Teoria

Sulla storia del movimento delle donne lavoratrici in Russia

31 Marzo 2022
Kollontaj3


In quale anno si potrebbe dire che inizi il movimento delle donne lavoratrici in Russia? Nella sua natura essenziale, il movimento delle lavoratrici è inseparabilmente legato a tutto il movimento proletario come un tutto indivisibile. La lavoratrice, in quanto membro della classe proletaria, in quanto venditrice del suo lavoro, si è anche sollevata in rivolta con gli operai ogni volta che si sono opposti alla violazione dei loro diritti umani, ha partecipato insieme e su un piano di parità con gli stessi operai a tutte le rivolte, a tutte le "rivolte di fabbrica" tanto odiate dallo zarismo.

Per questo motivo, l'inizio del movimento delle donne operaie in Russia coincide con i primi segni del risveglio dell'autocoscienza di classe del proletariato russo e con i suoi primi tentativi per mezzo di pressioni combinate, scioperi e astensioni dal lavoro, di ottenere condizioni di esistenza più tollerabili e meno umilianti e miserabili.

Le lavoratrici parteciparono attivamente alle rivolte operaie nella fabbrica di Krenholm nel 1872 e nella fabbrica tessile Lazeryev a Mosca nel 1874. Furono coinvolte nello sciopero del 1878 alla Nuova filatura di cotone di Pietrogrado e guidarono lo sciopero delle tessitrici nella famosa manifestazione operaia di Orekhovo-Zuyevo, durante la quale gli edifici della fabbrica furono distrutti. Come risultato, il governo zarista fu costretto ad affrettare la legislazione che proibiva il lavoro notturno per donne e bambini, che entrò in vigore il 3 giugno 1885.

È indicativo che l'ondata spontanea di scioperi che scosse la Russia proletaria negli anni ’70 dell’Ottocento e nei primi anni del 1880 colpì soprattutto l'industria tessile, in cui la maggior parte della forza lavoro è costituita da manodopera femminile a basso costo. I disordini degli anni Settanta e Ottanta avvennero per motivi puramente economici, provocati dalla disoccupazione e dalla crisi continua dell'industria del cotone. Tuttavia, non è straordinario che questa "ragazza di fabbrica" calpestata, senza diritti, oppressa dal lavoro oltre le sue forze e politicamente ignorante, disprezzata anche dalla metà femminile della piccola borghesia urbana e tenuta a distanza dalle contadine che si aggrappano tenacemente alle vecchie tradizioni, sia nelle prime file di coloro che lottano per i diritti della classe operaia, per l'emancipazione delle donne?

Le dure condizioni di vita stesse costringevano la ragazza di fabbrica ad opporsi apertamente al potere dei padroni e alla schiavitù del capitale. Tuttavia, lottando per i diritti e gli interessi della sua classe, la lavoratrice stava inconsapevolmente preparando anche la strada per l'emancipazione delle donne da quelle catene che ancora pesavano su di loro e creavano ineguaglianza di status e di condizioni tra uomini e donne, persino nel quadro della singola classe operaia.

Durante la nuova e intensificata ondata di agitazioni operaie della metà e della fine degli anni ’90 dell’Ottocento, le lavoratrici furono ancora una volta regolarmente partecipanti attive nelle rivolte operaie. La rivolta di aprile alla fabbrica di Yaroslavl nel 1895 ricevette un vigoroso sostegno dalle tessitrici. Né le lavoratrici furono meno attive dei loro compagni maschi durante gli scioperi economici del 1894-1895 a San Pietroburgo. Quando, nell'estate del 1896, San Pietroburgo divenne teatro dello storico sciopero dei lavoratori tessili, le tessitrici uscirono coraggiosamente e contemporaneamente dai laboratori insieme ai tessitori. Che differenza fa che a casa i bambini affamati stiano aspettando la loro madre? Che differenza fa che questo sciopero porti con sé la minaccia del licenziamento, dell'esilio o della prigione? La causa comune di classe è più importante, più sacra dei sentimenti materni, della preoccupazione per la famiglia, del benessere personale e familiare!

