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La collaborazione Stalin-Hitler

23 Agosto 2022
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Qualche nostalgico delle grandiose realizzazioni di Stalin (il gulag, la pena di morte per i piccoli furti e per i ragazzi con più di dodici anni, i processi truccati, le purghe a ripetizione, le deportazioni di intere popolazioni, la caccia ai "cosmopoliti", ecc.) s'accanisce a redigere, riprodurre, stampare e diffondere dei libelli immondi che mirano a infangare alcuni protagonisti della rivoluzione, in particolare Trotsky, che tentano di travestire da complice o da agente di Hitler o dei nazisti.

Queste deiezioni, i cui produttori, privi del loro unico argomento reale (i sicari della NKVD), appaiono come dei grotteschi pappagalli, mirano a far sparire e a camuffare una realtà storica troppo spesso cancellata o travisata: la stretta collaborazione politica, commerciale e anche, a un certo momento, militare tra Stalin e Hitler durante i ventidue mesi che vanno dal 23 agosto al 22 giugno 1941.

Ecco i momenti più importanti e più significativi.


23 agosto 1939: il patto di non aggressione.

Il 23 agosto 1939 il ministro degli esteri della Germania nazista, Joachim von Ribbentrop, atterra a Mosca, e lo stesso giorno firma con Molotov, allora Presidente del Consiglio dei commissari del popolo, il governo dell'URSS, un patto di non aggressione, generalmente conosciuto come il patto Hitler-Stalin.


La borghesia britannica e Monaco.

Il 30 di ottobre 1938, a Monaco, i governanti britannico e francese, Neville Chamberlain e Edouard Daladier, avevano firmato con Adolf Hitler e Benito Mussolini – assente il rappresentante dell'URSS, non invitato – un accordo che organizzava la prima tappa dello smembramento della Cecoslovacchia. Questo accordo incarnava l'orientamento politico della borghesia britannica, il cui primo scopo era la difesa del suo gigantesco impero coloniale minato dall'aspirazione dei popoli coloniali all'indipendenza suscitata dalla vittoria della rivoluzione in Russia. Ai loro occhi, L'URSS, nella quale vedono un'incarnazione del bolscevismo, nemico del colonialismo, è per il loro impero un pericolo ben più minaccioso del Terzo Reich, ben lontano dalle sue frontiere coloniali. Allo stesso tempo essa aspira a sospingere più lontano verso est le aspirazioni espansioniste del regime nazista, impegnato in questo senso dall'inizio dello smembramento della Cecoslovacchia. Le rituali invettive isteriche di Hitler contro il «giudeo-bolscevismo» sembrano garantire il successo di questo orientamento.

I governi inglese e francese (quest'ultimo al traino del primo) fanno dunque, dopo Monaco, prolungare al massimo i negoziati per l'eventuale accordo con il governo sovietico convocati dopo anni. Stalin, ben consapevole che la situazione economica, sociale e militare dell'URSS è lontana dall'immagine trionfale dipinta dalla propaganda, e dunque desideroso di rimandare al più tardi possibile la guerra che tutta l'Europa sente arrivare, lancia un richiamo a Hitler durante il XVIII congresso del PCUS.

La prevista invasione della Polonia, con la quale Hitler aveva firmato nel 1934 un patto di non aggressione, coinvolge nella guerra i governi inglese e francese, legati a essa da trattati di alleanza difensiva. Per Hitler e il suo stato maggiore meglio evitare fin quando possibile una guerra su due fronti. Hitler si decide a rispondere al richiamo di Stalin, che facilita la messa in opera della sua decisione. Il 20 agosto 1939 un accordo commerciale tedesco-sovietico viene firmato a Berlino. Nella notte tra il 20 e il 21 l'ambasciatore tedesco a Mosca, Schulenburg, riceve una chiamata da Berlino che lo invita a trasmettere d'urgenza a Molotov un messaggio di Hitler a Stalin, dove Hitler insiste perché Stalin riceva Ribbentrop a Mosca il 22 agosto o al più tardi il 23. Si appoggia alla firma del trattato commerciale per reclamare la firma di un «patto di non aggressione» del quale «accetta», scrive, «il progetto trasmesso dal vostro ministro degli esteri Molotov». Non è un trucco, sottolinea di essere ansioso in quanto, scrive, «la tensione fra la Germania e la Polonia è diventata insopportabile (...) La crisi può esplodere in qualsiasi momento» (1). Lo dice chiaramente: è per poter attaccare la Polonia al più presto che vuol firmare un patto con Stalin. Quest'ultimo, che risponde di sì a stretto giro, sa dunque perfettamente quello che fa (vale a dire aprire la strada alla guerra contro la Polonia) quando risponde senza indugio positivamente. Compie un passo in più di Hitler. Si felicita con una formula che sottolinea come appartenga a lui l'iniziativa della procedura: «L'accordo con il governo tedesco per concludere un patto di non aggressione permetterà di liquidare la tensione politica e di stabilire la pace e la collaborazione (sottolineatura mia) fra i nostri due paesi» (2). Dunque è Stalin ad aggiungere così la «collaborazione» tra la Germania nazista e l'URSS. Ciò che si materializza presto.


Dalla non aggressione alla (prima) collaborazione: Hitler e Stalin mano nella mano per spartirsi la Polonia.

Il 23 agosto 1939 Stalin e Hitler firmano dunque un patto di non aggressione di dieci anni, un patto di quelli che la storia della diplomazia ha visto un numero incalcolabile di volte, spesso violato da uno dei firmatari molto prima della scadenza. Potremmo dunque vederci la semplice ripetizione di una normale manovra diplomatica. Ma questo patto ha un primo aspetto particolare: è completato da un protocollo segreto che definisce una stretta collaborazione tra la Wehrmacht e l'Armata rossa, del quale il governo sovietico non riconoscerà l'autenticità che alla vigilia della dissoluzione dell'URSS.


Il primo protocollo segreto germano-sovietico.

