Prima pagina

Guerra imperialista, guerra nazionale e resistenza in Ucraina

Per una linea marxista rivoluzionaria

19 Marzo 2022
russia_tank


Il Partito Comunista dei Lavoratori ha assunto sulla guerra in corso una posizione caratterizzata. “Né atlantisti né putiniani né pacifisti” è in qualche modo la formula che la riassume, ma è giusto approfondire il merito della posizione.

Innanzitutto, è importante assumere la complessità del contesto. La guerra in Ucraina condensa in sé guerre diverse: lo scontro fra blocchi imperialistici contrapposti (gli imperialismi NATO e l’imperialismo russo); la guerra d’invasione dell’imperialismo russo contro l’Ucraina; la guerra dell’Ucraina contro le repubbliche separatiste del Donbass. La posizione dei marxisti rivoluzionari, come nella nostra tradizione storica, deve farsi carico di questa complessità, da un punto di vista classista, internazionalista, coerentemente socialista.

“Né con la Russia né con la NATO” significa che denunciamo la natura imperialista sia della Russia, sia della NATO. Non si tratta di una posizione equidistante e pacifista tra i blocchi imperialisti, ma di una linea di contrapposizione rivoluzionaria a entrambi. “Il nemico principale è in casa nostra” vale su entrambi i versanti. Per i lavoratori russi il nemico principale è l’imperialismo russo e il suo regime putiniano.
In questo senso è esemplare la politica disfattista e antipatriottica del Revolyutsionnaya Rabochaya Partiya (Partito Operaio Rivoluzionario) russo, contro la linea sciovinista del Partito Comunista di Zyuganov. Per i lavoratori d’Occidente il nemico principale è dato dagli imperialismi alleati nella NATO, dalle loro politiche di riarmo, di espansione della propria area d’influenza (economica, politica, militare), di ulteriore compressione delle condizioni di vita dei proletari anche in funzione del rilancio militarista, di ulteriore saccheggio ambientale in nome dell’emergenza bellica (rilancio del carbone e del nucleare).

Da questo punto di vista neghiamo ogni sostegno alle sanzioni. Le sanzioni contro la Russia sono una forma di guerra, oggi economica, del nostro imperialismo contro l’imperialismo rivale. Non prendiamo parte a questa guerra, oltretutto di dubbia efficacia sul fronte russo e scaricata in bolletta sui lavoratori d’occidente. “Guerra alla guerra” è innanzitutto la contrapposizione al nostro imperialismo, dentro una prospettiva rivoluzionaria e socialista internazionale.

Ma questo quadro generale non può risolvere di per sé il nodo del posizionamento rivoluzionario sulla specifica guerra dell’imperialismo russo all’Ucraina.
Questa guerra è oggi centrale, come la cronaca quotidiana dimostra col suo carico di morte e di orrori. Essa è certo condizionata dal contesto generale della competizione imperialista tra blocchi contrapposti, ma ha anche una sua indiscutibile specificità.
Una specificità militare perché disegna la frontiera dello scontro sul campo.
Una specificità nazionale perché contrappone una potenza imperialista alla nazione ucraina, con l’obiettivo dichiarato di negarne identità e autonomia.
Una specificità storica perché l’oppressione della nazione ucraina segna la storia della Russia zarista, come quella della Russia staliniana, come conferma la retorica sciovinista grande-russa di Putin.

In questo quadro, di fronte a questa guerra, non possiamo non prendere posizione a difesa dell’Ucraina e del suo diritto alla resistenza contro l’invasione dell’imperialismo russo. Ciò in piena coerenza con la difesa di ogni paese aggredito dall’imperialismo (Iraq 1991 e 2003, Serbia ‘99, Argentina ‘82 sullo scontro con la Gran Bretagna sulle Malvinas), indipendentemente dalla natura più o meno reazionaria del suo governo. Lenin sostenne la difesa della Turchia di Kemal Atatürk contro l’imperialismo britannico. Trotsky sostenne la Cina del Kuomintang contro l’imperialismo giapponese. Nel caso di guerra tra il Brasile del reazionario Vargas e il “democratico” imperialismo britannico, Trotsky affermò che il dovere dei rivoluzionari sarebbe stato difendere il primo contro il secondo. Come Lenin argomentò a lungo contro l’“economicismo imperialistico”, è sbagliato affermare che nell’epoca dell’imperialismo scompaiono le contraddizioni nazionali e dunque le guerre nazionali. È vero semmai per molti aspetti l’opposto. Il compito dei rivoluzionari non è ignorare le ragioni nazionali dei popoli oppressi, ma saldarle alla prospettiva socialista e rivoluzionaria internazionale.

