Rassegna stampa

L'amianto sulla testa da 50 anni (da Dnews)

Salute: Tra rinvii e ritardi alle Casette 350 persone vivono ancora in edifici con tetti e tubature pericolose

14 Marzo 2008

Centodiciassette appartamenti monofamiliari, trecentocinquanta persone tra adulti e bambini che vivono sotto un tetto d’amianto. Benvenuti al quartiere le Casette, alla periferia della zona tre di Milano, dove la gente dorme con una copertura di eternit sopra la testa, lo respira e a primavera, quando il tempo è più secco e arriva il vento, lo trova per terra fra l’erba dei giardini, gli stessi dove vanno a giocare i bambini, perché qui accanto c’è anche un asilo. Benvenuti nel quartiere le Casette, dove per una strana casualità, l’incidenza dei casi di tumore al polmone, il mesotelioma, è più alta della media in tutta la regione Lombardia. «Negli ultimi cinque anni, saranno morte dieci persone», dicono i residenti. Ma come è possibile che in una città come Milano ci siano intere famiglie costrette a vivere ancora in queste condizioni? Si domandano gli abitanti. La storia delle Casette risale al 1953 quando sono stati costruiti i nove edifici in cui abitano ancora tutti i residenti della zona. Prima dell’Aler e poi di proprietà del demanio comunale, da qualche tempo le abitazioni sono gestite da tre società private, tra cui la Romeo Gestioni Spa, alla quale il Comune ha demandato l’amministrazione degli stabili. Ma dal 1953 gli unici interventi di ristrutturazione eseguiti, sono stati il cambio dei serramenti e la rimessa a nuovo delle grondaie. Dei tetti, deteriorati ormai dopo oltre cinquant’anni, neanche a parlarne. La prima interrogazione del Consiglio di Zona 3 risale al 25 settembre 2003 e segnala la presenza di amianto negli edifici del quartiere Le Casette. Qualche mese più tardi arriva la risposta dalla Direzione Centrale Tecnica del Settore Edilizia Residenziale Pubblica che individua l’eternit nelle coperture e nella rete di fognatura. E comunica che è stato programmato un intervento di manutenzione straordinaria nel 2005. Passa un altro anno, tra richieste di verifiche sullo stato di fatto dei tetti alla società Romeo e delibere del Consiglio di Zona per monitorare il quartiere, e dopo aver costituito un comitato, nel giugno del 2006 gli abitanti del quartiere scendono in piazza per richiamare l’attenzione dell’amministrazione pubblica sulla loro condizione di degrado e abbandono. Contestualmente viene inviata una diffida all’allora sindaco Gabriele Albertini in qualità di responsabile della salute dei cittadini.
«Eravamo stati inseriti nel programma triennale di opere di manutenzione straordinaria 2006 – 2008 – spiega la presidente del comitato Patrizia Marasco – ma i fondi che dovevano essere destinati alla ristrutturazione delle nostre case sono stati usati per costruire la rotonda di Cascina Gobba». Per questioni di priorità, avevano detto dall’amministrazione comunale. Così, dopo scambi di lettere con il vicesindaco De Corato e sopralluoghi del gestore, la Romeo spa che in una relazione precisa ‘che non è stata evidenziata la necessità di intervenire nell’immediato, in considerazione del fatto che, dal controllo visivo non sono stati rilevati pericoli imminenti per le persone, connessi al rilascio delle fibre d’amianto in quantità pericolose’, a giugno del 2007 il comitato manifesta davanti a Palazzo Marino e riesce ad incontrare una delegazione di consiglieri comunali. «L’Amministrazione comunale si è nuovamente impegnata, sia in occasione del sopralluogo della commissione casa sia in sede di discussione del bilancio – spiega Luca Prini, consigliere Partito Comunista dei Lavoratori Zona 3 - ad avviare i lavori di bonifica. Attendiamo il progetto definitivo ed i tempi di realizzazione prima dell’estate; in caso contrario torneremo a Palazzo Marino per regalare a Sindaco ed Assessori dei pezzi di eternit che stanno letteralmente avvelenando la vita dei residenti».
«Nel 2009 hanno detto che ci cambiano i tetti – dice il signor Livio Uccellini -. Ma rimandano di anno in anno. La commissione casa è venuta qui l’anno scorso, ma poi non se ne è saputo più nulla.

Giulia Guerri

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FONTE

  • luca.prini@libero.it