In un momento di disordini e scioperi, la lavoratrice oppressa, timida, senza diritti, si innalza e diventa uguale agli uomini come combattente e compagna. Questa trasformazione avviene inconsciamente, spontaneamente, ma è importante e significativa. È il cammino lungo il quale il movimento operaio sta portando la lavoratrice alla liberazione, non solo come colei che vende il suo lavoro, ma anche come donna, moglie, madre e casalinga.

Alla fine degli anni '90 dell'Ottocento e all'inizio del Novecento ci sono stati numerosi disordini e scioperi nelle fabbriche in cui lavoravano soprattutto donne: nelle fabbriche di lavorazione del tabacco (Shanshal), nelle filande e tessiture (Maxwell) a Pietrogrado, ecc. Il movimento operaio in Russia stava prendendo forza, si stava organizzando, stava prendendo forma e così anche la resistenza di classe del proletariato femminile.

Tuttavia, fino all'anno epocale della prima rivoluzione russa, il movimento aveva fondamentalmente una natura economica. Gli slogan politici dovevano essere nascosti o avanzati in forma mascherata. Un sano istinto di classe spingeva la lavoratrice a sostenere gli scioperi, e non di rado le donne stesse organizzavano e portavano avanti "rivolte di fabbrica". Però, non appena l'ondata di aspre lotte di sciopero era passata, non appena le operaie erano tornate al lavoro, vittoriose o sconfitte, le donne erano di nuovo isolate le une dalle altre, ancora inconsapevoli della necessità di organizzazione e prive di un costante contatto tra compagne. In quegli anni era ancora eccezionale trovare una lavoratrice nelle organizzazioni illegali del partito. I grandi obiettivi del partito operaio socialista non avevano ancora raggiunto le lavoratrice ed essa rimaneva insensibile agli slogan politici universali. La vita condotta da sei milioni di proletarie in Russia all'inizio del XX secolo era ancora troppo oscura, troppo poco chiara e la loro esistenza costretta alla fame, alle privazioni e alle umiliazioni. Una giornata lavorativa di 12 ore o nel migliore dei casi di 11 ore, un salario da fame di 12-15 rubli al mese, la sistemazione in baracche sovraffollate, l'assenza di qualsiasi forma di assistenza da parte dello Stato o della società in caso di malattia, gravidanza o disoccupazione, l'impossibilità di organizzare aiuti reciproci poiché il governo zarista perseguitava selvaggiamente qualsiasi tentativo di organizzazione da parte dei lavoratori - queste erano le condizioni che circondavano la lavoratrice. La sua schiena era piegata dal peso intollerabile dell'oppressione e la sua anima, terrorizzata dallo spettro della povertà e della fame, rifiutava di credere in un futuro più luminoso e nella possibilità di lottare per liberarsi dal giogo dello zarismo e del capitale.

All'inizio del XX Secolo, le lavoratrici hanno evitato la politica e la lotta rivoluzionaria. Il movimento socialista in Russia può, è vero, andare fiero di un'abbondanza di donne affascinanti ed eroiche che, con il loro lavoro energico e disinteressato, hanno contribuito a consolidare il movimento clandestino e hanno preparato la strada all'esplosione rivoluzionaria che avvenne negli anni successivi. Tuttavia, nessuna di queste donne, dalle prime socialiste come Sofia Bardina o le sorelle Leshern, piene di fascino e bellezza interiore, alla volitiva Sofia Perovskaya, erano rappresentanti del proletariato femminile. Nella maggior parte dei casi si trattava delle ragazze a cui Turgenev avrebbe dedicato il suo poema in prosa "La soglia", ragazze provenienti da un ambiente ricco e aristocratico che lasciarono le case dei genitori, che ruppero con il loro passato prospero e "andarono tra il popolo" per diffondere la propaganda rivoluzionaria e lottare contro le ingiustizie sociali, cercando di redimere i "peccati dei loro padri". Anche molto più tardi, negli anni dal 1890 all'inizio del XX Secolo, quando il marxismo aveva già messo radici profonde nel movimento operaio russo, il numero di operaie coinvolte era molto basso. Le donne attive nelle organizzazioni clandestine in quegli anni non erano operaie, ma donne dell'intellighenzia, studentesse, insegnanti, assistenti mediche e scrittrici. Era raro trovare una "ragazza di fabbrica" ad una riunione clandestina. Né le operaie frequentavano le lezioni della domenica sera che si tenevano appena fuori dai confini della città di Pietrogrado, che erano allora l'unico metodo legale per diffondere, sotto l'innocente veste di geografia o aritmetica, le idee del marxismo e del socialismo scientifico tra le grandi masse lavoratrici. Le donne lavoratrici combattevano ancora timidamente la vita, evitavano il conflitto ... credevano ancora che la loro sorte fosse il forno, la tinozza e la culla.


