Interventi
A novant’anni dall'assassinio di Kirov
L’inizio dei processi farsa di Stalin
11 Aprile 2024
Il 1 dicembre 1934, verso le 16:30. Sergej Kirov, primo segretario del Partito comunista russo di Leningrado è arrivato con la sua automobile presso lo Smolny ed è entrato dall'ingresso principale. Kirov ha in programma una riunione di circa un'ora con altri esponente di partito… e alle 18 un incontro con un gruppo d’attivisti. Kirov sale la tromba delle scale e si ferma a conversare brevemente con uno o due dipendenti. L'ufficiale della sua sicurezza era ad una rampa di scala, ammesso che fosse sulle scale…. Nikolaev era giunto allo Smolny per l’incontro con gli attivisti delle ore 18:00. Portava con se una valigetta con in mano dei vecchi giornali e in tasca aveva una rivoltella, si diresse verso il bagno. Quando Nikolaev uscì dal bagno, vide Kirov che s’incamminava verso di lui, lungo il corridoio principale del terzo piano, e si voltò verso il muro come per accendersi una sigaretta, Nikolaev lasciò quindi passare Kirov e poi lo seguì e quando Kirov svoltò a sinistra, in un corridoio laterale più piccolo che conduceva al suo ufficio accelerò il passo e gli arrivò alle spalle e poco dopo fece fuoco [1].
Negli anni ’30 e ‘40 del secolo scorso la burocrazia guidata da Stalin in Unione Sovietica, uccise tutti i principali leader della Rivoluzione d’Ottobre, coloro che furono i più stretti collaboratori di Lenin e Trotsky. Tra il 1936 e il 1938 lo stalinismo mise in piedi i processi farsa contro i leader bolscevichi; tra i banchi degli imputati vi erano dirigenti come Zinov’ev, Kamenev, Radek, Bucharin e Rakovsky ecc. Insieme ai leader della rivoluzione furono massacrati i migliori rappresentanti di diverse generazioni del marxismo rivoluzionario (operai ed intellettuali). Dal 1936 al 1939, quasi tre milioni di persone furono uccise in un’ondata di violenza controrivoluzionaria.
La purga stalinista ha rappresentato la vidimazione del pensiero di Trotsky di ciò che Stalin rappresentava: “il becchino della rivoluzione”.
La storia e la violenza di questi crimini senza precedenti hanno rappresentato e rappresentano una solida confutazione dello stalinismo, il quale non si basava sull’eredità teorica e politica del marxismo rivoluzionario del leninismo, bensì sulla sua distorsione.
La classe operaia non era spinta dal Partito al fine di guidare i processi rivoluzionari, ma utilizzata per mantenere lo status quo in Unione Sovietica, un semplice strumento di pressione da esibire all’imperialismo occidentale. Una delle differenze tra stalinismo e trotskismo, forse la più importante, non risiedeva solamente nella piattaforma, vale a dire nella proposta politica ma era anche etica, umana e fu descritta bene da Trotsky: «ci separa un intero fiume di sangue»[2]
Ma come si è arrivati a questo? Dove tutto ha inizio? Per fare chiarezza e cercare di dare un ordine alle cose e agli avvenimenti partiamo dal XVII congresso, noto come il congresso dei “vincitori” o dei “dei giustiziati” [3]
Il XVII Congresso del Partito Comunista di tutta l'Unione (bolscevico) si tenne a Mosca, dal 26 gennaio al 10 febbraio 1934.
Il Congresso si svolse, almeno nel suo inizio, in un clima surreale e tranquillo: i delegati nella loro quasi totalità erano più impegnati ad elogiare il “grande” Stalin e i suoi enormi progressi in ambito politico, sociale ed economico piuttosto che a discutere di politica.
Il Congresso approvò il secondo piano quinquennale per lo sviluppo dell’economia nazionale dell’URSS per il periodo dal 1933 al 1937.