Secondo questo «protocollo strettamente segreto», come lo qualifica il quarto punto dell'accordo, le due potenze firmatarie «hanno discusso in conversazioni strettamente confidenziali la questione della definizione delle loro sfere d'influenza nell'Europa dell'est»; in breve hanno cioè discusso delle modalità di spartizione dell'Europa dell'est. Il protocollo segreto contiene dunque un accordo sulla spartizione della Polonia, una volta invasa dalla Wehrmacht, e un accordo sulla spartizione delle repubbliche baltiche e della Finlandia in zone d'influenza... che hanno consentito quindi la soluzione seguente:

1) Per quello che concerne gli stati costieri del Baltico (Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania) «la frontiera nord della Lituania servirà da linea di divisione tra la sfera d'influenza della Germania e quella dell'URSS. In collegamento con la stessa le due parti riconoscono la predominanza della Lituania nella regione di Vilnius».
2) Per quello che concerne le regioni appartenenti allo stato polacco «la linea dei fiumi Narev, Vistola e San delimiterà le sfere d'influenza della Germania e dell'URSS».
3) Per quello che concerne l'Europa del sud-est, l'URSS si dichiara interessata alla Bessarabia, della quale la Germania non si occuperà. Infine le due potenze riservano la loro posizione sul mantenimento o meno di uno stato polacco «indipendente» (sic!) (3).

Questo protocollo definisce bene il risultato di una cooperazione finalizzata alla spartizione di una torta territoriale. Al momento della cena di gala che riunisce, la sera del 23 agosto, i nuovi alleati, Stalin fa un brindisi alla salute del Führer: «Conosco l'amore che il popolo tedesco ha per il suo Führer. Mi piacerebbe bere alla sua salute» (4).

Alla fine della serata, Stalin prende Ribbentrop per il braccio e gli dichiara: «Il governo sovietico prende il nuovo patto molto sul serio. Posso dare la mia parola d'onore che l'Unione Sovietica non ingannerà il suo partner» (5). Potrebbe essere una frase vacua, puramente diplomatica, senza contenuto reale, ma Stalin manterrà la parola.

Hitler annuncia la firma del patto a una riunione di ufficiali, dove dichiara loro: «L'annuncio oggi del patto di non aggressione con la Russia ha avuto l'effetto di una bomba (...) le conseguenze sono incalcolabili. Noi non abbiamo da temere un embargo: l'est ci rifornirà di grano, bestiame, carbone, piombo e zinco» (6). Anche questo è il segno concreto di una collaborazione.


L'invasione della Polonia.

Dopo l'ingresso in Polonia della Wehrmacht, il primo di settembre 1939, che spazza via l'armata polacca in tre settimane, l'armata russa vi penetra a sua volta attraversando la frontiera orientale nella notte dal 16 al 17 settembre. Essa prende il controllo dei territori dove vivono in maggioranza popolazioni bielorusse o ucraine, maltrattate dalla camarilla nazionalista e ultrareazionaria che dirige la Polonia, e che accolgono spesso inizialmente l'Armata rossa con una marcata simpatia, che le razzie, gli arresti e le deportazioni effettuate dalla NKVD annulleranno presto. Nella sua avanzata fulminea la Wehrmacht oltrepassa la linea di spartizione sovietico-tedesca disegnata dal protocollo segreto. Stalin il 18 chiede a Hitler di indietreggiare sulla linea di divisione fissata. Hitler ne dà ordine contro il suggerimento del suo stato maggiore, scontento di dover rendere territori occupati dalle truppe all'Armata rossa.


Un comunicato germano-sovietico sulla Pravda.

Alla metà di settembre 1939 Ribbentrop atterra per la seconda volta a Mosca. Viene a discutere della modifica del protocollo segreto, di un accordo commerciale e di una dichiarazione comune del governo tedesco e sovietico che sottolinei gli sforzi congiunti dei governi nazista e sovietico per liquidare la guerra in Europa occidentale e instaurare dunque la pace. Il 19 settembre 1939 la Pravda pubblica il testo di un comunicato germano-sovietico che afferma: «il compito delle armate sovietiche e tedesche è inteso a ristabilire in Polonia l'ordine e la calma, infranti dal collasso dello stato polacco, e ad aiutare la popolazione a ricostruire le condizioni della sua esistenza come stato».


La Pravda conferma.

L'indomani, 20 settembre, la Pravda pubblica un comunicato ancora più accattivante dell'agenzia sovietica Tass che afferma: «La popolazione tedesca saluta unanimemente la decisione del governo sovietico di prendere sotto la sua protezione la popolazione bielorussa e ucraina della Polonia che la fuga del governo polacco abbandona ai capricci del destino». Il comunicato omette di ricordare la causa di questa "fuga" del detto governo, che si è rifugiato in Romania.

Nel suo rapporto davanti al Soviet supremo dell'URSS, Molotov darà una visione un po' meno idilliaca dell'entrata dell'Armata rossa in Polonia. Egli dichiarerà: «I circoli dirigenti della Polonia si vantavano molto della "solidità" del loro stato e della "potenza" del loro esercito. Nondimeno è stato sufficiente un colpo molto breve portato contro la Polonia prima dall'esercito tedesco poi dall'Armata rossa (sottolineatura mia) così da non far rimanere più niente di questo figlio mostruoso del trattato di Versailles». Molotov evoca dunque bene una cooperazione che è sfociata con la liquidazione dello stato polacco.


La soddisfazione di Goebbels.

Il 22 settembre, il ministro della propaganda nazista Joseph Goebbels annota dei suoi taccuini: «I russi occupano ahimè la zona petrolifera polacca. Ma al momento non possiamo farci niente. Per tutto il resto non abbiamo avuto con loro alcun punto di frizione» (7). Qualche giorno più tardi, il primo ottobre, egli nota il giudizio positivo di Hitler sulla collaborazione con il Cremlino. «Conferenza a tu per tu con il Fuhrer (...) è convinto della lealtà della Russia» (8), che fa effettivamente di tutto per meritare un tale elogio.