Questa difesa del paese dipendente dall’imperialismo non significa in alcun modo né un sostegno politico al suo governo né una attenuazione della sua denuncia. Valeva per Saddam Hussein, valeva per Miloševic, valeva per il generale Gualtieri in Argentina. Come già per Atatürk e Chiang Kai-shek.
I marxisti rivoluzionari non sono mai nazionalisti, neppure quando difendono una nazione oppressa dal nazionalismo imperialista che l’aggredisce e l’opprime. Cercano invece di ricondurre e subordinare la parola d’ordine della difesa della nazione oppressa alla prospettiva rivoluzionaria e socialista, contro ogni forma di nazionalismo. Sia esso quello della nazione dominante, sia esso quello della nazione dominata.

Così è nella difficile vicenda ucraina. La difesa militare dell’Ucraina dallo sciovinismo imperialista grande-russo non ha nulla a che vedere col sostegno politico al governo reazionario ucraino, alle sue relazioni con l’imperialismo NATO, al suo sciovinismo antirusso verso il Donbass. Al contrario. La parola d’ordine del diritto all’autodeterminazione nazionale dell’Ucraina combina la difesa militare dall’aggressione russa con la denuncia politica del governo nazionalista di Zelensky. Rivendica i diritti nazionali delle popolazioni russofone del Donbass (incluso il loro diritto alla separazione), la solidarietà internazionalista coi proletari russi, la rottura con l’imperialismo NATO, che dal 2014 ad oggi ha applicato in Ucraina le peggiori ricette d’austerità contro i lavoratori ucraini su dettatura del Fondo Monetario Internazionale.
La reale indipendenza dell’Ucraina, che è un diritto storico di questo popolo, può realizzarsi solo su basi socialiste. Innanzitutto contro l’imperialismo russo, ma anche contro gli imperialismi occidentali. È la lezione della Rivoluzione d’ottobre, l’unica che assicurò all’Ucraina una reale autodeterminazione.

Come si combina la difesa popolare dell’Ucraina dall’imperialismo russo con la questione del rifornimento d’armi alla resistenza? È una questione delicata su cui esercitare la dialettica rivoluzionaria senza perdere la visione d’insieme.
La resistenza all’imperialismo russo non può che essere armata. Le predicazioni della nonviolenza di stampo ideologico pacifista, al di là di ogni illusione, aggirano la questione. E non poche volte vengono usate da alcuni ambienti liberali come paravento di una domanda di resa al popolo ucraino nel nome del realismo dei propri affari e della propria quiete.
Al tempo stesso è indubbio che i rifornimenti d’armi da parte degli imperialismi NATO all’Ucraina non sono innocenti: sono parte di una politica imperialista che mira a preservare il proprio controllo sull’Ucraina e a negoziare eventualmente su questa base con l’imperialismo russo attorno a un possibile punto di equilibrio. È questa una contraddizione obiettiva che non possiamo “risolvere”, ma non possiamo ignorare.
Da qui la nostra posizione. Il popolo ucraino nella sua resistenza all’invasione ha diritto ad usare tutte le armi di cui dispone, da chiunque provengano. È il diritto di ogni resistenza. Non contestiamo questo diritto, non sabotiamo l’esercizio di questo diritto. Ma noi non chiediamo le armi al nostro imperialismo; denunciamo i suoi scopi politici agli occhi dei lavoratori ucraini, contrastiamo ogni illusione nelle “democrazie liberali” presso i proletari ucraini, italiani e russi. Difendiamo la prospettiva socialista su ogni terreno e da ogni versante.

Per questa stessa ragione, la nostra posizione sulla guerra non può essere indifferente agli sviluppi possibili della guerra stessa. Nel caso, ad oggi improbabile ma non impossibile, la guerra in corso tra Russia e Ucraina si trasformasse in uno scontro militare diretto (e terribile) tra le potenze imperialiste, cioè tra la NATO e la Russia, allora la vicenda ucraina verrebbe riassorbita in una grande guerra imperialista, perdendo la propria centralità e specificità. In questo caso la nostra posizione diverrebbe necessariamente disfattista bilaterale, per la trasformazione della guerra imperialista in guerra civile contro la borghesia di entrambi i poli. È il metodo di Lenin. Quando l’Impero austro-ungarico dichiarò guerra al Regno di Serbia nel 1914 i bolscevichi difesero la Serbia contro l’aggressione imperialista. Ma quando, subito dopo, la guerra si trasformò in una guerra imperialista per la spartizione del mondo, i bolscevichi assunsero senza esitare la posizione del disfattismo rivoluzionario internazionale. È il metodo che oggi ci guida.

Il nemico principale è sempre in casa nostra. Come combatterlo, come saldare le parole d’ordine ad una visione d’insieme dello scenario mondiale, nel suo concreto evolversi, è un aspetto importante della politica rivoluzionaria.

Partito Comunista dei Lavoratori

CONDIVIDI

FONTE