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Esselunga di Firenze. La vita e il profitto

Di cosa ci parla il crollo nel cantiere

19 Febbraio 2024
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Il crollo nel cantiere di Firenze di Via Mariti non è un disgraziato incidente. L’unica cattiva sorte è quella che riguarda ogni vittima di questa tragedia. Il crollo nel cantiere di Firenze è la cartina di tornasole del sistema delle opere pubbliche e private in Italia con la deregulation e il sistema gli appalti e subappalti al massimo ribasso. È uno dei riflessi della società capitalista, dove domina il profitto, non la vita.

Ma è anche il risultato del “sistema Firenze” di decenni di speculazione edilizia: grandi opere, TAV, sventramenti di aree cittadine, operazioni edilizie che hanno visto l’intreccio fra potere politico locale e nazionale e la proterva borghesia locale, nazionale e internazionale.
La verità è che tutti i governi borghesi, di qualsiasi colore politico, amministrano le regole del gioco dettato dal profitto, e le regole del profitto sono quelle che producono i i crolli delle opere in costruzione.

Per realizzare una svolta vera occorre rovesciare la dittatura del profitto.

Nel crollo della trave di cemento di oltre cinque tonnellate che ha ceduto e ha trascinato con sé tre piani dello scheletro del supermercato Esselunga in costruzione sono rimaste coinvolte otto persone. Il bilancio, mentre scriviamo queste poche righe, è di quattro morti, mentre un uomo risulta ancora disperso sotto le macerie. Incessante il lavoro delle squadre dei Vigili del Fuoco per recuperarne il corpo. Tre sono gli operai estratti vivi e ricoverati all’ospedale fiorentino di Careggi.

A tragedia in corso, l’intera stampa nazionale si straccia come sempre le vesti, tutti i campioni del libero mercato e della concorrenza piangono lacrime di coccodrillo. Non meno ipocriti sono i vertici del governo a guida postfascista, gli stessi che hanno approvato in Consiglio dei Ministri il nuovo codice degli appalti, e parlano di sicurezza e legalità mentre lavorano sistematicamente allo smantellamento e disarticolazione delle ispezioni sui luoghi di lavoro in un quadro di totale deregolamentazione degli appalti nel settore edile.

Questa tragedia indica le responsabilità delle burocrazie sindacali per la prassi di passivizzazione della classe lavoratrice inaugurata dalla fine degli anni Settanta. È necessaria una svolta di fondo a livello sindacale. È l’ora di una lotta vera, non di scioperi rituali che non incidono realmente nei rapporti di forza, considerando la precipitazione dei salari italiani, il dilagare della precarietà a partire delle giovani generazioni, la liberalizzazione criminogena degli appalti e subappalti.

Nazionalizzare la grande industria edilizia e del cemento, senza indennizzo e sotto il controllo dei lavoratori, a garanzia della sicurezza pubblica, investire grandi volumi di risorse pubbliche ricavandole nell’unico modo possibile: abolendo il debito pubblico verso le banche e le assicurazioni, e dunque nazionalizzandole sotto controllo sociale imponendo una tassazione progressiva sui grandi patrimoni, profitti e rendite parassitarie che hanno lucrato per decenni sullo sfruttamento dei salariati e sul saccheggio del territorio.

È un programma esattamente opposto a quello di Meloni e Salvini, come a quello di tutti i governi precedenti. È un programma che solo un governo dei lavoratori, basato sulla loro forza e sulla loro organizzazione, potrà realizzare. Fuori da questa prospettiva c’è spazio solo per l’inganno e per le stragi di lavoratori.

Partito Comunista dei Lavoratori - Firenze

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