LA PRIMA RIVOLUZIONE DEL 1905

Il quadro cambiò radicalmente dal momento in cui lo spettro rosso della rivoluzione oscurò per la prima volta la Russia con le sue ali fiammeggianti. L'anno rivoluzionario del 1905 emanò profonde onde d'urto attraverso le masse lavoratrici. L'operaio russo sentì per la prima volta la sua forza, per la prima volta si rese conto che l'intera ricchezza nazionale poggiava sulle sue spalle. La donna operaia e proletaria russa, l'immancabile collaboratrice in tutte le manifestazioni politiche del proletariato negli anni rivoluzionari del 1905-1906, fu anch’essa risvegliata dal suo sonno. La si poteva trovare ovunque. Se volessimo raccontare i fatti della partecipazione di massa delle donne al movimento dell'epoca, enumerare tutte le manifestazioni attive di protesta e di lotta delle lavoratrici, ricordare tutte le azioni disinteressate intraprese dalle proletarie, la loro fedeltà agli ideali del socialismo, allora dovremmo ricostruire scena per scena l'intera storia della rivoluzione russa del 1905.

Molti ricordano ancora quegli anni pieni di romanticismo. L'immagine della lavoratrice, ancora "impreparata", ma che già si muove nella vita, con i suoi occhi indagatori e pieni di speranza rivolti all'oratore in riunioni affollate e cariche di un entusiasmo contagioso, vive ancora una volta nella memoria. I volti delle donne, pieni di energia concentrata e di determinazione incrollabile, possono essere visti tra le file serrate del corteo dei lavoratori il memorabile 9 gennaio, giorno della domenica di sangue. Un sole, insolitamente luminoso per San Pietroburgo, illuminava questa processione propositiva, solenne e silenziosa, evidenziando i volti delle donne, così numerose tra la folla. La pena per le illusioni ingenue e la fiducia infantile colpiva le donne; la donna operaia, giovane ragazza, moglie lavoratrice, è una figura comune tra le vittime di massa di quel giorno di gennaio. Lo slogan "sciopero generale" che volava di officina in officina, veniva raccolto da queste donne, ieri ancora prive di coscienza di classe e portava alcune di loro ad essere le prime ad uscire.

