Interventi

Il FIT argentino, un percorso da seguire

3 Dicembre 2021
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Abbiamo già commentato con due testi, il successo argentino del FIT. Lo ha fatto la maggioranza del nostro partito ricordando che il «Il FIT non è un generico blocco elettorale di sinistra, ma un polo marxista rivoluzionario che si batte per il governo dei lavoratori, sulla base di un programma classista, anticapitalista, internazionalista», e lo abbiamo fatto noi con un testo del compagno Gemmo: «da più di un decennio il FIT è un punto fermo per tutta l’estrema sinistra a livello mondiale, una speranza per la lotta di classe internazionale».

Prima di questi due testi, il compagno Tremaliti aveva commentato il risultato delle primarie nazionali obbligatorie (PASO) di Ottobre che in qualche modo preannunciavano il successo di questi giorni. Tremaliti poneva il nocciolo della questione, almeno per i compagni e le compagne italiani: il FIT è riproponibile? «Occorre rifiutare […] le critiche meccanicistiche di quei detrattori del FIT che affermano che una tale situazione non è riproponibile in Italia, poiché il FIT vede la sua genesi nella drammatica crisi argentina del 2001; come se la Rivoluzione d’Ottobre – portando alle estreme conseguenze logiche tale critica – non fosse percorribile in altri emisferi del globo perché fu un accadimento peculiarmente russo, con buona pace, allora, delle transizioni storiche da un sistema ad un altro a cominciare dalla Rivoluzione Francese».

Naturalmente per costruire il FIT, cioè un polo trotskista in Italia, ci vuole anzitutto la volontà. Nel testo della maggioranza ci si limita a dire che il FIT argentino è trotskismo vero, «non un “trotskismo” sbiadito e simulato, quale eredità bibliografica e storica, come vediamo anche in Italia in alcune organizzazioni qui presenti...». Lasciamo al lettore indovinare a quale delle varie formazioni trotskiste si riferisse in particolare la maggioranza – non ci vuole molto! – a noi interessa soltanto registrare che anche stavolta si è persa l’occasione per cogliere la palla al balzo e proporre immediatamente alle altre forze trotskiste, di costruire il FIT italiano, l’unico trotskismo possibile al momento.

Se è vero che il trotskismo italiano è per lo più sbiadito e bibliografico, è anche vero che ogni formazione è sbiadita a modo suo. E per quanto sbiadite possano essere, non tutte hanno trascurato il successo del FIT. Forse oltre a rimarcare il loro colore anemico, queste formazioni andrebbero incoraggiate a fare un passo avanti.

Sinistra Anticapitalista (SA), per esempio, ha celebrato il successo del FIT con un articolo molto didascalico del compagno Burattini. Ci si complimenta perché il FIT è la terza forza, seguono cifre, numeri e nomi dei deputati, ma non c’è una riga che provi a interrogarsi su quali lezioni trarre anche noi da questa avanzata. Come se la cosa fosse solo un fatto di cronaca internazionale e non ci riguardasse. Non sappiamo quindi cosa pensi il compagno Burattini della riproposizione del FIT in Italia, ma a lui e a Sinistra Anticapitalista domandiamo se non sia meglio provare a fare questo che infilarsi tutte le volte dietro Rifondazione per poi sostenere il candidato D’Orsi che vota PD appena finito il primo turno delle elezioni. Insomma perché non provare un percorso alternativo invece di dare la copertura, ogni volta, a blocchi riformisti? Vero è che una risposta non solo dovrebbe darla il gruppo dirigente di SA, ma anche la base di SA.

Più briosa l’analisi de “La voce delle lotte”, cioè dei nostri ex compagni, che scrivono che il FIT «rappresenta un esempio e una fonte d’ispirazione che deve senz’altro entrare a far parte del dibattito a sinistra, tra i militanti dei movimenti e delle organizzazioni politiche».