ODG:
• Rapporto del Partito Comunista dei Bolscevichi di tutta l'Unione (J. Stalin)
• Rapporto della Commissione Centrale di Revisione (M. Vladimirsky)
• Rapporto della Commissione Centrale di Controllo - RKI (E. Rudzutak)
• Rapporto della delegazione del Partito Comunista dei Bolscevichi di tutta l'Unione all'ECCI (D. Manuilsky)
• Secondo piano quinquennale (V. Molotov e V. Kuibyshev)
• Questioni organizzative (partito e costruzione sovietica) (L. Kaganovich)
• Elezioni degli organi centrali del partito
Sull’ultimo punto dell’ODG scoppia il problema “Segretario” ovvero Kirov, l’uomo di Stalin che aveva preso il posto di Zinov’ev a Leningrado, che avrebbe preso più voti di Stalin. Molti, non solo tra gli storici, credono che la ragione principale dell'astio di Stalin per Kirov risieda proprio negli avvenimenti accaduti al XVII Congresso.
R. Medvedev, nel suo libro Su Stalin e lo stalinismo (Stalinismo origini e conseguenze), riporta che «quando la commissione di conteggio aprì le urne nella notte tra il 9 e il 10 febbraio» si scoprì che Stalin ricevette un numero di voti inferiore rispetto a Kirov: «Solo 3 voti sono stati espressi contro Kirov; 270 delegati del congresso hanno votato contro Stalin». Medvedev riporta che durante il congresso «si formò un blocco illegale composto principalmente dai segretari dei comitati regionali e del Comitato Centrale dei Partiti Comunisti Nazionali, i quali, più di chiunque altro, sentirono e compresero l'errore della politica di Stalin».
Le riunioni di questo blocco si svolsero negli appartamenti di Mosca di alcuni funzionari e vi presero parte esponenti del calibro di G. Ordzhonikidze, G. Petrovsky, M. Orakhelashvili, A. Mikoyan. Furono in quel contesto avanzate proposte per sostituire Stalin in favore di S. M. Kirov alla carica di Segretario generale. Un gruppo di delegati del congresso rese noto a Kirov la propria intenzione, ma egli rifiutò e senza il suo assenso il tutto divenne di difficile attuazione. A questa versione, R. Conquest, altro storico, aggiunge che la proposta del gruppo è stata espressa direttamente a Kirov dal Segretario del comitato regionale del Caucaso settentrionale, B.P. Sheboldaev. Le tempistiche e la modalità con cui si mosse questa “nuova opposizione di stalinisti moderati” (se così possiamo definirla) si rilevarono di poca importanza ai fini del risultato: molti delegati votarono contro Stalin (anche in questo caso vengono forniti numeri diversi, da 270 a 300).
Un ulteriore testimonianza viene fornita da V. M. Verkhovykh, uno dei delegati del XVII Congresso, che nel 1960 diede la sua testimonianza sui fatti, anche se sui numeri vi è qualche discordanza (anche sulle relative inchieste successive sul XVII congresso):
«…sono stato eletto per contare le schede. Furono scelte in tutto sessantacinque o settantacinque persone, non ricordo esattamente. Nemmeno io ricordo quante urne erano presenti, se tredici o quindici. Dovevano essere 1225 o 1227 deputati alle elezioni. Hanno votato 1222. Stalin, Molotov e Kaganovich hanno ricevuto più voti contrari (meno voti). Ognuno di loro ha ricevuto più di cento voti contrari, non ricordo esattamente, ma credo che Stalin abbia ottenuto 125 o 123» [4]
Stalin, secondo una buona parte degli storici, ordinò immediatamente la confisca delle schede elettorali (al di là di quanto fossero i voti contrari) in cui il suo nome era cancellato e annunciò pubblicamente al congresso che solo tre voti erano stati espressi contro di lui. Stalin, dunque, invalidò il congresso e il relativo voto segreto. Cambiando modalità e risultato, rimase Segretario.
