Prima pagina
Referendum CGIL. La nostra linea e proposta
21 Maggio 2024
Come è noto, la CGIL ha promosso quattro quesiti referendari in materia di lavoro. Rivendicando l'abrogazione del “contratto a tutele crescenti” (cancellazione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori) introdotto dal governo Renzi col famigerato decreto 23/2015, il cuore del Jobs act; la cancellazione del tetto massimo di risarcimento ai lavoratori delle piccole imprese (previsto dalla legge 604 del 1966); l'abrogazione delle norme che liberalizzano i contratti a termine (articolo 19 del decreto legislativo 81/2015), anch'esse introdotte dal governo Renzi; l'abolizione delle norme che impediscono di estendere la responsabilità degli infortuni sul lavoro all'impresa appaltante, un tema quanto mai tragicamente attuale. Da notare che in quest'ultimo caso si tratta di norme varate a suo tempo dal governo Prodi, sostenuto da Rifondazione Comunista.
I referendum hanno dunque una natura progressiva nel loro contenuto. Il fatto, indubbio, che la burocrazia CGIL li abbia promossi in una logica sostitutiva dell'azione diretta nella lotta di classe non cambia la natura dei referendum; semmai conferma, se ve ne era bisogno, la natura della burocrazia. Certo, se la CGIL non avesse la direzione burocratica che si ritrova, se avesse avuto e avesse una direzione coerentemente classista e anticapitalista, l'intero scenario italiano sindacale e politico avrebbe preso negli anni un'altra piega, e con ogni probabilità non dovremmo ora occuparci di referendum. Ma i marxisti rivoluzionari si battono nella realtà qual è, non in quella che loro vorrebbero. E oggi i referendum sono e saranno, nelle condizioni date, uno dei terreni di scontro reale.
Non si tratta allora, per parte nostra, di contrapporre la lotta di classe ai referendum, ma di utilizzare ogni momento della battaglia referendaria per rivendicare la centralità di una proposta di svolta sul terreno della lotta di classe: per la vertenza generale, per una piattaforma di lotta unificante, per un vero sciopero generale. Mettendo in discussione apertamente la linea della burocrazia sindacale e ponendo l'esigenza di una direzione alternativa. Ciò che purtroppo l'attuale guida della minoranza CGIL (Le Radici del sindacato) non fa e non intende fare.
In questo quadro, compatibilmente coi nostri mezzi, intendiamo impegnarci per un ruolo attivo e riconoscibile nella battaglia referendaria. Partecipando ove possibile ai banchetti della raccolta firme, proponendo iniziative pubbliche a sostegno dei referendum, ponendo il tema di comitati unitari referendari come strutture di fronte unico. Ogni iniziativa può diventare infatti un'occasione di presentazione della proposta di lotta generale, ben al di là dei limiti del referendum. Più le avanguardie svolgeranno un ruolo riconoscibile nella battaglia referendaria, in questa o quella situazione e iniziativa, più potranno guadagnare uno spazio di ascolto e di attenzione per le proprie posizioni alternative.
Lo scontro referendario ha e avrà peraltro non solo una valenza sindacale ma politica.
Il governo a guida postfascista e l'intero fronte padronale si schierano per loro natura contro i referendum CGIL. Il PD, al di là della firma apposta dalla sua attuale segretaria, non può e non vuole appoggiare i referendum come partito, per il semplice fatto di aver promosso a suo tempo proprio il Jobs act. Il M5S di Conte, che ha preservato il Jobs act nella legislatura precedente pur detenendo a lungo la Presidenza del Consiglio, appone ora una firma pro forma giocando a scavalcare il PD per ragioni elettorali. A sinistra del PD, Alleanza Verdi e Sinistra e Rifondazione Comunista sostengono i referendum, ma su una linea totalmente schiacciata sulla burocrazia sindacale, senza avanzare alcuna proposta di svolta sul terreno della mobilitazione. Infine Potere al Popolo, in una logica settaria e autocentrata, ignora il terreno di scontro dei referendum per il solo fatto che sono promossi dalla CGIL, col risultato di lasciare campo libero alla politica della burocrazia.
Come PCL abbiamo dunque una nuova occasione per valorizzare la cifra caratterizzante della nostra politica nella combinazione dei suoi elementi fondanti: unità di classe e alternativa anticapitalista. La massima proiezione unitaria sul terreno del fronte unico di massa, contro ogni isolazionismo minoritario, e al tempo stesso la massima radicalità nell'indicazione dell'unica vera alternativa: la lotta per un governo dei lavoratori e delle lavoratrici, fuori e contro ogni illusione riformista.