Teoria

Neozapatismo e rivoluzione (I)

Storia dell'EZLN

5 Luglio 2024

Prima parte

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Il primo gennaio 1994, nello stato messicano del Chiapas, un evento inaspettato e prorompente ha fatto la storia del movimento di lotta di tutti gli oppressi, aprendo la strada a nuovi percorsi, nuovi riferimenti, nuove concezioni nella sinistra internazionale ed andando a rivestire un ruolo chiave nel percorso di sviluppo del movimento no-global. Lì, nella periferia globale, tra i monti e le foreste, si è prodotta una sollevazione armata dei popoli indigeni locali, organizzati sotto la sigla dell'allora pressoché sconosciuto EZLN: l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale. Questa non fu una delle tante sollevazioni guerrigliere e di rivoluzionari che si sono conosciute nell'America Latina, perché conta effettivamente di caratteristiche proprie e singolari, scaturite da un contesto geografico e storico particolare. Il leader del movimento poi, il subcomandante Marcos, grazie anche a certe posture politiche ed estetiche, ha contribuito a caricare l'immaginario generale, soprattutto tra le giovani generazioni di sinistra di allora, della venuta di un nuovo Che Guevara, di un nuovo idolo da seguire.

L'EZLN oggi esiste ancora, come lo stesso leader che nel frattempo ha cambiato di nome (varie volte). E tante altre cose sono cambiate. E' giusto quindi, a distanza di trent'anni dalla sua ribalta, ripercorrere la storia di questo fenomeno che ha commosso ampi settori di attivisti e ribelli, conoscere le sue caratteristiche al di là dell'immaginario e tirare le fila per un bilancio, utile alla lotta di tutti.


IL MESSICO FINO AL 1990

La rivoluzione del 1910-1920, rivoluzione borghese radicale e rivoluzione plebea incompiuta (vedi testo sulla rivoluzione messicana dello stesso autore), ha portato il Messico a dotarsi della Costituzione più avanzata al mondo del suo tempo (febbraio 1917). La classe contadina in rivolta, con i suoi famosi leader Pancho Villa ed Emiliano Zapata, giocò un ruolo centrale in questo processo, contribuendo alla formazione di una nuova mentalità popolare. Proprio lo zapatismo rappresentò l'ala radicale della rivoluzione, capace di instaurare anche una Comune contadina nella regione del Morelos. Successivamente, negli anni '30 e '40, attraverso governi bonapartisti piccolo borghesi (in particolare con Lázaro Cárdenas), si sono conosciute altre conquiste significative per contadini e proletari. Ma mai quei governi, per propria natura, sono andati fino in fondo ai problemi sociali, ed anzi, sulla questione della condizione indigena hanno avuto un orientamento refrattario se non oppressivo.
Nel dopoguerra si impose il cosiddetto regime priista. Il Partido Revolucionario Istitucional (PRI) (continuatore del Partido de la Revolucion Mexicana 1938 – 1946 e del Partido Nacional Revolucionario 1929 - 1938) governò infatti interrottamente il Messico fino al 2000, plasmando un sistema “monopartito”, autoritario, clientelare e corporativo, dove le burocrazie sindacali facevano parte del meccanismo di potere. Si conobbe così un lungo e progressivo allontanamento, a fasi ondulatorie, dalle conquiste rivoluzionarie.

Se da un lato il regime poteva fare occasionalmente delle concessioni sociali e vantarsi di avere buone relazioni con Salvador Allende e Fidel Castro, dare appoggio ai rivoluzionari sandinisti del Nicaragua e ai guerriglieri salvadoregni, dall'altro lato (ri)costruiva un processo di formazione di grandi proprietà capitalistiche (della terra e non solo), limitava sempre più gli spazi delle terre “ejidali” (terre concesse dallo stato in usufrutto, condivise tra la comunità), imponeva politiche antipopolari e reprimeva i socialisti ed i rivoluzionari all'interno del paese.

Con l'inizio degli anni '80 e soprattutto sotto la presidenza di Miguel de la Madrid (1982-1988), per effetto della fine del ciclo espansivo del capitalismo e quindi della crisi economica, anche in Messico, per contenere il deficit pubblico, si fanno strada forti politiche liberistiche e di austerità, pilotate dal Fondo Monetario Internazionale.
Il presidente Carlos Salinas (PRI), eletto nel 1988 attraverso elezioni marcate da irregolarità e verosimilmente da brogli, sullo sfondo della crisi dell'autoritarismo e del “monopartitismo”, portò avanti, con un'accelerazione, il processo di ristrutturazione economica che porterà nel 1994 all'entrata del Messico nel libero scambio nordamericano attraverso il trattato NAFTA (North American Free Trade Agreement), il quale rimosse le barriere tariffarie e consentendo quindi il facile ingresso di capitali stranieri.
Le politiche neoliberiste, con la riduzione delle sovvenzioni ai prodotti fondamentali, attenuazioni doganali e grandi privatizzazioni (e forti investimenti nel turismo di massa nelle regioni caraibiche), spinsero ulteriormente la concentrazione capitalistica, che portò 25 imprese a controllare il 4% del PNL, un 10% di cittadini ad avere in mano il 60% della ricchezza. Le stesse politiche aprirono la strada al precariato, ad un alto tasso di disoccupazione (oltre il 20% nel 1990), allo smantellamento dei servizi pubblici, in primis sanità ed istruzione, attraverso tagli alla spesa sociale sull'ordine del 40%, al crollo del valore del salario intorno al 40%, al generale deterioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei proletari messicani, quindi a situazioni di forte degrado nelle città e ad una certa instabilità sociale.


