Prima pagina

Una giornata non ci basta. Per un movimento LGBTQIA+ rivoluzionario, di classe e antimperialista

17 Maggio 2022

17 maggio, Giornata internazionale contro l'omofobia, la bifobia e la transfobia

giornata omofobia


Anche quest’anno il 17 maggio si celebra in Italia e in tutto il mondo l’IDAHOBIT, International Day Against Homophobia, Biphobia and Transphobia (Giorno Internazionale contro l'omofobia, la bifobia e la transfobia). In questa giornata è forse il caso di spendere qualche parola su alcune questioni legate a diritti civili, comunità LGBTQIA+ e all’attuale clima guerrafondaio e imperialista.


LA SITUAZIONE INTERNAZIONALE E ITALIANA. UNA PANORAMICA

L’omolesbobitransfobia è un fenomeno strutturale derivante dal sistema di oppressione patriarcale e quindi, nonostante gli sforzi e le promesse dei movimenti riformisti, risulta ineliminabile all’interno dei ristretti confini della civiltà borghese. Questo fatto ha molto spesso anche un inquietante risvolto legislativo. Nel mondo ci sono 70 paesi che criminalizzano orientamenti sessuali, identità di genere ed espressioni di genere che risultano non conformi alla normatività eterocispatriarcale. In 11 di questi si può incorrere nella pena di morte.
Sono invece 42 i paesi al mondo in cui esistono limitazioni legali alla libertà d’espressione delle persone LGBTQIA+ e 51 quelli in cui sono vietati l’attivismo e l'associazionismo LGBTQIA+ [1]. Nell’arco del solo 2021 ILGA ha ricevuto oltre 900 segnalazioni (da 72 paesi in tutto il mondo) riguardanti arresti o incriminazioni sulla base dell’orientamento sessuale e/o dell’identità di genere della persona soggetta al provvedimento [2]. Inoltre ci troviamo in una situazione di forte ripresa dei movimenti reazionari anche sul fronte dei diritti civili dove si susseguono continui e fortissimi attacchi ai pochi diritti già acquisiti nel mentre vengono lanciate vere e proprie crociate contro qualsiasi nuova rivendicazione o lotta portata avanti dalla comunità LGBTQIA+, dal movimento femminista o dalle soggettività razzializzate.
Basti, tra i tanti possibili esempi, ricordare la violentissima campagna antiabortista in corso negli USA – che sembra essere prossima a conquistare un risultato storico (e terribile) come il superamento legale della sentenza Roe vs. Wade del 1973 e perciò l’annullamento della tutela costituzionale federale del diritto all’aborto – oppure le polemiche, sostenute molto spesso anche da volti noti dell’intellighenzia progressista e laica, contro il “politicamente corretto” e l’uso di linguaggi inclusivi che costituiscono soltanto una delle numerose manifestazioni di conservatorismo e perbenismo borghese su cui non vale la pena spendere troppe parole.

Volgendo il nostro sguardo al contesto nazionale, nel periodo compreso tra il 1 maggio 2021 e il 1 maggio 2022 sono stati segnalati alle forze dell’ordine 106 episodi di omolesbobitransfobia per un totale di 148 vittime (il 65% di queste si riconosce come uomo, il 24% di queste si riconosce come donna, il restante 11% è costituito da soggettività T*) [3]. Si tratta di un dato molto preoccupante, soprattutto tenendo conto del fatto che la maggior parte delle vittime in realtà non denuncia a causa di un contesto profondamente stigmatizzante e intollerante, nonché del trattamento fortemente discriminatorio e autoritario riservato dalle forze dell’ordine alla maggior parte delle vittime di violenza. Sicuramente sull’attuale contesto italiano pesano l’arretramento generale di ogni fronte di lotta, la debolezza intrinseca dei movimenti per i diritti civili e la tendenza di una parte di essi a delegare le proprie lotte in sede istituzionale. Tutti fattori che si sono manifestati con estrema chiarezza e drammaticità durante la travagliata vicenda del DDL Zan conclusasi, come ben sappiamo, con una sostanziale sconfitta politica.