Il 10 di ottobre Goebbels si dichiara entusiasta di un «articolo molto positivo e ostile all'Intesa nelle Izvestia, che rende effettivamente giustizia al nostro punto di vista (...) arriva al punto giusto per noi e ne prendiamo nota con gratitudine. Fino ad ora i russi hanno mantenuto tutte le loro promesse» (9).


Il secondo protocollo segreto.

Nel frattempo, il 28 settembre 1939 Ribbentrop è tornato una seconda volta a Mosca. Stalin (per mezzo di Molotov) e Hitler (per mezzo di Ribbentrop) hanno firmato un protocollo segreto complementare che modifica la divisione territoriale effettuata in seguito al primo.

Questo secondo accordo registra il fatto che, dopo la firma del primo, «il territorio dello stato lituano è passato sotto la sfera d'influenza dell'URSS allorquando, dall'altro lato, il distretto di Lublino e una parte del distretto di Varsavia sono passati nella sfera d'influenza della Germania». L'accordo prevede infine una modifica della spartizione prevista della Lituania fra le due potenze volta a trasferire alla Germania una parte supplementare della Lituania. Ribbentrop esige un terzo della Lituania. Stalin gli accorda un pezzetto di 398 kmq occupato da 184.000 abitanti. Ribbentrop dà il suo consenso a questo risultato di un'amichevole cooperazione nella spartizione di una torta territoriale e sottomette alla firma di Stalin una mappa che illustra concretamente le modifiche della spartizione della Polonia fra le due potenze. Ribbentrop la firma con il gesso rosso e Stalin con il gesso blu (10).

La sera del 28 e del 29 settembre un ricevimento è organizzato al Cremlino. I membri del Politburo del Partito Comunista sono naturalmente invitati... salvo uno, Lazar Kaganovitch, il quale non rievoca questo piccolo accadimento nelle sue tristi memorie. Stalin non vuole urtare la sensibilità dei nazisti imponendo loro la presenza di un ebreo. Via dunque il povero Lazar. Non si sarebbe potuto essere più delicati nell'intento di una collaborazione efficace.

La Pravda del 30 settembre 1939 pubblica una dichiarazione trionfale di Ribbentrop su questo nuovo accordo. Ribbentrop si felicita: «1. L'amicizia germano-sovietica è adesso definitivamente stabilita. 2 Le due parti non ammetteranno mai l'ingerenza di terze potenze nelle questioni dell'Europa dell'est».

Lo stesso numero del giornale ricorda la maniera con cui la stampa tedesca ha riportato l'accoglienza fatta a Ribbentrop al Cremlino. «Il corrispondente», scrive la Pravda, «sottolinea che il pranzo si è svolto in un'atmosfera straordinariamente cordiale».


L'agenzia Tass conferma la «collaborazione» Stalin-Hitler.

Il 7 ottobre 1939 l'agenzia Tass diffonde un comunicato intitolato «Estratto del discorso di Hitler al Reichstag», pubblicato sulla Pravda dello stesso giorno. Dopo aver sottolineato che lo stato polacco è stato edificato «sulle ossa e il sangue dei tedeschi e dei russi», Hitler dichiara, senza che la Pravda faccia il minimo commento: «La Russia non vede nessuna ragione che impedirebbe lo stabilirsi di una stretta collaborazione fra i nostri stati. La differenza dei regimi non può impedire la lotta attiva comune per la pace. Il patto con l'URSS è un momento di svolta nello sviluppo della politica estera della Germania, la base di una collaborazione durevole e positiva tra la Germania e la Russia per liquidare i focolai di guerra e garantire la sicurezza dei popoli. (...) A est dell'Europa gli sforzi della Germania e della Russia instaurano la tranquillità e la pace. Gli interessi della Germania e della Russia qui coincidono completamente» (sottolineatura mia). L'agenzia Tass non aggiunge, lo sottolineiamo, alcun commento a questo riassunto delle dichiarazioni di Hitler stilate da lui stesso, ciò che, una volta ancora, definisce una collaborazione manifesta, e questo direttamente dalla penna dell'agenzia di stampa sovietica.

Lo stesso numero del quotidiano sovietico contiene degli estratti di una conversazione tra Ribbentrop e un corrispondente giapponese in cui il ministro degli affari esteri tedesco esprime gli stessi concetti con un entusiasmo più forte.


Un trattato commerciale.

Il 24 di ottobre 1939 l'URSS e la Germania nazista firmano un trattato commerciale che prevede la fornitura da parte dell'URSS a Berlino di una lunga serie di materie prime indispensabili allo sforzo bellico tedesco, e che il blocco navale imposto dalla marina britannica impedisce alla Germania di ottenere presso i suoi fornitori tradizionali.

Alla cooperazione commerciale Stalin aggiunge la cooperazione politica.


Una guerra per distruggere l'hitlerismo? «Insensata» e «criminale» (Molotov).

Il 31 ottobre 1939, prendendo la parola davanti al Soviet supremo, Molotov saluta, lo abbiamo visto, la sparizione della Polonia, e quindi celebra la volontà di pace attribuita alla Germania nazista: «La Germania si trova nella posizione di uno stato che aspira alla fine la più rapida possibile della guerra e alla pace, quanto l'Inghilterra e la Francia, che giusto ieri si pronunciavano contro l'aggressione, sono per prolungare la guerra e contro la conclusione della pace. I ruoli, lo vedete, cambiano». Egli denuncia l'Inghilterra e la Francia come guerrafondaie che mirano a difendere «i loro interessi strettamente materiali di forti potenze coloniali. Sono i timori di perdere il loro dominio mondiale che dettano ai circoli dirigenti d'Inghilterra e Francia la loro politica di sobillare la guerra contro la Germania».

Così, per Molotov, la Germania nazista, non contenta di condurre una politica di pace, minaccia l'ordine coloniale mondiale che è uno dei fondamenti della dominazione borghese.