ECONOMIA E SOCIETA' IN CHIAPAS

Il Chiapas di quegli anni non è poi tanto dissimile da quello contemporaneo. Una regione, uno stato, tra i più economicamente arretrati del Messico (già di suo periferia capitalista), popolata per oltre un terzo da popolazioni indigene (oggi circa un milione e mezzo di uomini e donne) di 12 differenti etnie riconosciute ufficialmente (Tseltal, Tsotsil, Ch´ol, Tojol-ab´al, Zoque, Chuj, Kanjobal, Mam, Jacalteco, Mochó, Cakchiquel, Lacandón), con diverse lingue e costumi, concentrati per lo più nella zona de Los Altos e nella Selva Lacandona. Lo stato ha consolidato nel tempo un sistema di relazioni con le comunità basato su sistemi burocratici e clientelari.
In questa regione, negli anni novanta, il 60% della popolazione viveva in zone rurali, il tasso di analfabetismo raggiungeva il 30% (oggi ancora il 14%), metà della popolazione viveva in case senza acqua corrente, il 30% delle abitazioni era senza luce elettrica (il 90% tra le comunità indigene), c'era un alto tasso di povertà (una povertà estrema), il 54% della popolazione era affetta da denutrizione, con malattie diffuse ed un'aspettativa di vita bassa. Le popolazioni indigene soffrivano le condizioni peggiori, subendo inoltre atti di razzismo e discriminazione, che includono violenza.
La povera economia si basa soprattutto sull'agricoltura: sulla coltivazione (prevalentemente caffè, ma anche mais, cacao, banane e canna da zucchero) e sull'allevamento (bovini da carne), con una certa presenza di terre ejidali e collettività agricole. Una situazione di forte contrasto alla luce di rappresentare, il Chiapas, allo stesso tempo il più grande esportatore di caffè, il secondo produttore di petrolio (dopo Veracruz) e produttore di metà dell'energia idroelettrica del paese.
Le politiche neoliberiste ebbero anche qui ricadute pesanti. Le multinazionali poterono penetrare ed invadere la regione, trasformando le sue terre, avvelenandole con prodotti tossici, saccheggiando le risorse prime. Si conobbe un processo di ulteriore pauperizzazione dei contadini che, espulsi dalle campagne, andavano verso le città dove cercavano di sopravvivere attraverso lavori occasionali, espedienti e delinquenza. La classe operaia nella regione invece è sempre stata assai ridotta.


UN PASSATO DI LOTTA

La guerriglia degli indigeni e dei contadini del Chiapas, e lo stesso EZLN, non nasce nel 1994 dal nulla. Uno dei primi movimenti rivoluzionari del Messico (post rivoluzione), che si rifaceva allo zapatismo e al maoismo, è presente già nel 1957 nel Morelos e viene identificato come movimento jaramillista, dal nome del suo leader Rubén Jaramillo. La lotta armata era ricomparsa poi il 23 settembre 1965 (data simbolo per tutti i guerriglieri messicani che seguirono) con l'assalto al quartiere generale di Ciudad Madera ad opera del Grupo Popular Guerrillero. Il movimento del '68 messicano, pur avendo come epicentro le mobilitazioni studentesche di Città del Messico (con il famoso massacro di oltre duecento studenti da parte del governo il 2 ottobre in Piazza delle Tre Culture), ebbe ripercussioni in tutto il paese. Poi da lì un grande sviluppo negli anni '70 di movimenti di guerriglia rurale e guerriglia urbana (come il Partido de los Pobres 1967 – 1974, l'Asociación Cívica Nacional Revolucionaria 1968 - 1972, il Movimiento de Acción Revolucionaria 1969 – 1979, il Partido Revolucionario Obrero Clandestino Unión del Pueblo 1971 – 1996, la Liga Comunista 23 de Settembre 1973 – 1983, e diversi altri di piccole-piccolissime dimensioni..) cui riferimenti andavano allo zapatismo agrarista, al marxismo-leninismo (termine inteso come stalinismo), al guevarismo, al vago guerriglierismo. Anche nel Chiapas arrivarono queste influenze, oltre ad alcune di queste stesse organizzazioni.

Da considerare inoltre che la Chiesa cattolica, con i domenicani (missionari dell'ordine dei Predicatori) e la teologia della liberazione, dette il proprio contributo alle lotte di resistenza e ribellione, a volte mescolandosi pure nel guerriglierismo, nel Chiapas, nel Messico oltre che nel centro e Sud America. La Chiesa, o meglio le Chiese, entrate da decenni nelle comunità indigene della regione (ritornate negli anni '50 dopo “l'espulsione” avvenuta ai tempi della Guerra di Riforma e della vittoria di Benito Juárez nel 1867), trasformarono la loro vita, le loro tradizioni, i loro equilibri interni, a volte in maniera pacifica, altre volte in maniera conflittuale. Giocarono un ruolo centrale nell'evoluzione della loro identità (molti degli stessi indigeni finirono per diventare catechisti) e riuscirono a diventare qui più influenti dello stato. Discorso che vale non solo per la Chiesa cattolica (che sul piano morale - vedi temi aborto, anticoncezionali, ecc.. - resta conservatrice) ma anche per quella protestante, arrivata in un secondo momento, che veicolava elementi contrari sia al progresso sia al liberismo. I metodisti ed i presbiteriani si collocavano anche loro tendenzialmente a sinistra, gli evangelici ed i pentecostali decisamente meno (c'erano poi inoltre molte altre piccole sette religiose).