Tutti gli eventi successivi acquistano un significato politico che mette, se così possiamo dire, il “timbro” della politica di Stalin, fatta di vendetta ed odio: il 1 dicembre 1934 Kirov viene ucciso e da lì in poi la società sovietica viene stretta in una morsa di sangue.
PERCHÉ KIROV DOVEVA MORIRE?
Le cause della morte di Kirov non sono del tutto chiare; una delle ipotesi, risiede nel campo personale, nel tradimento, in una sorta di triangolo amoroso in cui era coinvolto. La moglie di Nikolaev (assassino di Kirov), Milda Draule, secondo alcune voci che circolavano negli ambienti di partito a Leningrado avrebbe avuto una stretta relazione con Kirov. Nikolaev quindi si trovava a quel tempo in una situazione complessa in ambito lavorativo, poiché era ai margini nella vita della nomenklatura (avendo avuto un passato da oppositore) e in più viveva una difficile situazione a livello personale [5].
Questa ipotesi come le altre, ad esempio la probabile ma non certa responsabilità di Stalin nell’ordinare l’omicidio, non mutò l’effetto, il risultato, ovvero che Stalin utilizzò la morte di Kirov per far piazza pulita all'interno del partito. Uno Stalin paranoico, già fortemente turbato dalla morte della moglie [6], dalla piattaforma Riujtin [7], a cui il congresso perso diede la spinta decisiva per dare il via alle grandi purghe.
Nelle varie inchieste inerenti al XVII congresso, svolte sia sotto la guida di Kruscev che di Gorbaciov, una costante sembra rimanere invariata: il numero delle schede e dei votanti non combaciano. Ad esempio, la prima commissione speciale atta a fare luce sul congresso gettò ulteriori ombre: su 1.225 delegati con voto decisivo parteciparono alla votazione solamente 1.059 persone. Ci fu un ammanco minimo di 166 schede elettorali [8]-
Il fatto stesso che Stalin avesse pronta la bozza della legge speciale del 1 dicembre, a poche ora dall'uccisione di Kirov, una legge, ricordiamo, che decretava che i processi per terrorismo dovevano essere evasi in 10 giorni e senza appello, lascia un altro indizio non superfluo di come Stalin avesse perlomeno colto l'attimo. Inoltre, in nome di questa legge, nel giro di tre anni due milioni di persone sarebbero state condannate a morte o recluse nei campi di prigionia. Lo storico Montefiore ci lascia un ulteriore dettaglio della modalità di azione di Stalin: il segretario generale avrebbe interrogato di persona, Nikolaev, l'assassino nella sua cella, offrendogli salva la vita se avesse testimoniato contro Zinov'ev e Kamenev.
Stalin stesso affiancò a Jagoda, allora capo della NKVD, l'astro nascente Ezov (il nano assetato di sangue) per gestire e controllare al meglio l’indagine, Stalin stesso invitò Ezov a cercare i colpevoli tra i trotskisti e gli zinv’evisti.
Zinov'ev e Kamenev stavano opponendo resistenza, dopo essere stati incolpati dell'omicidio di Kirov e di aver progettato di uccidere Stalin e altri dirigenti del PCUS. Non volevano, ovviamente assumersi la colpa di un omicidio politico che non avevano commesso e che non avrebbero mai potuto commettere. Stalin allora inizia a far pesare la sua influenza e il suo peso e si rivolge a Mironov, uno dei cekisti di Jagoda, come riporta Conquestnel suo testo Il grande terrore:
- Stalin: «Pensi che Kamenev possa resistere?»
- Mironov: «Non lo so».
- Stalin: «Come sarebbe a dire non lo sai? Sai qual è il peso del nostro Stato, con tutte le sue fabbriche, le macchine, l'esercito con tutti gli armamenti, la Marina? Pensaci e rispondimi».
