senza comando centrale né gerarchia”; l'apertura di una consultazione sulla dichiarazione finale (fatta di principi molto generali contro il neoliberalismo); la convocazione di un secondo incontro nella seconda metà del 1997 da tenere nel continente europeo. Sembra effettivamente un nuovo punto di partenza per la sinistra internazionale, dopo quindici anni di crisi e disgregazione.
Sempre nel 1996 l'EZLN si fece poi promotore della fondazione del Congreso Nacional Indígena (CNI), un'organizzazione di tutte le 35 comunità indigene del Messico, “spazio di unità, riflessione ed organizzazione”, che il 12 ottobre tenne il suo primo congresso a Città del Messico. Per l'EZLN vi partecipò la comandanta Ramona, prima zapatista ad uscire dalle frontiere del Chiapas arrivando alla capitale del paese.
Dopo aver organizzato un Forum Nazionale sulla riforma dello stato nel luglio 1996 (inserito nel percorso delle trattative), i dialoghi bilaterali (con il secondo tavolo), che procedevano a singhiozzo, si interrompono però il 3 settembre dello stesso anno a seguito della denuncia dell'EZLN di un clima di persecuzione verso il movimento (il governo continuava ad aumentare la pressione militare nella zona) e della mancanza di volontà da parte del governo di avanzare e compiere le promesse, di convertire in legge cioè gli Accordi di San Andrés.
Verso la fine dell'anno, perciò, la Commissione di Concordia e Pacificazione (COCOPA), organo parlamentare di intermediazione, cerca di sciogliere lo stallo presentando un'ulteriore proposta, un poco ridimensionata nelle concessioni agli indigeni, per tradurre in legge gli accordi di San Andrés. L'EZLN approva, ma il governo prende tempo ed infine rifiuta, adducendo motivi tecnico-giuridici. I motivi in realtà erano politici: mancava la volontà di fondo. Lo stesso governo farà poi subito una controproposta talmente al ribasso tale da non poter esser accettata dall'EZLN, ma che gli è utile per dipingere i neozapatisti come i veri recalcitranti. Di contro, questi ultimi, denunciando l'impassibilità del governo, fanno sapere che non torneranno al tavolo di pace fino a quando l'accordo di San Andrés, nella versione della proposta della COCOPA, non sarà compiuto. Cresce così la tensione.
Qui i dialoghi di pace (con i lavori dei tavoli III e IV mai iniziati) si interromperanno, non riprendendo mai più. Del resto il governo vede che l'EZLN è debole militarmente, impantanato strategicamente, di fatto già sconfitto. Vede che la pace sembra esserci già nei fatti, senza dover proseguire nelle trattative ed anzi dal 1997 intraprende una “guerra di bassa intensità” verso le comunità zapatiste, isolando quelle zone, impedendo spostamenti, tagliando le forniture elettriche ed idriche, negando assistenza medica e così via. I gruppi paramilitari, guardie bianche al soldo dei latifondisti e degli allevatori (sovvenzionati anche dal governo), violano ed uccidono uomini e donne indigeni (si contano circa 500 omicidi negli ultimi due anni), minacciano ed attaccano diversi villaggi, costringendo diverse famiglie, migliaia di persone, ad abbandonare le proprie case, andando a ingrossare il fenomeno dei “desplazados”.
1997
Il Secondo Intergalattico (il Secondo Incontro Intercontinentale per l'Umanità e Contro il Neoliberismo) si svolge in Spagna nel luglio-agosto 1997 (spinto anche dall'Incontro Europeo per l'Umanità e Contro il Neoliberismo celebrato a Praga nel marzo dello stesso anno) con la presenza di circa tremila persone di 48 paesi. L'EZLN partecipa risaltando “un'immagine dell'altro Messico, il Messico indigeno, il Messico ribelle e dignitoso”. Le conclusioni rilanciano la costruzione di una rete di resistenza globale che lotti contro l'Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) e contro il trattato di Maastricht. Nel settembre i neozapatisti organizzano poi una marcia dal Chiapas alla capitale per partecipare al congresso di fondazione del FZLN (13-17 settembre 1997) che raccoglierà da tutto il paese 1.111 delegati. L'organizzazione, che chiede l'attuazione degli accordi di San Andrés, funziona attraverso i Comitati Civici di Dialogo, mentre il suo coordinatore nazionale è Javier Elorriaga (il Vicente delle FLN).