Molotov promuove infine l'hitlerismo al rango di un'ideologia, e aggiunge: «Si può amare o non amare l'hitlerismo. Ma ogni persona sana di spirito comprenderà che un'ideologia non può essere distrutta dalla forza. Dunque è del tutto insensato e più ancora criminale continuare una guerra per la distruzione dell'hitlerismo sotto la falsa bandiera di una lotta per la democrazia».

La fine del suo discorso è un inno entusiasta a favore dell'amicizia germano-sovietica: «Le relazioni tra l'Unione Sovietica e la Germania», dichiara, «si sono costruite su una base amichevole (...). Adesso i nostri rapporti con lo stato tedesco risiedono sulla base di rapporti amichevoli, sulla volontà di sostenere le aspirazioni della Germania alla pace» (sottolineatura mia). Formula che mette in risalto, una volta ancora, l'aspirazione a una collaborazione tra i due regimi, e quindi precisa quest'ultima affermazione aggiungendo: «Noi abbiamo sempre pensato che una Germania forte sia una condizione indispensabile per una pace solida in Europa» (11).


Stalin consegna dei comunisti tedeschi a Hitler.

Questa nuova amicizia assume una forma politica inattesa, anche a quanto pare per i dirigenti tedeschi, a giudicare dal sostegno crescente di Stalin alla repressione organizzata contro i comunisti tedeschi da parte dei nazisti. Nel dicembre 1939 Bogdan Koboulov, presidente della NKVD a Berlino, informa Molotov che la moglie dell'ex segretario generale del Partito Comunista Tedesco Ernst Thaelmann, in prigione dall'aprile 1939, si è presentata all'ambasciata sovietica. L'interprete Pavlov, che traduce il colloquio, racconterà più tardi l'episodio: senza risorse, affamata, la Thaelmann chiede aiuto all'ambasciatore. Koboulov le risponde che le ambasciate sovietiche non dispongono di fondi per aiutare le vittime della repressione. Lei gli chiede allora che l'URSS intervenga per per far uscire suo marito dal campo dove si trova internato. Koboulov la scarica. Rosa Thaelmann si meraviglia: «Avrebbe dunque fatto per niente tutto il suo lavoro per il comunismo?». Potrebbe allora rivolgersi a Goering, domanda lei a Koboulov, il quale seccamente risponde: «È affar vostro» (12).

Altro non è che l'inizio, ancora modesto, dell'aiuto che Stalin fornisce a Hitler contro i comunisti tedeschi. Nel febbraio 1940 consegna alla Gestapo un primo gruppo di trenta comunisti tedeschi emigrati nell'URSS per sfuggire al nazismo, fra i quali Margarete Buber-Neumann, moglie dell'ex dirigente del PC tedesco e redattore capo del suo quotidiano Die Rote Fahne, Heinz Neumann, che Stalin aveva fatto fucilare nel 1937 – fatto che Margarete ancora non sa – e che non può dunque consegnare a Hitler nel febbraio 1940. In totale, secondo lei, saranno centocinquanta i comunisti o simpatizzanti che la NKVD consegna allora alla Gestapo.

L'agente della Gestapo che la interroga non vede che una manovra in questa consegna, e le dichiara: «Heinz Neumann è a Parigi e lavora per il Comintern. E lei chi è? Un'agente del Comintern e della GPU. Non pensa mica che i russi abbiano consegnato alla Germania lei, la moglie di Heinz Neumann?» (13). Questo atteggiamento della Gestapo con le vittime che gli vengono consegnate sottolinea come Stalin non abbia risposto a una richiesta di Hitler di consegnare i comunisti tedeschi rifugiati, ma che è stato egli stesso a decidere di sbarazzarsene consegnandoli ai loro carnefici. La Gestapo e le SS, ciechi sulla realtà dello stalinismo, non sanno che Stalin ha liquidato la grandissima maggioranza dei sopravvissuti alla rivoluzione, sospettati di averne conservato una scintilla, anche se erano divenuti dei docili staliniani... Così si accaniscono a convincere Margarete Buber-Neumann di questa accusa. «Mi condussero davanti a non so quali forze dell'ordine. Tutti cercavano di provare che io fossi un'agente della GPU o che fossi stata inviata in missione in Germania per conto del Comintern». Poi la inviano al campo di concentramento di Ravensbruck, dove marcirà fino alla fine della guerra (14).


Una gaffe di Stalin che rende un buon servizio a Hitler.

Stalin lancia allora l'URSS in un'avventura disastrosa. Desideroso di allontanare di una trentina di chilometri la frontiera a nord di Leningrado, con la piccola Finlandia, che è contraria, costruisce di sana pianta un incidente, e quindi il primo dicembre 1939 attacca la Finlandia, protetta dietro la sua frontiera da una linea di difesa artigianale. L'Armata rossa ha una superiorità numerica e materiale schiacciante: 900 carri armati contro 15 e 1500 aerei contro 158...

Pertanto l'Armata rossa, lanciata in un'offensiva frontale nella quale Stalin vede l'essenza della strategia militare, si fa decimare e ristagna. Nondimeno riesce a prendere la città di Terioki, dove Stalin installa prontamente uno pseudo «governo popolare della Repubblica democratica di Finlandia», formato essenzialmente da russi della Karelia dal nome finlandizzato, con una fretta che la maggioranza degli stessi comunisti finlandesi rifiuta. Mette alla sua testa il finlandese Otto Kuusinen, membro del Comitato Esecutivo del Comintern, di cui Stalin ha fatto arrestare i figli per meglio tenerlo in pugno. Questa astuzia grossolana permette a Molotov di dichiarare che l'URSS non fa la guerra alla Finlandia ma sostiene, a sua richiesta, un governo democratico e popolare vittima dell'assalto della reazione. Nessuno ci crede.


Gli auguri di Hitler e Ribbentrop a Stalin.