- Mironov: «Nessuno lo può sapere Iosif Vissariovic, si tratta di cifre astronomiche».
- Stalin: «Bene, ed è possibile che un uomo solo resista alla pressione di questo peso astronomico? Non tornare da me sino a quando non avrai la confessione di Kamenev».
Poco dopo Zinov'ev e Kamenev firmarono la loro falsa confessione sotto la garanzia, tradita da Stalin, di aver salva la vita delle loro famiglie. A meno di due anni dalla morte di Kirov, la “giustizia” stalinista mosse i primi passi verso il debito di sangue. Al primo processo di Mosca (quello “dei sedici”; ve ne furono altri due) tra i banchi degli imputati vi erano gran parte dei “vecchi bolscevichi” che aderirono al partito prima del 1917. Furono gli organizzatori e i leader della Rivoluzione d'Ottobre, i creatori dell'Internazionale Comunista, che combatterono eroicamente durante la Guerra Civile (1918-1921) e furono i costruttori dell'Unione Sovietica come primo stato operaio al mondo. Cinque degli imputati erano agenti della polizia segreta sovietica, che formavano un mostruoso amalgama con veri rivoluzionari, seduti accanto a loro sullo stesso banco.
Grigorij Zinoviev, 53 anni, bolscevico sin dal 1903, fu il principale collaboratore personale di Lenin. Seguì spesso Lenin nei suoi lunghi periodi d’esilio. Prese parte alle conferenze di Zimmerwald e Kienthal contro la guerra. Membro del Comitato Centrale nel 1907-1927; Presidente del Soviet di Pietrogrado dopo l'ottobre 1917; Presidente dell’esecutivo del Comintern nel 1919-1926; membro dell'Opposizione Unificata 1926-1927. Serge, ricordandolo durante il blocco con Trotsky, lo presenta come sereno e ottimista: “ricominceremo come il movimento di Zimerwald”.
Nel 1927 Zinoviev capitolò a Stalin. Dopo l'assassinio di Kirov il 1 dicembre 1934, Zinov’ev fu arrestato e condannato il 16 gennaio 1935 per “responsabilità morale” nell'omicidio. Fu condannato a dieci anni di prigione, vi rimase fino al processo farsa del 1936.
Lev Kamenev, 53 anni, si iscrisse al Partito socialdemocratico nel 1901; Bolscevico dal 1903; stretto collaboratore di Lenin; membro del Comitato Centrale dall'aprile 1917 al 1927; Presidente del Consiglio di Mosca nel 1918-1926; massimo dirigente, insieme a Trotsky e Zinov’ev, dell'Opposizione Unificata nel 1926-1927. Kamenev capitolò a Stalin nel dicembre 1927. Condannato nel gennaio 1935, per l'omicidio di Kirov, a 5 anni di prigione. Di nuovo condannato, nel luglio 1935, a dieci anni di prigione. Quando Lenin era ancora in vita, gli diede il consenso per iniziare la pubblicazione delle sue Opere. Lenin, quando fu costretto dalla malattia a rimanere a letto, affidò proprio a Kamenev i suoi archivi personali. La sua prima moglie Olga era sorella di Trotsky.
Ivan Nikitich Smirnov, 55 anni, nel partito dal 1899; arrestato più volte, fu imprigionato e in esilio durante il periodo zarista. Era uno dei massimi dirigenti dell'Armata Rossa e fu tra i protagonisti della sconfitta di Kolchak durante la Guerra Civile. Nel corso di una riunione preparatoria del XII congresso fu presa in considerazione, sotto proposta di Lenin, la sua nomina a Segretario del Partito, carica successivamente affidata a Stalin. Membro del Comitato Centrale del Partito; all'Opposizione di Sinistra dal 1923 al 1929. Fu tra i firmatari della “piattaforma dei 46”. Arrestato ed imprigionato nel 1933.