Le lavoratrici delle province non rimanevano indietro rispetto alle loro compagne della capitale. Nei giorni di ottobre, stremate dal lavoro e dalla loro dura esistenza sull'orlo dell’inedia, le donne lasciavano le fabbriche e in nome della causa comune, privavano coraggiosamente i loro figli del loro ultimo pezzo di pane... Con parole semplici e commoventi, la lavoratrice si appellava ai suoi compagni maschi, suggerendo loro di lasciare il lavoro; tenendo alto il morale di chi scioperava, infondendo energia a chi vacillava... La lavoratrice lottava instancabilmente, protestava coraggiosamente, si sacrificava eroicamente per la causa comune, e quanto più attiva diventava, tanto più rapidamente si realizzava il processo del suo risveglio mentale. La lavoratrice cominciò a prendere atto del mondo che la circondava, delle ingiustizie derivanti dal sistema capitalista. Divenne più dolorosamente e acutamente consapevole dell'amarezza di tutte le sue sofferenze e dolori. Accanto alle comuni richieste proletarie si sentirono sempre più distintamente le voci delle donne della classe operaia che ricordavano i bisogni e le esigenze delle lavoratrici. Al momento delle elezioni della commissione Shidlovsky nel marzo 1905 , il rifiuto di ammettere le donne come delegate operaie provocò mormorii di malcontento tra queste rivoluzionarie: le sofferenze e i sacrifici che avevano da poco attraversato, avevano avvicinato gli uomini e le donne della classe operaia, mettendoli sullo stesso piano. Sembrava particolarmente ingiusto in quel momento rivolgersi alla donna combattente e cittadina e riaffermare la sua secolare mancanza di diritti. Quando la commissione Shidlovsky si rifiutò di riconoscere la donna scelta come una delle sette delegate della fabbrica tessile Sampsoniyevsky, le lavoratrici indignate che rappresentavano diverse fabbriche tessili decisero di presentare alla commissione la seguente dichiarazione di protesta:

"Le deputate che rappresentano le lavoratrici non sono ammesse nella commissione da voi presieduta. Riteniamo che tale decisione sia ingiusta. Le lavoratrici predominano nelle fabbriche e nei mulini di San Pietroburgo. Il numero di donne impiegate nelle filande e nelle tessiture aumenta ogni anno perché gli uomini si trasferiscono in fabbriche che offrono una migliore retribuzione. Noi, le lavoratrici, portiamo un carico di lavoro più pesante. A causa della nostra impotenza e della mancanza di diritti, siamo tenute più in basso dai nostri compagni e pagate meno. Quando fu annunciata questa commissione, i nostri cuori si riempirono di speranza; finalmente sta arrivando il momento - pensammo - in cui la lavoratrice di San Pietroburgo potrà parlare a tutta la Russia, in nome di tutte le sue sorelle lavoratrici, dell'oppressione, dei torti e delle umiliazioni di cui il lavoratore maschio non può sapere nulla. E poi, quando avevamo già scelto i nostri deputati, siamo stati informati che solo gli uomini possono essere deputati. Tuttavia, speriamo che questa non sia la vostra decisione finale...".

Il rifiuto di concedere alle lavoratrici il diritto di rappresentanza e la loro espulsione dalla vita politica costituirono una palese ingiustizia per tutta quella parte della popolazione femminile che aveva portato sulle spalle il peso della lotta di liberazione. Le lavoratrici parteciparono ripetutamente alle riunioni pre-elettorali durante le campagne elettorali per la Prima e la Seconda Duma e protestarono animatamente contro una legge che le privava di qualsiasi voce in una questione così importante come l'elezione di un rappresentante nel parlamento russo. Ci sono stati casi, per esempio a Mosca, in cui le lavoratrici sono arrivate alle riunioni degli elettori, hanno interrotto la riunione e hanno protestato contro il modo in cui le elezioni venivano condotte.

Che le lavoratrici non fossero più indifferenti alla loro mancanza di diritti è dimostrato anche dal fatto che, delle 40.000 firme sulle petizioni indirizzate alla Prima e alla Seconda Duma per chiedere che i diritti elettorali fossero estesi anche alle donne, una grande maggioranza erano di quelle appartenevano alle lavoratrici. La raccolta delle firme fu organizzata dall'Alleanza per l'uguaglianza femminile e da altre organizzazioni femminili borghesi, e fu condotta nelle fabbriche e negli stabilimenti. Il fatto che le operaie firmassero volentieri petizioni redatte da donne borghesi rivela anche che la coscienza politica delle operaie si stava appena risvegliando, che stavano facendo i loro primi ed esitanti passi, fermandosi ancora a metà strada.