Il 23 dicembre 1939 la Pravda pubblica gli auguri di compleanno di Hitler e Ribbentrop a Stalin. Hitler scrive: «Con l'occasione del vostro sessantesimo anniversario vi chiedo di accettare le mie felicitazioni più sincere. Vi unisco i miei migliori auguri, vi auguro personalmente una buona salute, così come un avvenire felice ai popoli dell'amichevole Unione Sovietica». Ribbentrop parafrasa gli auguri del suo Fuhrer.

A nord-est l'armata finlandese resiste più di tre mesi, ma finisce per essere piegata dal numero. Stalin, che contava in una vittoria rapida in due settimane, e l'aveva annunciato, è furioso. Il bilancio è pesante: l'Armata rossa, di cui Stalin ha largamente dispiegato le debolezze davanti a Hitler, ha perso 126.875 uomini, uccisi, dispersi o prigionieri, contro appena 20.000 uomini dell'armata finlandese. L'aviazione sovietica si è dimostrata nulla di fronte a un avversario quasi sprovvisto d'aviazione. Hitler metterà a buon profitto, quando sarà il momento, questo servizio che Stalin involontariamente gli rende.


Dal patto anti-Comintern alla messa del Cominetern sotto l'egida di Stalin.

Il 25 dicembre 1936 la Germania nazista e il Giappone imperiale hanno firmato un patto anti-Comintern al quale l'Italia di Mussolini si assocerà l'anno seguente, seguita dalla Spagna franchista nel 1939. Una delle prime conclusioni pratiche che Stalin trae dalla firma del patto di non aggressione è la necessità di sottomettere l'Internazionale Comunista (o più esattamente il fantasma che porta ancora e per poco tempo questo nome) alle necessità della collaborazione con Hitler. Così, all'inizio di settembre, Wilhelm Pieck, dirigente e membro dell'Ufficio Politico del PC tedesco, sottopone a Manouilski, membro del segretariato del Comintern, un progetto di opuscolo da diffondere in Germania, Cecoslovacchia e Austria. Se l'opuscolo vitupera da un lato gli imperialisti anglo-francesi, denuncia anche «il grande capitale finanziario tedesco» e, peggio ancora, invita i lavoratori tedeschi a «liberare la Germania dal fascismo hitleriano e dalla dominazione del capitale finanziario per mezzo della rivoluzione socialista», e saluta infine «l'unità fraterna dei popoli nella lotta contro il fascismo e l'imperialismo» (15). Sotto le istruzioni di Zdanov, portavoce di Stalin, il segretariato del Comintern tenta all'inizio di correggere tutte queste goffaggini suscettibili di irritare Hitler. Cancella i paroloni «fascismo» e «hitlerismo» ma lascia la denuncia del «grande capitale tedesco». Ciò è ancora troppo per Stalin, che rimprovera il segretariato del Comintern. Il quale, messo in riga, proibisce la diffusione dell'opuscolo maledetto nei tre paesi interessati e lo consegna agli archivi. Non è che l'inizio, anche se modesto.


Un nuovo accordo commerciale, ovvero «il desiderio del governo sovietico di aiutare la Germania è diventato sempre più evidente» (Schnurre).

L'11 febbraio 1940 Stalin firma un nuovo accordo commerciale con la Germania. Promette di consegnare a Hitler tutti i metalli di cui questi ha bisogno per la sua macchina da guerra (rame, stagno, nickel, cobalto, molibdeno, volframio, ferro) in cambio di brevetti e progetti, pagati cari, e di armamento e materiali moderni, fra cui torrette di navi che Hitler consegnerà con una lentezza inversamente proporzionale alla rapidità con la quale L'URSS onorerà le sue consegne fino all'ultimo giorno.

La Pravda del 13 febbraio pubblica un comunicato che saluta questo accordo che, secondo il giornale, «risponde ai desideri dei governi dei due paesi sull'elaborazione di un programma economico di scambio di merci fra la Germania e l'URSS (...) Questo accordo economico prevede l'esportazione di materie prime dall'URSS alla Germania, compensata con la consegna di articoli industriali dalla Germania all'URSS (...) L'intenzione è di aumentare ancora di più per l'avvenire le forniture reciproche di merci».

Il negoziatore tedesco del ministero degli affari esteri, Schnurre, dettaglia, in un memorandum indirizzato a Berlino il 26 febbraio, la lista delle merci che l'URSS di Stalin, in applicazione dell'accordo firmato, si è impegnata a consegnare alla Germania nazista nel corso dei dodici mesi successivi:

«900.000 tonnellate di petrolio, 100.000 tonnellate di cotone, 500.000 tonnellate di fosfati, 100.000 tonnellate di minerale di cromo, 500.000 tonnellate di minerale di ferro, 300.000 tonnellate di ferraglie e di fusione 2.400 chilogrammi di platino». A ciò si aggiunge, senza precisare i volumi: manganese, metalli, legname e altre materie prime. Si aggiunga infine a questa lista una enumerazione di materie prime che l'URSS si è impegnata a fornire alla Germania nazista nel corso dei diciotto mesi successivi per aiutarla a produrre i materiali che la Germania deve di ritorno consegnarle: «3000 tonnellate di rame, 950 tonnellate di stagno, 500 tonnellate di molibdeno, 500 tonnellate di tungsteno, 40 tonnellate di cobalto». Schnurre aggiunge: «L'Unione Sovietica ci propone (non è dunque una risposta a una domanda dei nazisti ma un'offerta dello stesso Cremlino) il diritto di transito verso e dalla Romania, Iran, Afghanistan e i paesi dell'estremo Oriente» utilizzando la transiberiana, utilizzo per il quale il Cremlino propone di ridurre le tariffe di trasporto al 50%. Aprire alla Germania nazista un accesso diretto ai fornitori del vicino Oriente e dell'Asia per permetterle così di sfuggire al blocco marittimo organizzato dall'Inghilterra è un servizio apprezzabile reso a Hitler. Non si potrebbe essere più cortesi, più gentili e soprattutto più cooperativi.