Nel 1974, grazie all'impegno del vescovo Samuel Ruiz García, esponente della teologia della liberazione, di altri sacerdoti e di militanti maoisti si realizzò il primo congresso indigeno in Chiapas che, raggruppando diverse comunità, si focalizzò nella discussione della lotta per la terra ed assunse parole d'ordine addirittura rivoluzionarie e marxiste. Da questa esperienza nacquero diverse organizzazioni indigene di lotta, tra cui la più importante la Quiptic Ta Lecubtesel, filomaoista (grazie all'influenza di Unión del Pueblo e poi di Politica Popular – Linea proletaria, organizzazioni maoiste che lavoravano in sinergia con la diocesi [1]), capace di dare il via ad una lunga stagione di lotta, continua ma silenziosa.


LE FLN

L'EZLN nasce nel 1983 come il braccio armato delle Fuerzas de Liberación Nacional (FLN) e la storia della costruzione dell'organizzazione è una storia affascinante.
Le FLN sono un'organizzazione armata rivoluzionaria che nasce il 6 agosto 1969 a Monterrey, guidata da César Germán Yáñez Muñoz e composta da militanti (8 nel 1969) della classe media (studenti, universitari, professori), alcuni provenienti dal Ejercito Insurgente Mexicano. Il suo organo ufficiale è, dal 1979, Nepantla. Già nel 1972 avevano provato a stabilirsi nella Selva Lacandona ed a costruire il “Nucleo Guerrigliero Emiliano Zapata”, ma l'esperienza durò fino al 1974 quando l'intera organizzazione rischiò di essere completamente smantellata a seguito di una dura repressione da parte dello stato, condotta tra l'altro verso tutte le varie formazioni rivoluzionarie, che portò alla morte del suo leader e di diversi suoi dirigenti. I pezzi furono raccolti dal nuovo leader Mario Saenz fino a quando, con la sua morte avvenuta a seguito di un incidente nel 1977, subentrò Fernando Yáñez Muñoz, soprannominato comandante Germán in onore di suo fratello (il fondatore), affiancato da Federico Ramírez (comandante Rodrigo), secondo al comando e mente politica delle FLN. Anche sull'onda dell'avanzata del movimento rivoluzionario latino americano l'organizzazione riesce a ricostruirsi, decidendo all'inizio degli anni '80 di provare a ristabilirsi in Chiapas (in quegli anni l'organizzazione conta proprie cellule in Nuevo Leon, Veracruz, Puebla, Tabasco, Città del Messico; circa 20 militanti, di cui nessun operaio). Lì nel marzo del 1980, grazie a degli agganci nella parrocchia (tenuti dal comandante Rodrigo), entrano in contatto con un gruppo di contadini di Sabanilla, nella zona de Los Altos: una decina di militanti indigeni navigati (tra cui un ragazzo di 11 anni), ex membri di gruppi maoisti che convergono sulla necessità della lotta armata [2]. E' con questa élite indigena, come viene chiamata, che le FLN, mantenendo la direzione politica-militare, decidono di fondare l'EZLN. L'attività preparatoria successiva si svolge nei paraggi di San Cristóbal, cominciando l'esplorazione nella Selva. L'arrivo delle FLN nel Chiapas e l'avvio delle fasi preliminari per l'insediamento coincide con l'epoca della frantumazione dei gruppi maoisti già presenti nella zona, attraversati da crisi interne ed espulsi, per dissapori, dai membri della diocesi nel 1979. La Quiptic Ta Lecubtesel, disgregata, rinasce come Unión de Uniones - Ejidales y Grupos Campesinos Solidarios de Chiapas.

E' in questo contesto che riesce ad incunearsi l'EZLN, del resto il suo discorso era simile a quello delle organizzazioni maoiste che avevano influenzato fin prima il popolo indigeno. Simile ma non uguale. Infatti le FLN, fin dalla sua nascita, si richiamano ideologicamente al guevarismo, con caratteri estremamente filo cubani e settari, non coltivando nessun rapporto con le altre organizzazioni guerrigliere e dell'estrema sinistra del Messico. Rispecchiando le FLN, L'EZLN delle origini non aspira, come i maoisti, a mobilitare le masse e a portare la guerra dalla campagna alla città, al massimo riprendono alcuni elementi della concezione fochista della guerriglia (“fuochi” isolati che diano l'innesco generale, un élite armata distaccata dal popolo che indica la via, attraverso azioni intermittenti), avendo appunto come riferimento il movimento di guerriglia del Che. Ma con significanti particolarità, le basi strategiche delle FLN - EZLN sono infatti ulteriormente deformate. Da un lato si cerca di prendere le distanze dall'analisi ufficiale del blocco socialista nel quale il Messico è classificato come un paese amico, dato che la sua politica estera ufficiale porta avanti buoni rapporti con Cuba ed aiuta i guerriglieri dell'America latina, e per questo quindi non può essere un paese dove sviluppare la rivoluzione (assurdità del campismo, ossia dello stalinismo). Dall'altro lato viene sviluppata una propria teoria peculiare ed autonoma, incentrata nella storia e nella tradizione messicana che comunque non contempla l'azione rivoluzionaria nel breve e medio periodo, neppure declinata nella creazione di un foco d'avanguardia, bensì attestandosi nell'attesa e nella preparazione prolungata della guerra rivoluzionaria, possibile in seguito ad una sollevazione generale che verrà, un giorno lontano e da fuori, lontano dal Chiapas: “Un giorno sarà necessario combattere e per quel giorno sarà necessario farci trovare preparati” [3]. Di riflesso si dà inizialmente molta importanza all'aspetto politico. Per tutti questi motivi il gruppo non ha legami con nessun altro movimento guerrigliero, né polo socialista o antimperialista.