Sergei Mrachkovsky, 53 anni, operaio degli Urali, bolscevico dal 1905; eroe della guerra civile; all'opposizione di sinistra dal 1923 al 1929. Sin da subito fu uno dei principali animatori dell’Opposizione di Sinistra guidata da Trotsky; quando nel 1926 Zinov’ev e Kamenev ruppero con Stalin, Mrachkovsky avvertì il gruppo dirigente dell’Opposizione di Sinistra di non allearsi con nessuno: «Non ci alleeremo con nessuno. Zinov’ev finirebbe per abbandonarci e Stalin ci ingannerebbe». In esilio dal 1933.
Vagharshak Ter-Vaganyan, 43 anni, bolscevico dal 1912. Primo redattore della rivista Sotto la bandiera del marxismo (dal 1922); autore della prima importante biografia di Plekhanov (1924); all'Opposizione di Sinistra dal 1923 al 1929. All'inizio del 1928, in seguito alla sconfitta dell'Opposizione di Sinistra al XV Congresso del partito, Ter-Vaganyan venne espulso dal partito, a cui seguì l'arresto e l'esilio. Fu inviato a Biisk, una città della Siberia, dove gli fu permesso di tenere conferenze sul materialismo dialettico.
Famosi anche Grigory Evdokimov (52 anni), Ivan Bakaev (49 anni), Efim Dreitser (42 anni), Richard Pickel (40 anni), Isaac Reingold (39 anni) ed Eduard Goltsman (54 anni). Naturalmente furono condannati, in contumacia essendo in esilio, Lev Trotsky e suo figlio Lev Sedov.
Stalin non era pazzo ma aveva indubbiamente un disturbo paranoide (disturbo più diffuso di quanto si possa pensare) e come tutte le persone che soffrono di tale problematica era riluttante a confidarsi o a sviluppare rapporti stretti con gli altri, perché temeva che l'informazione poteva essere usata contro di lui. Stalin dubitava della lealtà degli amici, della fedeltà dei compagni e dei famigliari. Quando gli altri reagivano negativamente facendo semplicemente (in pochi casi) delle osservazioni dissonanti al suo pensiero, elaborava queste risposte come conferma dei sui sospetti originali. Quindi tutti erano nemici e tutti potevano potenzialmente colpirlo. È chiaro che la patologica ferocia di Stalin fu un elemento significativo per lo sviluppo del terrore di stato in Urss, ma ciò non significa che la politica messa in atto da Stalin mancasse di ogni logica e fosse dominata solo dalla sua paranoia. Le campagne repressive, continue e costanti, rappresentarono al meglio uno strumento per la manipolazione della coscienza collettiva costituendo una condizione indispensabile per la sopravvivenza del regime stesso.
LE FALSE ACCUSE CROLLANO
Ma quale erano le prove che l’apparato stalinista possessiva contro gli imputati? A dirigere il processo vi era Vysinskij, ex menscevico passato sul carro dei vincitori dell’apparato stalinista e noto cacciatore di trotskisti - in passato, prima della rivoluzione d’Ottobre, aveva chiesto l’arresto di Lenin e Trotsky e forse, non essendo riuscito in tale impresa, riversò il suo odio verso i suoi più stretti collaboratori. Gli accusati erano ritenuti colpevoli non solo dell'omicidio di Kirov ma anche di aver tentato (senza riuscirci) di uccidere Stalin, Kaganovich, Voroshilov, Zdanov, Ordzhonikidze e numerosi altri leader sovietici. Presumibilmente collaborando con la Gestapo nazista alla preparazione di questi piani sanguinosi. Furono accusati anche di spionaggio e sabotaggio.
Quali erano le prove della loro colpevolezza? Nessuna, escludendo le confessioni degli imputati stessi. Per coloro che hanno assistito a questo processo con un approccio anche minimamente critico, l’autoincriminazione in quanto tale potrebbe divenire motivo per dubitare della legittimità dell’intero processo.