Nonostante questa situazione generale possiamo registrare alcuni segnali positivi come l’insorgenza di numerose esperienze di attivismo e di mobilitazione, anche in contesti periferici o precedentemente poco interessati dal fenomeno, e un processo di parziale radicalizzazione dei percorsi di lotta all’interno della comunità che, a livello nazionale, trova espressione in numerosi collettivi queer intersezionali, in alcuni nodi di NUDM e nell’organizzazione degli Stati Genderali (riunitisi per la terza volta durante lo scorso weekend a Bologna).


BIFOBIA, TRANSFOBIA, ABILISMO, INTERSESSUALITÀ E AFOBIA

Nonostante il nome di questa giornata e nonostante il lavoro costante e la nascita di sempre più associazioni, collettivi e di vere e proprie reti di attivismo in tutto il mondo, all'interno come all’esterno della comunità esistono narrazioni e rappresentazioni privilegiate rispetto ad altre.
Se l'esistenza dell'omofobia, della misoginia e della lesbofobia e la lotta contro di esse hanno finalmente, dopo molti decenni e con estrema difficoltà, raggiunto una posizione di rispetto nel dibattito e nell’azione politica delle organizzazioni rivoluzionarie e non solo, esistono molte altre forme di oppressione e discriminazione che invece restano marginalizzate.
Una prospettiva conseguentemente rivoluzionaria, come vuole essere la nostra, non può basarsi su una classificazione delle forme d’oppressione che finisce automaticamente per considerare centrali alcune di queste e ridurre altre a ruoli comprimari: è invece compito dei/lle marxist* rivoluzionar* lavorare per la costruzione di una società libera dal sistema di produzione capitalista e da ogni forma di oppressione. Questo deve portarci a prestare particolare attenzione verso fenomeni come la bifobia, la transfobia e l’abilismo. Si tratta di fenomeni ben radicati nella società e presenti anche all’interno della stessa comunità LGBTQIA+ su cui è assolutamente necessario agire: spesso, soprattutto nel caso di persone T* o disabili, ci si trova di fronte a situazioni di isolamento e ghettizzazione molto gravi e con ricadute sociali, psicologiche ed economiche drammatiche.

Se la bisessualità e la pansessualità tendono ad essere sistematicamente denigrate, silenziate o direttamente cancellate e negate dal nostro contesto sociale e culturale; la transfobia assume anche il volto inquietante della cosiddetta “Teoria Gender” e, più in generale, si presenta sempre più spesso come la negazione violenta di qualunque questione inerente all’identità di genere che non si limiti al paradigma cisnormativo ed essenzialista (il dibattito relativo al DDL Zan è stato esemplare da questo punto di vista).
L’abilismo, come tutte le discriminazioni sistemiche, tende a presentarsi in modo subdolo – attraverso, per esempio, la concezione di un mondo a portata di soggetti cosiddetti “abili” e “neurotipici” e perciò interdetto e pericoloso per chiunque non rientri in queste convenzioni - oppure velato - attraverso atteggiamenti ed azioni pietistiche che finiscono per denigrare, ridicolizzare o infantilizzare la persona e la sua esperienza di vita – costituendo in sé un limite al benessere e alla libertà del soggetto, disabile o neurodivergente, investito da questa forma d’oppressione. Inoltre è importante non rimuovere in questa giornata l’esistenza e la lotta delle persone intersex.
L’intersessualità è una condizione che ancora oggi viene ampiamente invisibilizzata nei movimenti e affrontata attraverso lenti deformate e patologizzanti in ambiente clinico: quello che le persone intersex subiscono, molto spesso poco dopo la nascita e quindi in un momento in cui non possono per definizione essere consenzienti, si configura come una vera e propria forma di violenza tollerata nella maggior parte degli stati del mondo e motivata sulla base di valutazioni estetiche e “di normalizzazione” – fondate sul malcelato dogma del binarismo di genere – piuttosto che su ben più serie motivazioni sanitarie. La lotta contro la patologizzazione (e le conseguenti mutilazioni genitali) delle persone intersex è una battaglia che non può essere trascurata viste anche le sue pesantissime ricadute sulla salute e sulla dignità della persona coinvolta. Infine, malgrado il nome di questa giornata le escluda, non possiamo dimenticare l’esistenza delle soggettività asessuali e aromantiche e non possiamo chiudere gli occhi di fronte alle discriminazioni che esse subiscono all’interno dell’attuale sistema (afobia). La negazione esplicita di queste esperienze di vita, la tendenza a stigmatizzare e patologizzare le persone AroAce, e la perdurante e insistente rappresentazione convenzionale delle relazioni come esperienze esclusivamente romantiche e/o sessuali, tipica anche di una certa retorica LGBTQIA+, costituiscono un’altra delle ingiustizie e storture – magari non la più grande, ma non per questo trascurabile - di questa società a cui solo un radicale cambiamento di paradigma potrà porre rimedio.


