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Donne, vita, libertà

Un vento di rivolta delle donne attraversa le città iraniane

26 Settembre 2022
Iran_donne_2022


“Donne, vita, libertà” è la parola d'ordine che percorre in questi giorni decine di città iraniane contro il regime teocratico. La scintilla della ribellione è stata l'omicidio di Mahsa Amini da parte della polizia religiosa del regime, un corpo repressivo preposto alla vigilanza della legge islamica, particolarmente accanito contro le donne.

Il velo islamico in Iran non solo è un obbligo di legge, ma deve essere indossato in modo tale da coprire interamente i capelli. Mahsa Amini ha pagato con la vita a 22 anni la ciocca di capelli che fuoriusciva dal velo. Trascinata su un cellulare della polizia, è stata bastonata selvaggiamente al capo, sino a causare prima l'emorragia celebrale e poi la morte dopo tre giorni di agonia. Il padre non ha ottenuto il diritto di vedere il corpo della figlia, né peraltro è stata condotta alcuna autopsia sul cadavere.

Il velo islamico è uno strumento di oppressione, ma anche un simbolo della dittatura dei mullah. Una dittatura odiosa particolarmente misogina. Ad esempio le donne non hanno neppure il diritto di bagnarsi in costume sul Mar Caspio, laddove gli uomini possono esibire il torso nudo. L'indottrinamento islamico procede sin dalla tenera età attraverso specifiche scuole coraniche rivolte in primo luogo alle donne. “Una donna che porta il velo è come una perla nella sua conchiglia” recita la dottrina di regime. Come dire che il velo avrebbe la funzione di proteggere la femminilità, altrimenti violata dallo sguardo altrui. Ogni religione è al fondo misogina. Ma quando si trasforma nel fondamento del potere politico assume caratteri particolarmente ipocriti e odiosi.

La ribellione in atto nelle città vede protagoniste assolute della piazza proprio le donne, le donne della giovane generazione. Chiedono la punizione degli assassini di Masha e lo scioglimento della polizia religiosa. Chiedono soprattutto la caduta del regime.
Non si tratta della prima ribellione che attraversa l'Iran dei mullah. Nel 2009 un movimento di massa ( la cosiddetta “onda verde”) guidato da forze liberali rivendicò la democratizzazione del regime. Dieci anni dopo, nel 2019, si levò una mobilitazione popolare contro l'aumento della benzina e il carovita. In entrambi i casi il regime teocratico scagliò contro i manifestanti i propri apparati di sicurezza, a partire dai cosiddetti Guardiani della rivoluzione, facendo centinaia di morti. Il fatto nuovo della ribellione attuale è che non chiede riforme, né è incanalata dall'ala borghese liberale della politica iraniana. È una rivolta che cozza frontalmente col regime in quanto tale, sfida proiettili, lacrimogeni, arresti, in qualche caso assalta le stazioni di polizia e prende il controllo di cittadine o quartieri, come a Oshnavieh, città di confine a prevalenza curda, da due giorni controllata dai rivoltosi.

La Guida suprema Ali Khamenei, massima autorità religiosa, e il governo conservatore di Raisi, hanno denunciato i manifestanti come agenti degli USA e della UE, secondo il registro propagandistico abituale, rivendicando un trattamento senza pietà dei manifestanti da parte dei corpi speciali, e mobilitando la propria base militante attraverso le moschee, con tanto di centinaia di donne coperte dal velo e vestite di nero che gridavano “morte all'America”.

Nessuna meraviglia. Ogni regime reazionario di massa, a maggior ragione se teocratico, ricorre alla mobilitazione attiva delle proprie forze contro “il nemico”, identificando con quest'ultimo ogni ribellione al proprio dominio.
Inutile aggiungere che diverse forze e correnti campiste in Occidente, anche di "estrema sinistra", credono alle favole della teocrazia iraniana vedendo ovunque le marionette USA e negando ogni autenticità alle rivolte di massa. Sino magari ad attribuire al velo islamico un'espressione di emancipazione e libertà. Perché pure questo si è dovuto ascoltare.

Ma la ribellione delle donne iraniane non c'entra nulla con gli imperialismi d'Occidente, e con le loro possibili speculazioni. È semplicemente una ribellione per la libertà e contro l'oppressione. Sta alla classe operaia iraniana, anch'essa duramente repressa dal regime, prendere la testa della ribellione, allargare la sua base di massa, indirizzarla verso il rovesciamento del regime in direzione di un governo operaio e popolare. Sta al movimento operaio d'Occidente fornire la propria solidarietà alla rivolta delle donne iraniane.

Partito Comunista dei Lavoratori

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