1983, L'INIZIO NELL'ISOLAMENTO

La fondazione vera e propria del EZLN avviene il 17 novembre 1983. Il gruppo iniziale, dopo una selezione fatta l'anno prima, è composto da 6 membri totali tra cui 3 meticci-ladinos (Germán, Rodolfo, Elisa) e 3 indigeni (Frank, Javier, Jorge). Decidono, su consiglio della componente indigena, di installare il proprio accampamento nelle zone più impervie del Chiapas, nelle montagne della Selva Lacandona, dove è garantita una condizione sicura di clandestinità, lontana dall'attività dell'esercito e dai servizi, ma dove allo stesso tempo neanche gli stessi indigeni della regione osano restarci per quanto la zona sia inospitale (l'accampamento fu chiamato proprio “La pesadilla”, l'incubo). Qui si stabilisce il gruppo, con l'intenzione di addestrarsi e formare in prospettiva un esercito regolare, aspettando tempi e congiunture migliori (anche se pare il settore indigeno riservasse speranze di un processo più rapido).

Dopo qualche mese, nell’estate del 1984, altri tre uomini delle FLN raggiungono il gruppo nella Selva (si contano ora 7 membri stabili e due che fanno la spola per rifornimenti). Uno di questi, che già era arrivato nel Chiapas nel 1982 per il lavoro propedeutico alla costruzione del gruppo guerrigliero, si fa chiamare Marcos e diventerà la leggenda dell'EZLN. Il suo vero nome è Rafael Sebastián Guillén Vicente, ha un passato di studi di filosofia (approfondendo soprattutto Althusser e Foucault) all'Universidad Nacional Autónoma de México (UNAM), finendo per un periodo a fare il professore di disegno della comunicazione alla Universidad Autónoma Metropolitana (UAM). E’ stato influenzato dalla portata del movimento studentesco del 1968 (nel quale regnavano il maoismo ed il guerriglierismo, i metodi dell'assemblearismo e della democrazia diretta) ed è passato per l'esperienza della lotta politica degli anni '70, entrato nelle FNL, dice, “molto tempo dopo” il '74 (l'anno della repressione verso questa organizzazione). In questo momento ha 27 anni ed entra nell'EZLN (incaricato di dare lezioni di storia al gruppo) con il grado di tenente, diventando dopo poco tempo capitano in seconda, al comando di 3 insurgentes, in un accampamento di 4 persone. Presto si distinguerà per il suo stile letterario, metaforico, autoironico, costruendo il suo personaggio “anti-eroe”, in contrasto con la rigida tradizione marxista-leninista e delle FLN.

Il primo periodo dell'attività dei guerriglieri si svolge così in condizioni, in quel contesto per forza di cose, di estrema solitudine, solo qualche contatto sporadico con singoli contadini, ma nessun contatto aperto con le comunità locali. C'era chi (Gabriela, già dirigente delle FLN) dall'esterno poteva comunque portare saltuariamente una minima assistenza ma essenzialmente il gruppo vive di caccia (soprattutto scimmie e fagiani, una volta addirittura ci si ciba anche di un puma) e di frutti selvatici. Le informazioni arrivavano perlopiù dall'estero, attraverso una radio ad onde lunghe che riceveva Radio Habana, The Voice of America, Radio Exterior della Spagna, Radio France Internationale, ma senza alcuna informazione, e percezione, di quello che stava accadendo all'interno del Messico. Condizioni molto dure anche per gli stessi indigeni del gruppo, che vivevano distaccati e lontani dalle loro comunità.
L'attività del gruppo si concentra in questa fase essenzialmente, oltre nella sopravvivenza, nell'addestramento con armi da fuoco e nel lavoro politico interno, fatto di studio di manuali di guerriglia ed antiguerriglia, di formazione della coscienza rivoluzionaria e di indottrinamento dei propri membri, perlopiù verso la componente indigena. Quest'ultima infatti era ritenuta politicamente navigata sotto l'aspetto dell'esperienza ma poco preparata sul piano teorico, oltre che semi-analfabeta. La componente meticcia impartiva inoltre a costoro lezioni di lettura, di scrittura, di storia generale e di storia messicana. Di contro gli indios, grati per le lezioni che ricevevano, poterono aprirsi più facilmente, facendosi conoscere più in profondità e facendo conoscere il proprio mondo, così diverso. La componente meticcia poté quindi anch'essa apprendere questo mondo ed addentrarcisi, rafforzando la coesione del gruppo.


1985-1986, NEI VILLAGGI

Anche grazie al gruppo dell'élite indigena, che aveva fin dall'inizio anche il ruolo di fare da ponte con la popolazione locale, l'EZLN comincia dal 1985 circa ad avere i primi contatti con le comunità, a lavorare con singoli contatti di indigeni fidati che, mantenendo un riserbo assoluto, decidono di unirsi al gruppo guerrigliero (l'abuso di alcol, frequente nelle comunità indigene, rappresentava il maggior pericolo per la copertura). Questi, a loro volta, avendo il permesso di visitare le loro famiglie e le comunità, potevano svolgere lì un lavoro politico, soprattutto attraverso relazioni parentali. Era un processo molto lento, molto selettivo e molto duro.
Nel 1985 l'organizzazione guerrigliera conta 8 membri (tra i meticci Germán, Rodolfo, Elisa, Marcos, Pedro, Daniel; tra gli indigeni Frank, Javier). L’anno seguente il comandante Germán fa ritorno a Città del Messico per curare l’espansione dell’intera organizzazione (le FLN) a livello nazionale, con il compito di comprare armi negli Stati Uniti. A subentrare come capo dell’EZLN è quindi la comandante Elisa. Marcos invece otterrà il grado di subcomandante a fine anno. In questo momento, a fine 1986, i guerriglieri sono 12, ora quasi tutti indigeni, presenti in più accampamenti.

