Dalle sezioni del PCL

Ravanusa, l'ultimo atto di una strage capitalistica

16 Dicembre 2021
ravanusa


Ravanusa, contrada Masciminici, un ammasso di povere case di un rione sorto in un caos urbano, toccato da lungo tempo da un serio movimento franoso mai contrastato.
Sabato 11 Dicembre 2021, tarda serata, una fuga di gas dalle condutture gestite dalla società ItalGas, appena sottoposte a un intervento di ordinaria manutenzione eseguito da una ditta d’appalto a seguito della diffusione di un odore di gas avvertito da più persone nei giorni passati, scatena l’inferno. Muoiono nove persone, una decima vittima è, senza dubbio, la creatura che sarebbe nata qualche giorno dopo la tragedia dall’infermiera Selene Pagliarello, morta nella catastrofe.

A Ravanusa la vita finisce prima di cominciare. Lo scoppio è stato provocato da una miccia a lenta combustione. Le criticità erano da tempo evidenti ma nessuno è intervenuto, sotto ogni profilo. Le condizioni edilizie e l’assetto urbanistico hanno probabilmente aggravato il bilancio della catastrofe.
È una vera e propria strage. È l’ennesimo episodio di una carneficina che dura da anni.

Nella scorsa estate le vittime dei roghi dolosi in Calabria. In autunno quelle causate dall’uragano che ha colpito la Sicilia Orientale. È uno scenario di morte che si manifesta con crudeltà proprio mentre il governo Draghi parla di transizione ecologica e in concreto taglia massicciamente risorse per la difesa dell’ambiente.
In realtà siamo di fronte alle sedimentazioni di diversi aspetti di una devastazione progressiva di ambiente e territorio, alla cui base stanno profitti e speculazioni.

Anche questo tragico scenario richiede un rovesciamento dell’ordine sociale che lo ha partorito.
Le popolazioni interessate, a partire dalle fasce del proletariato e dei soggetti più poveri su cui ricadono i rischi maggiori di questo caos, devono andare oltre la rabbia del momento, cui segue un impotente rassegnazione. È chiaro che solo un intervento di ampio respiro e di lunga durata può costruire un ambiente, un territorio dalle condizioni di vita a dimensione umana. Solo una pianificazione controllata dalle masse può portare a questa inversione radicale.

Se nel Meridione le masse non torneranno a parlare, se in tutto il paese il movimento operaio non uscirà da una stasi profonda, la vera transizione ecologica continuerà a latitare e, anzi, i guasti si riprodurranno con dimensioni più tragiche. Se la necessità di una svolta ambientale e territoriale non sarà fatta propria dall’intero movimento dei lavoratori e ricondotta all’orizzonte di una prospettiva socialista, tutto sarà vano.
Non è più dilazionabile un momento di discussione e di confronto che coinvolga soprattutto tutte le forze politiche e sindacali della sinistra di opposizione, le associazioni e tutti i soggetti che si muovono per la difesa dell’ambiente. Tutto ciò per costruire una rete permanente e una proiezione quanto più diffusa sul territorio dell’intero paese, e insieme un momento di pressione continua sul complesso del movimento dei lavoratori italiano.

Oggi il Partito Comunista dei Lavoratori chiede che i responsabili delle catastrofi attuali paghino, che una patrimoniale sulle grandi ricchezze alimenti una rinascita equa territoriale e venga bandita la provocazione di chi, strumentalizzando il peso della burocrazia, vuole in realtà alimentare un regime di totale assenza di controlli che, invece, devono avere una caratteristica di massa.
Anche dalle strage continua che colpisce un Sud sempre più martoriato in ogni suo aspetto si pone la necessità di una svolta per la sinistra e quella della lotta per un governo dei lavoratori.

Pino Siclari

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