Le modalità e lo svolgimento del processo erano indecifrabili e tutto ciò poteva essere compreso solo se si era immersi nella logica stalinista, in un quadro cioè dove non vi era il confine tra il bene e il male, dove essere terroristi significava semplicemente avere qualche dubbio sulla politica messa in campo dall’apparato. La chiave di lettura per decifrare questo processo era una ed una sola: tutti gli oppositori, in quanto tali, erano dei terroristi e quando vi erano più di due terroristi (oppositori) allora si doveva parlare di cospirazione. Si mettevano insieme potenziali killer di varie tendenze politiche e d'emblée si palesava il “centro unificato” (trotskysta-zinovievista-buchariano) il cui sorprendente e drammatico eco dava la cifra di quanto grande dovesse essere il problema interiore (ego) di Stalin.
Altri aspetti sono interessanti, a mo' di nota, per vidimare l'approssimazione di questo processo - gli altri, anch'essi farsa, furono preparati con maggiore attenzione, almeno nei dettagli, dettagli che in questo processo furono sottovalutati.
1) Il primo dubbio sulla giustezza di questo processo fu corredato da un grossolano errore: venne infatti dichiarato alla corte che il figlio di Trotsky, Sedov, aveva ordinato gli omicidi del gruppo dirigente stalinista in una riunione tenutasi presso l'Hotel Bristol, in Danimarca, ma emerse in seguito che questo Hotel era stato demolito nel 1917. Al centro di questo incontro operativo in Danimarca - nei pressi di un Hotel demolito da quasi vent’anni come abbiamo visto - vi sarebbe stato l’imputato Holzaman, che avrebbe fatto da intermediario tra Lev Sedov (il figlio di Trotsky) e Smirnov (ex dirigente dell’Opposizione di Sinistra).
2) Fu portata una lettera di Trotsky nel cui testo si parlava della rimozione di Stalin: quella rimozione “politica” fu trasformata in soppressione fisica. Questo testo, inoltre, era già stato pubblicato nel Bollettino dell'Opposizione.
3) L’imputato Frizt David confessò che in un incontro all’estero - non si sa né quando né come - Trotsky stesso gli avrebbe ordinato di uccidere Stalin.
4) Gli imputati misero in moto una sorta di gara a chi avesse rilasciato la “confessione migliore”, mettendo nel calderone dirigenti assenti come Lominadze, il quale si era suicidato ma nessuno lo sapeva, e Safarov, che era in prigione, ma ormai era crollato. Anche Tomsky, un dirigente dall’ala buchariniana, tirato in ballo al processo, si suicidò, sapendo che la macchina tritacarne di Stalin non avrebbe risparmiato nessun rivoluzionario della prima ora.
Tutto era surreale ma con un obiettivo chiaro: spazzare via tutti i bolscevichi della prima ora. Vennero infatti scientemente implicate anche altre persone, in modo tale da coinvolgere altri famosi “terroristi” di partito, che sarebbero stati i protagonisti dei processi futuri - oltre al citato Tomsky, vi erano compagni di calibro come Radek, Bucharin, Rykov, ecc.
Le confessioni di Zinov'ev e Kamenev , come abbiamo già scritto, non gli salvarono la vita; a fine processo furono fucilati nelle segrete del carcere, nonostante le precedenti rassicurazioni di Stalin.
Montefiore, nel suo libro “Gli uomini di Stalin”, cita un triste aneddoto: Stalin aveva accettato di incontrare Zinov’ev e Kamenev prima del processo, su loro richiesta, al fine di trovare una via d’uscita, almeno per le loro vite e dei loro famigliari:
«Stalin presentò tre ragioni per le quali non sarebbero stati giustiziati. La prima: in realtà si trattava di un processo contro Trotsky. La seconda: se non li avevano fucilati quando si opponevano al partito, perché avrebbero dovuto fucilarli quando avevano iniziato a collaborare? La terza: questi compagni dimenticavano che noi eravamo bolscevichi, discepoli e seguaci di Lenin, e che non volevamo spargere il sangue dei vecchi bolscevichi, per quanto gravi potessero essere le loro colpe passate».
