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Ilaria Salis e il Giorno dell'onore

9 Dicembre 2023
nazisti ungheria


In un nostro precedente comunicato avevamo parlato della vicenda di Ilaria Salis, l’antifascista italiana detenuta in Ungheria da quasi un anno.
Ilaria, infatti, si trovava a Budapest per protestare contro il Giorno dell’onore, un raduno neonazista che si tiene ogni febbraio a Budapest.
È importante notare che questa manifestazione non è semplicemente un raduno di nostalgici di Miklós Horthy, il dittatore di destra che governò l’Ungheria tra le due guerre. In realtà, la completa riabilitazione di Horthy è del suo regime è ormai politica governativa, e fa parte del programma di falsificazione storica di Viktor Orbán.

Con il Giorno dell’onore, invece, siamo di fronte a qualcosa di più, di più grave e di più squallido. Si tratta infatti di un vero e proprio raduno neonazista, tenuto periodicamente a Budapest con il pretesto di celebrare e onorare l’”eroica” resistenza dei nazisti tedeschi e dei loro alleati ungheresi contro l’Armata rossa. Infatti, non tutti sanno che l’assedio di Budapest, durato dal 25 dicembre 1944 al 13 febbraio 1945, fu una delle battaglie più sanguinose della Seconda guerra mondiale (per certi versi l’assedio di Budapest fu più tragico di quello di Stalingrado, dato che nella città sovietica i civili erano stati ormai evacuati quando vi si svolsero gli scontri peggiori; a Budapest invece rimasero assediati circa un milione di civili).

Per ordine di Hitler ed evidentemente anche per difendere il proprio “onore”, alcuni gruppi di nazisti resistettero fino all’ultima cartuccia senza arrendersi, ed è proprio questo l’”onore” che i neonazisti celebrano a Budapest. È importante notare che i neonazisti che partecipano a questa iniziativa di Budapest non sono solo ungheresi, ma provengono anche da altri paesi, in particolare dalla Germania e dall’Austria. In questi due paesi, infatti, i raduni neonazisti sono severamente vietati, e chi tentasse di organizzarne uno rischierebbe l’arresto immediato. Interessante, pertanto, che già da diversi anni i camerati austriaci e tedeschi trovino ospitalità a Budapest, in un clima formalmente opposto a tutte le dittature, ma che chiude in realtà un occhio verso quelle destrorse (quelle cattive, si sa, sono solo quelle di sinistra).

Come abbiamo detto nel nostro precedente comunicato, Ilaria ha scritto una lunga lettera dove racconta le sue terribili condizioni detentive, dell’impossibilità per lungo tempo di parlare con la propria famiglia e con l’avvocato, ecc. Inutile dire che le condizioni in cui si trova Ilaria sono contrarie non solo alle leggi europee, ma probabilmente anche a quelle ungheresi. Benché le condizioni nelle carceri ungheresi non siano mai buone, è possibile che su di lei abbia pesato il suo essere una antifascista straniera venuta a ficcare il naso in Ungheria.

Di che cosa è accusata Ilaria? Di avere aggredito alcuni neonazisti assieme ad altre persone, avendo loro provocato ferite guaribili in alcuni giorni. Come ha fatto notare il suo avvocato, anche qualora venisse provata la sua colpevolezza, la pena di 11 anni che viene chiesta per lei sembra draconiana e sproporzionata. Ma al di là dell’entità o della veridicità o meno delle azioni imputate a Ilaria, non possiamo esimerci dal notare una curiosa (si fa per dire) differenza di trattamento fra lei e altri estremisti di destra, neonazisti, o semplicemente balordi razzisti in Ungheria. Come si è detto, il fatto che una manifestazione del genere sia tollerata in Ungheria la dice lunga sul suo clima politico. L’Ungheria è piena di gruppi e gruppetti di nazionalisti, estremisti di destra, talvolta con coloriture esplicitamente neofasciste e neonaziste.

Benché questi gruppi siano esclusi dalla politica istituzionale, i loro membri possono essere pericolosi perché portati alla violenza di strada verso il malcapitato di turno considerato “diverso”. Anche se in anni recenti non si sono fortunatamente registrati omicidi a carico di questi picchiatori, è però capitato relativamente spesso che abbiano e aggredito e ferito degli stranieri, per esempio persone di colore. Gibril Deen, un attivista antirazzista africano residente a Budapest dagli anni ’80, non ricorda un singolo caso in cui gli aggressori di una persona di colore o di un altro straniero siano stati puniti.
Secondo testimonianze raccolte sul campo da un nostro compagno, talvolta le indagini non vengono neanche iniziate, anche quando la polizia locale sa benissimo chi sono i colpevoli. Nel migliore dei casi, i colpevoli sono portati in tribunale ma regolarmente assolti. Oppure, si potrebbe citare il caso di Attila Vajnai, un’attivista di sinistra che nel 2017 è stato malmenato e arrestato dalla polizia per… aver denunciato la vendita di un calendario di Hitler in una edicola! Come esempio finale, la neonazista Giornata dell’onore è tollerata in Ungheria, ma simboli come la stella rossa e la falce e martello (considerati “autocratici”) sono vietati in manifestazioni politiche: chi si permette di usarli viene regolarmente identificato e sottoposto a processo, come raccontato anche da Zsolt Nyári nel suo libro A vörös csillag-per (Il processo alla stella rossa).

Insomma, a prescindere dai fatti commessi o meno da Ilaria Salis, che aspettiamo vengano dimostrati, non possiamo fare a meno di notare che le autorità ungheresi (e non solo) usino due pesi e due misure quando si tratta di violenza politica.

Elia Spina

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