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Berlinguer? Togliattiano e socialdemocratico

11 Giugno 2024

Riflessioni su un mito da sfatare a quarant’anni dalla scomparsa

berlinguer


Enrico Berlinguer, a quarant’anni dalla scomparsa, nell’immaginario collettivo degli uomini e delle donne di sinistra, riesce a suscitare ancora emozioni e nostalgie; soprattutto se lo si identifica come l’ultimo comunista che l’Italia abbia avuto.
Addirittura, alcune forze politiche della cosiddetta sinistra radicale, come il PCI di Alboresi, ma non solo, lo sbandierano a destra e a manca come icona del comunismo italiano.

Ma veniamo ai fatti. Dopo la morte si Togliatti e la parentesi di Luigi Longo alla segreteria del partito dal 1964 al 1972, Berlinguer nel 1972 viene scelto dall’apparato come segretario, nel solco della continuità delle idee e delle impostazioni togliattiane elaborate dal ‘migliore’ nella cosiddetta svolta di Salerno, avvenuta nell’aprile del 1944.


LA DEMOCRAZIA PROGRESSIVA

Tra l’autunno del 1943 e aprile del 1944 Togliatti, d’accordo con Stalin, elabora una proposta politica rivolta a tutti i partiti antifascisti, che prevede l’accantonamento della questione istituzionale e la partecipazione al governo Badoglio.
Togliatti diventa ministro senza portafoglio del successivo governo Bonomi. Dopo la liberazione Togliatti assume il dicastero della Giustizia nel governo Parri, e lo mantiene nel successivo governo De Gasperi.
Togliatti promuove l’amnistia che mette in libertà circa diecimila fascisti, molti dei quali si erano macchiati di sangue. Tra i beneficiari del provvedimento figura un colonnello dei Carabinieri, condannato all’ergastolo per l’assassinio dei fratelli Rosselli, e quattro torturatori della famigerata banda Koch.

La democrazia progressiva elaborata da Togliatti nell’aprile del 1944 rappresenta una rottura netta con il pensiero gramsciano e leninista. Togliatti vuole costruire un partito di massa, teorizza la democrazia dei partiti, la difesa delle istituzioni contro ogni velleità rivoluzionaria, la non belligeranza con la Chiesa cattolica, il pluralismo sociale ed economico, dove accanto alla proprietà pubblica e cooperativa, conviva anche la proprietà privata.
È l’inizio del ‘partito nuovo’, che ingloba il Partito Comunista Italiano nei gangli dello stato della borghesia.


IL COMPROMESSO STORICO

Berlinguer attraversa politicamente la metà degli anni Settanta, dove a sinistra c’è voglia di cambiamento dopo la strategia golpista e le bombe fasciste.
Si mostra più sensibile di Togliatti nell’affrontare tematiche nuove per il movimento operaio, come la questione femminile, il divorzio, l'aborto. Inizialmente il Partito Comunista Italiano è titubante per il referendum sul divorzio promosso dal Partito Radicale, ma poi la grande forza del PCI diventa determinante per la vittoria del 1974.

Dopo il golpe cileno, tra settembre e ottobre del 1973, con tre articoli su Rinascita Berlinguer scrive le tesi del compromesso storico. Le sue parole: «Se è vero che una politica di rinnovamento democratico può realizzarsi solo se sostenuta dalla grande maggioranza della popolazione, ne consegue la necessità non soltanto di una politica di larghe alleanze sociali, ma anche di un determinato sistema di rapporti politici, tale da favorire la convergenza e una collaborazione tra tutte le forze democratiche e popolari, fino alla realizzazione tra di esse di un’alleanza politica».
Le analogie con la democrazia progressiva di Togliatti sono eloquenti.
In politica internazionale, nel marzo del 1977, elabora una dichiarazione congiunta con i comunisti francesi e spagnoli che dà l’avvio all’eurocomunismo, il quale nel rispetto delle istituzioni democratiche e del pluralismo delle forze politiche e sociali, si prefigge, attraverso la tattica della progressiva attuazione delle riforme, il superamento del capitalismo.


LA SOLIDARIETÀ NAZIONALE

Fu il trentatreesimo governo della repubblica italiana, il terzo a guida Andreotti. Questo esecutivo viene ribattezzato governo monocolore di solidarietà nazionale, e nasce grazie alla formula della "non opposizione" da parte del PCI di Enrico Berlinguer, oltre agli altri partiti dell’arco costituzionale. Questo esecutivo rimane in carica dal 29 luglio 1976 al 11 marzo 1978.


LA SVOLTA ‘SOCIALDEMOCRATICO-MOVIMENTISTA’

Tra il 1979 e il 1980 Berlinguer, conscio dei gravissimi errori degli anni precedenti, che avevano determinato la perdita di milioni di voti e la rottura con i giovani, fa un’improvvisa virata a sinistra. Con un articolo su Rinascita lancia un appello ai giovani, che appena due anni prima aveva definito 'untorelli'; si presenta davanti ai cancelli della FIAT non escludendo un appoggio del PCI a un’eventuale occupazione; chiede il ripristino della scala mobile; rilascia un’intervista a Scalfari sulla questione morale, definendo i partiti delle macchine di potere senza più ideali; cavalca il movimento della pace contro i missili cruise che esplode nelle piazze.

Ma questa svolta socialdemocratico-movimentista appare più una resa dei conti interna al partito. A parte Ingrao, Tortorella e pochissimi altri dirigenti, la maggioranza dell’apparato non lo segue.
La CGIL stigmatizza sia il comizio davanti agli operai della FIAT sia il referendum sulla scala mobile. I falchi liberali e liberisti sono pronti a prendersi il partito. Il referendum, che si svolge nel giugno del 1985 (a un anno esatto dalla scomparsa di Berlinguer), non ha esito favorevole ma oltre il 45% delle persone vota per l’abrogazione del decreto che tagliava la scala mobile.


LA FINE

La fine del PCI come grande partito socialdemocratico di massa – perché questo era, a prescindere dal nome – finisce lì, davanti ai cancelli della FIAT. Ma l’implosione di questo partito ibrido era fisiologicamente inevitabile.
Il compromesso storico è stato la variante socialdemocratizzata della democrazia progressiva di Togliatti. Berlinguer usciva gradualmente dal togliattismo da destra, sposando, senza mai dirlo, la prospettiva di un aggiustamento in senso progressivo del capitalismo.
Il superamento del capitalismo all’interno del capitalismo che sbandierava è stato ed è un falso storico sociologico, economico e politico.

Sandro Bracciotti

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