Prima dell’esecuzione, si racconta che Zinov'ev implorasse pietà mentre Kamenev era fermo nella sua assunzione di responsabilità, per aver contribuito a creare il mostro Stalin.
CONCLUSIONI
La prima lezione da trarre è sull’importanza del dibattito e della democrazia interna.
Il XVII congresso ha mostrato come il processo degenerativo del partito abbia bisogno di forme autoritarie e di come la soggettività della personalità abbia un peso in tale processo. La compressione ulteriore del diritto democratico del voto segreto dei delegati, durante il XVII, ha dimostrato quanto sia necessaria la vita democratica, a tutti i livelli, all’interno di un partito. Le forme di democrazia e di voto costituiscono un elemento imprescindibile per identificare e valutare la sanità politica di un’organizzazione: il congresso è forma e sostanza e il voto segreto è uno dei bagagli culturali di questo processo. È l’eredità (il centralismo democratico) del miglior marxismo rivoluzionario. La democrazia interna, espressa con la possibilità di votare e di dissentire, è un cardine della teoria e della prassi nella vita di un vero partito comunista.
L’assassinio del massimo esponente del Partito comunista di Leningrado, Sergej Kirov, ucciso da un membro disinnamorato del Partito Comunista così come della vita, venne utilizzata negli anni successivi da Joseph Stalin come uno dei principali pretesti per il Grande Terrore. L'NKVD e l'apparato giudiziario sovietico schiacciarono gli ex rivali politici di Stalin - Grigorii Zinoviev, Lev Kamenev, Nikolai Bukharin e Aleksei Rykov, bollando Trotsky come agente del fascismo internazionale - sotto processi farsa per cospirazione contro Kirov e contro Stalin stesso.
Alla fine la gran parte del gruppo dirigente bolscevico prerivoluzionario - la parte sana del bolscevismo sotto Lenin e del Partito Comunista - fu prima accusata di aver partecipato alla presunta cospirazione contro il Partito e poi imprigionata o fucilata.
L'evidente utilizzo da parte di Stalin dell'omicidio per i propri scopi politici, combinato con due incidenti sospetti (l'assassino Nikolaev era stato già precedentemente arrestato dall'NKVD nell’ottobre del 1934 per aver seguito Kirov eppure fu immediatamente rilasciato, in più va ricordata la morte dalla guardia del corpo di Kirov che avvenne un “incidente automobilistico” almeno sospetto), portò alla fine degli anni '30 a ipotizzare che lo stesso dittatore avesse ordinato di uccidere Kirov. Boris Nicolaevskij, menscevico residente a Parigi, e i disertori dell'NKVD, esuli all’estero, Alexander Orlov e Walter Krivitsky, alimentarono e sostennero questa posizione: Stalin era il responsabile della morte di Kirov. (9)
Anche Trotsky era dello stesso avviso, come riporta lo storico P. Casciola: «S.M. Kirov fu assassinato a Leningrado il 1° dicembre 1934, all’età di 48 anni, da un membro del Partito bolscevico che, secondo Trotsky e altre fonti, sarebbe stato manipolato dai servizi segreti staliniani per assecondare la volontà di Stalin di eliminare un suo potenziale antagonista politico» [10]-
Oltre alla responsabilità diretta, Stalin fu sicuramente il responsabile (almeno) indiretto di questa macchina infernale. Per Stalin era normale prassi liquidare tutti coloro che dissentivano all’interno del partito, della vita politica, dell’apparato, delle forze armate, oppure tra gli artisti e i liberi pensatori. Sotto la repressione stalinista caddero in primo luogo quelle categorie di persone che erano già state “combattute” dal potere sovietico come gli oppositori (ex); Stalin probabilmente pensava che questa politica rappresentasse una profilassi necessaria per avere “grandezza e potere”. In realtà tutto ciò ha rappresentato solamente la più grande mistificazione della storia.