Le lavoratrici stavano prendendo coscienza della loro privazione e mancanza di diritti politici, ma non erano ancora in grado di collegare questo fatto con la lotta comune della loro stessa classe, non erano in grado di trovare la strada corretta che avrebbe portato le proletarie alla loro piena e completa emancipazione. La lavoratrice accettava ancora ingenuamente la mano tesa dalle femministe borghesi. Le suffragette si rivolsero alle lavoratrici, sperando di attirarle dalla loro parte, ottenere il loro appoggio e organizzarle in alleanze puramente femminili, apparentemente non di classe, ma essenzialmente borghesi. Tuttavia, un sano istinto di classe e una profonda diffidenza verso le "belle signore" salvarono le operaie dall'essere attratte dal femminismo e impedirono qualsiasi fraternizzazione lunga e stabile con le suffragette borghesi.

Gli anni 1905 e 1906 furono segnati da un numero particolarmente grande di riunioni femminili a cui parteciparono sentitamente le lavoratrici. Esse ascoltavano attentamente la voce delle suffragette borghesi, ma ciò che veniva loro offerto non soddisfaceva i bisogni urgenti di chi era reso schiavo dal capitale e non suscitava alcuna risposta convincente. Le donne della classe operaia erano stremate dal peso di condizioni di lavoro intollerabili, dalla fame e dall'insicurezza materiale delle loro famiglie; le loro richieste immediate erano: una giornata lavorativa più breve, una paga più alta, un atteggiamento più umano da parte dell'amministrazione della fabbrica, meno sorveglianza della polizia, più libertà di azione. Tutte queste richieste erano estranee al femminismo borghese. Le suffragette si avvicinarono alle lavoratrici con motivazioni e aspirazioni strettamente legate alla sola condizione femminile. Non avevano e non potevano capire la natura di classe dell'emergente movimento delle lavoratrici. Infatti, le suffragette furono particolarmente deluse dalle domestiche. Su iniziativa delle femministe borghesi, le prime riunioni delle domestiche furono tenute a San Pietroburgo e Mosca nel 1905. Le domestiche risposero con entusiasmo a questo appello a "organizzarsi" e si presentarono in gran numero alle prime riunioni. Tuttavia, quando l'Alliance for Female Equality cercò di organizzarle a suo piacimento, cioè di creare un'idilliaca alleanza mista tra le datrici di lavoro e le domestiche, queste ultime si allontanarono dalle suffragette e, nonostante il disappunto delle signore borghesi, "si affrettarono a unirsi al proprio partito di classe, organizzando i propri sindacati speciali". Tale è lo stato delle cose a Mosca, Vladimir, Penza, Kharkov e in un certo numero di altre città. La stessa sorte toccò ai tentativi di un'altra organizzazione politica femminile ancora più a destra: il Partito Progressista delle Donne, che tentò di organizzare le collaboratrici domestiche sotto l'occhio vigile delle loro padrone. Il movimento della servitù domestica superò i confini che le femministe gli avevano predeterminato. Basta guardare i giornali del 1905 e si vedrà che abbondano di resoconti di azioni dirette delle domestiche, anche nelle regioni più remote della Russia. Queste azioni hanno preso la forma di scioperi di massa o di manifestazioni di strada. Gli scioperi coinvolgevano cuoche, lavandaie e cameriere; c'erano scioperi per professione e scioperi che univano tutti i "domestici". Questa protesta dei lavoratori domestici si diffuse come un'infezione da un luogo all'altro. Le richieste delle domestiche si limitavano di solito a una giornata lavorativa di 8 ore, un salario minimo, condizioni di vita più tollerabili (una stanza separata), un trattamento educato da parte del datore di lavoro, ecc.

