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A proposito della circolare dell'esercito tricolore

Il nemico principale è in casa nostra!

18 Marzo 2022
circolareesercito


La circolare dell'Esercito italiano che allerta i soldati e le forze armate è il metro di misura del salto dello scenario internazionale.
Stop al congedo anticipato del personale militare specializzato, perché i numeri delle forze operative vanno ampliati. Tutte le attività addestrative vanno orientate al “warfighting”, cioè a operazioni di combattimento. Mezzi cingolati, elicotteri armati, sistemi d'arma di artiglieria vanno privilegiati in termini di investimento, efficienza, rinnovamento. I comandi militari avvisano che “la ricreazione è finita”, che in Europa si è affacciata la guerra, che l'Italia deve trovarsi pronta a ogni evenienza.

Naturalmente nell'enfasi dell'allarme c'è anche un elemento di pressione su governo e Parlamento perché allarghino i cordoni della borsa e mettano altri miliardi sul piatto.

Ma se fosse solo questo si tratterebbe di un fatto ordinario. Ma non è solo questo. È soprattutto altro.
Tutti i paesi imperialisti stanno compiendo un salto in fatto di spese militari. Una tendenza già operante da almeno un quindicennio viene drammaticamente accelerata dalla guerra in Ucraina in una misura sinora sconosciuta. Tutti i “democratici” imperialismi europei sono stati chiamati all'ordine non solo dalle pressioni della NATO – che da dieci anni almeno chiede a tutti gli alleati la soglia minima del 2% del PIL – ma dall'incalzare dei fatti di guerra. In particolare dall'imprevedibilità degli eventi.

Le guerre, come le rivoluzioni, sorprendono spesso gli attori sul campo. I circoli imperialisti europei non si aspettavano i bombardamenti russi su Kiev. Avendo perso il controllo degli eventi, si preparano a tutti gli scenari possibili, inclusa una guerra su larga scala. Tutte le gerarchie militari allertano le proprie truppe. Non solo l'imperialismo francese, già candidato all'egemonia militare nell'Unione Europea. Ma l'imperialismo tedesco, con una svolta drastica della propria politica estera: i 100 miliardi in armamenti annunciati da Berlino chiariscono una volta di più che i governi a guida socialdemocratica sono capaci di scavalcare la destra in fatto di militarismo. Di certo il riarmo tedesco è un fatto storico destinato a scuotere gli equilibri continentali. L'imperialismo italiano segue a ruota. Gli alti comandi italiani si erano guadagnati i galloni dorati nella NATO per il numero delle missioni partecipate. Ma si trattava e si tratta, nonostante tutto, di ristretti corpi d'élite, specializzati in particolari funzioni di supporto. Una guerra su larga scala richiede ben altre dimensioni, e soprattutto un salto di spesa.

Qui sta la difficoltà italiana. L'imperialismo tedesco trova 100 miliardi nel proprio bilancio nazionale disponendo di uno spazio reale di manovra. La Francia ha maggiori difficoltà a reggere il nuovo passo tedesco, ma parte dal livello militare più equipaggiato d'Europa. L'Italia viaggia su un debito pubblico di 150 miliardi e passa, si appoggia sul credito continentale del recovery fund, e deve impostare il piano di rientro dall'indebitamento pubblico. Quindi le nuove spese in cannoni e carri cingolati può solo ricavarle o da un nuovo ricorso all'indebitamento continentale, o a nuovi tagli sociali in fatto di pensioni, sanità, istruzione e lavoro.

Il blocco dei paesi nordici si oppone a un nuovo indebitamento italiano. La BCE di Lagarde annuncia, nonostante la guerra, una riduzione degli acquisti di titoli, ciò che alzerà gli interesso sul debito per chi lo deve onorare. La risultante è una sola: rispondere all'appello dei comandi militari significa colpire i salariati, in forma diretta o indiretta, ancor più che nel resto d'Europa.

Al di là dell'aspetto economico vale l'aspetto politico. La corsa affannosa al riarmo e persino all'allertamento delle truppe segnala che nessun paese imperialista vuol restare indietro in un possibile scenario di guerra. I generali cercano medaglie. I governi spazi diplomatici e zone d'influenza per le proprie merci, i propri capitali, la conquista di materie prime. Nessun imperialismo oggi cerca la guerra su larga scala, ed anzi la temono tutti. Ma tutti sanno oggi a differenza di ieri che tutto diventa possibile. E nessuno vuole arrivare secondo.

L'imperialismo porta la guerra come le nubi portano la pioggia, scriveva Jean Jaurès oltre un secolo fa. Solo la rivoluzione sociale può guadagnare una pace giusta e durevole.

Non un uomo, non un soldo per la guerra!
Il nemico principale è in casa nostra!

Partito Comunista dei Lavoratori

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