Il gruppo guerrigliero arriverà successivamente a ricevere l'appoggio di alcuni interi villaggi (il primo nel 1986) che approvano la lotta armata, soprattutto presentata come strumento di autodifesa. Questo grazie ad un lavoro basato sulle relazioni con i leader religiosi (oltre a benevoli rapporti bilaterali dall'alto tra il comandante Rodrigo ed il vescovo Samuel Ruiz) ed un lavoro sulla base dell’Unión de Uniones, che coinciderà sempre più con L’EZLN.
E' chiaro che nell'immergersi nel lavoro politico e militare con la popolazione indigena si manifesta fin da subito un certo scontro culturale, una realtà aliena e refrattaria alle concezioni ed ai riferimenti del lessico politico classico (e marxista), per questo si fa pian piano strada all'interno del gruppo un certo adattamento verso altre forme di linguaggio e legame politico.

Marcos, successivamente, sottolinea ed enfatizza più del dovuto, per convenienza politica, che proprio in questo periodo, se non fin dall'inizio, l'EZLN subisce una “contaminazione” ed un'influenza da parte del mondo indigeno che “assume allora, consapevolmente o meno, il ruolo dell'allievo di fronte ai maestri” e dà l'avvio ad “un lungo processo di trasformazione dell'EZLN da esercito di avanguardia rivoluzionaria in esercito delle comunità indigene” [4]. E' da ritenere invece che queste dinamiche siano sì presenti ma del tutto marginali. Il timone è ancora tenuto saldamente in mano dal gruppo politico-militare dell'EZLN in simbiosi con il gruppo dirigente delle FLN (la cui Direzione Nazionale è composta da Germán - comandante in capo -, Rodrigo ed Elisa), che fino all'ultimo non operano nessuna revisione strategica.


1989, IL SALTO

E' nel marzo del 1988 che il comando dell'EZLN passa infine nelle mani del subcomandante Marcos, a seguito del ritiro dalla Selva della comandante Elisa, rimasta incinta dopo il matrimonio con un altro dirigente delle FLN: Vicente, l'editore della rivista Nepantla, che spesso si recava dai guerriglieri. Era costume dell'organizzazione infatti svolgere diverse esperienze di scambi bilaterali, tra delegati guerriglieri della foresta e militanti della città.
Accanto a Marcos, ci sono altri due subcomandanti, che assieme rappresentavano le colonne portanti dell'EZLN: Daniel e Pedro, anche questi meticci (su questo elemento, i meticci al comando di un esercito di indigeni, alcuni pensatori postmoderni de-colonialisti potrebbero scandalizzarsi, noi no). Come premio di consolazione all'ascesa di Marcos, Germán affida a Rodolfo (uno dei tre fondatori dell'EZLN) il comando del Frente Villista de Liberación Nacional, appena fondato dalle FLN nelle montagne del Chihuahua, ma certamente modestissimo nei numeri.

Se le relazioni con le comunità restano comunque ancora deboli fino al 1988, nel 1989 avviene un vero salto, facendo passare l'organizzazione militare da 80 a 1300 combattenti. Riuscendo ad incunearsi tra i settori della popolazione che avevano già rotto da tempo con la propria tradizione ancestrale, nella zona della Selva Lacandona si arriva a controllare la maggior parte dei villaggi, oltre a valli intere. Una dinamica simile, molto favorevole, pure nella regione de Los Altos, mentre si riesce ad avere una certa influenza, per lo più politica, pure nella più difficoltosa zona Nord del Chiapas. Oltre all'impegno per costruire l' “esercito popolare” l'EZLN svolge anche laboratori di produzione e corsi di formazione in agronomia “nella prospettiva di un'economia bellica, (…) tutto ruotava intorno a un'economia bellica”. Infatti secondo Marcos: “la nostra idea era un esercito popolare che doveva produrre, non limitarsi soltanto a combattere” [5].

L’espansione dell’influenza dell’EZLN è soprattutto dovuta ai buoni rapporti con la diocesi, dagli esponenti di base (tuhuneles – una specie di diaconi dei villaggi - e catechisti) fino alla persona del vescovo, che si ritrova totalmente allineata ed offre il proprio appoggio. Certo di fronte a questa l’EZLN presentava ancora l’uso delle armi come mero strumento di autodifesa, nascondendo il vero fine, cioè l’insurrezione. Un altro tassello importante per l'allargamento del bacino di raccolta e dell’influenza dei zapatisti fu il lavoro di egemonia svolto dentro l’Unión de Uniones, diventata nel 1988 Asociacion Rural de Interes Colectivos (ARIC), che risulterà coincidere sempre più con l’EZLN.

Tutti questi elementi (Marcos al comando dell’EZLN, il primo nucleo politico militare dei 3 fondatori non più presente in Chiapas, il salto quantitativo e qualitativo dei zapatisti), portano ad un limitato cambio di equilibrio nelle relazioni interne tra EZLN e FLN. Marcos e l’EZLN acquistano una certa propria autonomia (anche gestendo autonomamente le finanze dell'EZLN), senza comunque mettere in discussione la direzione e la genitorialità delle FLN. Non mancherà mai infatti il coinvolgimento di quest’ultime nelle questioni più importanti oltre all’espressione di riconoscenza e fedeltà verso il comandante Germán (che, come capo massimo, compie frequenti visite nella foresta). Marcos, nelle sue ricostruzioni successive, a parte menzioni superficiali, eluderà sempre il tema delle relazioni avute con Germán e le FLN. Eluderà anche il tema delle strette relazioni con la chiesa, oltre all’aspetto militare più profondo dell’organizzazione (dimostrazioni, preparazioni, manovre, flusso di armi, ecc.).