Questo risveglio politico delle donne, inoltre, non era limitato ai quartieri poveri delle città. Per la prima volta in Russia, anche la contadina russa alzò la sua voce in modo persistente e risoluto. La fine del 1904 e tutto il 1905 è un periodo di continue "ribellioni in gonnella", innescate dalla guerra contro il Giappone. Tutti gli orrori e le privazioni, tutti i mali sociali ed economici che derivavano da questa guerra sfortunata, gravavano sulla contadina che era moglie e madre. La coscrizione delle riserve poneva un doppio carico di lavoro e di preoccupazioni sulle spalle della contadina già sovraccariche, e la costringeva, fino ad allora dipendente e timorosa di tutto ciò che si trovava al di fuori della cerchia dei suoi interessi domestici, ad incontrare faccia a faccia forze ostili prima insospettate e a prendere coscienza di tutte le umiliazioni e privazioni, bevendo l'intero calice amaro dei soprusi immeritati... Le contadine analfabete e oppresse lasciavano per la prima volta le loro case e i loro villaggi e si precipitavano in città per consumare i gradini degli uffici governativi nel tentativo di ottenere qualche notizia dei loro mariti, dei figli e dei padri, per chiedere assistenza finanziaria e difendere i loro interessi... La totale mancanza di diritti che era la sorte dei contadini, le menzogne e l'ingiustizia dell'ordine sociale esistente, si ergevano in tutta la loro nuda bruttezza davanti al volto della contadina sconcertata... Tornò dalla città seria e temprata dall’esperienza vissuta, portando nel suo cuore una riserva inesauribile di amarezza, odio e rabbia... Nell'estate del 1905 tutta una serie di "ribellioni in gonnella" scoppiò nel sud. Piene di rabbia e con un'audacia sorprendente per le donne, le contadine attaccarono i quartieri generali militari e di polizia dove erano di stanza le reclute dell'esercito, sequestrarono i loro uomini e li portarono a casa. Armate di rastrelli, forconi e scope, le contadine cacciarono le guardie armate dai villaggi. Protestarono a modo loro contro il peso intollerabile della guerra. Naturalmente vennero arrestate, processate e sottoposte a severe punizioni, ma le "ribellioni in gonnella" continuarono. In questa protesta, la difesa degli interessi contadini e degli interessi puramente "femminili" sono stati così strettamente intrecciati che non ci sono motivi per dividerli e classificare le "ribellioni in gonnella" come parte del "movimento femminista".

Alle "manifestazioni politiche" delle contadine seguì una serie di "ribellioni in gonnella" per motivi economici. Questo fu il periodo delle agitazioni contadine universali e degli scioperi agricoli. Le "gonnelle" a volte iniziarono questi disordini, coinvolgendo gli uomini dopo di loro. Ci furono casi in cui, non essendo riusciti a coinvolgere gli uomini, le donne marciarono da sole verso i manieri per presentare le loro richieste e i loro ultimatum. Armandosi di tutto ciò che era a portata di mano, precedettero gli uomini per incontrare i distaccamenti punitivi. La contadina, oppressa per secoli, divenne improvvisamente una delle figure centrali del dramma politico. Durante tutto il periodo rivoluzionario, le contadine, stando sempre unite con i loro uomini, difesero e custodirono gli interessi contadini e con incredibile tatto e sensibilità si riferirono alle loro speciali esigenze "femminili" solo quando ciò non metteva in pericolo la causa comune.

Questo non significa che le contadine fossero indifferenti ai loro bisogni di donne, che li ignorassero. Al contrario, l'emergere in massa delle contadine nell'arena politica, la loro partecipazione in massa alla lotta comune, rafforzò e sviluppò la loro autocoscienza femminile. Nel novembre del 1905, le contadine della provincia di Voronezh inviarono due dei loro deputati al congresso contadino con le istruzioni dell'assemblea delle donne di chiedere "diritti politici" e "libertà" per le donne su una base di parità con gli uomini.

La popolazione contadina femminile del Caucaso difese i propri diritti con particolare vigore. Le contadine Guria alle riunioni di villaggio nella provincia di Kutaisi adottarono risoluzioni che chiedevano l'uguaglianza politica con gli uomini. Alle riunioni rurali e urbane tenute per discutere l'introduzione dello Zemstvo in Transcaucasia, i deputati che rappresentavano la popolazione locale inclusero tra loro georgiane che insistevano sui loro diritti come donne.