Schnurre è d'altra parte impressionato dall'estrema buona volontà dei negoziatori sovietici: «Nel corso delle lunghe negoziazioni il desiderio del governo sovietico di aiutare la Germania è divenuto sempre più evidente (sottolineatura mia) così come il desiderio di rinforzare fermamente l'intesa reciproca in occasione del regolamento delle questioni economiche» (16).


Goebbels sempre più soddisfatto.

Il 15 marzo 1940 Goebbels annota con soddisfazione: «Noi siamo ormai alleati alla Russia. Non abbiamo tratto altro che dei vantaggi» (p. 104). Non si potrebbe essere più chiari.


Il Comintern ridotto al silenzio.

Il primo di ottobre 1940 lo stesso Goebbels nota, sempre con certa soddisfazione: «Stalin pubblica sulla Pravda una dichiarazione sul patto tripartito. Molto positiva (...) Si taglia così l'erba sotto i piedi di certi plutocrati che avevano speculato sull'aiuto dei bolscevichi. (...) Il Fuhrer accoglie con soddisfazione la dichiarazione di Stalin. Ci aiuta a fare un piccolo passo in avanti» (p. 198-199).

Il 5 ottobre la Pravda pubblica un comunicato «sulla firma di un accordo sulle comunicazioni ferroviarie tra l'URSS e la Germania. L'accordo prevede una comunicazione diretta per le merci e i passeggeri tra l'URSS e la Germania. Le negoziazioni si sono svolte in un'atmosfera di cortesia».


Barbarossa.

Il 18 dicembre 1940 Hitler ordina al suo stato maggiore di completare i preparativi dell'invasione dell'URSS per il 15 maggio 1945. È il piano Barbarossa. L'addetto militare sovietico a Berlino, il generale Toupikov, informa Stalin della decisione e annuncia l'invasione dell'URSS per il marzo 1941. Malgrado questa informazione, Stalin autorizza l'addetto all'aviazione tedesco, il generale Ashenbrenner, a visitare le più moderne officine d'aviazione sovietiche.


Un nuovo accordo commerciale.

Il 10 gennaio 1941 l'URSS e la Germania firmano un nuovo accordo commerciale, di cui i tedeschi propongono che copra i diciotto mesi a venire, fino all'agosto 1942. Un comunicato pubblicato sulla Pravda l'11 gennaio 1941 esprime la viva soddisfazione del Cremlino. Vi leggiamo: «il nuovo accordo (...) costituisce una nuova tappa nella realizzazione del programma economico elaborato dai due governi nel 1939. L'accordo regola lo scambio di merci tra l'URSS e la Germania fino all'agosto 1942», data proposta dai rappresentanti tedeschi per camuffare il calendario del piano Barbarossa. La somma delle consegne fornite dalle due parti oltrepassa nettamente il quadro definito nel primo accordo. L'URSS fornisce alla Germania delle materie prime industriali, dei prodotti petroliferi e dei prodotti alimentari, in particolare grano. La Germania fornisce all'URSS utensileria industriale.

«Le trattative», continua la Pravda, «si sono svolte in uno spirito di intesa e di fiducia reciproca conforme alle relazioni amichevoli che esistono tra l'URSS e la Germania». Anche i problemi legati all'inclusione in seno all'URSS dei paesi baltici, dove tuttavia la presenza e gli interessi tedeschi sono grandi, sono ufficialmente stati regolati armoniosamente. Il testo prosegue in effetti: «Tutte le questioni economiche, ivi comprese le questioni apparse in seguito all'unione dei nuovi territori all'URSS, sono state regolate conformemente agli interessi dei due paesi».


Difendere la Germania nazista dalle voci maliziose?

Il 13 gennaio 1941 la Pravda pubblica un comunicato dell'agenzia Tass che sembra annunciare l'inizio di un raffreddamento delle relazioni fra i due firmatari del patto del 23 agosto. Il comunicato nega le voci sull'entrata di truppe della Wehrmacht in Bulgaria. «Nella stampa straniera», dice il comunicato, «circola l'informazione, proveniente da alcuni circoli della Bulgaria, che afferma che sono state già inviati in Bulgaria dei distaccamenti di truppe tedesche, che il loro invio in Bulgaria è in atto sotto gli occhi e con l'accordo del governo sovietico, e che in risposta all'interpellanza del governo della Bulgaria il governo dell'URSS ha confermato il suo accordo». Secondo il comunicato, il governo tedesco non ha mai sollevato davanti al governo sovietico la questione dell'invio di truppe in Bulgaria, e mai il governo bulgaro ha sollevato questa questione presso il governo sovietico. L'indomani la Pravda pubblica un commento dell'ufficio tedesco d'informazione che parla di un «presunto» invio di truppe in Bulgaria, e che afferma che non è pertanto sorprendente che l'agenzia Tass «abbia giudicato doveroso confutare questa informazione».

Molotov chiede di vedere l'ambasciatore tedesco a Mosca, Schulenburg. Gli dichiara che l'URSS considera la Bulgaria e i Distretti come «una zona di sicurezza dell'URSS», e afferma di considerare «la comparsa di truppe straniere, quali che esse siano» in queste zone come «una violazione degli interessi dell'URSS» (17).

Ma quando la Wehrmacht entra in Bulgaria il primo marzo, il comunicato dell'agenzia Tass pubblicato dalla Pravda del 3 marzo 1941 si accontenta di una informazione laconica: «L'ufficio d'informazione tedesco fa sapere da Sofia che le truppe tedesche sono entrate nel territorio della Bulgaria con il consenso del governo bulgaro». Non si potrebbe essere più discreti.

Malgrado questo raffreddamento, l'URSS continua a consegnare alla Germania nazista le materie prime di cui ha bisogno.


L'affaire jugoslavo.