Il partito stalinista e la sua “verità” divennero un dogma, la vita intellettuale fu completamente congelata, come un ovvio e scontato risultato delle improbabili teorie atte a giustificare ogni iniziativa del Vodz [11].
Le personalità, come scrive R. V. Daniels, ebbero un ruolo determinante. Il partito bolscevico rifletteva, durante la sua guida, l’immagine di Lenin; nella trasformazione, subita successivamente, fu determinante (oltre alle questioni oggettive) il timbro vendicativo, paranoico e autodeificatore di Stalin. Senza la rimozione degli strumenti democratici non si può sapere fino a che punto lo stalinismo avrebbe seguito il percorso che tutti noi conosciamo. E non vi è alcun dubbio che la vittoria di Trotsky avrebbe rappresentato un’altra storia, in tutti i sensi.
Note
1 - The Kirov Murder and Soviet History, Matthew E. Lenoe
2 - Stalinismo e Bolscevismo, L Trotsky
3 - Una commissione speciale operante all'inizio del 1956, in epoca Krusciov, stabilì che su 1.966 delegati con voto decisivo e deliberativo, 1.103 persone furono arrestate con l'accusa di crimini controrivoluzionari, di cui 848 furono fucilate. Dei 139 membri e candidati all'adesione al Comitato Centrale del Partito Comunista dei Bolscevichi di tutta l'Unione, eletti al congresso, 101 persone furono uccise e cinque persone si suicidarono
4 - Gli uomini di Stalin, Simon S. Montefiore
5 - https://www.eg.ru/politics/7258/
6 - Nadežda Sergeevna Allilueva, o Allilujeva, era la figlia del rivoluzionario Sergei Alliluev e della moglie Ol'ga. Incontrò Stalin per la prima volta ancora bambina, poiché suo padre Sergei Alliluyev offrì riparo al giovane Stalin in occasione della fuga dalla prigione avvenuta nel 1908. Dopo la rivoluzione, Nadežda fu impiegata di fiducia nell'ufficio di Lenin. Morì sucida nel novembre del 32.
7 - Martemyan Nikitich Ryutin (13 febbraio 1890 – 10 gennaio 1937) è stato un attivista marxista russo, rivoluzionario bolscevico e funzionario politico del Partito comunista russo. Ryutin è ricordato soprattutto come il leader di una fazione politica filo-contadina (area Bucharin) organizzata contro il leader sovietico Joseph Stalin all'inizio degli anni '30 e come il principale autore di una piattaforma di opposizione di 200 pagine. Ryutin fu arrestato dalla polizia segreta sovietica, insieme ai suoi co-pensatori, in quello che è diventato noto come l’Affare Ryutin
8- https://www.vedomosti.ru/opinion/articles/2019/02/07/793604-sezd-pobeditelei
9 - The Assassination of Sergei Kirov, Matthew E. Lenoe
10 - Sulle falsificazioni staliniane del “testamento” di Lenin, J.A. Buranov
11 - Vodz: appellativo di Stalin.
Bibliografia essenziale
Il grande terrore, Robert Conquest
La rivoluzione perduta, Pierre Broué
Storia del Partito Comunista dell'Unione Sovietica, Pierre Broué
La storia segreta dei crimini di Stalin, Orlov
La coscienza della rivoluzione, Robert V. Daniels
The Kirov Assassination, Boris Nikolaevsky
J'étais un agent de Staline, Walter Krivitsky,
Stalin e la società sovietica negli anni del terrore, Oleg Khlevniuk
Stalin, Boris Souvarine
The Kirov Murder and Soviet History, Matthew E. Lenoe
The assassination of Kirov Proletarian Justice versus White-Guard Terror, M. Katz