Prima pagina

Lenin oggi

22 Aprile 2022
Lenin


Nel giorno del centocinquantaduesimo anniversario della nascita di Lenin, crediamo doveroso ricordarlo richiamando le sue posizioni sulla questione nazionale e sull'autodeterminazione delle nazioni (nello specifico sull'Ucraina), posizioni che difese con tutte le sue forze fino – letteralmente – al suo letto di morte, al punto da farne una questione centrale della strategia bolscevica («Dichiaro guerra (e non una guerricciola, ma una lotta per la vita e per la morte) allo sciovinismo grande-russo»).
Lo facciamo perché crediamo che quelle posizioni e quell'insegnamento vadano recuperati e rimessi in piedi proprio in questi giorni, nel mentre la ferita ucraina, che fin dalla morte di Lenin e dalla controrivoluzione burocratica staliniana non si è mai rimarginata, ha ripreso a sanguinare presentando il conto da saldare di un intero secolo.
Lo facciamo anche perché crediamo che coloro i quali continuano a definirsi comunisti dovrebbero più che mai oggi stare dalla parte di Lenin con i fatti e con la loro politica, non con le semplici parole (magari riesumate ad uso celebrativo, nelle occasioni come questa).
Lo facciamo, quindi, perché crediamo che i comunisti siano altra cosa da chi scambia un'invasione imperialista per una guerra di liberazione, ma siano altra cosa anche dai pacifisti e dai pacifinti, cioè ad esempio Paolo Ferrero, dirigente storico di Rifondazione Comunista e Vicepresidente del Partito della Sinistra Europea, il quale oggi prende le distanze storcendo il naso dalla resistenza ucraina e dal diritto di autodifesa di una nazione oppressa, ma che da ministro del governo borghese e imperialista dell'Italia non batteva ciglio davanti alle politiche guerrafondaie di riarmo, di invasione e di oppressione in Afghanistan e Iraq, anzi le votava ("criticamente", va da sé).
Oggi come ieri, ricordare Lenin significa ricordare la sua battaglia (condotta anche dentro il Partito bolscevico) contro tutte le oppressioni nazionaliste, a partire dall'oppressione grande-russa, anche quando il paese che le portava avanti era uno Stato operaio appena nato dalla prima rivoluzione proletaria vittoriosa della storia, e anche quando venivano messe in atto in nome della liberazione e del socialismo.



«La questione nazionale e la questione agraria sono oggi le questioni fondamentali per le masse piccolo-borghesi russe. È un fatto incontestabile. E in queste due questioni il proletariato non è affatto «isolato». Esso ha dietro di sé la maggioranza del popolo. Solamente il proletariato è capace di condurre, in queste due questioni, una politica decisiva, veramente «democratica, rivoluzionaria», la quale assicurerebbe immediatamente al potere statale proletario non soltanto l'appoggio della maggioranza della popolazione, ma anche un'ondata di vero entusiasmo rivoluzionario fra le masse. Per la prima volta, infatti, queste vedrebbero che il governo non lascia opprimere spietatamente i contadini dai grandi proprietari fondiari e gli ucraini dai grandi russi, come sotto lo zarismo; che non intende continuare in regime repubblicano la stessa politica sfrontata sotto la copertura di frasi pompose; che non si abbandona a imbrogli, a offese, a turlupinature, a dilazioni, a tranelli, a sotterfugi (tutta roba di cui Kerenski gratifica i contadini e le nazioni oppresse), ma che dimostra loro praticamente la propria ardente simpatia con provvedimenti immediati e rivoluzionari contro i grandi proprietari fondiari, con l'immediata elargizione della libertà completa per la Finlandia, l'Ucraina, la Bielorussia, i musulmani, ecc.» (I bolscevichi conserveranno il potere statale? - 1917)

«...la questione se l'Ucraina deve essere una Repubblica Socialista Sovietica separata e indipendente legata in alleanza (federazione) con la Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa, o se l'Ucraina deve fondersi con la Russia per formare un'unica repubblica sovietica. Tutti i bolscevichi e tutti gli operai e i contadini politicamente coscienti devono riflettere attentamente su questa questione.» (Lettera agli operai e ai contadini dell’Ucraina - 1920)

«L'indipendenza dell'Ucraina è stata riconosciuta sia dal Comitato esecutivo centrale di tutta la Russia della R.S.F.S.R. (Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa) che dal Partito Comunista Russo (Bolscevico). È quindi evidente e generalmente riconosciuto che solo gli operai e i contadini ucraini stessi possono decidere, e lo faranno al loro Congresso dei Soviet di tutta l'Ucraina. Essi in quella sede decideranno se l'Ucraina deve unirsi alla Russia o se deve rimanere una repubblica separata e indipendente.» (Lettera agli operai e ai contadini dell'Ucraina - 1920)

«…noi comunisti della Grande Russia dobbiamo reprimere con la massima severità la minima manifestazione in mezzo a noi dello sciovinismo grande-russo, perché tali manifestazioni, che sono un tradimento del comunismo in generale, causano il danno più grave dividendoci dai nostri compagni ucraini e facendo così il gioco di Denikin e del suo regime.» (Lettera agli operai e ai contadini dell'Ucraina - 1920)

«Dobbiamo, quindi, lottare persistentemente per l'unità delle nazioni e sopprimere spietatamente tutto ciò che tende a dividerle, e nel fare ciò dobbiamo essere molto cauti e pazienti, e fare concessioni alle sopravvivenze della sfiducia accumulata dalle nazioni subalterne. Dobbiamo essere irremovibili e intransigenti verso tutto ciò che tocca gli interessi fondamentali del lavoro nella sua lotta per emanciparsi dal giogo del capitale. La questione della demarcazione delle frontiere, per il momento - perché stiamo lottando per la completa abolizione delle frontiere - è una questione minore, non è fondamentale nè imperativa. In questa materia possiamo permetterci di aspettare, e dobbiamo aspettare, perché la sfiducia nazionale nella grande massa dei contadini e dei piccoli proprietari è spesso estremamente tenace, e la fretta potrebbe solo intensificarla, cioè mettere in pericolo la causa della completa e definitiva unità.» (Lettera agli operai e ai contadini dell'Ucraina - 1920)

