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I giovani e le pensioni

Le ragioni di uno sciopero generale, vero, unitario, di massa

1 Novembre 2021
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Governo e Confindustria, col sostegno di tutta la stampa padronale, motivano il ritorno alla “normalità” della legge Fornero con l'interesse delle giovani generazioni. È lo schema collaudato degli ultimi quarant'anni: non potendo raccogliere il consenso sulla barbarie delle proprie misure antioperaie, le motivano con argomenti obliqui. È stato così per la soppressione della scala mobile nel 1992, per la riforma contributiva del sistema pensionistico nel 1995, per la legge Fornero nel 2011, per l'abolizione dell'articolo 18 nel 2014. Come anche per le privatizzazioni industriali e nei servizi. Da quarant'anni a questa parte tutto è stato fatto “per i giovani”. Ma in quarant'anni i giovani sono progressivamente invecchiati, nel mentre venivano spogliati, uno dopo l'altro, di tutti i diritti strappati dalle generazioni precedenti. E ora che sono invecchiati, vengono additati come privilegiati, in debito verso chi? Verso... “i giovani”, naturalmente. Così ricomincia la giostra.

È di nuovo il turno delle pensioni. Dopo l'elemosina di quota 100 – che non cancellava affatto la riforma Fornero – il governo annuncia il ritorno della legge a pieno regime. Ancora una finestrella per 10.000 lavoratori (la quota 102 per il 2022), poi tutti in pensione a 67 anni.
Ma il governo non aveva detto che «è l'ora di dare e non di togliere»? Certo, ma non aveva specificato a quale classe togliere e a quale classe dare. Ora è più chiaro, per chi non avesse capito o chi avesse fatto finta di non capire. Il governo toglie il diritto al riposo a chi ha lavorato quarant'anni, dopo una vita di sacrifici e rinunce. E dà il ricavato al pagamento del debito pubblico, quello che incassano (coi relativi interessi) le grandi banche e compagnie di assicurazione, italiane ed estere, che hanno investito in titoli di Stato. È lo stesso capitale finanziario con cui si indebita l'Unione Europea per finanziare il Recovery Fund. Fondi presi a prestito, a loro volta girati agli industriali e ai banchieri. Il parassitismo finanziario della società borghese è il sole attorno a cui girano i pianeti. Pensioni, sanità, scuola, diritti sono solo il bancomat dei parassiti.

I giovani sono le prime vittime di questa operazione fatta contro i loro padri e nonni. Con un sistema pensionistico contributivo, li attende una pensione da fame dopo una vita di lavoro sempre più precaria, grazie al dilagare dei contratti usa e getta di cui i padroni dispongono a propria scelta come in un supermercato; e sempre più lunga, perché i 67 anni slittano progressivamente verso l'alto col crescere della cosiddetta aspettativa di vita. Laddove l'aspettativa dovesse calare, magari a causa di una pandemia, non cala l'età pensionabile. La scala è solo verso l'alto, mai verso il basso. Il capitale finanziario viene messo al riparo da ogni inconveniente, grazie a questa clausola di garanzia. È l'intera classe lavoratrice che viene chiamata a pagare il conto.

Sono tutte ragioni più che sufficienti per rivendicare uno sciopero generale contro il governo Draghi. Uno sciopero generale vero, unitario, di massa, di tutti i lavoratori e le lavoratrici di ogni settore e categoria. Le burocrazie sindacali che hanno già regalato al governo lo sblocco dei licenziamenti vogliono sventolare bandiera bianca anche sulla Legge Fornero?
Quando nel 2011 la burocrazia CGIL diede il proprio lasciapassare alla legge dietro la copertura penosa di tre ore di sciopero, Maurizio Landini, allora capo della FIOM, disse che era un errore. Cosa vuol fare ora il segretario della CGIL di fronte a un governo che considera la legge Fornero una normalità? Non si ripeta la farsa delle tre ore, o di iniziative territoriali a macchia di leopardo per salvarsi l'anima. È necessaria e urgente una mobilitazione vera, che metta sul campo la forza di milioni di salariati, per cancellare la legge Fornero. Tutti i sindacati di classe dovrebbero incalzare la CGIL mettendo la sua direzione di fronte alle proprie responsabilità. Certo se la CGIL farà ammuina, il fronte unitario di lotta andrà promosso dal basso con tutte le forze disponibili.

L'abolizione della legge Fornero, il diritto alla pensione a 60 anni o dopo 35 anni di lavoro, la cancellazione delle leggi di precarizzazione del lavoro, la ripartizione tra tutti del lavoro esistente attraverso la riduzione dell'orario a 30 ore a parità di salario, sono parte decisiva di una piattaforma generale di lotta contro il governo e il padronato. E vanno combinati con la rivendicazione della cancellazione del debito pubblico verso il capitale finanziario e la conseguente nazionalizzazione delle banche. Solo una grande ripresa della lotta di massa su una piattaforma unificante e indipendente può ribaltare i rapporti di forza e aprire dal basso una stagione nuova. Il posto della giovane generazione è più che mai all'interno di questo fronte.

Partito Comunista dei Lavoratori

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