La luna di miele tra l’EZLN e la chiesa e tra l’EZLN e l’ARIC non è però destinata a durare. La chiesa, con periodi di alti e bassi, si ritrova divisa nell’appoggio agli zapatisti, complice anche l’arrivo fino in Chiapas dell’influenza del nuovo personaggio della sinistra messicana: Cuauhtémoc Cárdenas, ex governatore del PRI, candidato presidente alle elezioni del 1988 e figlio del ben più presentabile Lázaro Cárdenas. Anche l’ARIC diventa sempre più moderata e filogovernativa e sempre meno sotto il controllo degli zapatisti. Le regioni, le valli e i villaggi si ritrovano ad essere divisi anch'essi, pur non ostacolando attivamente l’EZLN, che se da un lato perde consenso, dall’altro riesce comunque ad allargarsi in altri settori. Nel 1991 (il 20-21 luglio) gli zapatisti, in contrasto alla metamorfosi dell'ARIC ed in seguito a divergenze riguardo l'uso delle armi, organizzano una scissione formando l'Alianza Nacional Campesina Independiente Emiliano Zapata (ANCIEZ), sotto la loro egemonia.


1992 E LOTTA ARMATA

E' nel 1992 che la lotta di tutti gli indigeni del Chiapas esce allo scoperto con una serie di mobilitazioni. La prima il 19 gennaio a Ocosingo, dove 4.000 contadini manifestano contro il Trattato di Libero Commercio e contro la riforma dell’articolo 27 della Costituzione. Il 7 marzo venne organizzata una marcia (chiamata Xi Nich, “formica in marcia”) in cui circa 700 indios, partendo da Palenque ed arrivando dopo sei settimane a Città del Messico, denunciarono la repressione alle loro organizzazioni, le carcerazioni ingiuste (sotto il governo chiapaneco di Gonzales si contano 1.300 indios incarcerati senza alcun processo democratico), ed i tagli ai programmi sociali. Il 3 aprile un’altra manifestazione di 3.000 contadini sugli stessi temi.
Anche l’EZLN si dà da fare. Marcos, in aprile, si assenta per un breve periodo dal Chiapas per andare a curarsi, approfittando così anche per tornare l’ultima volta alla casa della sua famiglia. In quei giorni viene sostituito da Germán. In maggio, dopo il ritorno del subcomandante, viene organizzata una propria mobilitazione clandestina come dimostrazione di forza (non era la prima volta) in cui partecipano circa 5.000 zapatisti.

Il clima nella regione si faceva quindi sempre più caldo, ma non erano le temperature, erano i contadini che scalpitavano. Diversi elementi concorrevano ad esasperare gli animi. C'erano alle spalle anni di sopraffazioni da parte di latifondisti ed allevatori di bestiame che continuamente sottraevano loro terre e foreste (anche con l'aiuto dell'esercito), c'era la ricaduta della crisi economica nella regione per effetto soprattutto della caduta dei prezzi del caffè, c'era infine in questo periodo l'attacco che il governo sta portando avanti all'articolo 27 della Costituzione, considerato da sempre una conquista ed un baluardo, seppur con molti limiti, della vecchia rivoluzione messicana. La controriforma in questione intendeva privatizzare la terra su larga scala, spazzando via le tipiche proprietà ejidali e le terre collettive dei popoli indigeni.
Marcos era cosciente di questa tensione e di non poter più trattenere i contadini fomentati dal ricorso alle armi proprio dall'EZLN in tutti questi anni. Era l'ora di prendere in considerazione la sollevazione armata, ma su questo c'era da convincere la Direzione Nazionale delle FLN, che non aveva proprio la stessa sensibilità. Prima quindi, a giugno, organizza una grande consultazione della base zapatista, dei villaggi e dei suoi membri, dove i maggiori di 12 anni votavano per passare alla guerra contro il governo messicano.
Gli ufficiali dell'EZLN facevano il giro tra le comunità illustrando la proposta ed allontanandosi appena dopo, lasciando la discussione, che poteva durare anche più giornate, in mano ai dirigenti del villaggio. Gli indigeni zapatisti elaborarono effettivamente che fosse esaurita l'efficacia di ogni risposta civile, in 15.000 votarono a favore della guerra, ben pochi i contrari. Un punto di svolta per l'EZLN, nel quale Marcos contribuisce con un ruolo attivo, contrariamente a quanto successivamente vuol far credere, cioè che la spinta sia venuta esclusivamente dagli indigeni e che lui ed il gruppo dirigente dell'EZLN avessero avuto un ruolo neutro se non addirittura frenante.

Appena dopo la consultazione della base segue un ulteriore passaggio tra tutti gli ufficiali dell'EZLN che, a San Cristóbal, pur potendo decidere a propria discrezione, ratificano la volontà popolare. Nella stessa riunione vengono discusse e licenziate le leggi fondamentali che si sarebbero dovute applicare alla vittoria della rivoluzione, le cosiddette “leggi rivoluzionarie” (fatte conoscere il 1 gennaio 1994 ma mai più successivamente riprese), in cui si prevede: una certa redistribuzione delle terre attraverso l'esproprio con indennizzo delle grandi aziende agricole (nessun altro esproprio o nazionalizzazione negli altri settori economici), una scala mobile dei salari per i lavoratori, commissioni miste (formate da rappresentanti di lavoratori, padroni, proprietari terrieri, commercianti e altre autorità) per la fissazione di prezzi e salari minimi, un piano di assistenza medica gratuita a carico dei datori di lavoro, un sistema fiscale con un'aliquota massima del 20% sui profitti dei grandi capitalisti. Misure che nel complesso ricadono in realtà in un timido programma di riforma sociale all'interno del capitalismo, poca cosa per delle forze armate che si professano rivoluzionarie e marxiste-leniniste.

