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La Linke a congresso. Nuovo gruppo dirigente, vecchia linea governista

12 Marzo 2021
wissler


«Anche se noi come CDU non potremmo essere più distanti in termini di contenuti da Janin Wissler, riconosciuta comunista e trotskista, la quale ha sempre messo in discussione l’ordinamento liberal-democratico tedesco, ci congratuliamo con lei per questa elezione.» (1)

Con questo surreale comunicato, rimosso dopo poche ore, la CDU in Assia ha accolto l’elezione della nuova presidente della Linke Janin Wissler. Nonostante sia evidente l’esagerazione, il settimo congresso è stato in effetti percepito, sia dai media borghesi che dallo stesso partito, come il congresso della “svolta a sinistra”, e ad una prima analisi può apparire davvero così.
Janin Wissler, leader del gruppo parlamentare del partito in Assia, è stata fino a poco tempo fa membro dell’area interna di ispirazione trotskista “Marx 21”. Da sempre attivissima nei movimenti e nel sindacato, si contraddistingue per le sue posizioni antimilitariste. È famosa per aver affermato nel 2011 che “nel corso della storia grossi passi avanti sono sempre stati raggiunti per mezzo di rivoluzioni” (2). La stragrande maggioranza dei nuovi membri eletti al comitato esecutivo, inoltre, provengono dall’ala movimentista del partito. Infine, è evidente il ridimensionamento della destra e in particolare della corrente “sovranista” e filo-mélenchonista di Sahra Wagenknecht.

A uno sguardo più attento e più smaliziato, però, ci si rende immediatamente conto di come le cose stiano diversamente. Oltre a Janin Wissler, infatti, è stata eletta presidente anche Susanne Hennig-Wellsow, capogruppo parlamentare in Turingia e accanita sostenitrice della partecipazione del partito a una coalizione di governo “rosso-rosso-verde” insieme a SPD e verdi. Proprio su questo punto, particolarmente scottante nel dibattito interno del partito, Janin Wissler, quasi a non voler scoperchiare il vaso di Pandora, ha preferito non pronunciarsi nel corso del suo intervento al congresso. Un silenzio che ci pare tuttavia abbastanza eloquente, stando a quanto invece possiamo leggere nel documento politico approvato al congresso:

«Chiediamo ai Verdi e all’SPD se sono pronti ad avviare una svolta politica che sia pacifista e sociale ed ecologica , invece di continuare a mantenere la CDU al potere» (3)

Dunque su questo punto, sancito con parole inequivocabili, la direzione della Linke conferma la sua volontà di diventare a tutti i costi partito di governo, illudendo i suoi militanti e i suoi elettori che questo sia il modo per poter incidere effettivamente nella società e strappare risultati. In pratica, lo stesso copione trito e ritrito che le direzioni dei partiti riformisti propinano da sempre ai lavoratori di ogni parte del mondo, purtroppo sempre con gli stessi tragici risultati, risultati che i lavoratori italiani hanno sperimentato sulla propria pelle – e che stanno ancora pagando – dopo la partecipazione di tutti i partiti della sinistra cosiddetta radicale ai governi di centrosinistra.

Per avvalorare la tesi della positività della partecipazione al governo, il documento congressuale cita le esperienze di governo locale in cui al momento la Linke è coinvolta, in particolare a Berlino e in Turingia. Peccato che proprio queste esperienze dimostrino quanto disastroso sia ogni tentativo di gestione delle politiche del capitalismo, attraverso le sue istituzioni.
Si dà in pasto alla base dei militanti qualche risultato ottenuto (ad esempio gli asili gratuiti) per coprire la complicità del partito alle porcate realizzate dai governi di cui è parte, come ad esempio i tagli alla sanità a Brema (4). Non una parola viene spesa per le crescenti privatizzazioni a Berlino (al momento è in corso il tentativo di privatizzare il trasporto pubblico) e il rafforzamento delle forze di polizia (5).
Un emendamento fatto passare dalla corrente “Antikapitalistische Linke” (6), a proposito delle deportazioni dei rifugiati che avvengono regolarmente nel paese, è quasi un’ammissione di colpa:

«In tutti i Länder, dove la Linke sostiene il governo o governa, ci siamo impegnati per l’accoglienza umanitaria di tutti i rifugiati. In ogni Land sono tuttavia avvenute deportazioni, ma noi non ci fermiamo: la linke rifiuta le deportazioni.» (3)

Quale prova migliore del fatto che una partecipazione a qualunque governo della borghesia, e in qualunque istituzione territoriale (il vecchio, sempre presente ritornello “a livello locale le cose sono diverse... si può ottenere qualcosa...”) implica per forza di cose la subalternità e la complicità con politiche antioperaie e antipopolari?
Solo in Turingia, governata dal primo ministro della Linke (!) Bodo Ramelow, sono state deportate nel 2020 più di duecento persone (7).

Non ci sono al momento elementi per stabilire quanto realistica sia l’ipotesi di una coalizione “rosso-rosso-verde” a livello di governo federale. Ma a prescindere da ciò, e alla luce anche soltanto dell’attuale situazione economica, quanto può effettivamente incidere una “pressione da sinistra” in un eventuale governo con SPD e Verdi?
La Germania, già in recessione da prima della pandemia, non è immune alla crisi capitalistica in corso. Il governo ha dovuto attuare misure senza precedenti sia per affrontare l’emergenza sanitaria sia per salvare le aziende dal baratro (basti pensare ai 9 miliardi di euro stanziati per salvare Lufthansa).
In un quadro del genere, la domanda che si profila sempre più netta è: “chi paga?”
Su questo sappiamo già che la SPD ha le idee molto chiare: l’attuale ministro delle finanze Olaf Scholz ha annunciato che dal 2022 verranno reintrodotte misure atte a contenere il debito pubblico pesantemente aggravato dalla crisi (8). Questo significa che la prossima legislatura vedrà uniti tutti i partiti all’insegna di politiche che, se non saranno di vera e propria macelleria sociale, andranno sicuramente in una direzione diametralmente opposta a quella di tanto evocate «svolte politiche» progressive. Non vi sarà alcuno spazio di trattativa possibile, o almeno non vi sarà nel quadro delle istituzioni borghesi.

Che fare, dunque? Il compito dei marxisti rivoluzionari sia dentro che fuori la Linke è quello di opporre alle misure presenti e future di qualunque governo della borghesia un programma conseguentemente anticapitalista, contro le illusioni di qualsiasi forma di compromesso positivo con le forze capitaliste e la classe dominante. Occorre dunque battersi per nazionalizzazione sotto il controllo dei lavoratori delle aziende in crisi e che licenziano, per l'esproprio totale della sanità privata, per una patrimoniale che faccia pagare la crisi ai padroni. Misure, insomma, all’altezza dei tempi che stiamo vivendo e dell’offensiva che, anche in Germania, viene mossa contro il proletariato e le classi subalterne. È evidente che tali rivendicazioni non potranno mai essere realizzate all’interno di una qualche coalizione in un governo borghese, non importa quante volte la parola “rosso” compaia nel nome.





(1) https://www.hessenschau.de/politik/cdu-loescht-glueckwuensche-an-wissler---generalsekretaer-pentz-unter-druck,wissler-pentz-ruecktritt-100.html

(2) https://www.faz.net/aktuell/rhein-main/kritik-an-linkspartei-antisemitische-ueberzeugungen-11786299.html

(3) https://www.die-linke.de/partei/parteistruktur/parteitag/siebenter-parteitag/detail/wie-wir-gerecht-aus-der-krise-kommen-mit-einem-sozialen-friedlichen-und-oekologischen-systemwechsel/

(4) https://taz.de/Bremen-spart-bei-Aerzten-und-Pflege/!5747181/

(5) https://taz.de/Pro--Contra-S-Bahn-Berlin/!5641922/

https://www.linksfraktion.berlin/themen/th/innenpolitik/

(6) La corrente che raggruppa la sinistra del partito

(7) http://www.parldok.thueringen.de/ParlDok/dokument/79939/abschiebungen_in_thueringen.pdf

(8) https://www.spiegel.de/politik/deutschland/olaf-scholz-will-schuldenbremse-ab-2022-wieder-einhalten-a-fa0a2ab8-cb84-48ed-87ef-08a300609a35

Alessandro Infurna

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