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Engels, duecento anni dopo

28 Novembre 2020
engels


Il filisteo socialdemocratico recentemente si è sentito preso da un salutare terrore sentendo l'espressione: dittatura del proletariato. Ebbene, signori, volete sapere come è questa dittatura? Guardate la Comune di Parigi. Questa era la dittatura del proletariato.

(frase finale dell'introduzione di Engels all'edizione tedesca di La guerra civile in Francia di Marx, nel ventesimo anniversario della Comune di Parigi, 18 marzo 1891)


Perché Marx era prima di tutto un rivoluzionario. Contribuire in un modo o nell’altro all’abbattimento della società capitalistica e delle istituzioni statali che essa ha creato, contribuire all’emancipazione del proletariato moderno al quale Egli, per primo, aveva dato la coscienza delle condizioni della propria situazione e dei propri bisogni, la coscienza delle condizioni della propria liberazione: questa era la sua reale vocazione. La lotta era il suo elemento.

(orazione funebre per Karl Marx, 1883)



Esattamente duecento anni fa nasceva a Barmen, in Germania, nella parte occidentale (renana) del Regno di Prussia, Friedrich Engels.
Il grande rivoluzionario fu, durante tutta la sua vita, il compagno di elaborazione teorica e di lotta politica di Karl Marx. Con una grande modestia Engels si autodefinì “il secondo violino” dell'orchestra musicale della teoria del comunismo rivoluzionario. In realtà egli fu ben più di questo. Fu il comprimario dello sviluppo del marxismo rivoluzionario su tutti i livelli. Quello teorico, politico, filosofico, storico, economico e pratico. E soprattutto fu un rivoluzionario. Le parole che egli pronunciò al funerale di Karl Marx sono le stesse che si possono dedicare a lui.

Quanti – e sono stati molti, in particolare nel nostro paese dominato da tanti provincialismi di teorici d’accatto – hanno voluto cercare di separare Engels da Marx hanno compiuto, a partire da una sostanziale ignoranza “di alto livello” e conseguente limitazione intellettuale, una vera e propria assurdità ideologica. In definitiva, anche se per alcuni senza rendersene conto, in difesa della società borghese.
C'è stato chi, a proposito del testo fondamentale di Engels Anti-Dühring, ha parlato di tale “rottura”. Semplicemente ignorava che oltre ad essere verificati gli scritti di Marx da Engels e viceversa, alcuni capitoli dello stesso Anti-Dühring sono stati scritti non da Engels, ma da Marx stesso. Parlano di testo positivista, quando in realtà è proprio un testo antipositivista, naturalmente scritto nel linguaggio della sua epoca. Chi poi ha detto che questa opera e la successiva e mai completata Dialettica della Natura sono stati le basi teoriche del cosiddetto DiaMat (materialismo dialettico) staliniano ha detto una mostruosità totale.

Non c’è qui lo spazio per ricordare anche solo brevemente la biografia di Engels. Torneremo sulla sua vita e la sua opera nel prossimo numero della nostra rivista Marxismo Rivoluzionario. Per il momento ci limitiamo a pubblicare, oltre queste righe, la brillante introduzione del 1928 all'Anti-Dühring, del teorico bolscevico David Rjazanov (fatto fucilare da Stalin nel 1938).
Ci limitiamo qui a ricordare l’impegno di Engels sulla questione della oppressione femminile, anche in congiunzione e sotto la spinta della misconosciuta Eleanor “Tussy” Marx (la figlia più giovane di Marx), come nel testo L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato. Engels fu un elaboratore anche delle posizioni ecologiche del marxismo – anche queste misconosciute perché coperte dalle tradizioni puramente “produttivistiche” della socialdemocrazia e dello stalinismo.
Infine non possiamo dimenticare l’Engels esperto militare e – anche questo dimenticato – combattente rivoluzionario. Fatto il servizio militare volontario da giovane, egli restò tutta la vita un esperto sul terreno militare, ed è per questo che egli aveva, nell’ambito familiare dei Marx, il soprannome di “Generale”.

Ma egli fu anche concretamente un combattente. Partecipò infatti, nell’estate del 1849, agli ultimi scontri della rivoluzione sconfitta, in seno all’esercito rivoluzionario del Baden, alla fine sconfitto dalle truppe monarchiche e costretto a riparare in Svizzera. C’è da dire che anche nel testo Rivoluzione e controrivoluzione in Germania (1852) parlò con grande ironia di questa sua esperienza.
Uomo di una grande simpatia e umanità, a giudizio di tutti coloro che ne hanno scritto, odiava la retorica, capiva che la cosa principale per un dirigente marxista era non di imbracciare il fucile, ma di modificare la coscienza del proletariato e dotarlo di un partito rivoluzionario, alieno dalle successive retoriche novecentesche dell’eroico guerrigliero.
Infine egli fu sempre un nemico di ogni opportunismo, pacifismo, gradualismo. La frase che poniamo in testa a questa nota sul socialdemocratico "filisteo" (gretto, di mentalità borghese, nell’uso dei tempi di Engels) ne è un esempio, e non a caso è stato scritto nel 1891, quando le deviazioni nella socialdemocrazia tedesca cominciavano a crescere. E ancora pochi mesi prima di morire, scrisse un articolo per il quotidiano del SPD tedesco in cui affermava che per la socialdemocrazia (allora rivoluzionaria) non era il momento di buttarsi verso insurrezioni di strada, ma di rafforzarsi nella propaganda ed agitazione, fermo restando che il momento della rivoluzione di massa sarebbe poi venuto. I dirigenti del partito tedesco, peraltro ancora marxisti rivoluzionari “ortodossi", eliminarono le frasi col secondo concetto, argomentando che temevano di esporre il partito alla repressione statale. Engels se ne lamentò fortemente, perché fino all’ultimo rimase certo e convinto che solo una rivoluzione violenta poteva abbattere la società borghese e aprire la via al socialismo.

Dunque questo fu Engels. Naturalmente noi marxisti-engelsiani, come sarebbe giusto dire, i santi li lasciamo alla demagogia ipocrita di preti e burocrati stalinisti. Naturalmente Engels a volte si sbagliò nei suoi giudizi, e in tale o talaltra azione personale. Ma furono episodi minori e secondari di una grande e bella vita.
A duecento anni dalla sua nascita e a più di centoventi dalla sua morte, Friedrich Engels vive nell’avanguardia del proletariato e dell’umanità che vuole ancora e seriamente lottare per abbattere lo stato di cose presente e costruire una società finalmente libera da sfruttamento e oppressione.

Partito Comunista dei Lavoratori

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