A fine anno, il 22 dicembre, accade una degli episodi più violenti di sempre nella storia del Chiapas, noto come massacro di Acteal: in un villaggio della zona de Los Altos che raggruppava una comunità pacifista slegata dallo zapatismo, un gruppo paramilitare vicino al PRI uccide con efferata violenza 45 persone (in maggioranza donne e bambini) mentre erano riunite in chiesa per celebrare la messa. Il tutto con la complicità ed il coinvolgimento del governo locale e dell'esercito (che il giorno dopo viene scoperto addirittura a ripulire lo scenario per far scomparire le tracce delle violenze). In un processo che vide falsificazioni, insabbiamenti e giochi sporchi questi rimasero però per diverso tempo protetti.
L'episodio fece scalpore a livello internazionale ma non fermò la repressione e le violenze nella regione da parte di governo e paramilitari. Nonostante la società civile si faccia sentire anche con grandi manifestazioni (5.000 indigeni marciano verso al capitale del Chiapas il 5 febbraio 1998 per chiedere l'applicazione degli accordi e per denunciare l'attività dei paramilitari – a Roma il 24 gennaio 1998 manifestano per i neozapatisti circa 50.000 persone) nei primi mesi del 1998 vengono espulsi migliaia di attivisti politici stranieri e nell'aprile l'esercito lancia una nuova offensiva, assediando e smantellando diversi municipi autonomi zapatisti, facendo ricorso alla forza ed a diverse detenzioni, causando anche morti e feriti.
QUINTA DICHIARAZIONE
Il 19 luglio del 1998 viene pubblicata la Quinta Dichiarazione della Selva Lacandona. In questa si nota il rafforzamento, rispetto al passato, del carattere indigeno del movimento, a dispetto di quello nazionale e contadino. Si rivendica come una strategia vincente il periodo di silenzio (oltre quattro mesi) mantenuto dopo lo stallo-fallimento dei negoziati, in cui “siamo rimasti senza partecipare direttamente con le nostre posizioni e proposte ai principali problemi nazionali”, salvo lamentarsi poco dopo di come “il nostro silenzio ha permesso ai potenti di far nascere e crescere voci e menzogne sulle divisioni e rotture interne degli zapatisti, e ha cercato di vestirci con il costume dell'intolleranza, dell'intransigenza, della debolezza e della resa.” Il discorso politico generale, in questa dichiarazione, si abbassa ulteriormente, rasentando il qualunquismo, invitando questa volta la società civile alla lotta per “il riconoscimento dei diritti degli indigeni, per la transizione alla democrazia, per un modello economico [non si sa quale, ndr] che sia al servizio dei popoli e non il contrario, per una società tollerante e inclusiva, per il rispetto delle differenze, per un nuovo paese in cui la pace con giustizia e dignità sia per tutti”.
Ognuno potrebbe sottoscrivere queste affermazioni così universali. “Resistiamo!” diventa una parola d'ordine centrale, che segnerà da qui in avanti l'orientamento del movimento, sempre più difensivo-passivo e tendente alla sopravvivenza. Ma la dichiarazione si centra essenzialmente nel difendere gli accordi di San Andrés, la proposta di legge elaborata dalla COCOPA, e rilanciare l'azione di pressing sul governo per attuarli (nella costituzione).