Viene poi l'ora di una prima riunione della Direzione Nazionale delle FLN (ora ne facevano parte: Germán, Rodrigo, Elisa, Marcos, Lucia e Gabriela – Germán e Lucia erano anche compagni di vita, così come Rodrigo e Gabriela) nell'agosto 1992 a Città del Messico. Qui si scontrano duramente la linea di Marcos, propenso per la sollevazione, con quella di Rodrigo (che centrava la sua attività a Città del Messico), che arrivava addirittura a proporre di abbandonare le armi per dare priorità al lavoro politico. Germán invece non si schiera e resta neutrale. Pur se ormai Marcos e l'EZLN hanno un peso predominante ed una certa indipendenza rispetto al resto delle FLN (e ormai loro in qualche modo avevano deciso) nessuno vuole rompere, a nessuno conviene (l'EZLN senza le FLN non avrebbe avuto il flusso di armi, le FLN senza l'EZLN non avrebbe avuto nulla). Si decide che la questione sarà sciolta e sancita all'imminente Primo congresso del Partido de las Fuerzas de Liberación Nacional (PFLN).
Al ritorno da questa riunione Marcos incontra nuovamente gli ufficiali dell'EZLN per riferire gli aggiornamenti e per decidere sulla sorte politica di Rodrigo, che andava estromesso. Gli ufficiali, dal canto loro, propongono a Marcos di prendere il comando delle FLN, ma questo si oppone.

Nel frattempo, il 12 ottobre a San Cristóbal de las Casas, nel cinquecentesimo anniversario della scoperta dell'America, 10.000 manifestanti, per metà zapatisti dell'ANCIEZ, scendono in piazza, abbattono la statua di Diego de Mazariegos (il conquistatore spagnolo fondatore di San Cristóbal) ed occupano una serie di edifici pubblici denunciando gli abusi storici contro i diritti dei popoli indigeni (anche Marcos era presente, filmando la manifestazione con la sua cinepresa). Una mobilitazione che segna l'ulteriore escalation della lotta dei contadini del Chiapas.


IL CONGRESSO DEL PFLN

Cantando l'inno messicano e l'Internazionale il 23 gennaio 1993 si apre il primo congresso (e unico fino ad ora) del Partido de las Fuerzas de Liberación Nacional con circa 400 partecipanti tra militanti delle FLN (una quarantina), ufficiali dell'EZLN (che disponevano del voto in rappresentanza delle proprie compagnie) e rappresentanti dei popoli zapatisti del Chiapas (la maggioranza, circa 300, che disponevano del voto in rappresentanza dei propri villaggi).
Il PFLN dapprima riconferma gli assi delle linee fondatrici marxiste-leniniste delle FLN, ora espressi sotto forma di “dichiarazione di principi”, in cui si prevede la lotta rivoluzionaria politico-militare per abbattere il potere della borghesia, l'instaurazione della dittatura proletaria e la costruzione del socialismo in Messico (tutto in salsa stalinista).

C'è da ricordare che il contesto internazionale, negli ultimi anni, aveva subito una radicale trasformazione, portando ad una situazione di stallo e ridefinizione tutta la sinistra mondiale. Il muro di Berlino era caduto (1989), l'Unione Sovietica si era dissolta (1991), in America Latina c'era stata la sconfitta elettorale dei sandinisti in Nicaragua (1990), poi gli accordi di pace in El Salvador (gennaio 1992) (criticati dalle FLN) e prospettive di pace in Guatemala, inoltre non c'era nessun governo di sinistra nel Sud America tranne Cuba che rimaneva isolata. Nel 1990 il Partido dos Trabalhadores (PT) brasiliano decise di lanciare il Forum di San Paolo, una conferenza annuale tra partiti ed organizzazioni della sinistra latinoamericana per cercare di creare una discussione ed una prospettiva alternativa, post muro di Berlino, al neoliberismo nel continente. In questa alleanza Cuba ricopre un ruolo da protagonista.

Nonostante tutto questo il dibattito non trova intoppi ed anche tutti i contadini presenti, ormai abituati a questo lessico, approvano senza riserve la dichiarazione di principi (da capire in realtà quanto per loro fosse un atto di formalità o di vera coscienza). Il passaggio cruciale avviene successivamente con la discussione sul tema centrale della guerra al governo. Questa volta Rodrigo, che rappresentava l'ala più cauta, comprende i rapporti di forza e pur difendendo le proprie ragioni decide di non andare allo scontro, avvallando infine, a malincuore, la linea di Marcos (quest'ultimo aveva il totale controllo sui delegati militari e contadini). Tutti quindi, nessuno escluso, votano a favore della guerra.
Viene approvata infine la riforma e la nuova composizione degli organismi dirigenti del PFLN, proposta da Marcos (e di cui neanche Germán era a conoscenza), dove si prevedeva che il massimo organismo, dopo il Congresso, era il Comitato Centrale, composto da Germán (Segretario generale), Marcos (Segretario militare) e Lucha (la militante più antica delle FLN, di sessant'anni, Segretaria delle masse). Rodrigo invece venne marginalizzato, cadendo in disgrazia.