Apparentemente “costruttiva”, questa affermazione ha ben poco di riflessivo e sembra più una contraddizione in termini che qualcosa di particolarmente studiato e meditato. Infatti poco prima si dice che la sinistra non solo italiana ma anche europea «si accorda sistematicamente al centrosinistra nelle sua varie forme». Come potrebbe quindi entrare nel dibattito di una sinistra del genere il FIT italiano? E infatti non ci entra manco di striscio come hanno rimarcato i compagni Gemmo e Tremaliti nei loro articoli. Il FIT è deliberatamente rimosso dalla sinistra. Prendiamo come unico esempio che vale per tutti, i comunisti un po’ campisti, un po’ stalinisti, totalmente antimarxisti di “contropiano”. Il giorno delle elezioni in Argentina sono riusciti a scrivere un articolo in cui in campo c’era solo la sinistra peronista e la destra neo-liberista (due formazioni del capitale, ma guai a usare la parola!). Il FIT non è stato mai citato, manco per un insulto. Questo è il livello infantile della sinistra nostrana che per i nostri ex compagni dovrebbe dibattere sul FIT. Nemmeno nella settimana dei tre giovedì…

Per fortuna non è necessario discutere con questa sinistra, perché la caratteristica base del FIT – i nostri ex compagni sembrano dimenticarlo – non è di riunire una generica sinistra radicale. Il FIT riguarda i trotskisti e solo loro, e sono i trotskisti, cioè quelli che in qualche modo si rifanno al pensiero di Trotsky, che dovrebbero discutere tra loro di come replicarlo in Italia. Perciò è un’ulteriore spia delle difficoltà sulla via della sua costruzione che la parola “trotskismo” sia usata col contagocce sia da Sinistra Anticapitalista che dalla Voce delle lotte, perché se dei trotskisti dichiarati preferiscono l’espressione “sinistra radicale” o “rivoluzionaria” eccetera a sinistra marxista o bolscevica, significa che ancora preferiscono flirtare con quella sostanzialmente riformista.

“La voce delle lotte” domanda la discussione a una generica sinistra, perché se la richiedesse ai trotskisti dovrebbe guardarsi allo specchio. Usciti dal PCL, i nostri ex compagni si ritrovano ancora oggi in estrema difficoltà. Il FIT li spingerebbe per sua natura a un ripensamento delle loro scelte o perlomeno a non perseverare in un isolamento suicida. È inutile piangere sul latte versato, quel che è stato è stato, ma ai compagni della “voce delle lotte” chiediamo se nell’attesa di un’improbabile discussione con la sinistra riformista, non sarebbe più sensato cominciare a discutere con noi del FIT? Ma soprattutto si è usciti da sinistra dal PCL per chiedere, facendo una capriola a destra, una sorta di NPA italiana? Non sarebbe più opportuno lanciare l’unica cosa che sinora ha funzionato, vale a dire il FIT?

Al momento ci pare non ci sia altro da segnalare tra i trotskismi significativi che conosciamo. Il Pdac tace ma da tempo ha ridotto sensibilmente le sue pubblicazioni, quasi non avesse più neanche la forza di stare dietro agli eventi. Non sappiamo quindi che ne pensano i compagni e le compagne di quel partito. Dagli ultimi fuoriusciti, sappiamo che il tema è sentito, ci auguriamo che lo sia anche in chi è restato.

E Sinistra Classe Rivoluzione, sezione italiana della TMI? A leggere i loro siti e giornali il FIT non esiste. Per precauzione abbiamo controllato anche il loro sito madre, l’inglese “In defence of marxism”; nulla, l’Argentina è sparita dal radar. Solo il loro sito argentino ne parla, per forza in Argentina proprio non è possibile tacere del FIT. Ebbene come hanno valutato l’avanzata del FIT? Senza il più piccolo salto di gioia. Innanzitutto guai a parlare di trotskismo; poi per loro il FIT ha fatto campagna elettorale puntando sul fatto che fosse la terza forza, quindi niente di rivoluzionario; non pervenuta la campagna contro il pagamento del debito e la riduzione dell’orario di lavoro a sei ore a parità di salario. Conclusione: il rischio è quello di avvitarsi nel cretinismo parlamentare. Meglio affidarsi, par di capire, al peronismo di Fernandez-Kirchner che ha ancora un peso nel movimento operaio, e quindi supponiamo fare mediazioni, cioè entrismo nel Frente de Todos e poi far campagna “rivoluzionaria” in nome del meno peggio.