«Se un comunista grande-russo insiste sulla fusione dell'Ucraina con la Russia, gli ucraini potrebbero facilmente sospettare che egli sostenga questa politica non per il motivo di unire i proletari nella lotta contro il capitale, ma per i pregiudizi del vecchio sciovinismo grande-russo. Tale diffidenza è naturale, e in una certa misura inevitabile e legittima, perché i Grandi Russi, sotto il giogo dei proprietari terrieri e dei capitalisti, avevano per secoli imbevuto i pregiudizi vergognosi e disgustosi dello sciovinismo grande-russo, dell’imperialismo.
Se un comunista ucraino insiste sull'indipendenza statale incondizionata dell'Ucraina, si espone al sospetto che egli sostenga questa politica non a causa degli interessi temporanei degli operai e dei contadini ucraini nella loro lotta contro il giogo del capitale, ma a causa dei pregiudizi nazionali piccolo-borghesi del contadino piccolo proprietario. L'esperienza ha fornito centinaia di casi di "socialisti" piccolo-borghesi di vari paesi - tutti i vari pseudo-socialisti polacchi, lettoni e lituani, menscevichi georgiani, socialisti-rivoluzionari e simili - che assumono la veste di sostenitori del proletariato al solo scopo di promuovere con l'inganno una politica di compromesso con la "loro" borghesia nazionale contro i lavoratori rivoluzionari. Lo abbiamo visto nel caso del governo di Kerensky in Russia nel periodo febbraio-ottobre del 1917, e lo abbiamo visto, e lo vediamo, in tutti gli altri paesi.
La sfiducia reciproca tra i comunisti grandi-russi e ucraini può, quindi, sorgere molto facilmente. Come combattere questa sfiducia? Come superarla e stabilire finalmente la fiducia reciproca?
Il modo migliore è lavorare insieme per sostenere la dittatura del proletariato e il potere sovietico nella lotta contro i proprietari terrieri e i capitalisti di tutti i paesi e contro i loro tentativi di restaurare il loro dominio.
» (Lettera agli operai e ai contadini dell'Ucraina - 1920)

« In questa lunga e dura lotta noi operai grand-russi e ucraini dobbiamo mantenere la più stretta alleanza, perché separatamente non saremo sicuramente in grado di far fronte al compito. Quali che siano i confini dell'Ucraina e della Russia, quali che siano le forme dei loro reciproci rapporti statali, questo non è così importante; questa è una questione in cui si possono e si devono fare concessioni, in cui si può provare una cosa un'altra o una terza, ma la causa degli operai e dei contadini, ovvero la vittoria sul capitalismo, non sarà sconfitta per questo.
Ma se non riusciamo a mantenere l'alleanza più stretta, un'alleanza contro Denikin, un'alleanza contro i capitalisti e i kulaki dei nostri paesi e di tutti i paesi, la causa del lavoro perirà sicuramente per molti anni a venire, nel senso che i capitalisti potranno schiacciare e strangolare sia l'Ucraina Sovietica che la Russia Sovietica.
E ciò che la borghesia di tutti i paesi, e tutti i tipi di partiti piccolo-borghesi, cioè i partiti "conciliazionisti" che permettono l'alleanza con la borghesia contro i lavoratori, cercano soprattutto di realizzare è di disunire i lavoratori di diverse nazionalità, di evocare la sfiducia e di distruggere una stretta alleanza internazionale e la fratellanza internazionale dei lavoratori. Ogni volta che la borghesia riesce in questo, la causa dei lavoratori è persa.
» (Lettera agli operai e ai contadini dell'Ucraina - 1920)

«Ho già scritto nelle mie opere sulla questione nazionale che non bisogna assolutamente impostare in astratto la questione del nazionalismo in generale. È necessario distinguere il nazionalismo della nazione dominante dal nazionalismo della nazione oppressa, il nazionalismo della grande nazione da quello della piccola. Nei confronti del secondo nazionalismo, noi, appartenenti a una grande nazione, ci troviamo ad essere quasi sempre, nella prassi storica, colpevoli di infinite violenze, e anzi, compiamo in piú, senza nemmeno accorgercene, un numero infinito di violenze e offese: mi basta ripensare agli anni in cui vivevo nella regione del Volga e al modo come da noi trattano gli allogeni, come il polacco venga chiamato solo "polaccuzzo", come prendono in giro il tataro, chiamandolo "principe", e l'ucraino "chochol" e il georgiano e gli altri allogeni del Caucaso "kapkasi".» (Sulla questione delle nazionalità o della "autonomizzazione" - 1922)

«Una cosa è la necessità di essere compatti contro gli imperialisti dell'Occidente, che difendono il mondo capitalistico; qui non vi possono essere dubbi, e non ho bisogno di dire che approvo incondizionatamente queste misure; altra cosa è quando noi stessi cadiamo, anche soltanto nelle piccolezze, in atteggiamenti imperialistici verso le nazionalità oppresse, minando così completamente tutta la sincerità dei nostri princípi, tutta la nostra difesa di principio della lotta contro l'imperialismo.» (Sulla questione delle nazionalità o della "autonomizzazione" - 1922)

Partito Comunista dei Lavoratori

CONDIVIDI

FONTE