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Lo Stato delle banche

Ulteriori agevolazioni fiscali alle banche per incoraggiare le fusioni

1 Dicembre 2020
fusionibanche


Lo Stato è per le banche il primo cliente. Le banche comprano titoli pubblici in cambio del loro rimborso e dei rispettivi interessi. Interessi oggi molto bassi per via del gigantesco acquisto dei titoli pubblici, e obbligazioni private, da parte della BCE. Le banche si rifanno con l'acquisto dei titoli azionari, che invece conoscono una vera euforia proprio perché offrono rendimenti maggiori dei titoli pubblici, e quindi attirano una massa crescente di capitali.
C'è tuttavia un problema: la sospensione della distribuzione dei dividendi bancari suggerita dalla BCE. Una raccomandazione non vincolante, e infatti da alcune banche disattesa, e tuttavia condizionante. Le banche temono che le proprie azioni in Borsa possano subire un danno per questo in termini di fuga di capitali. Temono cioè che azionisti affamati di dividendi a breve possano indirizzarsi altrove. Da qui il pressing sulle autorità europee e sulla stessa BCE perché si possa tornare a distribuire (grassi) dividendi agli azionisti, e quindi trattenere i capitali investiti. Peraltro le autorità europee andranno incontro assai presto alla richiesta delle banche, come la Commissione Europea ha già ufficiosamente anticipato.

Ma le banche non sono ancora soddisfatte. Hanno paura di essere esposte a un'ondata di crediti deteriorati per via della recessione e delle crisi industriali, con la relativa perdita di patrimonio. È vero che lo Stato ha offerto loro la copertura di garanzie pubbliche per i crediti concessi, socializzando così le loro perdite coi soldi di tutti (in primis dei lavoratori). Ma le banche temono che l'ondata dei crediti deteriorati possa essere troppo grande per essere coperta dallo Stato, e vogliono dunque nuovi assicurazioni e vantaggi. Lo Stato borghese provvede.

«Lo Stato aiuta la corsa alle fusioni» titola il quotidiano di Confindustria (28 novembre). Vale per le aziende ma vale soprattutto per le banche. Di cosa si tratta? Presto detto. La nuova grande crisi ha aperto ovunque la febbre delle fusioni bancarie, cioè di ingenti concentrazioni finanziarie. In tutta Europa le grandi banche puntano ad assimilare le piccole per irrobustire il proprio patrimonio e competere con forza maggiore con le banche americane e cinesi. Il problema è che tante piccole banche del territorio, molto esposte sul versante della piccola e media impresa, sono perciò stesso fortemente esposte in fatto di crediti scoperti e a loro volta molto indebitate col fisco. Cosa fa a questo punto lo Stato? Rinuncia ai propri crediti fiscali nel caso che le piccole banche si fondano con le grandi.

Le agevolazioni fiscali non sono bruscolini. Nel caso della sola fusione tra BPER e BPM lo Stato regala un miliardo alle banche interessate. Il giro complessivo di fusioni bancarie annunciate – innanzitutto quella tra Unicredit e MPS – costerebbe all'erario ben cinque miliardi. Risorse sottratte alla sanità pubblica, all'istruzione, al lavoro, al rinnovo dei contratti pubblici, e direttamente girato agli azionisti.
Si dirà: “così fan tutti”, tutti gli Stati borghesi del vecchio continente (e non solo), a partire dagli stati imperialisti. Nello Stato spagnolo le fusioni bancarie con agevolazioni fiscali dello Stato sono più avanzate che in Italia, con la benedizione di Iglesias e di Podemos. Ma appunto ovunque lo Stato, per dirla con Marx, è il comitato d'affari della borghesia, indipendentemente da chi lo governa. Ai lavoratori e alle lavoratrici il compito di rovesciarlo.

Partito Comunista dei Lavoratori

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