Un discorso analogo, si sostiene anche nell’altro testo che precede le elezioni. Qui il FIT è almeno riconosciuto come il trotskismo argentino, però il trotskismo argentino non capirebbe che c’è differenza tra Macrì e il peronismo, quindi è malato di settarismo, attributo che la TMI affibbia a chiunque sia estremista non rispetto al marxismo ma rispetto al “grantismo” [1], e quindi si ribadisce che nella migliore delle ipotesi il FIT è destinato al cretinismo parlamentare.

Ammesso per un momento che questa strampalata analisi possa essere vera, anche se la battaglia sull’aborto la smentisce come tutto il resto, non si riesce lo stesso a comprendere per quale motivo, dei compagni come quelli della TMI. che non hanno disdegnato nella loro storia l’entrismo in tutti i partiti riformisti, non abbiano nemmeno voluto fare in Argentina il tentativo di entrare nel FIT. Oggi che c’è un trotskismo di massa ben riconoscibile, piuttosto che entrarci e fare la propria parte, si preferisce star fuori e mantenere i militanti con la dubbia valutazione del cretinismo parlamentare e della costruzione lineare e graduale del partito che si costruisce uomo per uomo senza conoscere salti di qualità. Se però lo scopo è davvero la rivoluzione e non preservare la propria organizzazione, allora il FIT dovrebbe interessare anche la TMI. Ed è per questo che, anche se la sezione italiana non ne parla, noi crediamo che non sia poi così sterile parlare anche con lei del FIT italiano, qualcuno al suo interno sensibile al richiamo del FIT deve pur esserci.

È questo a grandi linee il quadro dell’attuale situazione per il FIT italiano. E siamo stati noi a ricostruirlo, a riprova che non ignoriamo, come pensa la nostra maggioranza, le difficoltà di costruzione del FIT italiano. Anzi le sappiamo bene e qua ne abbiamo fatta una prima analisi senza infingimenti.

Ci resta da dire a chi ci legge, che se oggi anche la maggioranza del PCL è sorda ai richiami del FIT, proprio anche per la situazione del trotskismo nostrano che abbiamo descritto, è anche vero che proprio nel PCL ci siamo noi, la TCQI, la tendenza interna che si batte per la costruzione del FIT italiano. Quindi, avendo il PCL una tendenza interna per il FIT, ci pare ancora indice positivo il fatto che il Partito Comunista dei Lavoratori esprima anche su questo versante la coscienza più avanzata attualmente in circolazione.





NOTE

1 – Ted Grant, uno dei massimi trotskisti britannici, è stato il teorico fondatore della TMI. La caratterista base di questa branca del trotskismo, consiste nell’entrismo pressoché infinito nei partiti riformisti (e non solo). La parola settario, senza che i compagni di quella corrente se ne accorgano, è usata da loro per chiunque non accetti questo revisionismo del trotskismo ortodosso, il quale concepisce l’entrismo come più o meno lungo ma sempre tatticamente momentaneo, cioè non strategico.


Barbara Barsottelli PCL VERSILIA
Massimo Cappellani PCL ROMA
Antonio Casagrande PCL ANCONA
Sergio Castiglione PCL CALTANISSETTA
Antonio D’Ayala PCL ROMA
Alessandro Frediani PCL VERSILIA
Eugenio Gemmo PCL REGGIO CALABRIA
Mauro Goldoni PCL ANCONA
Andrea Lombardi PCL VERSILIA
Domenico Marsili PCL VERSILIA
Sauro Mazzei PCL VERSILIA
Leonardo Melli PCL REGGIO EMILIA
Lukas Monti PCL nucleo PISTOIA
Lorenzo Mortara PCL nucleo VERCELLI
Lev Petrovic PCL ROMA
Marco Piccinelli PCL ROMA
Simone Stagi PCL VERSILIA
Paolo Salvatori PCL VERSILIA
Luca Tremaliti PCL ROMA
Fabrizio Tognetti PCL MACERATA
Ada Torrente PCL VERSILIA
Valter Torrente PCL nucleo MASSA
Armando Attilio Tronca PCL BRIANZA

TCQI

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