GUERRA, IMPERIALISMO E MOVIMENTO QUEER

L’attuale guerra in Ucraina e la conseguente mobilitazione imperialista su scala globale, di cui abbiamo abbondantemente parlato negli ultimi mesi, costituisce un fattore da non trascurare in un momento come questo. Non solo per le notizie terribili che sono giunte negli ultimi mesi dalle zone di guerra come, per fare alcuni esempi eclatanti, il respingimento alla frontiera polacca dei migranti e degli studenti di origine africana in fuga dalle città ucraine assediate e bombardate oppure i controlli effettuati dalle guardie di frontiera ucraine nei confronti di persone T* (soprattutto MtF o nonbinary) che venivano insultate e molestate per poi essere, nella stragrande maggioranza dei casi, respinte in quanto la loro identità non trovava corrispondenza con i documenti di cui erano in possesso (con il rischio ulteriore di essere dichiarat* disertor* sulla base della legge marziale in vigore dal 24 febbraio 2022). Ma anche perché ricca di importanti riflessioni sull’imperialismo, il militarismo e il diritto di autodeterminazione e autodifesa dei popoli.

Come ben sappiamo, il peso maggiore della guerra e delle sue conseguenze ricade sulla classe operaia e sulle soggettività oppresse. Il pensiero femminista e queer ha sempre dato una certa importanza a temi quali guerra, militarismo, colonialismo e imperialismo e, nonostante impostazioni errate o ambigue, la storia di questi movimenti è costellata di numerose occasioni in cui la voce delle donne e delle persone queer si è alzata contro l’oppressione coloniale, la guerra e l’imperialismo.

Il pensiero militarista e colonialista inoltre è una seria minaccia per le persone razzializzate, le donne, le persone queer e le persone disabili o neurodivergenti. In esso infatti la cultura eterocispatriarcale e classista raggiunge altissimi livelli di legittimazione arrivando a trasformare il corpo femminile in un vero e proprio territorio da conquistare, rappresentando le soggettività “non conformi” e le persone disabili e neurodivergenti come corpi estranei da neutralizzare e fornendo un’utile stampella al razzismo e alla xenofobia attraverso la trasformazione della subordinazione del/lle indigen*/schiav* al colonizzatore/padrone in un dato naturale e incontrovertibile.
Non è infatti un caso, per esempio, che una grossa fetta dei femminicidi sia commessa da appartenenti alle forze dell’ordine e alle forze armate o che la maggior parte delle vittime della violenza di polizia siano soggettività razzializzate o LGBTQIA+ oppure, ancora, che machismo, sessismo, razzismo e omolesbobitransfobia siano ampiamente sdoganati nei contesti militari o paramilitari come non è un caso che durante l’ultima Adunata Nazionale dell'Associazione Nazionale degli Alpini, tenutasi a Rimini pochi giorni fa, la città sia diventata un inferno per donne, soggettività queer e persone razzializzate che sono state fatte bersaglio di insulti, minacce, catcalling, molestie, tentativi di stupro, atteggiamenti paternalistici, azioni xenofobe e varie altre forme di violenza fisica, psicologica e verbale (il nodo territoriale di NUDM Rimini, PRIDE OFF e Casa Madiba hanno raccolto oltre 500 segnalazioni di molestie e 160 racconti di esse, tutte accadute nel periodo tra il 5 e l’8 maggio) [4].

