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Lo scandalo del debito pubblico italiano

La zavorra del capitalismo secondo i dati del Sole 24 Ore

27 Aprile 2023
debitopubblico


Settantasei miliardi quest'anno, ottantacinque il prossimo, novantadue nel 2025, cento nel 2026. È la progressione degli interessi annui sul debito pubblico italiano, secondo i dati del Sole 24 ore (18 aprile). È la cifra che lo Stato italiano paga ogni anno a banche, compagnie di assicurazione, grandi imprese e fondi finanziari, che hanno investito nei titoli di Stato. Più si detassano i profitti e i grandi patrimoni, più si ricorre all'indebitamento pubblico. Più le banche centrali alzano i tassi d'interesse per “frenare l'inflazione”, più sale il costo dell'indebitamento a vantaggio delle banche stesse (con tanto di carico sui mutui).

Non si tratta evidentemente di un fenomeno solo italiano: l'indebitamento pubblico è in rapida ascesa in tutti i principali paesi imperialisti, a partire dagli USA. Però è vero che in Italia la zavorra degli interessi sul debito ha un peso particolare. Quasi il doppio della media europea in termini di incidenza sul PIL. Anche il valore assoluto del debito italiano è ciclopico: si sta avvicinando ai 3000 miliardi (per l'esattezza 2,997 mld) ed è in crescita continua, proprio per via del progressivo cumularsi, anno dopo anno, degli interessi sul debito.

La natura parassitaria di questa spesa è incontestabile, come le contraddizioni che rivela. In Italia la spesa sanitaria scende al 6,2% del PIL ( peggio che prima della pandemia), metà della rete ferroviaria è ancora a binario unico, la rete idrica perde il 42% dell'acqua, il DEF taglia l'assistenza agli anziani nel mentre promuove la campagna ipocrita per la natalità... ma ogni anno si versano nel portafoglio delle banche 100 miliardi di soli interessi, più del doppio di quanto si spende per l'istruzione. E anzi, proprio per pagare gli interessi sul debito si comprime strutturalmente la spesa sociale; innanzitutto, com'è noto, la spesa per le pensioni. Uno scandalo.

Eppure i tanti “riformatori antiliberisti” che affollano la sinistra italiana tacciono sul debito pubblico. Nel migliore dei casi si limitano a chiedere che i soldi presi a prestito sul mercato finanziario vengano spesi diversamente, ma sempre nel rispetto dei creditori (“il debito si paga”). La ragione è che il debito pubblico non chiama in causa le politiche “liberiste”, semmai lo statalismo capitalista nella sua versione più pura: lo Stato borghese come collettore del capitale finanziario, impermeabile ad ogni cambio di ogni governo perché legato alla natura stessa del capitalismo. Non a caso la cancellazione del debito pubblico e la nazionalizzazione delle banche furono tra le misure della Rivoluzione d'ottobre. Non a caso solo i marxisti rivoluzionari avanzano oggi questa rivendicazione elementare, legandola alla prospettiva di un governo dei lavoratori e delle lavoratrici.

Partito Comunista dei Lavoratori

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