Ora, dopo le elezioni di mezzo termine del luglio 1997 in cui il PRI ha mantenuto la maggioranza relativa ma ha perso quella assoluta, e questo grazie ad “una lunga lotta per la democrazia guidata dai partiti politici dell’opposizione” (senza distinzione alcuna), si ha a che fare con “una nuova correlazione di forze”, quindi si arriva a riporre fiducia nel parlamentarismo e nelle forze politiche borghesi, appellandosi a “i deputati e i senatori della Repubblica di tutti i partiti politici registrati e i deputati indipendenti a legiferare a beneficio di tutti i messicani. Affinché comandino obbedendo”. Si ammicca, senza vergogna, ai parlamentari che compongono la COCOPA. L'EZLN decide infine, di indire una Consulta nazionale in tutti i municipi del paese sui temi degli Accordi di San Andrés, affinché tutti i cittadini messicani possano esprimere il proprio parere, oltre a rappresentare in sé uno strumento di pressione verso il governo. La consultazione si terrà il 21 marzo 1999 con uno sforzo enorme della società civile e vedrà la partecipazione di 2 milioni e 800 mila persone sopra i 12 anni di età (diverse migliaia di partecipanti anche dall'estero).
Prima parte
Terza parte
Note:
[8] I protestanti invece ostacolarono gli zapatisti fin dall’inizio, contrari alla violenza in qualsiasi forma.
[9] L'ordinamento prevedeva in ordine crescente le “reclute”, che dopo sei mesi diventavano “insorti”, poi, dopo aver giurato fedeltà al marxismo-leninismo, potevano diventare sottotenenti, tenenti, capitani, maggiori, subcomandanti e comandanti. Solo dal grado di maggiori in su erano anche membri delle FNL, salvo poche eccezioni.
[10] “L'EZLN distingue tre livelli di partecipazione: gli insorti o truppe regolari, i miliziani, che sono riserve mobilitabili in seno alle comunità, e le basi di appoggio, costituite dalla popolazione civile delle comunità aderenti allo zapatismo“. cit. Il sogno zapatista – Subcomandante Marcos con Yvon Le Bot (1997)
[11] La Prima Declaración de la Selva Lacandona fu scritta in realtà già a metà 1992, durante la riunione a San Cristóbal tra tutti gli ufficiali dell'EZLN, in cui si scrissero anche le “leggi rivoluzionarie”.
[12] Dalla radio che occupano gli zapatisti (Radio Chiapas) viene rilanciata la Dichiarazione della Selva Lacandona, alternata da l'Internazionale.
[13] cit. Il sogno zapatista – Subcomandante Marcos con Yvon Le Bot (1997)
[14] cit. Historia de Marcos y de los hombres de la noche - Entrevista con el subcomandante Marcos realizada por Carmen Castillo y Tessa Brisac (24 ottobre 1994)
[15] cit. Chiapas: La Rivoluzione Indigena – Carlos Montemayor (1998)
[16] cit. Il sogno zapatista – Subcomandante Marcos con Yvon Le Bot (1997)
[17] cit. Conclusiones del juicio popular seguido en contra del prisionero de guerra de nombre Absalón Castellanos Domínguez, general de división del Ejército Federal Mexicano (20 gennaio 1994)
[18] cit. Il sogno zapatista – Subcomandante Marcos con Yvon Le Bot (1997)
[19] cit. Comunicato del CCRI-CG dell'EZLN sulla morte del vescovo don Samuel Ruiz (26 gennaio 2011)
[20] cit. Il sogno zapatista – Subcomandante Marcos con Yvon Le Bot (1997)
[21] cit. Il sogno zapatista – Subcomandante Marcos con Yvon Le Bot (1997)
[22] cit. Chiapas: La Rivoluzione Indigena – Carlos Montemayor (1998)
[23] cit. Il sogno zapatista – Subcomandante Marcos con Yvon Le Bot (1997)
[24] cit. Il sogno zapatista – Subcomandante Marcos con Yvon Le Bot (1997)
[25] cit. Il sogno zapatista – Subcomandante Marcos con Yvon Le Bot (1997)
[26] cit. Lettera ai combattenti e al comando dell'EPR da parte del Subcomandante Insurgente Marcos e Comando Generale dell'EZLN (29/08/1996)