Anche di fronte all’aggressione imperialista dell’Ucraina da parte della Russia la maggior parte del movimento LGBTQIA+ e femminista si è schierato compattamente e giustamente dalla parte del paese aggredito. Nonostante questa posizione si possa ritenere corretta sui generis, essa ha risentito molto della polarizzazione causata dal conflitto e non è esente da errori. Infatti tale posizionamento si è espresso talvolta nella forma del sostegno (a volte addiritura incondizionato) alle manovre dell’UE e della NATO, raffigurati come baluardi democratici e civili contro una Russia autocratica e illiberale. Sia chiaro, la natura della Federazione Russa è quella di una potenza imperialista in ascesa e il governo autoritario di Putin è, tra le altre cose, portavoce delle istanze più retrive provenienti dalla sua potente oligarchia capitalista, dalle gerarchie del Patriarcato di Mosca e da pensatori reazionari e fanatici come, per esempio, Aleksandr Dugin.
L’attuale invasione dell’Ucraina è iniziata, come abbiamo denunciato in molti dei nostri precedenti articoli e a differenza di quanto sostenuto da una certa vulgata sedicente di sinistra o comunista, all’ombra di parole d’ordine che appartengono all’ampio campionario dello sciovinismo granrusso e dell’anticomunismo. Ci sarebbe da dire anche che, malgrado l’Ucraina non abbia una legislazione particolarmente progressista in fatto di diritti civili e sociali e nonostante in essa siano egemoni posizioni conservatrici e nazionaliste in questo momento, una vittoria russa e la conseguente occupazione militare dell'intero territorio nazionale non farebbero che imprimere una stretta repressiva ulteriore degli spazi democratici - a detrimento della comunità LGBTQIA+, del movimento femminista e delle avanguardie di classe - sul modello di quanto accaduto in Russia negli ultimi decenni. Ma questo non può portarci a rimuovere la natura altrettanto aggressiva e pericolosa di NATO ed EU e nemmeno può permetterci di nascondere la reale natura dei loro interessi in Ucraina. Uno dei compiti di una comunità LGBTQIA+ consapevole e dei/lle sincer* rivoluzionar* deve essere il contrasto e l’abbattimento dell’imperialismo che alberga dentro alle nostre case e che insidia le nostre vite e la nostra libertà.
La consapevolezza della natura reazionaria e imperialista della Russia non è sufficiente per convincerci a sostenere che il modo migliore per risolvere una guerra sia una escalation militare e diplomatica globale a base di riarmo, incremento delle spese militari, prove di forza reciproche e sanzioni economiche (il cui peso non va certo ad indebolire l’oligarchia russa, ma anzi si ripercuote in maniera esclusiva sulle classi popolari russe e di tutti i paesi coinvolti peggiorando ulteriormente la loro precaria situazione).