IL CCRI E LA DEMOCRAZIA ZAPATISTA

Per modificare la struttura direttiva in vista della guerra, per dare spazio e formalizzare il potere reale acquisito dalla base zapatista e supportare Marcos (ed il suo peso), marginalizzando il vecchio gruppo politico-militare, si decide di istituire anche il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno (CCRI), composto da rappresentanti delle comunità (pare poco più di una ventina).
Attraverso il CCRI viene introdotta nello zapatismo la democrazia rappresentativa: i villaggi eleggono la loro autorità zapatista, le varie autorità zapatiste eleggono il rappresentante regionale, i rappresentanti regionali eleggono quelli di zona, quelli di zona eleggono i rappresentanti di etnia (tojolabal, tzotzil, tzeltal, zoque, mame, chol e meticci) ed infine i rappresentanti di etnia nominano chi fa parte del Comitato. Ora il CCRI, le comunità indigene, hanno, attraverso Marcos, peso su tutta l'organizzazione, potendo indirizzare l'attività da svolgere dagli altri distaccamenti del PFLN nelle città, comunque marginali.

La costituzione di questa forma organizzativa è stato il risultato di un lungo processo, derivante anche dalle forme democratiche spesso già presenti (ma non sempre) all'interno delle comunità, e rappresenta una rottura di segno progressista rispetto alle passate esperienze di guerriglia di ispirazione stalinista. L'EZLN si basa infatti su un ideale di democrazia comunitaria, il “mandar obedeciendo” (comandare obbedendo) che contempla però molteplici varianti. Essenzialmente si fa riferimento alla pratica del consenso, all'assemblearismo, ma viene specificato da Marcos che non in tutti i contesti è possibile ricorrervi a questo: “Le comunità apportano la loro pratica, la risoluzione dei problemi collettivi per mezzo del consenso, con tutti i suoi limiti. Si discute in assemblea, e non si prende una decisione fino a quando tutti non sono d'accordo. Non si vota nemmeno. Nella maggior parte dei villaggi non si vota, non si decide a maggioranza, o si raggiunge l'unanimità o niente. (…) Credo sia una forma di democrazia possibile soltanto nella vita comunitaria. (…) Ma non può essere generalizzata, trasferita altrove come modello, per esempio in città, e nemmeno a livello di uno stato o di tutto il paese. (…) Secondo noi la democrazia rappresentativa funziona a certi livelli.. anzi, funzionerebbe, se esistesse davvero. Ad altri livelli, ci vuole invece la democrazia comunitaria, la democrazia diretta o la democrazia sociale” [6]. In realtà la democrazia comunitaria e ancor di più la pratica del consenso possono aver effetti negativi anche in contesti ristretti. Dietro queste pratiche possono celare abusi di potere, estromissione di minoranze, forme di violenza sociale o addirittura fisica. Non c'è garanzia di vero confronto e sviluppo della coscienza collettiva. Si esclude la dissidenza, l'astensione ed il vero confronto politico. Sono pratiche cioè tutt'altro che democratiche. Manifestazioni negative queste che effettivamente coinvolgono anche alcune comunità zapatiste in cui vigono ancora le “maggiordomie” tradizionali degli anziani. L'EZLN dirà: “Rispettiamo anche queste forme, è una cultura diversa, (…) facciano pure a loro modo. (…) Per noi l'importante è che l'autorità sia eletta e si metta al servizio del popolo” [7].

Alla struttura politica del CCRI viene comunque affiancata quella militare del Comando Generale (CG), incentrato su Marcos (affiancato perlopiù dal maggiore Moisés e dal comandante Tacho).
Il congresso, chiusosi il 26 gennaio, determina il trionfo della montagna sulla città, degli indigeni sui meticci. Ma non avviene certo un’inversione di comando nell’EZLN (come alcune volte è stato rappresentato). Gli indigeni continuavano a sottostare coscientemente al Comando Generale, a Marcos, al PFLN ed ai suoi principi marxisti-leninisti. E' Marcos ora formalmente il capo dell'EZLN, dopo esserlo stato nei fatti da diversi anni, che continua a mantenere l'ombrello del PFLN, di cui è tra i massimi dirigenti.


Seconda parte



Note:

[1] Unión del Pueblo fu in grado di dirigere in principio la Quiptic Ta Lecubtesel, nella quale i dirigenti erano il più delle volte anche allo stesso tempo catechisti. Unión del Pueblo organizzazione non lavorava per organizzare la guerriglia ma dava priorità al lavoro di coscienza che avrebbe dovuto portare all'insurrezione (in questa organizzazione c'era invece anche una tendenza più guevarista e fochista, che successivamente si distaccò e andò a formare il Partido Revolucionario Obrero Clandestino Unión del Pueblo (PROCUP)). In un secondo momento il vescovo Samuel Ruiz García sposò la causa di un'altra organizzazione maoista (che sposava la teoria delle zone liberate piuttosto che dell'insurrezione), Politica Popular – Linea Proletaria (divisasi da poco da Politica Popular – Linea di Massa), aprendogli la strada per l'inserimento nelle comunità e nei ruoli chiave delle organizzazioni indigene del Chiapas, facendola diventare così egemone in poco tempo ma provocando una certa divisione nel clero. Curioso sapere come alcuni di questi protagonisti del maoismo ricevessero apprezzamenti e qualche supporto anche da parte di personalità del PRI che successivamente arrivarono a ricoprire ruoli chiave nella Repubblica messicana.
[2] Il leader era chiamato Paco, alcuni degli altri erano Frank, Benjamin, Mario (di 11 anni), Yolanda, Cecilia.
[3] cit. Chiapas: La Rivoluzione Indigena – Carlos Montemayor (1998)
[4] cit. Il sogno zapatista – Subcomandante Marcos con Yvon Le Bot (1997)
[5] cit. Il sogno zapatista – Subcomandante Marcos con Yvon Le Bot (1997)
[6] cit. Il sogno zapatista – Subcomandante Marcos con Yvon Le Bot (1997)
[7] cit. Il sogno zapatista – Subcomandante Marcos con Yvon Le Bot (1997)

Elder Rambaldi

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