Il 25 marzo 1941 il governo jugoslavo filotedesco di Tsvetcovitch si associa al patto anti-Comintern. Due giorni dopo è rovesciato dal generale antinazista Simovitch, vicino agli inglesi. Nella notte dal 5 al 6 aprile Stalin firma un patto di non aggressione con questo governo jugoslavo. Nella notte del 6, un banchetto riunisce i firmatari per celebrare l'accordo. Prima ancora che il banchetto abbia inizio, la Luftwaffe bombarda Belgrado e ne distrugge una parte nello stesso momento in cui le truppe tedesche ne invadono il territorio. Prontamente informato, Stalin fa immediatamente annullare il banchetto, il cu svolgimento avrebbe, dice lui, «un carattere di sfida provocatrice» (18). Certo lo svolgimento del banchetto non avrebbe cambiato in nulla la situazione della Jugoslavia, ma il suo annullamento, che simbolizza l'effettivo annullamento del patto sovietico-jugoslavo, nato morto, è un gesto in direzione di Hitler il quale non può che vederci un segno della mansuetudine di Stalin.

Tre giorni più tardi, il 3 aprile, Stalin sigla un patto di non aggressione con il Giappone, uno dei tre paesi firmatari del patto anti-Comintern. Accompagnando alla stazione il ministro degli affari esteri giapponese, Matsouka, gli dichiara, con l'intenzione che questi lo ripeta ai suoi alleati tedeschi: «Io sono un partigiano convinto delle potenze dell'Asse e un nemico dell'Inghilterra e dell'America». Il giapponese si affretta a ripeterlo all'ambasciatore tedesco Schulenburg al quale, in aggiunta, Stalin dichiara sulla banchina della stazione: «Noi dobbiamo restare amici», e afferra al passaggio il colonnello Krebs dell'ambasciata tedesca, dichiarando: «Noi siamo stati amici con voi e resteremo sempre amici con voi» (19).

Possiamo considerare queste dichiarazioni come appartenenti al semplice chiacchiericcio diplomatico formale? No. Andiamo a leggerle richiamando di seguito il modo in cui, con il memorandum del 15 maggio, Stalin adempie ai suoi obblighi commerciali nei confronti della Germania nazista, la quale non gli rende la stessa moneta. Il documento mostra che Stalin continua ad apportare un aiuto effettivo allo sforzo di guerra crescente della Germania, aiuto che andrà presto a rivolgersi brutalmente contro l'Unione Sovietica.


Dal patto anti-Comintern alla dissoluzione del Comintern?

IL 9 aprile 1941 Zdanov, portavoce di Stalin, discute con Dimitrov, Segretario del Comintern, della preparazione (se così si può dire!) della giornata internazionale del primo maggio: «Consideriamo entrambi», annota Dimitrov, che non è utile intervenire nella situazione attuale con un appello per il primo maggio (20). Niente appello dell'Internazionale Comunista, dunque, per la giornata internazionale dei lavoratori del mondo intero. Solamente delle direttive interne inviate alle segreterie dei differenti partiti comunisti.

Undici giorni più tardi, il 20 aprile a sera, Stalin discute con i membri del Politburo e Dimitrov. Spiega loro la necessità, a suo avviso, di dissolvere il Comintern: «Non legatevi», gli dice, a quello che c'era ieri. Tenete strettamente in conto la situazione che sta per crearsi (...) Dal punto di vista dell'interesse per le istituzioni del Comintern, schernisce, potrebbe non essere piacevole, ma non sono questi interessi che decidono». Conclude: «La questione dell'esistenza del Comintern a breve termine, la questione di nuove forme di legami internazionali e dell'attività internazionale nelle condizioni di una guerra mondiale sono poste in maniera forte e chiara» (20, 21). Una riunione del segretariato del Comintern con Zdanov il 12 maggio è interamente consacrata alla preparazione di questa dissoluzione, della quale i presenti sottolineano che ciò non debba «dar luogo a un'impressione di funerale e di disorientamento» (22). L'attacco all'URSS da parte di Hitler il 22 giugno salva, provvisoriamente, il Comintern.


Goebbels sempre contento di Stalin.

Il 13 maggio 1941, mentre il piano Barbarossa è in corso di completamento, Goebbels lo ripete una volta ancora: «Stalin continua ad agire con il nostro gradimento (23).

Il 15 maggio il ministero degli esteri della Germania redige un memorandum sulle relazioni economiche tra l'URSS e la Germania. Il ministero sottolinea al contempo le «difficoltà» della Germania ad adempiere ai propri impegni verso l'URSS mentre quest'ultima consegna tutto ciò in cui si è impegnata. «Come nel passato», scrive l'autore del rapporto, Schnurre, «sono comparse delle difficoltà nell'esecuzione degli impegni tedeschi sulle forniture all'URSS, in particolare nel settore degli armamenti. Come in precedenza, non potremo rispettare i termini». Schnurre con cinismo spiega in cosa il problema non sia molto grave. «La non esecuzione da parte della Germania dei suoi impegni non inizierà a farsi sentire che dopo l'agosto 1941, perché fino a quella data la Russia è obbligata a considerare le sue forniture come un acconto». Dopo agosto, evidentemente, visto il piano Barbarossa, nessun problema: l'acconto non sarà mai rimborsato.

Schnurre precisa: «Le complicazioni sono apparse in particolare nella non esecuzione (da parte della Germania) dei contratti sulle consegne nel settore delle forze aeree». Al contempo, la costruzione di un incrociatore tedesco a Leningrado con la partecipazione di 70 ingegneri tedeschi procede rapidamente, e per questo incrociatore i materiali promessi arrivano in tempo!

Da parte sua l'URSS mantiene puntualmente i propri impegni, Schnurre lo annota: «La situazione riguardante la consegna delle materie prime da parte della Russia prosegue in maniera soddisfacente», e cita una lista di risultati dall'inizio dell'anno! 632.000 tonnellate di grano; 232.000 tonnellate di petrolio; 23.500 tonnellate di cotone; 50.000 tonnellate di manganese; 6.700 tonnellate di fosfati; 900 chilogrammi di platino. E – Schnurre registra – il movimento anzi accelera anche per il solo mese di aprile: 208.000 tonnellate di grano; 90.000 tonnellate di petrolio; 8.300 tonnellate di cotone; 6.300 tonnellate di rame, di stagno e di nickel.