Altra componente ben presente all’interno del movimento è quella che si richiama a principi pacifisti e nonviolenti. Purtroppo però l’autodeterminazione dei popoli è un principio che va conquistato o difeso con le armi se necessario. In un frangente come questo e di fronte ad un’operazione militare come quella russa è ridicolo non riconoscere il diritto del popolo ucraino di rispondere alla violenza delle truppe d’occupazione costruendo e sostenendo organismi di autodifesa armata. La resistenza ucraina è ben lunghi dalle rappresentazioni granitiche offerte dalla stampa mainstrem occidentale e dai mezzi d’informazione russi e filo-russi. In essa operano milizie autoconvocate composte da lavorator*, attivist* sindacali, militanti socialist* e anarchic*, ultras antifascist* e anche diversi gruppi di donne e persone LGBTQIA+ che hanno svolto ruoli di primo piano nella difesa delle città assediate (per esempio e soprattutto a Kyiv). Voltare le spalle a queste persone – e, peggio ancora, sostenere o suggerire una loro connivenza con forze reazionarie, ultranazionaliste, neofasciste e atlantiste - costituirebbe un imperdonabile errore per qualsiasi realtà che dichiari tra i suoi obiettivi la liberazione e l’autodeterminazione dei corpi, dei popoli, dei territori e rivendichi la fine di ogni forma di sfruttamento e di oppressione.


PER UN MOVIMENTO LGBTQIA+ RIVOLUZIONARIO, DI CLASSE E ANTIMPERIALISTA

L’attuale situazione ci pone nella condizione di ribadire ancora una volta la necessità di contribuire alla costruzione di un movimento LGBTQIA+ sempre più radicale e capace di comprendere appieno la correlazione esistente tra il sistema di sfruttamento capitalistico e l’oppressione eterocispatriarcale e razzista, un movimento LGBTQIA+ che sia, in altre parole, pronto a lottare per estinguere la causa prima di tutte le forme di oppressione, di tutte le guerre e di tutte le violenze, ovvero la proprietà privata dei mezzi di produzione e la divisione in classi della società.
Oggi porre l’accento nella lotta per i diritti civili sulla questione di classe, sulla natura della classe come elemento fondamentale dell’analisi strutturale, e sulla categoria dell’imperialismo non significa cadere nuovamente nell’ipocrisia di posture economicistiche e riduzionistiche – che tanto hanno condizionato negativamente la storia del movimento operaio e che ancora oggi vengono rivendicate dalla maggior parte dello stalinismo – negando il carattere specifico delle oppressioni e sottomettendo la lotta contro di esse alle battaglie per i diritti sociali, bensì favorire una maggiore comprensione delle dinamiche che stanno alla base delle oppressioni sistemiche che molt* di noi subiscono quotidianamente sulla loro pelle e mettere in luce l’uso strumentale che la classe borghese fa di tutte le forme di oppressione per rafforzare e affermare il proprio dominio. Senza una chiara analisi di classe, infatti, è impossibile comprendere realmente la natura delle diverse oppressioni e il loro ruolo all’interno del sistema di dominio borghese, ma, d’altro canto, senza tenere conto delle varie oppressioni e della loro natura è impossibile realizzare una analisi di classe pienamente compiuta e corretta.

Anche questo è uno dei compiti che spetta ai/lle rivoluzionar* affinché la rivoluzione segni veramente l’avvento di una nuova età di pace e la liberazione definitiva di ognun* da ogni forma di sfruttamento, di oppressione e di violenza.




NOTE


[1] AA.VV., State-Sponsored Homophobia.Global Legislation Overview Update 2020, ILGA [International Lesbian and Gay Association] World, Ginevra, dicembre 2020.

[2] Kellyn Botha, Our Identities under Arrest. A global overview on the enforcement of laws criminalising consensual same-sex acts between adults and gender-diverse expressions 2021, ILGA [International Lesbian and Gay Association] World, Ginevra, dicembre 2021.

[3] “Cronache di ordinaria omofobia. Report da maggio 2021 a maggio 2022”, pubblicato da Massimo Battaglio sul sito omofobia.org il 5 maggio 2022 e modificato dall'autore l’11 maggio [consultato il 13 maggio 2022].

[4] il dato è stato recuperato da un post pubblicato il 14 maggio 2022 dalla pagina Facebook Non Una Di Meno Rimini [consultato il 16 maggio 2022].

Partito Comunista dei Lavoratori - Commissione donne e altre oppressioni di genere

CONDIVIDI

FONTE