Teoria

Cosa distingue il pensiero liberale da quello socialista?

21 Marzo 2022

Cosa distingue il pensiero liberale da quello socialista oltre ad una fumosa differenza dei valori? Il nucleo teorico del Capitale di Marx è la teoria del valore-lavoro il quale spiega ogni aspetto dello scambio e della produzione a partire dalla capacità vivificatrice della forza-lavoro, al contrario l'economia politica fissa nell'utilità la fonte del valore. La centralità del lavoro è la base del materialismo dialettico

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Si può dire che il liberismo sia economicismo? Si può dire che alla base del conservatorismo ci sia una rigida omologazione ai principi regolatori dell'economia di mercato così come li concepiamo? Si può dubitare che l'economia sia un paradigma scientifico, ma non si può negare che in essa vigano presupposti teorici fissi che dal punto di vista analitico possono sembrare delle proiezioni. Proiezioni psicologiche per cui si assume come vero non ciò che è più omologo alla realtà ma ciò che è più semplice.

Gli economisti, come altri scienziati, hanno scelto l’ipotesi dalla quale partono e che essi offrono ai principianti perché è la più semplice e non perché sia la più vicina ai fatti. (Keynes, La fine del laissez faire ed altri scritti). Se potessimo dimostrare che è solo in base al rasoio di Occam che è teoricamente vero che l'uomo è consumista, tendenzialmente pigro e cinico come risulta in base alle 3 generalizzazioni circa il comportamento umano della teoria dell'utilità perché, come affermava il monaco medievale è futile fare con più mezzi ciò che si può fare con meno, potremmo sperare di fondare la scienza del benessere come alternativa alla scienza del profitto.

Se pensiamo allo scambio in base alle leggi di domanda ed offerta, animati dalla convinzione che ogni consumatore sia cinico ed eguale ad ogni altro, è forse perché presupporre che ogni essere umano si comporti allo stesso modo davanti alle merci è facile, sia in base all'affermazione di Keynes sia in base alla regola aurea del rasoio di Occam.

Il lavoro e non il confronto fra i desideri è per Marx la vera origine del valore di scambio di una merce e forse, nel riconoscimento della sua capacità creativa starebbe il punto di partenza per riformare le leggi che lo governano nella chiave del riconoscimento della sua centralità. Ad oggi come oggi l'economia ritiene che il valore di una merce esprima la sua utilità, la sua misurazione oggettiva data nel confronto fra miriadi di singolarità puntiformi, che prese nel loro insieme agiscono come un solo uomo, come Robinson sulla sua isola. «L'economia politica predilige le robinsonate» (K. Marx, Il Capitale, Libro I, Capitolo I) ed infatti presume che l'essere umano nello scambio sia solo in un territorio selvaggio, come il protagonista del romanzo di Defoe.

Il modello di scambio basato su domanda e offerta infatti presuppone che dinanzi alla merce ogni uomo si comporti allo stesso modo. Il mercato di qualsiasi bene per qualsiasi persona si esplicherebbe sempre nella stessa modalità, con un'offerta rappresentata da una curva crescente ed una domanda rappresentata da una curva con inclinazione negativa: questa è la micro-economia dominante. L'elevata domanda di un bene ne alza il prezzo in base alla sua scarsità. L'insieme di tutte le domande isolate di tutte le merci forma la domanda aggregata studiata nella macro-economia. Dal consumatore rappresentativo attivo nelle innumerevoli domande di mercato si arriva al consumatore nazionale della macro-economia sempre considerato in rapporto di potenziale assenza di limitazioni con il consumo ed in posizione di dominio incontrastato sulla natura. «Il lavoro dell'uomo diventa fonte di valori d'uso, e quindi anche di ricchezze, in quanto l'uomo entra preventivamente in rapporto, come proprietario, con la natura, fonte prima di tutti i mezzi e oggetti di lavoro, e la tratta come cosa che gli appartiene» (Marx, Critica al programma di Gotha, pg 3). Ma forse, se il valore non è utilità ma tempo, se sopratutto l'uomo non è concepito come signore della natura ma solo una cifra transitoria dell'essere, non può essere consumatore rappresentativo in rapporto di domnio indiscusso sull'oggetto consumato.

La reificazione del tempo di lavoro, fatto salvo la foglia di fico concettuale che collega valore di scambio e desiderio di possesso, comporta che il lavoro sia una risorsa al pari del ferro o del combustibile. La ragioneria già distribuisce la vita che ogni lavoratore dona alla merce computandola come costo, al pari dell'usura del macchinario. In un certo senso la contabilità aziendale è già materialistico dialettica mentre l'economia politica ancora balbetta in termini metafisici. L'”Accademia” presa nel suo complesso si rifiuta di conferire il nobel agli economisti del ramo aziendale mentre lo dà sempre ad economisti politici.

Qualcosa traspare però: la strana magia tale per cui in assenza di prezzo è sempre la merce più cara quella che ci sembra più bella quando la guardiamo da una vetrina è traccia dell'essenza vivificatrice del lavoro. Nella teoria neo-classica ancora vigente è il nostro desiderio che la rende bella ma alternativamente, se il valore fosse dato dal tempo di lavoro contenuto in essa, potremmo dire che dato che gronda del sudore del lavoratore e ciò la rende più fascinosa e quindi più cara.

È vero che esiste una forte componente d'immagine nell'acquisto di certi beni, specie gli indumenti, tale per cui la presenza di un marchio è in sé capace di apporre un valore aggiunto. Il materialismo, negletta forse la teoria dello scambio, ci ha saputo parlare anche di questo fenomeno, il governo delle coscienze tramite lo spettacolo; di certo chi ha risorse limitate si lascia irretire poco da certi meccanismi.

Che aspetto avrebbe una teoria economica alternativa? Le critiche classiche al sistema marxiano, circa le sue pecche logiche, sono state risolte. Non è vero che Marx non formuli una teoria dell'interesse, come afferma ad esempio Schumpeter, può essere desunto direttamente come plusvalore. Non mi dilungherò. Sinteticamente vorrei affermare che in base ad uno studio complesso, quindi informatico, di ogni movimento di merce sarebbe possibile produrre un modello matematico in cui ogni offerta di ogni distinta merce abbia una elasticità calcolata e diversa rispetto alle altre.

Se il lavoro e non l'utile sono la chiave per comprendere il valore cambiano i nostri punti di vista e di certo questo è una differenza sostanziale fra il materialismo dialettico ed il cinismo implicito nell'economia politica standard. Un fenomeno come la polarizzazione delle ricchezze e la concentrazione dei capitali non sarebbe spiegabile senza la legge di caduta tendenziale del saggio di profitto enunciata da Marx. Ma se l'aumento delle diseguaglianze dimostrasse in corpore vili la legge di caduta tendenziale del saggio di profitto, perché sia le ipotesi sulla concorrenza che quelle sulla durata indefinita della vita dell'azienda restano prive di un apparato teorico dedicato che le articoli?

Paolo Salvatori

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