Mentre chiedevano l'uguaglianza politica, le contadine naturalmente alzavano sempre la voce in difesa dei loro interessi economici; la questione delle "assegnazioni" di terra, riguardava la contadina tanto quanto il contadino. In alcune regioni, le contadine che avevano appoggiato con entusiasmo l'idea di espropriare la terra privata, si raffreddarono nel dare il loro appoggio a questa misura in quanto sorse la questione dell’inclusione delle donne nel conteggio per determinare la dimensione dell'assegnazione della terra. “Se la terra viene tolta ai proprietari terrieri e data solo agli uomini", hanno argomentato ansiosamente le donne, "allora ci troveremo di fronte alla vera schiavitù. Attualmente possiamo almeno guadagnare qualche copeco per conto nostro, mentre se ciò accadesse, lavoreremmo semplicemente per gli uomini". Comunque, i timori delle contadine si rivelarono completamente infondati; il semplice calcolo economico obbligò i contadini a insistere che la terra fosse data anche alle donne. Gli interessi agrari delle sezioni maschili e femminili dei contadini erano così strettamente intrecciati che gli uomini, nella lotta per abolire la schiavitù agricola esistente per loro stessi, inevitabilmente difendevano allo stesso tempo gli interessi economici delle loro donne.

Tuttavia, nella lotta per gli interessi economici e politici dei contadini nel loro insieme, la contadina imparò anche a lottare per i propri bisogni ed esigenze specifiche come donna. Lo stesso valeva per la donna operaia; con la sua immancabile partecipazione a tutto il movimento di liberazione lei, ancor più della contadina, preparò l'opinione pubblica ad accettare il principio dell'uguaglianza femminile. L'idea dell'uguaglianza civica delle donne, ora attuata nella Russia sovietica, si diffuse nella società non grazie agli sforzi eroici di singole donne dalla forte personalità, non dalla lotta delle femministe borghesi, ma dalla pressione spontanea di ampie masse di operaie e contadine, che erano state risvegliate dal fragore della prima rivoluzione russa del 1905.

Nel 1909, nel mio libro Le basi sociali della questione femminile, ho detto, argomentando contro le femministe borghesi, nello scontro le quali si sviluppa tutto il mio libro:

"Se la contadina riuscirà a ottenere nel prossimo futuro un miglioramento della sua posizione domestica, economica e giuridica, ciò avverrà naturalmente solo grazie agli sforzi combinati e uniti della democrazia contadina, diretti a ottenere la soddisfazione di quelle richieste che, in una forma o nell'altra, continuano a farsi sentire nell'ambiente agrario. I tentativi delle femministe di "spianare la strada alle donne" sono qui irrilevanti... Se la contadina si libera dall'attuale schiavitù agraria, riceverà più di quanto tutte le organizzazioni femministe messe insieme potrebbero darle".

Queste parole, scritte dieci anni fa, sono ora pienamente giustificate. La Grande Rivoluzione d'Ottobre non solo ha soddisfatto la richiesta fondamentale e urgente dei contadini di entrambi i sessi che la terra fosse trasferita nelle mani di coloro che la lavorano, ma ha anche innalzato la contadina all'onorevole posizione di libera cittadina, uguale sotto ogni aspetto e ora schiava solo dei vecchi metodi di lavoro agricolo e delle tradizioni e dei costumi familiari ancora persistenti.

Ciò che le operaie e contadine potevano solo sognare nei giorni della prima rivoluzione russa del 1905 è stato tradotto in realtà dalla Grande Rivoluzione d'Ottobre del 1917.

La donna in Russia ha raggiunto l'uguaglianza politica. Essa deve questo risultato non alla cooperazione con le suffragette borghesi, ma a una lotta comune e unita con le sue compagne operaie nelle file della sua stessa classe lavoratrice.


[Kharkov, 1920]




(traduzione di P.A.L.)

Alexandra Kollontaj

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