Schnurre sottolinea un problema politico: «Delle gravi difficoltà sono create dai rumori che non cessano di correre sul carattere inevitabile dello scontro tra Germania e Russia», e che nutrono, scrive, «una seria inquietudine nell'industria tedesca che tenta di rifiutarsi di onorare le transazioni fatte con la Russia, e in certi casi rifiuta anche di inviare il personale indispensabile per la realizzazione dei contratti».

L'atteggiamento dei sovietici gli pare al contrario favorevole. Sottolinea dapprima la loro puntualità nelle consegne: «Anche se questo esige da parte loro dei grandi sforzi, i russi consegnano puntualmente il volume di materie prime che è stato fissato dagli accordi». Questa puntualità, del tutto inconsueta nella vita economica dell'URSS dove i ritardi di consegna, per non parlare delle mancate consegne, sono frequenti, è il prodotto di una decisione politica ai più alti livelli. Questo spinge Schnurre ad affermare: «Ho il presentimento che noi potremmo presentare a Mosca delle richieste economiche eccedenti anche il quadro degli accordi del 10 gennaio 1941, e che potrebbero soddisfare bisogni economici di dimensioni più grandi di quelli che l'accordo ha definito» (24).


Un contributo di Stalin all'attacco dell'URSS da parte della Germania nazista.

Il 26 di maggio Stalin informa i generali Zukov e Timochenko che l'ambasciatore tedesco Schulenburg ha domandato al governo sovietico d'autorizzare svariati gruppi di ricercatori tedeschi a ritrovare le tombe dei soldati tedeschi inumati durante la prima guerra mondiale. Questo desiderio di onorare i morti non preoccupa affatto Stalin, che dà il suo consenso esigendo semplicemente che le ricerche siano limitate ai luoghi medesimi delle sepolture, ciò che gli appassionati della memoria accettano senza tante storie. I due alti gradi sovietici, stupefatti, non osano protestare (25).

I rilievi topografici precisi che questi amatori di tombe raccolgono completano così quelli ottenuti dagli aerei tedeschi al momento delle 324 violazioni dello spazio aereo sovietico che hanno effettuato tra il primo gennaio e il 22 giugno, e contro le quali Stalin non ha reagito.

Ma Stalin ha il torto di mostrare a Hitler che ha paura. Un comunicato dell'agenzia di stampa ufficiale Tass del 14 giugno riportante che le relazioni tra Mosca e Berlino sono eccellenti produce il risultato inverso. Goebbels annota: «Dal punto di vista del Fuhrer la smentita della Tass non è che un frutto della paura. Stalin trema davanti a ciò che si annuncia» (26).

Quel 21 di giugno, alle 20:30 (ora di Mosca), il caporale Alfred Liskov, ex operaio comunista, diserta per avvertire l'Armata rossa dell'imminente attacco della Wehrmacht. Secondo gli storici Jean Lopez e Lasha Okthmezuri «quattro soldati tedeschi hanno già disertato, a giugno: due il 4, uno il 18, un altro il 21. Tutti hanno ripreso e messo al primo posto le loro idee comuniste e sono andati ad annunciare l'imminenza dell'assalto. Tutti sono stati fucilati come "provocatori"». È l'ultimo servizio reso a Hitler da parte di Stalin per prolungare una collaborazione agonizzante. «Alfred Liskov», aggiungono, «se la cava, provvisoriamente. È ancora sotto interrogatorio quando i cannoni tedeschi iniziano a scatenarsi». Ma le tracce di un uomo che sapeva troppo si perdono in fretta.





(1) Dmitri Volkogonov, Stalin polititchatski portret, t.2, p.29.

(2) Ibid, p.30. Et Guerman Rozanov, Staline-Hitler 1939-1941, Mejdounarodnie otnochenia, Moscou, 1991, p.91-92. Référence archivistique : AVP SSSR, fonds 0745, inventario 14, dossier 32, cartella 3, foglio 65.

(3) SSSR-Germania, 1939-1941, Vilnius, p.62-63.

(4) V.Bereikov, Kak ia stal perevodtchikom stalina (Comment je suis devenu l’interprète de Staline), p.48.

(5) Ibid, p.47.

(6) Allan Bullock, Hitler-Staline, p.63.

(7) Joseph Goebbels, Journal 1939-1942, p.25.

(8) Ibid, p.37.

(9) Ibid, p.45.

(10) Ibid, 109-110.

(11) Pravda, 1er novembre 1939.

(12) Novaia i noveichaia istoria, n°4, 2 000, p.100.

(13) Margarete Buber-Neumann, Déportée en Sibérie, p.222.

(14) Ibid. p.213, 222 et 241.

(15) Comintern i vtoraia mirovaia voïna, t.1, p.127-131.

(16) SSSR-Germania, 1939-1941, t.2, p.36-39.

(17) Ibid, t.2, p.143-144.

(18) G.Gorodetsky, Le grand jeu de dupes, p.226.

(19) Dokoumenty vneichneï politiki, t.23, l.2, p.560-565.

(20) G. Dimitrov. P.454.

(21) Ibid, p.459.

(22) Ibid, p.471.

(23) Joseph Goebbels, ibid, p. 290.

(24) SSSR-Germania, 1939-1941, t.2, p.36-39.

(25) Ivzestia TsK KPSS, 1995, n°2, p.4-22, et G. Youkov, Vospominania i razmychlenia, t.1, p 346-347. La difesa di Stalin esige manipolazioni e falsificazioni di ogni tipo, riprese dai devoti ministri del suo culto. Al momento della pubblicazione delle memorie di Zukov sotto Breznev, le due pagine in cui Zukov evoca questo episodio sono soppresse senza che il lettore ne sia stato avvertito.

(26) Joseph Goebbels, ibid, p.290.

(27) Jean Lopez Lasha Otmezuri, Barbarossa, p.346.




(Traduzione di Antonio Banchetti)

Jean-Jacques Marie

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