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Ischia. La violazione della legge e la legge del capitale

28 Novembre 2022
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Il disastro di Ischia occupa lo schermo dell'informazione. Nessuno tra i grandi organi di stampa e della televisione può addebitare il fatto ad un destino cinico e baro, o all'inclemenza imprevedibile della natura. E tuttavia nell'individuare “le responsabilità dell'uomo” si tende ad attribuire il ripetersi di questi eventi all'incuria della popolazione che ne è vittima, ai sindaci del territorio, alla piaga dell'abusivismo, a questo o quell'altro decreto che in passato l'ha coperto e incoraggiato. Un'interpretazione povera del fenomeno, che finisce col rimuovere le cause strutturali e di fondo di questi eventi: la criminalità della società capitalista. A monte e a valle.

Naturalmente l'abusivismo esiste, e a Ischia è stato un fattore importante. Ma non tutti i disastri sono il prodotto dell'abusivismo, e lo stesso ha bisogno di una spiegazione che vada al di là della pura individuazione e denuncia.
L'abusivismo impera laddove manca la pianificazione edilizia ecologicamente compatibile. E questa manca anche e soprattutto in presenza della cosiddetta urbanistica contrattata. I sindaci negoziano direttamente coi costruttori i piani regolatori. Per incassare gli oneri di urbanizzazione concedono licenze edilizie a più non posso. In altri termini, i piani regolatori sono fatti a uso e consumo degli interessi dei costruttori. Ma perché i sindaci ricorrono a mani masse all'urbanistica contrattata? Perché i governi centrali (di ogni colore) tagliano regolarmente i trasferimenti pubblici ai comuni per pagare il debito pubblico alle banche con i relativi interessi. Dal 2008 al 2016 sono stati tagliati ai comuni 18 miliardi. Altri tagli sono stati fatti successivamente dai governi Conte e Draghi. A loro volta i comuni, per compensare i tagli, si indebitano con le banche e poi tagliano le spese per pagare il debito. L'urbanistica contrattata e la piaga dell'abusivismo sono l'effetto terminale di questa dinamica.

Va aggiunto che questa logica, che direttamente e indirettamente subordina al profitto la cura del territorio, agisce anche in assenza di abusivismo nel quadro di piani regolatori perfettamente in regola con la legge. Ricordiamo che gli stessi decreti che hanno liberalizzato l'abusivismo negli ultimi quarant'anni (in particolare del governo Spadolini nell'82, poi del governo Craxi nell'85, poi dei governi Berlusconi nel '94 e nel 2003, poi del governo Conte-Salvini nel 2018) sono stati tutti motivati pubblicamente dalla necessità di fare cassa per pagare il debito pubblico alle banche e alle compagnie di assicurazione. Non è dunque la violazione della legge la prima responsabile del crimine ma la legge del capitale.

Ridurre all'abusivismo la responsabilità dei disastri nasconde anche un altro fattore decisivo: l'incuria del territorio da parte dei governi centrali e delle relative leggi finanziarie.
Negli ultimi decenni non si sono tagliate solamente le spese per la sanità e l'istruzione, come tutti sappiamo, ma anche le spese ambientali. Sia le spese per la Protezione Civile, che presidia i soccorsi, sia soprattutto le spese per il riassetto idrogeologico del territorio. In Italia secondo l'attuale capo della Protezione Civile «il 94% dei nostri comuni è minacciato dal dissesto idrogeologico» (La Stampa, 28/11). Eppure proprio gli investimenti contro il dissesto sono stati impietosamente tagliati dallo Stato centrale. Persino il famigerato PNRR – simbolo reclamizzato della ripresa e resilienza della nazione, secondo il linguaggio meloniano – destina al dissesto idrogeologico 2,5 miliardi su 229 da qui al 2026. Praticamente nulla. E per di più a debito, come il grosso dei soldi del PNRR. E come mai questi tagli sistematici sull'investimento ambientale? Ancora una volta per pagare il debito pubblico alle banche coi relativi interessi. Il capitale finanziario è sempre l'alfa e l'omega dei disastri e dei crimini.

A tutto questo si aggiunge nell'epoca attuale la moltiplicazione dei cosiddetti fenomeni naturali estremi, prodotto ultimo del cambio climatico connesso al riscaldamento del pianeta. Un inquinamento dettato dal peso pregresso e perdurante delle energie fossili, e dall'incapacità del capitalismo mondiale di governare una transizione ecologica vera, imprigionato com'è dalla guerra dei poli imperialisti gli uni contro gli altri armati per la spartizione delle zone d'influenza, delle materie prime, ed anche del nuovo mercato mondiale delle rinnovabili. La soluzione inventata dall'ultimo summit ambientale a Il Cairo (COP 27) è emblematica: nulla per il rispetto del famoso obiettivo del contenimento a 1,5 dell'aumento di temperatura rispetto all'età preindustriale, obiettivo molto modesto in realtà, e purtroppo già archiviato dalla dinamica in corso. In compenso un fondo finanziario internazionale per pagare i costi di inondazioni, alluvioni, stragi. In altri termini la monetizzazione dei crimini ambientali.

Chi pensa di poter riformare questa organizzazione capitalistica del mondo con buoni consigli e appelli ai governi è un inguaribile utopista. Oggi più che mai possiamo dire: solo una rivoluzione può cambiare le cose.

Partito Comunista dei Lavoratori

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